Amedeo Cottino – C’è chi dice di no. Cittadini comuni che hanno rifiutato la violenza del potere. Poniamoci dunque dalla parte di Antigone nella Grecia di oggi, e non da quella di Creonte.

Amedeo Cottino

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«Attraversiamo la vita
con gli occhi semichiusi, 
e orecchie insensibili
e la mente dormiente»

Joseph Conrad
«E poco più di una constatazione affermare che, a fronte delle atrocità del mondo, è il silenzio la nostra risposta più frequente. Per dirla con le parole di Joseph Conrad, noi “attraversiamo la vita con gli occhi semichiusi, le orecchie insensibili e la mente dormiente”. Esiste cioè un’insensibilità diffusa tra la maggioranza degli umani (anche se questa insensibilità varia da cultura a clitura, da epoca a epoca, da persona a persona). Ciò avviene per svariate ragioni […]» (p. 15).
«Il presente è fosco e ha un nome: l’Impero della paura. Precisamente la visione che gli Stati Uniti, attraverso le loro guerre e grazie alla servile complicità dell’Occidente, hanno esportato in tutto il mondo. Ora, di questa “esportazione” stiamo cogliendo i frutti, e la raccolta è appena all’inizio.
Le decine di migliaia di corpi di migranti che compaiono ogni giorno sulla Scena della Violenza, non sono né il prodotto del cinismo senza scrupoli dei trafficanti di uomini, né, tanto meno, del mare, e ancor di meno della fatalità. Se fossimo colti da un’urgenza di verità, potremmo risalire senza particolari difficoltà la catena causale che ha portato a queste stragi, ripercorrendo le tappe […] – e sulla sua sommità ne troveremmo i Mandanti, i veri responsabili.
Essi sono i capi di governo dei vari Paesi – gli Stati Uniti in testa – che hanno presieduto alle guerre che da anni devastano il Medio Oriente e il Nord Africa. Ma […] la Violenza Strutturale è, per sua natura, acefala e il diritto, nella sua ricerca di responsabilità, fatica a concepire un rapporto causa-effetto che vada di là dai primi anelli della catena causale. E poi […] dobbiamo fare i conti con il più generale processo di Normalizzazione della Violenza.
[…]
È dunque possibile alzare la soglia della compassione affinché le occasioni […] non vadano perdute. Ben consapevoli […] che per poterle, o saperle cogliere, bisogna già avere compiuto un tratto di cammino […].
Abbiamo bisogno che tra noi monocoli emergano nuovi consapevoli, singoli e movimenti, al fine di iniziare un lavoro di base: quello di ripristinare i sentieri sempre meno praticati del disvelamento. Ma la transizione “dal mondo della menzogna a quello della verità” non può essere semplicemente il frutto di un “cuore informato”. È necessario un quotidiano sforzo individuale e collettivo che non dia tregua alla Violenza Culturale che incombe su di noi. Che si opponga alla diffusa cultura dell’indifferenza.
È necessario riappropriarci dei conflitti perché i conflitti […] sono una nostra proprietà, e porci dalla parte di Antigone nella Grecia di oggi, e non da quella di Creonte; dalla parte di Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, […] e non da quella di Viktor Orban, primo ministro ungherese; dalla parte di Vittorio Arrigoni e non da quella del colonialismo israeliano.
Dobbiamo imporre la nostra definizione della situazione, ché non è vero che i condannati a morte in Cina o in Iraq o negli Stati Uniti vengono giustiziati: essi sono uccisi. Ché non è vero che l’operazione Piombo Fuso e “Margine protettivo” contro Gaza sono state azioni difensive da parte di Israele, ma un’aggressione a una popolazione civile con il dichiarato intento di distruggerne le infrastrutture.
Ché non è vero che le guerre sono umanitarie …» (pp189-191).
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 Amedeo Cottino, C’è chi dice di no. Cittadini comuni che hanno rifiutato la violenza del potere, Prefazione di Marco Revelli, Zambon Editore, 2015.

