Jean-Jacques Rousseau (1712-1778 ) – Qualcuno pensò di dire «questo è mio». «Guardatevi dal dare ascolto a questo impostore; siete perduti se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terra è di nessuno».

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008Il primo che, dopo aver recintato un terreno, pensò di dire questo è mio, e trovò altri tanto ingenui da credergli, fu il vero fondatore della società civile. Quanti crimini, conflitti, omicidi, quante miserie e quanti orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i paletti o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: «Guardatevi dal dare ascolto a questo impostore; siete perduti se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terra è di nessuno».



J.-J. Rousseau, Scritti politici, a cura di P. Alatri, Torino, 1970, pp. 289, 321.




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Salvatore Antonio Bravo – Marx poeta nel suo anelito all’universale: «Non rimaniamo immobili Senza volere né fare niente. Non subiamo passivamente il giogo ignominioso. Il desiderio, la passione, l’azione sono parte di noi».

Karl Marx poeta

Marx poeta nel suo anelito all’universale

 

Karl Marx è stato scrittore e filosofo poliedrico. Il genio filosofico non si caratterizza per la fissità della forma, ma è polimorfo: la vita che il genio sente profondamente, si esprime in una pluralità di stili. Karl Marx fu poliedrico, ma coerente nell’intento della sua opera: l’emancipazione degli uomini dal giogo dell’economicismo alienante, consapevole che ogni liberazione non può che avvenire nella collettività e con la comunità. Un uomo reso atomo non è più tale, ma è solo un ente tra gli enti pronto ad essere quantificato, misurato, ridotto a sola soma, a solo corpo. In Marx la vita è processo, lotta empatica dalla quale e per la quale le forze plastiche per la liberazione rinascono come l’araba fenice. C’è un Marx ritenuto minore, secondario rispetto alle opere filosofiche, ovvero il Marx della prima giovinezza. Marx poeta, nel quale l’uomo già si mostra, mediante il poetare in rima baciata ed alternata. Le poesie giovanili come la tesi su Democrito ed Epicuro, ci offrono elementi riflessione per capire la profondità prismatica del Filosofo. La lettura delle poesie dimostra quanto la motivazione e l’indignazione verso le ingiustizie sono la forza emotiva della trascendenza del pensiero marxiano. Nelle poesie è presente l’anelito alla bellezza, ad un mondo pacificato mediante la lotta. L’eros platonico è linfa vitale nelle poesie come nei manoscritti, senza di esso non vi sarebbe opera filosofica o scientifica. Il desiderio di un mondo in cui gli uomini possano essere “umani” e non sfruttatori o padroni, si configura nel movimento dialettico dell’eros platonico, del suo anelare all’universale mediante un’elevazione che sani le scissioni:

«Ecco perché, mio caro Fedro, posso dire che l’Eros è pieno di bellezza e bontà al più alto grado ed è quindi, per tutti gli esseri, la fonte dei più alti beni. Vorrei dirlo in versi, questo: Eros è il dio che dà «la pace agli uomini, la calma al mare, la tregua ai venti, il riposo al dolore». È lui a liberarci dall’odio, lui a donarci l’amicizia; di tutti i conviti, come il nostro adesso, è il fondatore; nelle feste, nei cori, nei sacrifici, è lui a farci da guida; vi porta la dolcezza, allontana ogni rancore, generosissimo di ogni bene, non sa cosa sia la malvagità, propizio ai buoni, esempio ai saggi, ammirato dagli dèi, è cercato da chi non ha amore, prezioso per chi lo possiede. Il Lusso, la Delicatezza, la Voluttà, le Grazie, la Passione, il Desiderio sono i suoi figli. È pieno di attenzione verso i buoni ma si allontana dai malvagi, e nel dolore, nella paura, nel desiderio, nel discorso, egli è sempre lì, pronto a combattere. È il nostro sostegno, la nostra salvezza per eccellenza. È l’onore di tutti gli dèi, di tutti gli uomini; è la guida più bella, la migliore, e ogni uomo deve seguirlo, celebrare la sua gloria con splendidi inni e cantare con lui quel canto con cui conquista i cuori di tutti gli dèi e di tutti gli uomini[1]

