AA. VV. – «Immanenza e trascendenza in Aristotele». Scritti di: Giampaolo Abbate, Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Annabella D’Atri, Andrea Falcon, Arianna Fermani, Luca Grecchi, Alberto Jori, Diana Quarantotto, Monica Ugaglia, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta.

Aristotele, Immanenza e trascendenza copia

 

Coperta 282

Immanenza e trascendenza in Aristotele

 

indicepresentazioneautorisintesi

Immanenza e trascendenza in Aristotele, a cura di Luca Grecchi.
Petite Plaisance, ISBN 978-88-7588-190-0, 2017, pp. 384, Euro 25

Questo volume, sèguito ideale di Sistema e sistematicità in Aristotele (Petite Plaisance, 2016, a cura di Luca Grecchi), raccoglie i contributi di alcuni fra i maggiori studiosi di Aristotele sul rapporto fra fisica e metafisica nel pensiero dello Stagirita.

Si troveranno esposti, nell’ordine: il tema della dimostrazione della esistenza del trascendente nel pensiero dello Stagirita (Carmelo Vigna, Luca Grecchi ed Enrico Berti); il tema della immanenza e della trascendenza nell’etica di Aristotele (Arianna Fermani); il tema della sostanzialità e trascendenza del bene nella filosofia aristotelica (Marcello Zanatta); il tema della eternità del mondo in Aristotele e nel primo aristotelismo (Andrea Falcon); il tema della finitezza del cosmo in rapporto alla infinità del principio trascendente aristotelico (Alberto Jori); il tema della indicibilità trascendente del nous in Aristotele (Claudia Baracchi); il tema della matematica immanente (e finita) di Aristotele (Monica Ugaglia); il tema degli effetti del Primo motore immobile aristotelico sugli enti naturali (Diana Quarantotto); il tema della nozione non-trascendentale di verità in Aristotele (Matteo Cosci); il tema dei rapporti fra immanenza ontologica e trascendenza epistemologica nel pensiero dello Stagirita (Barbara Botter); il tema della relazione fra immanentismo ed aristotelismo nel pensiero di David Malet Armstrong (Annabella D’Atri); il tema dei rapporti fra finalismo e sillogismo in Aristotele (Giampaolo Abbate).

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Aristotele bronzo

La statua di Aristotele nel cuore di Piazza Aristotele
(Πλατεία Αριστοτέλους),
la principale e più celebre area urbana della città di Salonicco in Grecia.

Una  approfondita analisi delle argomentazioni aristoteliche circa i rapporti fra immanenza e trascendenza, talvolta accettate aproblematicamente da coloro che sono portati a condividerne l’esito trascendentistico, ed ancor più spesso trascurate – ossia non dialettizzate – da coloro che invece tale esito non condividono.
Non si tratta, insomma, di una analisi storico-filologica del tema del divino in Aristotele, su cui del resto anche in questi anni sono stati effettuati ottimi studi. Si tratta di un tentativo più “teoretico” di valutare, in base ad alcune sfaccettature di quel grande prisma costituito dall’opera di Aristotele e dell’aristotelismodell’aristotelismo, se la dimostrazione della esistenza del Motore Immobile sia davvero solida, oppure se possono essere ritenuti percorribili spunti come quelli presenti, ad esempio, in una parte della tradizione […].
Si tratta, in sostanza, di un tentativo di valutare se è possibile ritenere non contraddittoria, e dunque quanto meno possibile, all’interno di alcune coordinate teoretiche del pensiero aristotelico, una spiegazione del cosmo come realtà del tutto autosufficiente.
Un approccio teoretico come questo è sicuramente un approccio non consueto per gli studi aristotelici; eppure, la presenza di questa possibilità nell’aristotelismo più antico, ed il fatto che la riflessione sul naturalismo aristotelico trascuri sovente questo spinoso tema, rende forse questa trattazione di qualche interesse, se non altro per colmare una lacuna, o quanto meno per riflettere su alcune ipotesi solitamente lasciate ai margini.
Per quanto ovvio, preciso che agli Autori, come lo scorso anno, è stato fornito solo il titolo del volume e qualche indicazione generale, ma – pur nella inevitabile opera di coordinamento, necessaria ad evitare ripetizioni ed a non lasciare aspetti importanti scoperti –, anche data la loro autorevolezza, li si è giustamente lasciati liberi di sviluppare il tema nella maniera che ritenevano più fruttuosa, o che comunque sentivano più congeniale.
Luca Grecchi

Giampaolo Abbate, già ricercatore e professore aggregato presso il Centro de Filosofia dell’Università di Lisbona, si occupa principalmente del pensiero fisico e metafisico di Aristotele. A tal riguardo, ha pubblicato una monografia sulla dottrina del luogo e vari articoli sul finalismo, sulla sostanza e sui fondamenti ontologici della Fisica. Si è occupato anche delle opere logiche del filosofo e della loro ricaduta nelle opere biologiche, della possibile giustificabilità della schiavitù a partire dai principi e presupposti espressi nelle opere etiche e delle possibili affinità e divergenze tra la morale aristotelica e il pensiero moderno. Sta terminando una traduzione, supportata da un commentario analitico, del libro VI della Fisica riguardante la dottrina del continuo. A breve è prevista la pubblicazione di una seconda monografia in merito al rapporto tra immagine e materia in Plotino, frutto di due corsi seminariali tenuti presso l’Università di Lisbona.

