Jack London (1876-1916) – Nella macchina industriale nessuno è libero delle proprie azioni, tranne il grosso capitalista. Questi signori sono stolti. S’intendono solo di affari. Non comprendono né il genere umano né il mondo, e tuttavia si ergono ad arbitri della sorte di milioni di affamati e di tutta la massa umana.

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The Iron Heel, 1908

The Iron Heel, 1908

 

«Non insisterò mai abbastanza su questa profonda presunzione morale di tutta la classe degli oligarchi. E’ stata la forza del Tallone di Ferro; e fin troppi compagni hanno impiegato molto tempo a capirlo. Molti di essi hanno attribuito la forza del Tallone di Ferro al suo sistema di ricompense e punizioni. È un errore. Il cielo e l’inferno possono essere i fattori primi dello zelo religioso di un fanatico, ma per la grande maggioranza si tratta di semplici accessori nei confronti del bene e del male. L’amore del bene, il desiderio del bene, l’insoddisfazione nei confronti di tutto ciò che non è del tutto bene, in una parola, la buona condotta, ecco il primo fattore della religione. E altrettanto si può dire dell’oligarchia. Il carcere, l’esilio, la degradazione, da un lato, dall’altro gli onori, i palazzi, le città meravigliose, non sono che contingenze. La grande forza motrice della oligarchia è la convinzione di far bene. Non badiamo alle eccezioni, non teniamo conto dell’oppressione e dell’ingiustizia tra le quali il Tallone di Ferro nacque; tutto questo è noto, ammesso, sottinteso. Il punto è che la forza dell’oligarchia consiste, attualmente, nella convinzione e soddisfazione della propria rettitudine».

 Jack London, Il tallone di ferro

 

 

Il tallone di ferro

Il tallone di ferro

 

«Gli oligarchii espressero in termini vaghi sulla loro politica, sulle loro capacità, che identificavano con la probità […] Erano […] convintissimi della rettitudine della loro condotta […]. Si credevano i salvatori della società, artefici della felicità delle masse, e fecero un quadro patetico delle sofferenze che la classe operaia avrebbe subìto senza il lavoro che loro e loro soltanto, con la propria saggezza, le procuravano. […] Nella macchina industriale nessuno è libero delle proprie azioni, tranne il grosso capitalista, […] I padroni […] sono del tutto certi di agire in modo giusto. Questa è l’assurdità che corona tutto l’edificio. Sono così legati dalla loro natura umana, che non possono fare una cosa senza crederla buona. Hanno bisogno di una sanzione per le loro azioni. Quando vogliono intraprendere qualcosa, negli affari, s’intende, devono aspettare che nasca nel loro cervello una specie di concezione religiosa, filosofica o morale, della bontà di questa cosa. Dopodiché la realizzano senza accorgersi che il desiderio è padre del pensiero avuto. […] Si sentono perfino autorizzati a fare il male purché ne risulti un bene. Una delle immagini più ridicole e assiomatiche create da loro è quella della loro superiorità, in saggezza ed efficienza, rispetto al resto dell’umanità. Partendo da questo punto di vista, si arrogano il diritto di ripartire pane e companatico a tutto il genere umano. Hanno perfino risuscitato la teoria del diritto divino dei re, dei re mercantili, nel loro caso.
Il punto debole della loro posizione sta nel fatto che sono semplicemente uomini d’affari. Non sono filosofi, non sono dei biologi o dei sociologi: se lo fossero, tutto procederebbe meglio, naturalmente. Un uomo d’affari che fosse nello stesso tempo versato in queste scienze, saprebbe più o meno cosa occorre all’umanità. Ma anche tolti dal loro dominio commerciale, questi signori sono stolti. S’intendono solo di affari. Non comprendono né il genere umano né il mondo, e tuttavia si erigono ad arbitri della sorte di milioni di affamati e di tutta la massa umana. La storia, un giorno gli farà una gran risata in faccia. Abitavano in sontuosi palazzi e avevano parecchie altre residenze, un po’ dappertutto: in campagna, in montagna, sulle rive dei laghi e del mare. Una vera folla di servitori si affaccendava attorno a loro, e la loro attività sociale era straordinaria. Patrocinavano le università e le Chiese, e i pastori, in particolare, erano pronti a piegare le ginocchia davanti a loro. Erano […] vere potenze, con tutto quel denaro a disposizione. Disponevano del potere di sovvenzionare il pensiero […]».