Il nucleo delle poesie come delle opere giovanili fanno della speranza il nucleo vivente che dialettizza il pensiero perché lo motiva. Non vi è Rivoluzione senza l’entusiasmo, senza lo scandalo dinanzi all’ingiustizia. In assenza del pathos della speranza concreta, c’è solo la passione triste, che rafforza le contraddizioni e naturalizza il presente. Dinanzi alle ingiustizie, alle riforme del lavoro, agli olocausti del capitalismo privato, come di stato, se l’indifferenza regna, la causa è da ricercare nell’aggressione alla categoria del possibile, alla speranza, all’incondizionato desiderare dell’umanità. Se un essere umano lo si priva della speranza, ogni disposizione al pensiero come alla lotta è necrotizzata. Nelle poesie di Marx la speranza scorre tra le parole, per diventare dotta speranza, docta spes, come affermava E. Bloch, ovvero la speranza marxiana sarà sempre prassi mediata dalle circostanze storiche. Si pensi alla lettera ad Arnold Ruge del 1843 in cui Marx prefigura “il sogno di una cosa”. La speranza è dunque la cifra, una delle cifre con cui possiamo unificare il pensiero di Marx. Tra il 1835 ed il 1836 Karl Marx studente all’università di Bonn, mostrò la sua vena letteraria anche con la scrittura di poesie e romanzi, già rivelatasi al liceo ginnasio di Trier. Il liceo era diretto dal prof. Wittenbach il quale invitava gli alunni ad esprimersi, a non temere ad essere se stessi. Non si può non pensare alla nostra nichilistica scuola, la quale in nome del paradigma dell’azienda forma all’omologazione, alla negazione di se stessi. Il mercato è il leitmotiv a cui le nuove generazioni debbono sacrificare i loro talenti. La formazione dovrebbe favorire la pluralità delle espressioni, oggi si assiste invece, al trionfo programmato dell’homo laborans laborans. Si insegna l’atomismo di Stato, mediante la pratica della competizione. Le poesie di Marx ci invitano a pensare alla lotta, ad avere dubbi e specialmente attraverso il suo amore dell’umanità, ad essere consapevoli che non è finita: la storia è in divenire, la vita non la si può rinchiudere in recinti ideologici e renderla ipostasi. Il grande timore del lobbismo finanziario è la vita in sé. Lottano contro la vita, hanno necessità di rinchiuderla in una spazio angusto per potersene difendere. Lo spettro di Marx si aggira e cercano di neutralizzarlo con l’aziendalizzazione delle istituzioni e del pensiero. Nella poesia Sentimenti, un Marx giovanissimo con la sua forza plastica invita alla lotta, a non accettare l’ingiustizia e la negazione dell’uomo nella sua umanità come un evento normale, quotidiano:

                       Sentimenti

 

 

Non posso occuparmi tranquillamente
Di ciò che agita il mio animo.
Non posso restare calmo
Quando tutto mi chiama alla lotta
Vorrei conquistare tutto,
Tutti i favori divini,
Assimilare tutte le scienze,
Abbracciare tutte le arti.
Andiamo arditamente avanti
Senza tregua né riposo.
Non rimaniamo immobili
Senza volere né fare niente.
Non subiamo passivamente
Il giogo ignominioso,
Il desiderio, la passione, l’azione
Sono parte di noi.[2]

La teoria e la prassi compaiono in questa con una chiarezza lapalissiana. La cultura, le scienze non sono nulla se non servono a trasformare il mondo, ad essere dono per gli uomini. Il fine della produzione culturale è capire per trasformare il mondo. Il mondo è emendabile solo attraverso la lotta. Prometeo era il mito prediletto di Marx. Ed ancora:

       Orgoglio d’uomo

 

 