Finalismo e sillogismo in Aristotele.
Un raffronto tra Analitici Secondi e De papartibus animalium


Claudia Baracchi, Ph. D. in Filosofia (1990-1996), Docente di Filosofia Antica e Filosofia Europea alla University of Oregon (1996-1998) e alla New School for Social Research di New York (1999-2009), dal 2007 è Professore di Filosofia Morale all’Università di Milano-Bicocca. È membro fondatore della AncientPhilosophy Society. Tra le sue pubblicazioni recenti: L’architettura dell’umano: Aristotele e l’etica come filosofia prima (Vita e Pensiero 2014), Bloomsbury Companion to Aristotle (editor, Bloomsbury 2014), Il cosmo della Bildung (con Renato Rizzi, Mimesis 2016), Amicizia (Mursia 2016). La sua ricerca attuale verte sulla filosofia antica in rapporto al mito, alla poesia e al teatro, sulle tradizioni orientali (soprattutto indo-vediche), sulla psicanalisi e le pratiche del sé.

Aristotele e il nous.
Note sulla trascendenza indicibile


Enrico Berti è Professore emerito dell’Università di Padova, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, membro della Pontificia Accademia delle Scienze e presidente onorario dell’Institut International de Philosophie. Ha insegnato nelle università di Perugia, Padova, Ginevra, Bruxelles. Attualmente insegna filosofia antica nella Facoltà di Teologia di Lugano. È autore di numerosi volumi e articoli su Aristotele e la sua presenza nella storia della filosofia. Tra le sue più recenti pubblicazioni si segnala: la traduzione francese, con introduzione e commento, del libro 366 Epsilon della Metafisica, Paris, Vrin, 2015; una nuova traduzione italiana della Metafisica di Aristotele (Laterza 2017) e un volume su Aristotelismo (Il Mulino 2017).

Sulla dimostrazione dell’esistenza del trascendente
in Aristotele
Commento alla discussione tra Luca Grecchi e Carmelo Vigna


Barbara Botter è professore di Filosofia all’Università Federale dello Espírito Santo (UFES), Brasile. I suoi interessi scientifici sono finalizzati allo studio di Platone e Aristotele, in particolare la filosofia del linguaggio, la cosmologia e la filosofia della natura. Ha pubblicato articoli in riviste (tra le quali Archai. As origens do Pensamento Ocidental (Brasilia, UNB), Aporia. Revista Internacional de Investigaciones Filosóficas (Cile); Classica. Revista de Estudos Classicos (São Paulo) e varie altre riviste pubblicate in Brasile; capitoli di libro in pubblicazioni collettive, come Aristotele, Categorie. Traduzione, commento e saggi critici. Amsterdam: Hakkert, Il problema mente-corpo. Genealogia, modelli, prospettive di ricerca. Milano: Mimesis Edizioni, e libri, tra i quali Dio e divino in Aristotele. Saint Augustin: Academia Verlag 2005. La Necessità Naturale in Aristotele. Napoli: Loffredo Editori, 2009. La creazione di immagini in Platone. Milano: Albo Versorio 2016.

Immanenza ontologica e trascendenza epistemologica
in Aristotele


Matteo Cosci è Assegnista di ricerca presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Si occupa di epistemologia antica e rinascimentale. È autore di Verità e comparazione in Aristotele, Ist. Veneto di Scienze, Lettere e Arti, 2014 e di altri contributi sul pensiero aristotelico.

La nozione non-trascendentale di verità
in Aristotele


Annabella d’Atri è professore di Storia della Filosofia nell’Università della Calabria. Dopo una serie di studi su E. Cassirer, in Vita e artificio (BUR, 2008) ha ripercorso la storia dell’idea di tecnica. Per evidenziare il nesso fra la tradizione continentale e quella analitica, ha curato le opere di D. M. Armstrong in Ritorno alla Metafisica (Bompiani, 2014). Il suo libro più recente è La questione della sostanza nella filosofia contemporanea (Unicopli, 2016).

Immanentismo e aristotelismo
in Davi d Malet Armstrong


Andrea Falcon, specialista del pensiero di Aristotele e della sua ricezione nel mondo antico, ha pubblicato le seguenti monografie: Corpi e movimenti: Il “De caelo” di Aristotele e la sua fortuna nel mondo antico (Bibliopolis 2001); Aristotle and the Science of Nature: Unity without Uniformity (Cambridge University Press 2005); Aristotelianism in the First Century BCE: Xenarchus of Seleucia (Cambridge University Press 2011); Aristotelismo (Einaudi 2017).

La dottrina dell’eternità del mondo
in Aristotele e nell’aristotelismo degli inizi


Arianna Fermani insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Tra le sue pubblicazioni: Vita felice umana: in dialogo con Platone e Aristotele (2006); L’etica di Aristotele, il mondo della vita umana (2012); By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach (2016). Ha tradotto, per Bompiani: Aristotele, Le tre Etiche (2008), Topici e Confutazioni Sofistiche (in Aristotele, Organon, 2016).

