Giampaolo Abbate – Ne «Il luogo in Aristotele» ho tentato di mostrare come Fisica Δ 1-5 contenga una dottrina unica e coerente svolta secondo certe premesse metodologiche che saranno mantenute pressoché costantemente dal primo al quinto capitolo.

Aristotele 003

 

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Giampalo Abbate, Il luogo in Aristotele
Abstract

«Nonostante il tentativo dello Stagirita di offrire un’esposizione esaustiva di tutta la problematica del luogo e di darne una soluzione definitiva con l’arcinota definizione di luogo come “primo limite immobile del contenente», fin dall’antichità i lettori hanno avuto grande difficoltà a conciliare i diversi aspetti della sua dottrina e, soprattutto, a comprendere il senso esatto della sua definizione di luogo, sia riguardo alla realtà del luogo sia in merito a come il concetto di luogo possa essere un valido sostituto dell’assai più familiare concetto di spazio, quale grande contenitore preesistente a tutte le cose (sostenuto, come riportato dallo stesso Aristotele in questo testo, dall’autorità di Esiodo e Platone). Già Teofrasto confessava di non comprendere cosa intendesse il suo maestro, al punto da dare una definizione del luogo quasi fosse forma, una possibilità più volte espressamente negata da Aristotele; ugualmente i peripatetici Stratone e Eudemo mostrano non poca incertezza (nella testimonianze dei cdd. Corollaria de loco del commentario di Simplicio alla Fisica). Non minori difficoltà dichiarano di aver incontrato Alessandro (sempre nella testimonianza del commentario di Simplicio alla Fisica) e Simplicio, che non capiscono come e perché il limite contenente un singolo corpo mosso può essere mobile e immobile ad un tempo; o come Filopono che rifiuta esplicitamente la definizione aristotelica, per riprendere il concetto di spazio quale un intervallo vuoto capace di contenere. Ma neanche la critica moderna dimostra di avere maggiore facilità, in special modo riguardo: 1) alla natura del luogo come limite che ne farebbe un ente bidimensionale, di contro alla sua capacità di contenere un intero corpo che quindi, ne farebbe un ente tridimensionale (ciò che mostrerebbe inoltre, a detta di alcuni studiosi come Algra, Sorabji e Zekl, una strana, ma palese inconciliabilità tra il testo della Fisica e quello delle Categorie, nel quale si parla del luogo in termini di quantità); 2) al carattere dell’immobilità, che mal si connette all’essere limite mobile contenente un corpo mosso, che ha fatto parlare di un’evidente inadeguatezza o incompletezza della dottrina, o addirittura di un’inconsapevolezza del problema da parte di Aristotele (da parte di Bergson, Hussey, Bostock, Ross, ecc.). Una tale diversità di giudizi e un numero così grande di lettori incerti, se non interdetti, fino ai nostri giorni, mostra con sufficiente chiarezza il bisogno di un commento ab initio di tutto Fisica Δ 1-5, che sappia esaminare passo passo la ricerca svolta dallo Stagirita, con un confronto serrato con i maggiori commentari antichi (oltre Simplicio, anche Filopono e Temistio), medievali (Alberto Magno e Tommaso) e moderni, allo scopo di comprendere appieno i motivi che lo hanno condotto a trovare insufficiente il concetto di spazio e a proporre una definizione di luogo così poco intuitiva e così nettamente contrapposta a concetti che filosofi posteriori, anche quelli a lui molto vicino (sia sul piano personale sia su quello dottrinario), troveranno assai più plausibili. Del resto, oltre quelle difficoltà or ora dette, la dottrina aristotelica del luogo ne presenta altre non meno importanti e dunque meritevoli di essere affrontate e risolte, sulle quali però, non sempre la critica si è sempre soffermata (anche nei commentari antichi e medievali): prime fra tutte l’apparente capacità del luogo di essere separato e non separato, nel medesimo tempo e nel medesimo rispetto, dal corpo di cui è luogo, e la comprensione dell’esatto rapporto fra il luogo primo (il luogo contenente solo e soltanto quel corpo, cioè il luogo proprio), mobile, e il luogo comune (il primo dei quali è l’intero universo), immobile. Malgrado questo però, ho tentato di mostrare come Fisica Δ 1-5, pur nell’assenza di un’evidente unità testuale, i non pochi passi oscuri e numerose argomentazioni brachilogiche e involute (difetti comuni, comunque, a molti altri testi dello Stagirita), contenga una dottrina unica e coerente svolta secondo certe premesse metodologiche che saranno mantenute pressoché costantemente dal primo al quinto capitolo, e che molte difficoltà incontrate dagli interpreti dipendono dal non aver riportato ad un unico quadro di riferimento – che pure c’è affermazioni e valutazioni così apparentemente tanto diverse e distanti fra loro. Nel nostro testo vediamo coabitare varie prospettive di analisi – ciò che di primo acchito sconcerta non poco -, perché sono connesse ai differenti ambiti naturali e disciplinari nei quali il luogo ora si manifesta in un modo ora in un altro, senza che il nostro Autore con ciò veda nel luogo una compresenza di proprietà opposte, o in ogni caso difficilmente conciliabili. Aristotele ci mostra che la realtà del luogo è analizzabile secondo vari punti vista, tutti utili e legittimi, che devono esser rispettati nello loro irriducibilità, con i quali dobbiamo fare i conti, nessuno escluso, evitando di trasformare i suoi et…et nei nostri aut…aut.

 

Giampaolo Abbate, IL LUOGO IN ARISTOTELE. Traduzione e commento di Fisica Δ 1-5, Edizioni EUM, 2007.


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