Nessuna frontiera ci arresta,
Nessun paese ci trattiene,
E noi vaghiamo sui flutti
Lontano in terra straniera.
Nessuna può fermarci,
Chiudere la nostra speranza,
Le forme svaniscono
E restano solo gioia e sofferenza.
Questi mostri lontani
Ritti solo per paura,
Non sentono il fuoco d’amore
Che li tolse al nulla.
Non c’è colonna che si sollevi
Da sola arditamente.
Costruita pietra su pietra,
Come il lento incedere della lumaca.
Ma l’anima è onnipotente,
Vero fuoco gigante,
Anche se cade
Trascina astri nella caduta.
Da sola, vittoriosamente,
S’innalza verso il cielo,
Gettando gli dei nell’abisso
Col bagliore del lampo negli occhi.
Non le fanno paura le vette
Dove si muove il pensiero divino,
Che l’anima stringe al petto,
La sua grandezza è la preghiera.
Dovrebbe consumarsi da sola,
Sprofondare nella propria grandezza,
Il tuono rimbomba dove gorgogliano i vulcani
E i demoni la circondano piangendo.
Morendo lancia la sua sfida,
Innalza un trono per colmo d’ironia,
Perfino la sconfitta è vittoria
Il fiero disprezzo ricompensa di eroi.
Ma quando il fuoco unisce due esseri,
Quando due anime si saldano strettamente,
Quando l’una annuncia all’altra
Che non è più sola nell’universo.
Allora attraverso lo spazio si sente
Come un suono d’arpa eolia,
Bruciano nel fulgore dell’eterna bellezza
Il desiderio e la passione.
Jenny, posso dirlo chiaramente:
Le anime che ci siamo scambiate
Bruciano dello steso fuoco,
Le loro onde scorrono nello stesso flutto.
Allora getto il guanto
In faccia al mondo,
Crolli pure il nano gigante,
I suoi frantumi non spegneranno l’ardore che mi anima
Come gli dei andrò avanti,
Vittorioso fra le rovine,
Ogni parola fiamma e azione
Sarò pari al Creatore.[3]

La poesia dedicata a Jenny, la futura moglie, sembra parlare all’umanità intera, ancora una volta l’anima si erge contro le forze che vogliono addomesticarla, renderla insignificante presenza. Il senso di una vita è magnificare la propria anima nella lotta. Marx si spinge ad affermare che la sconfitta è vittoria, perché l’azione contro le ipostasi, le divinità posticce è già vincere. Lottare è vincere la propria paura e le proprie pigrizie, per cui ogni azione di liberazione, a prescindere dai risultati, è un’uscita dalla caverna nelle quali forze oscure vogliono che l’anima sia umiliata e tacitata. Lottare è creare, ogni lotta vuole una rigenerazione che si irradia. La chiusura atomistica nella caverna non è vittoria, non è sconfitta, è un’esistenza al limite del nulla in solitudine. La sconfitta presuppone la lotta ed il superamento di ogni fatalismo. Le poesie di Marx, non ci parlano solo dell’uomo Marx, ma specialmente dei nostri giorni consumati in un’anomia senza speranza. Rileggere le poesie di Marx può essere un esercizio per capire l’autore e rimotivarci a pensare. Non dobbiamo restare in poltrona ad almanaccare di quello che potrebbe essere, ma partecipare alla storia che altrimenti fugge dalle nostre vite:

Nella sua poltrona

 

 

Comodamente stupido nella sua poltrona,
Il pubblico tedesco siede in silenzio.
Su e giù scroscia la tempesta,
Più scuro e più cupo si annuvola il cielo,
Fra i lampi saettanti,
Questo non lo smuove nel pensiero.
Eppure quando sorge il sole,
L’aria sussurra, la tempesta si placa,
Allora si leva ed emette un grido,
E scrive un libro: “il rumore è passato”.
Su ciò incomincia a fantasticare,
Vuole andare alla radice delle cose,
Crede che non sia il modo giusto,
Anche il cielo se ne fa gioco,
Perché tutto sia regolato più sistematicamente,
Prima grattando la testa, poi i piedi,
Si comporta dunque come un bimbo,
Cerca cose che sono marcite
Avrebbe dovuto invece comprendere il presente,
E lasciare andare la terra e il cielo,
Tutto va comunque per la sua strada
E l’onda scorre tranquilla lungo la rocce[4]

Leggere o rileggere le poesie di Marx è un arricchimento culturale ed emotivo, ma specialmente dimostrano l’attualità della Filosofia di Marx, ed anche l’inesauribile densità dell’approccio olistico della Filosofia la quale sa guardare l’autore nella sua totalità per individuarne la linfa vitale che scorre, animando il suo pensiero.