«Anche qui ci sono dèi»
(καὶ ἐνταῦθα θεούς)
Immanenza e trascendenza nell’eti ca di Aristotele


Luca Grecchi è Cultore di Storia della filosofia presso la Università degli Studi di Milano Bicocca. Direttore della rivista Koinè, ha pubblicato diversi volumi sulla filosofia greca classica, fra cui, per Petite Plaisance, L’umanesimo di Omero (2011) e La filosofia della storia nella Grecia classica (2012).


Alberto Jori è professore di Filosofia all’Università di Tubinga, in Germania, e di Storia della filosofia antica all’Università di Ferrara. Nel 2003 ha vinto il premio dell’International Academy of the History of Science (Paris, la Sorbonne). Tra le sue opere: Medicina e medici nell’antica Grecia. Saggio sul Perì téchnes ippocratico (il Mulino-Istituto Italiano per gli Studi Storici, 1996), Aristotele (Bruno Mondadori, 2008, 3a ed.), Aristoteles, Über den Himmel (Akademie Verlag-WBG, 2009).

Finitezza del cosmo
e infinità del Principio trascendente
in Aristotele


Diana Quarantotto insegna storia della filosofia antica presso l’Università di Roma Sapienza. È autrice di Causa finale sostanza essenza in Aristotele (Bibliopolis, 2005), L’universo senza spazio. Aristotele e la teoria del luogo (Bibliopolis, 2017), di diversi articoli sulla filosofia di Aristotele, relativi soprattutto alla fisica, alla biologia, alla metafisica, all’etica e alle loro relazioni, e curatrice di Aristotle’s Physics Book I. A Systematic Exploration (Cambridge University Press, in corso di stampa).

Aristotele e gli effetti
del primo motore immobile sugli enti naturali


Monica Ugaglia è assegnista di ricerca presso l’Università di Firenze. Fisico matematico di formazione si occupa degli aspetti più tecnici della fisica di Aristotele, nonché del rapporto tra fisica e matematica. Tra le sue pubblicazioni Modelli idrostatici del moto da Aristotele a Galileo (LUP 2004) e la traduzione commentata del libro III della Fisica (Carocci 2012).

La matematica immanente (e finita)
di Aristotele


Carmelo Vigna (1940) è Professore emerito di Filosofia morale presso l’Università degli Studi Ca’ Foscari di Venezia, dove ha diretto il Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze e ha fondato e diretto il Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (C.I.S.E.). Ha pure presieduto la Società Italiana di Filosofia morale. È stato Presidente della Società italiana di filosofia morale (2013-2016) – SIFM. È attualmente Presidente del Centro di Etica generale e applicata (CEGA), che ha sede presso l’Almo Collegio Borromeo di Pavia. È autore di numerose pubblicazioni. Tra le sue opere recenti: Il frammento e l’intero (2000; 2a ed. riveduta e ampliata 2015), Etica del desiderio come etica del riconoscimento (2015), Sostanza e relazione. Indagini di struttura sull’umano che ci è comune (2016), tutte apparse presso l’ed. Orthotes (Napoli-Salerno). Per lo stesso ed. egli ha pure curato il vol. Differenza di genere e differenza sessuale (2017).

Sulla dimostrazione dell’esistenza del trascendente
in Aristotele
– in dialogo con Luca Grecchi –


Marcello Zanatta (1948) è Professore ordinario di Storia della Filosofia Antica nell’Università della Calabria, dove per molti anni ha insegnato anche Storia della Retorica Classica. Studioso di Aristotele, vi ha dedicato quattro monografie e trentadue saggi, e ha curato l’edizione italiana di molte sue opere. Si è occupato anche dello stoicismo, redigendo la prima edizione italiana delle Contraddizioni degli Stoici di Plutarco e curando l’edizione italiana dei Pensieri di Marco Aurelio. In campo retorico, oltre alla Retorica di Aristotele ha tradotto e commentato (per la prima volta in Italia) i frammenti di Ermagora. È altresì autore di una Storia della filosofia antica.

Sostanzialità e trascendenza del bene
nella fisosofia di Aristotele


Coperta 260

Sistema e sistematicità in Aristotele

Petite Plaisance, ISBN 978-88-7588-202-0, 2016, pp. 256, Euro 25
indicepresentazioneautoresintesi
Scritti di:
Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Silvia Fazzo, Arianna Fermani, Giovanna R. Giardina, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta

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Viktor Borisovič Šklovskij (1893-1984) – Se la vita passa inconsciamente allora è come se non ci fosse mai stata: scompare trasformandosi in nulla. Per restiuire il senso della vita esiste ciò che si chiama arte.

Šklovskij Viktor Borisovič

Todorov_Russi_Einaudi


«Se tutta la complessa vita di molti passa inconsciamente,

allora è come se non ci fosse mai stata».

Lev Tolstoj, Appunti dal diario, in Diario di Leone Tostoi (1895-99), Milano 1924, p. 90.