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L'ingannevole sponda

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L’Autore
Amedeo Cottino. Dopo una laurea in giurisprudenza presso l’Università di Torino (1957), ha intrapreso lo studio delle Scienze Sociali in Svezia, dove ha conseguito il Master in Social Sciences presso l’Università di Stoccolma (1963), e la Licenza in Filosofia (1970) e il Dottorato in Sociologia (1972), presso l’Università di Umeaa. Professore associato di Sociologia presso questa università dal 1970 al 1972, viene nominato, nello stesso anno, incaricato di Sociologia del Diritto presso l’Università di Torino, Facoltà di Scienze Politiche, dove, dal 1980 al 2004, ricopre la cattedra di professore ordinario nella stessa disciplina, fino al 2004, anno della pensione. È stato Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino, dal   1985-1988,Vice Presidente della Società Italiana di Alcologia, 1994-1996, e Presidente del Comitato scientifico del GERN (Groupe Européen de Recherche sur les Normativités) presso il CNRF, dal 1997 al 2000. Ha diretto l’Istituto italiano di cultura di Stoccolma, ed è stato Consigliere culturale presso l’Ambasciata italiana di Svezia dal 1999 al 2001. È attualmente Vice Presidente dell’Osservatorio ‘Giovani ed Alcol’. Si è occupato di diritto internazionale umanitario in qualità di esperto della Croce Rossa Internazionale. Ha scritto sul lavoro nero nell'edilizia e sulla criminalità dei colletti bianchi. Ha studiato il tema dell'ugaglianza di fronte alla legge e ha affrontato il tema della responsabilità individuale di fronte alla violenza.

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Quarta di copertina

«Come tutti i libri veri, che vanno nel profondo e toccano nervi scoperti del nostro tempo [...] anche questo, [...] ci chiama in causa in prima persona. [...] Uomini comuni, nelle tante "scene della violenza" che ci mostra, ognuna delle quali con i suoi "dilemmi mortali", le sue occasioni colte o perdute, [ci interroga] su che cosa regoli il livello di quella "soglia della compassione" che, sola, ci permette di rimanere "uomini" [malgrado] la pervasività di un potere mediatico totale. [...] Nell"'informazione" viviamo immersi, rischiando l'opposto inverso all'assenza, la sovraesposizione alle "notizie". Noi che le immagini, che gli orrori di Abu Ghraib ce li siamo visti servire all'ora di pranzo e di cena, e a malapena abbiamo sollevato gli occhi dal piatto. E la mattanza della scuola Diaz – Genova 2001 [...] l'abbiamo sopportata senza nemmeno riuscire a ottenere [...] una Commissione d'inchiesta. Di tutto questo – di noi – parla Uomini comuni, attraverso la straordinaria galleria di "casi" che percorre il lungo Novecento [. .. ] ma approda, ogni volta, alla nostra quotidianità. Per questo la sua lettura è inquietante e straordinariamente salutare» (dalla Prefazione di Marco Revelli).

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Ernst Bloch (1885-1977) – È la filosofia la scienza in cui è viva, ha da esser viva, la consapevolezza del tutto. La filosofia ha a cuore soprattutto l’unità del sapere. La filosofia sta sul fronte.

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«Perché vi sia lavoro comunitario dei ricercatori e insegnanti, occorre che vi sia una reale comunità; da essa esiste l’università, l’universitas literarum, la totalità istituzionale delle scienze, per cui soltanto la denominazione universitas, originariamente di natura corporativa, può indicare una presenza benefica, luminosa. Ma in essa un ruolo non inessenziale è senz’altro toccato alla filosofia; ché questa si sente da sempre obbligata ad essere la coscienza dell’universitas. È la filosofia la scienza in cui è viva, ha da esser viva, la consapevolezza del tutto. Derivante da tempi in cui erano ancora ignote l’avanzata divisione capitalistica del lavoro e, di conseguenza, la specializzazione delle singole branche del sapere, radicatasi poi in misura crescente e a poco a poco divenuta anarchica, la filosofia ha a cuore soprattutto l’unità del sapere. La tonalità comune, la sostanziale coloritura che tutto pervade è affar suo particolare ed è qualcosa d’essenziale del suo metodo e del suo oggetto. La filosofia, se serve a qualcosa, contiene in sé quel mosso cantus firmus che dà sostegno e orientamento, quello in cui e attorno a cui rotea la polifonia del sapere. Totum relucet in omnibus, omnia ubique: il tutto riluce in tutte le cose, tutte le cose sono dovunque, dice Nicola Cusano, collegandosi ai filosofi arabi; e tanto Leibniz quando Hegel hanno reso indimenticabile lo stesso principio. La filosofia che si vuole marxista ha un ulteriore e particolare obbligo da osservare: quello di rendere nota la voce possente della direzione e dello scopo, la voce finale, senza di cui l’unità si congela. È la stessa voce del sapere, intrinseco ad ogni tradizione e cooperazione; è quasi una necessaria presenza ai problemi di confine: la filosofia sta sul fronte. Sta scientemente attiva sul fronte dell’odierno processo di trasformazione, che è una parte dello stesso processo universale. Vi sta con il nuovo, col novum, quale fondamentale categoria a tutt’oggi ancora pressoché inesplorata, e con l’utopia concreta, quale determinatezza dell’oggetto, determinatezza della realtà».

Ernst Bloch, Università, marxismo, filosofia, in Id., Karl Marx, Il Mulino, 1972, p.168.



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