Salvatore Antonio Bravo

 

[1] Platone, Simposio, Il Giardino dei Pensieri, pag. 38

[2] Rivista di Storia delle Idee 3:2 (2014) pp. 133-139 – ISSN.2281-1532 http://www.intrasformazione.com DOI 10.4474/DPS/03/02/MTR142/07 Patrocinata dall’Università degli Studi di Palermo.

[3] Ibidem.

[4] Ibidem.


 

 

Jenny e Karl Marx

Jenny e Karl Marx

KARL MARX A JENNY MARX, TREVIRI

Manchester, 21 giugno 1856
34, Butler street, Greenbeys

Mio caro tesoro,

ti scrivo di nuovo, perché sono solo e perché mi secca tenere continui dialoghi mentali con te, senza che tu ne sappia nulla o tu mi possa rispondere[…]

Io ti ho viva davanti a me e ti porto in palmo di mano, e ti bacio dalla testa ai piedi, e cado in ginocchio davanti a te, e sospiro: «Madame, io vi amo ». E davvero io ti amo, più di quanto abbia amato il Moro di Venezia. Il mondo falso e corrotto coglie tutti i caratteri in modo falso e corrotto. Chi dei miei numerosi calunniatori e nemici dalla lingua biforcuta mi ha mai rimproverato di essere chiamato a recitare la parte di primo amoroso in un teatro di seconda classe? Eppure è così. Se quei furfanti avessero avuto dello spirito, avrebbero dipinto da una parte «i rapporti di produzione e di commercio» e dall’altra me ai tuoi piedi. “Look to this picture and to that” [“Guardate questo ritratto e quello”] — vi avrebbero scritto sotto. Ma furfanti stupidi sono costoro e rimarranno stupidi in saecula saeculorum.

Una assenza momentanea fa bene, perché quando si è presenti le cose sembrano troppo eguali per distinguerle. Persino le torri da vicino hanno proporzioni nanesche, mentre le cose piccole e quotidiane, considerate da vicino, crescono troppo. Così è per le passioni. Piccole abitudini le quali con la vicinanza che esse impongono assumono forma appassionata, scompaiono non appena il loro oggetto immediato è sottratto alla vista. Grandi passioni che per la vicinanza del loro oggetto assumono la forma di piccole abitudini, crescono e raggiungono di nuovo la loro proporzione naturale per l’effetto magico della lontananza. Così è con il mio amore. Basta che tu mi sia allontanata solo dal sogno e io so immediatamente che il tempo è servito al mio amore per ciò a cui servono il sole e la pioggia alle piante, per la crescita. Il mio amore, appena sei lontana, appare per quello che è, un gigante in cui si concentra tutta l’energia del mio spirito e tutto il carattere del mio cuore.

Io mi sento di nuovo un uomo, perché provo una grande passione, e la molteplicità in cui lo studio e la cultura moderna ci impigliano, e lo scetticismo con cui necessariamente siamo portati a criticare tutte le impressioni soggettive e oggettive, sono fatti apposta per renderci tutti piccoli e deboli e lamentosi e irrisoluti. Ma l’amore non per l’uomo di Feuerbach, non per il metabolismo di Moleschott, non per il proletariato, bensì l’amore per l’amata, per te, fa dell’uomo nuovamente un uomo.

Mia cara, tu sorriderai e ti chiederai come mai tutto a un tratto divento così retorico ? Ma se potessi stringere il tuo cuore al mio cuore, tacerei e non direi parola. Poiché non posso baciare con le labbra, sono costretto a farlo con il linguaggio e le parole…

In realtà molte donne sono a questo mondo, e alcune di esse sono belle. Ma dove ritrovo un volto nel quale ogni tratto, anzi ogni piega risveglia i ricordi più grandi e più dolci della mia vita? Nel tuo viso soave io leggo persino le mie sofferenze infinite, le mie perdite irreparabili, e quando bacio il tuo dolce viso riesco ad allontanare con i baci la sofferenza. « Sepolto nelle sue braccia, risvegliato dai suoi baci » — cioè nelle tue braccia e dai tuoi baci e io regalo ai bramini e a Pitagora la loro teoria della rinascita e al cristianesimo la sua teoria della risurrezione […]

Addio tesoro mio. Ti bacio migliaia di volte insieme alle bambine.

Tuo Karl

 


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