 

Ed ecco come Viktor Borisovič Šklovskij, commenta queste parole di Tolstoj:

«Così la vita scompare trasformandosi in nulla.

L’automatizzazione si mangia gli oggetti, il vestito, il mobile, la moglie e la paura della guerra. […] Per restiuire il senso della vita, per “sentire” gli oggetti, per far sì che la pietra sia pietra, esiste ciò che si chiama arte. Scopo dell’arte è di trasmettere l’impressione dell’oggetto, come “visione” e non come “riconoscimento”; procedimento dell’arte è il procedimento dello “straniamento” degli oggetti e il procedimento della forma oscura che aumenta la difficoltà e la durata della percezione, dal momento che il processo percettivo, nell’arte, è fine a se stesso e deve essere prolungato; l’arte è una maniera di “sentire” il divenire dell’oggetto, mentre il “già compiuto” non ha importanza per l’arte».

Viktor Sklovskij, L’arte come procedimento, in I formalisti russi. Teoria della letteratura e metodo critico, a cura di Tzvetan Todorov, Einaudi, 1968, p. 82.


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Lev Nikolàevič Tolstòj (1828-1910) – Il termine «mio» poggia unicamente su un basso, animalesco istinto degli uomini, istinto che alcuni chiamano «sentimento» di proprietà, o diritto di proprietà. Le parole che essi ritengono assai importanti sono: mio, mia, miei.

Tolstoj Lev 28

 

Quando più tardi ampliai l’orizzonte delle mie osservazioni, mi convinsi che il termine mio non si riferisce soltanto a noi cavalli, ma in generale poggia unicamente su un basso, animalesco istinto degli uomini, istinto che essi chiamano sentimento di proprietà o diritto di proprietà.

 

storia di un cavallo

Lev Tolstòj, Cholstomer. Storia di un cavallo

***

L’io narrante è un cavallo, che dice:

Quello che dicevano della flagellazione e del cristianesimo io capivo assai bene; a quel tempo però mi era ancora completamente oscuro il significato delle parole Il suo cavallo, dalle quali mi sembrava di intuire che, secondo l’opinione degli uomini, tra me e il padrone della scuderia dovesse esistere una qualche relazione. In che cosa consistesse questa relazione, allora non lo potevo comprendere. Solo molto più tardi, quando fui separato dagli altri cavalli, capii che cosa significasse quella espressione.

Ma allora io non potevo comprendere che cosa volesse dire in concreto la mia attribuzione in proprietà ad un uomo.

L’espressione Il mio cavallo si riferiva a me, un cavallo vivo, e mi appariva strana come le parole: la mia terra, la mia aria, la mia acqua.

Ad ogni modo queste parole mi facevano una grande impressione e ci rimuginavo su costantemente.

Il significato che gli uomini davano ad esse lo capii solo molto più tardi, quando ebbi fatto con loro le più svariate esperienze.

Questo significato è il seguente: nella vita umana l’essenziale non sono i fatti, ma le parole. Agli uomini non importa tanto la possibilità di fare o non fare qualcosa quanto la possibilità di parlare di qualsiasi oggetto usando determinate parole convenzionali.

Queste parole, che essi ritengono assai importanti, sono: mio, mia, miei; e si riferiscono alle cose più diverse; a esseri, a oggetti, persino alla terra, a uomini, a cavalli.

Gli uomini hanno stabilito che può essere soltanto uno di loro a chiamare mia una determinata cosa. E chi, in questo gioco che hanno inventato, riesce a chiamare mio il maggior numero di oggetti, viene considerato il più felice. Io non so perché le cose stiano così, ma in effetti stanno realmente così. Un tempo ho cercato di spiegarmele pensando che a questo riconoscimento fosse legato un qualche diretto vantaggio, ma questa supposizione si è rivelata erronea.

Ad esempio: molti tra gli uomini che mi definivano il loro cavallo, non mi cavalcavano; a cavalcarmi era tutt’altra gente. Neppure mi davano il foraggio; anche questo erano altri a farlo. Del bene me lo fecero non quelli che mi chiamavano Il mio cavallo, ma vetturini, veterinari o comunque persone estranee.

Quando più tardi ampliai l’orizzonte delle mie osservazioni, mi convinsi che il termine mio non si riferisce soltanto a noi cavalli, ma in generale poggia unicamente su un basso, animalesco istinto degli uomini, istinto che essi chiamano sentimento di proprietà o diritto di proprietà.

L’uomo dice: La mia casa anche se non vi abita mai, anche se si occupa soltanto della sua costruzione e della sua manutenzione.

Il commerciante dice: Il mio negozio; ad esempio: Il mio negozio di stoffe, ma non si fa confezionare i suoi abiti neppure con le migliori stoffe che vi tiene.

Vi sono uomini che chiamano loro un pezzo di terra e non hanno mai visto questa terra né vi hanno mai messo piede.

Vi sono uomini che dicono mio a proposito di altri uomini pure senza averli mai visti e sebbene l’unico rapporto con loro consista nel farli soffrire.

Vi sono uomini che dicono La mia donna, anche se questa vive con altri. E nella vita questi uomini non tendono a fare ciò che ritengono buono e giusto ma a definire come loro il maggior numero possibile di cose.