 

Jack London, Il tallone di ferro (1908)

Qui la traduzione integrale:
Jack London – Il Tallone Di Ferro

 

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Giacomo Leopardi (1798-1837) – Parlerò della miseria umana, degli assurdi della politica, dei vizi e delle infamie non degli uomini ma dell’uomo.

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«A volere che il ridicolo primieramente giovi, secondariamente piaccia vivamente, e durevolmente, cioè la sua continuazione non annoi, deve cadere sopra qualcosa di serio, e d’importante. Se il ridicolo cade sopra bagattelle, e sopra, dirò quasi, lo stesso ridicolo, oltre che nulla giova, poco diletta, e presto annoia. Quanto più la materia del ridicolo è seria, quanto più importa, tanto il ridicolo è più dilettevole, anche per il contrasto, ecc. Ne’ miei dialoghi io cercherò di portar la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia, cioè i vizi dei grandi, i principii fondamentali delle calamità e della miseria umana, gli assurdi della politica, le sconvenienze appartenenti alla morale universale, e alla filosofia, l’andamento e lo spirito generale del secolo, la somma delle cose, della società, della civlltà  presente, le disgrazie e le  condizioni del mondo, i vizi e le infamie non  degli uomini ma dell’uomo, lo stato delle  nazioni ecc. E credo che le armi del ridicolo,  massime in questo ridicolissimo e freddissimo tempo, e anche per la loro natural forza, potranno giovare più di quelle della passione, dell’affetto, dell’immaginazione, dell’eloquenza; e anche più di quelle del ragionamento, benchè oggi assal forti. Così a scuotere la mia povera patria, e secolo, io mi troverò avere impiegato le armi dell’affetto e dell’entusiasmo e dell’eloquenza e dell’immaginazione nella lirica, e in quelle prose letterarie ch’io potrò scrivere; le armi della ragione, della logica, della filosofia, ne’ Trattati filosofici ch’io dispongo; e le armi del ridicolo ne’ dialoghi e novelle Lucianee ch’io vo preparando».

Giacomo Leopardi, Zibaldone [1821].

 

 


Giacomo Leopardi – Cos’è la lettura per l’arte dello scrivere
Giacomo Leopardi (1798-1837) – Trista quella vita (ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione
Giacomo Leopardi (1798-1837) – La felicità non è che la perfezione, il compimento della vita.
Giacomo Leopardi (1798-1837) – Un sorriso e una poesia possono aggiungere un filo alla trama brevissima della vita, accrescendo la nostra vitalità.
Giacomo Leopardi (1798-1837) – La più sublime, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dubbio l’Astronomia. L’uomo s’innalza per mezzo di essa come al di sopra di se medesimo.

Giacomo Leopardi (1798-1837) – «Dialogo della Moda e della Morte». La moda appartiene perciò a quel tipo di fenomeni che tendono a un’estensione illimitata. Cara Morte, mostri di non conoscere la potenza della Moda, perché ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del corpo come dell’animo, è più morta che viva.


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Derek Walcott (1930-2017) – Mappa del mondo nuovo. Rendi il cuore a se stesso, allo straniero che ti ha amato per tutta la tua vita.

Derek Walcott

Omeros

Omeros

***

Mappa del mondo nuovo

Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo
proprio specchio,
e ognuno sorriderà
al benvenuto dell’altro,
e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero
che era il tuo Io.
0ffH vino. 0ffH pane.
Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero
che ti ha amato
per tutta la tua vita,
che hai ignorato
per un altro che ti sa
a memoria.
Dallo scaffale tira giù
le lettere d’amore,
le fotografie, le note
disperate,
sbuccia via dallo specchio
la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita
è in tavola.

Derek Walcott

 

Isole

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Prima luce

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