Io sono convinto adesso che la differenza sostanziale tra noi e gli uomini sta proprio qui. Già per questo semplice fatto – e anche trascurando tutti gli altri vantaggi che abbiamo rispetto a loro – abbiamo il diritto di affermare che, nella gerarchia degli esseri viventi, noi stiamo un gradino più su degli uomini. L’attività degli uomini, almeno di tutti quelli con cui io ho avuto a che fare, è determinata dalle parole, non dai fatti».

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Lev Tolstòj, Cholstomer. Storia di un cavallo, in Id., Tutti i racconti, a cura di Igor Sibaldi, Milano: Mondadori, Vol. II (testo, nella traduzione di Serena Prina), Vol. II, pp. 1408-1410, Commento e note ai testi, I Meridiani, V ed., maggio 2005.


Lev Nikolàevič Tolstòj (1828-1910) – Tutti i grandi cambiamenti cominciano e si compiono nel pensiero
Lev Tolstoj (1828-1910) – L’elevazione del lavoro a virtù è altrettanto assurda come l’innalzamento del nutrirsi dell’uomo a dignità e a virtù. nella nostra società falsamente ordinata, esso è per lo più un mezzo che uccide la sensibilità morale …
Lev Tolstoj – Che cos’è l’arte: L’arte incomincia là, dove incomincia l’appena appena
Lev Nikolàevič Tolstòj (1828-1910) – In una società dove esiste, sotto qualunque forma, lo sfruttamento o la violenza, il denaro non può assolutamente rappresentare il lavoro. La semplicità è la principale condizione della bellezza morale.
Lev Nikolàevič Tolstòj (1828-1910) – Ogni uomo reca in sé, in germe, tutte le qualità umane, e talvolta ne manifesta alcune, talvolta altre, e spesso non è affatto simile a sé, pur restando sempre unico e sempre se stesso.
Lev Nicolaevič Tolstoj (1828-1910) – Non appena ho compreso l’essenza della ricchezza e del denaro, mi si è chiarito quanto in realtà sapevo già da molto.
Lev Nikolàevič Tolstòj (1828 – 1910) – «Se lascio la vita con la coscienza d’aver sciupato tutto quanto mi fu dato e che ormai non c’è più nulla da fare, allora che sarà?». Ivan Il’ič è il personaggio dell’esteriorità. La sua è un’interiorità priva di ricerca, priva di interrogazione.

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Fernanda Mazzoli – Intorno alla scuola si gioca una partita decisiva che è quella della società futura che abbiamo in mente. La scuola può riservarsi un ruolo attivo, oppure scegliere la capitolazione di fronte al modello sociale neoliberista.

Fernanda Mazzoli

«Intorno alla scuola si gioca una partita decisiva che è quella della società futura che abbiamo in mente. La scuola può riservarsi un ruolo attivo […] oppure scegliere la capitolazione di fronte al modello sociale neoliberista». Fermanda Mazzoli

 

 

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FERNANDA MAZZOLI

SCUOLA LIQUIDA

LA LIQUIDAZIONE DELLA SCUOLA PUBBLICA

La Legge 107 varata nel luglio 2015, la cosiddetta “buona scuola”, è il tentativo più recente di dare profilo istituzionale alla deriva aziendalistica e consumista dell’istruzione voluta dalle oligarchie cui non sfugge l’alterità della conoscenza e del pensiero critico rispetto alla logica del profitto. Scuola azienda, dove impianto verticistico e addestramento alle competenze specifiche si combinano a formare lavoratori poco qualificati, destinati a precariato e sfruttamento, in ossequio alle politiche neoliberiste. Scuola supermercato, dove allo studente-cliente si apre il ventaglio di un’offerta abbondante, allettante e intercambiabile, indirizzata a un consumatore onnivoro. Scuola leggera, fortemente impoverita nella sua dimensione formativa e culturale, subordinata alle esigenze immediate del mercato, obbediente al pensiero unico del totalitarismo digitale e tecnologico. Ecco i muri portanti per collocare l’istruzione pubblica nel poderoso edificio ideologico che fa da supporto alla gigantesca controffensiva proprietaria scatenata negli ultimi decenni. Ambizioso progetto di controllo sociale che mira alla privatizzazione della scuola pubblica e passa per una ridefinizione del docente che la nuova pedagogia di Stato svuota della sua identità culturale e trasforma in animatore, organizzatore, compilatore di schede. Diventa necessario, allora, rovesciare il paradigma di subordinazione culturale al mercato, individuando proprio nella scuola il terreno fertile per un’apertura verso una visione diversa della società e della vita.

Fernanda Mazzoli si è occupata di letteratura orale e processi di stregoneria in area centro-europea, collaborando a diverse riviste. Insegna francese in un Liceo linguistico.

Sensibili alle foglie, 2016

ISBN 978-88-98963-55-3

p. 120


 

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Premessa


Indice

 

LA ROTTAMAZIONE DELLA SCUOLA
A buona scuola cattivi maestri – Gli inadeguati… – … si adeguano …

DALLA SCUOLA ALL’AZIENDA
Cucito o spremitura delle olive? – TreLLLe in cattedra –Ma in presidenza c’è l’Europa – Competenze per competere – Fondata sul lavoro – Il totalitarismo digitale – Alfabetizzazioni – Dalla “buona scuola” alla Legge 107 – Un silenzio assordante – Buona scuola e cattiva lingua

INSEGNANTI SENZA SEGNO
Quantificare – Valorizzare – Controllo qualità – Valutare – La gestione manageriale – Autonomia … da che cosa? – Uno, nessuno, centomila

IL PROGETTIFICIO
Autonomia dall’insegnamento – Animare e facilitare – Dacci oggi la nostra animazione quotidiana – La scuola supermercato – Cosa metto nel carrello? – Docenti a consumo e docenti consumati – Prove di arrembaggio – La dismissione

UNA SCUOLA ALTRA
Lasciateci lavorare – La resistenza culturale – Per una scuola forte – Aperture – Dalla nuova religione digitale… – … Alla Lectio – Non di solo digitale – Elogio della difficoltà – Scommessa per il futuro


Scuola liquida. Fernanda Mazzoli – YouTube


La Strega nella tradizione ugro-finnica e in quella occidentale

La Strega nella tradizione ugro-finnica e in quella occidentale


Su questo argomento:

 

067G

Massimo Bontempelli
L’agonia della scuola italiana

ISBN 88-87296-79-0, 2000, pp. 144,  € 10,00.

indicepresentazioneautoresintesi

 


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Ernst Bloch (1885-1977) – L’utopia concreta sta all’orizzonte di ogni realtà. L’utopia non è fuga nell’irreale, è scavo per la messa in luce delle possibilità oggettive insite nel reale e lotta per la loro realizzazione.

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«Anche se la speranza non fa altro che sormontare l’orizzonte, mentre solo la conoscenza del reale tramite la prassi lo sposta in avanti saldamente, è pur sempre essa e soltanto essa che fa conquistare l’incoraggiante e consolante comprensione del mondo, a cui essa conduce, come la più salda ed insieme la più tendenzialmente concreta. […] L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. […] Contro l’aspettare è d’aiuto lo sperare. Ma non ci si deve solo nutrire di speranza, bisogna anche trovare in essa qualcosa da cucinare. […] L’utopia concreta sta all’orizzonte di ogni realtà; la possibilità reale circonda fino alla fine le tendenze-latenze dialettiche aperte, l’utopia non è fuga nell’irreale, è scavo per la messa in luce delle possibilità oggettive insite nel reale e lotta per la loro realizzazione».

Ernst Bloch, Il principio speranza, 3 vol., Garzanti, 1994, vol. I, pp. 262-263.


Ernst Bloch (1885 – 1977) – Chi è scialbo si colora come se ardesse. La via esteriore è la più facile. Apparire più che essere: questo il suo motto.
Ernst Bloch (1885-1977) – Tutto ciò che vive ha un orizzonte. Dove l’orizzonte prospettico è tralasciato, la realtà si manifesta soltanto come divenuta, come realtà morta, e sono i morti, cioè i naturalisti e gli empiristi, che qui seppelliscono i loro morti.
Ernst Bloch (1885-1977) – È la filosofia la scienza in cui è viva, ha da esser viva, la consapevolezza del tutto. La filosofia ha a cuore soprattutto l’unità del sapere. La filosofia sta sul fronte.

 


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Adriana Zarri (1919-2010) – Cosa ci stai a fare nel mondo, se non hai occhi, se non hai mani per toccare la vita? Ciò che ci manca sono gli occhi, l’incantamento, lo stupore per un mondo sempre diverso, per una vita sempre nuova.

Adriana Zarri
Un eremo non è un guscio di lumaca

Un eremo non è un guscio di lumaca

«Come? Non hai visto la diversità e la ricchezza della vita? Le albe sempre diverse, i tramonti con rossi e viola che cambiano ogni sera, e le foglie che cadono, dorate o rosse o rugginose e i fili d’erba che i tuoi piedi calpestano incuranti ma che nascondono miti pratoline dalle ciglia rosate che, la sera, si chiudono quasi per dormire e riaprirsi all’indomani?
Non hai mai visto il cielo, le nubi, la notte, le stelle?

Cosa ci stai a fare nel mondo,
se non hai occhi, se non hai mani per toccare la vita?
[…].

Ciò che ci manca sono gli occhi,
l’incantamento, lo stupore
per un mondo sempre diverso, per una vita sempre nuova
».

Adriana Zarri, Un eremo non è un guscio di lumaca, Einaudi, 2011.

 

 


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Italo Calvino (1923-1985) – Leggere significa affrontare qualcosa che sta proprio cominciando a esistere.

Italo Calvino_Notte d'inverno un viaggiatore

calvino_flaneri1

«Leggere
significa affrontare qualcosa
che sta proprio cominciando a esistere».

 

Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Einaudi, 1979

Un viaggiatore, una piccola stazione, una valigia da consegnare a una misteriosa persona… Da questa premessa si possono snodare innumerevoli vicende, ma sono dieci quelle che l’autore propone in questo sorprendente e godibilissimo romanzo. “E’ un romanzo sul piacere di leggere romanzi: protagonista è il lettore, che per dieci volte comincia a leggere un libro che per vicissitudini estranee alla sua volontà non riesce a finire. Ho dovuto dunque scrivere l’inizio di dieci romanzi d’autori immaginari, tutti in qualche modo diversi da me e diversi tra loro.” (Italo Calvino)


Italo Calvino (1923-1985) – L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà: se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiano stando insieme.
Italo Calvino (1923-1985) – La conoscenza del prossimo ha questo di speciale: passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stesso.
Italo Calvino (1923-1985) – Cavalcanti si libera d’un salto “sì come colui che leggerissimo era”. L’agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostra che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi appartiene al regno della morte.

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Gustave Flaubert (1821-1880) – Non leggete per divertirvi, né come leggono gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Si tratta di lavorare, mi avete capito? Leggi per vivere, lavora, appaga il tuo spirito.

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«Non leggete come leggono i ragazzi, per divertirvi, né come leggono gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. […] Si tratta di lavorare, mi avete capito?».

È un invito accorato alla cara amica scrittrice e a se stesso:
«Non essere un lettore esteriore, non tralasciare una lettura per superficialità, non abbandonarti a significati e interpretazioni solo apparenti. Leggi per vivere, lavora, appaga il tuo spirito». Giugno 1857.

 

 

Lettres à Mademoiselle Leroyer de Chantepie di Gustave Flaubert

Lettres à Mademoiselle Leroyer de Chantepie di Gustave Flaubert

Les lettres de Flaubert à Marie-Sophie Leroyer de Chantepie sont la première invitation à ce voyage atypique en Littérature. On y voit bien le bourreau de travail, celui qui consacrera plusieurs années de recherches et d’écriture pour chacun de ses ouvrages. On y voit aussi un Flaubert attentif aux plaintes d’une aristocrate provinciale perdue dans ses idéaux, ses scrupules, incapable d’insuffler à sa vie le souffle nécessaire pour son bonheur. Enfin on y voit un Flaubert encourageant, multipliant les tentatives et les conseils, admonestant aussi – par lassitude –, pour offrir à sa correspondante ce supplément d’âme par lequel lui-même, pourtant peu enclin à penser la vie comme une aubaine, s’y est malgré tout battu pour l’oeuvre que l’on sait. On y voit somme toute l’homme devant sa création.

Anno pubblicazione 2008, collana La petite française, a cura di Jean-Baptiste Fabien.

Sophie Leroyer de Chantepie par anonymeMusée du pays de Château-Gonthier

Sophie Leroyer de Chantepie. Musée du pays de Chateau-Gonthier

 


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Walter Benjamin (1892-1940) – Che cos’erano per me i miei primi libri? Io non leggevo un libro, vi entravo, vivevo tra le sue righe; e quando lo riaprivo dopo un’interruzione, ritrovavo me stesso nel punto in cui ero rimasto.

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«Che cos’erano per me i miei primi libri?

 Per ricordarmene dovrei prima cancellare dalla memoria ogni altra cognizione di libri. È certo che tutto ciò che so oggi si basa sulla prontezza con cui allora mi aprii ai libri; ma mentre ora il contenuto, l’argomento, la meteria sono estranei al libro, come oggetto, allora ne erano parte essenziale e intrinseca, come la carta e il numero delle pagine. Il mondo che si rivelava nel libro e il libro stesso erano assolutamente indivisibili. Come il libro, anche il suo contenuto, il suo mondo, era palpabile, si poteva toccare con mano.
E parimenti quel contenuto e quel mondo gtrasfiguravano ogni parte del libro. Vi ardevano dentro, irradiavano da esso; inscritti non solo nella copertina e nelle figure, erano racchiusu nei titoli dei capitoli e nei capilettera, nei paragrafi e nelle colonne.
Io non leggevo un libro, vi entravo, vivevo tra le sue righe; e quando lo riaprivo dopo un’interruzione, ritrovavo me stesso nel punto in cui ero rimasto».
Walter Banjamin

 

 

La mia biblioteca

La mia biblioteca

Walter Benjamin, La mia biblioteca, Elliot, 2016

Quarta di copertina

Nel 1931 un trasloco costrinse Benjamin ad affrontare la mole sterminata dei volumi accumulati nel corso degli anni. Dal mezzogiorno alla mezzanotte, senza essere riuscito a terminare l?impresa, il filosofo tedesco aprì le casse che contenevano la sua biblioteca. Le ore passate tra la polvere e gli scatoloni ispirarono questo saggio. Dalla tensione non risolta tra ordine e disordine, alla presenza massiccia di libri mai letti sugli scaffali, passando per gli acquisti memorabili e le tattiche da adottare nelle aste pubbliche: tutto concorre a delineare la figura del collezionista, il cacciatore di libri, il flâneur che, perdendosi nelle grandi e piccole città, va alla ricerca di una botteguccia antiquaria o di una sperduta cartoleria. Un testo curioso, qui presentato insieme ad altri due scritti, Presso il camino e Come si spiega un grande successo editoriale?, nei quali Benjamin indaga la magia della lettura e le cause che possono rendere un trattato sulle erbe un imprevedibile best seller.


Walter Benjamin sul collezionismo librario: “Disfo la mia biblioteca”


Walter Benjamin (1892-1940) – «Esperienza» . Il giovane farà esperienza dello spirito e quanto più dovrà faticare per raggiungere qualcosa di grande, tanto più incontrerà lo spirito lungo il suo cammino e in tutti gli uomini. Quel giovane da uomo sarà indulgente. Il filisteo è intollerante.
Walter Benjamin (1892-1940) – Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera
Walter Benjamin (1892-1940) – La malinconia tradisce il mondo per amore di sapere. Ma la sua permanente meditazione abbraccia le cose morte nella propria contemplazione, per salvarle.

 


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Jan Patočka (1907-1977) – Chi può rispondere alla domanda se il conflitto di Socrate sia solo un conflitto dei tempi, oppure se si tratti di uno scontro fondamentale irriducibile ed eterno? Socrate non ha una risposta a portata di mano, ma solo una domanda.

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Socrate di Patočka

Socrate di J. Patočka, Rusconi, 1999

«Chi può rispondere in modo soddisfacente alla domanda se il conflitto di Socrate sia solo un conflitto dei tempi, determinato da una specifica situazione storica relativa, oppure se si tratti di uno scontro fondamentale irriducibile ed eterno?». Jan Patočka, Socrate.

«Socrate non ha una risposta a portata di mano, ma solo una domanda. E poi cerca di destare negli altri la stessa domanda. Con questo risveglio della domanda negli altri, però, Socrate cambia gli altri. La domanda sul bene ultimo opera nell’anima una conversione totale. La costringe a tornare in se stessa, a cercare ciò che è il suo fine ultimo e la sua propria vocazione». Jan Patočka, Socrate.

«La specificità di Socrate consiste nel fatto che ha compreso e ha sempre sottolineato che il mero immediato superamento irriflesso dell’individualismo non è ancora un integrale atteggiamento morale, bensì dev’essere preceduto dalla domanda. Perciò la risposta propria di Socrate all’incertezza morale del suo tempo è la domanda morale. Essa è la sua scoperta propria. La domanda, però, esprime sempre il non sapere, i dubbi. Socrate reagisce contro la sicurezza ingenua dell’uomo non desto moralmente. A Socrate, quindi, per questo risveglio dalla certezza alla domanda serve la dialettica raffinata, spesso vertiginosa ed ingannevole. Ciò che, quindi, per Socrate è più importante è il risveglio alla domanda, non la risposta». Jan Patočka, Socrate.

Quarta di copertina

Jan Patočka (1907-1977), allievo di Edmund Husserl e considerato il più importante filosofo ceco, ha mediato la fenomenologia appresa dal maestro con la tradizione classica del socratismo e del platonismo, elaborando un pensiero originale che si sta diffondendo con grande successo in Europa. La sua idea di “vivere nella verità”, pur nella problematicità, lo ha condotto a schierarsi durante gli anni oscuri del regime comunista cecoslovacco a favore degli uomini ingiustamente perseguitati e ad essere il primo firmatario di “Charta 77”, la vivace protesta in difesa dei diritti umani. Per questa ragione fu arrestato e condotto alla morte durante un violento interrogatorio da parte della milizia di stato. Giustamente è stato definito il “Socrate di Praga”. Il suo studio su Socrate, risalente al 1947 e tradotto per la prima volta in una lingua occidentale, è quindi assai significativo per comprendere la radici teoriche del suo operato. Il conflitto di Socrate con l’Atene del tempo, per Patočka, diviene il modello di un conflitto fondamentale eterno. L’idea socratica del non-sapere assume per lui il significato di una presa di coscienza della finitezza dell’uomo, che è fonte di umiltà intellettuale; in questo modo, la problematicità diventa anche il primo passo per la “cura dell’anima”, vale a dire per un’esistenza umana in prossimità e in vista del bene. Secondo Patočka, la cura dell’anima costituisce altresì la base spirituale sulla quale l’Europa è nata e si è sviluppata, e in base alla quale potrebbe anche rigenerarsi in futuro. Il testo è stato curato da Martin Cajthaml e Giuseppe Girgenti, ricercatori del “Platoninstitut” presso l’Accademia Internazionale di Filosofia nel Principato del Liechtenstein, che insieme hanno già tradotto di Patočka Platone e L’Europa (Vita e Pensiero, Milano 1997). Il testo ceco riprodotto a fronte è tratto dalla seguente edizione: Sokratés, Praga 1947, seconda edizione a cura di I. Chvatik e P. Kouba, Praga (SPN) 1991.


Indice del volume Socrate


Recensione di Salvatore Bravo al libro di J. Patočka, Socrate


Che cos'è la fenomenologia?

Che cos’è la fenomenologia?

 

Le monde naturel et le mouvement de l'exsistence humaine

Le monde naturel et le mouvement de l’exsistence humaine

 

Lo spazio e la sua problematica

Lo spazio e la sua problematica

 

Platonismo negativo e altri frammenti

Platonismo negativo e altri frammenti

 

Saggi eretici sulla filosofia della storia

Saggi eretici sulla filosofia della storia


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