Salvatore A. Bravo – I barbari e l’Occidente. La comunità è il luogo del dono. La barbarie è l’incapacità di pensare la possibilità del dono. La bellezza germina nel pensiero che medita sull’esperienza. L’edonismo struttura un mondo senza intelligenza.

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Salvatore A. Bravo

I barbari e l’Occidente

I barbari non sono alle porte, sono nell’Occidente, fino ad essere l’Occidente. La barbarie è la cifra di un vivere civile senza dono, società senza comunità: è la condizione del capitalismo assoluto, niente è gratuito, ma tutto è usato, strumentalizzato per ottenere risultati immediati.
La comunità è il luogo del dono, è nella parola stessa il significato etico. Il bene che tale parola veicola è espresso nel suo significato etimologico: comunità, dal latino communitas (composto di cum e munus): il cumfa riferimento alla dualità nella quale è possibile e si materializza il dono. Quest’ultimo è gratuito, ed è nella forma del tempo solidale. Offrire il proprio tempo, donarlo, significa donare la vita.
La barbarie è l’incapacità, non tanto di donare, ma – più in profondità – è l’incapacità di pensare la possibilità del dono. Il capitalismo assoluto ha eroso e corroso ogni idea di bene sostituendola con la violenza acquisitiva delle merci. In tal modo il bene ed il male – quali categorieassiologiche – sono scomparse, per lasciare il posto ad una società in-civile nella quale l’atomistica delle solitudini è segnata dalla volontà acquisitiva.

Società senza dono è dunque la barbarie
Non si è giunti allo stato presente in modo improvviso. A tutto ciò ha contribuito anche l’adattamento della filosofia, e di coloro che si autoproclamano filosofi, al modo di produzione capitalistico nelle sue forme integraliste ed assolute. Tale responsabilità della filosofia è da rintracciare nella fuga dall’universale, nell’indicare quale vera ricerca del bene solo ed unicamente l’adattarsi al trionfo delle scienze. Il positivismo con la sua filosofia adialettica, ancora vigente nel mondo accademico, ha rinunciato all’autonomia epistemica della filosofia per inseguire un modello di assimilazione che l’ha ridotta a presenza dipendente dalle scienze ed in una posizione subordinata. La filosofia, nel migliore dei casi, come in Herbert Spencer, astrae dai risultati delle scienze principi generalissimi, ha abdicato ad ogni ricerca del trascendentale nell’immanenza, come svolta dall’Idealismo, perdisperdersi nell’empirico, e rinunciare ad ogni catabasipolitica e sociale. La rinuncia all’universale significa declinare da ogni impegno politico e sociale per divenire lo sgabello silenzioso e servile del sistema capitale-azienda. Nel migliore dei casi la filosofia assume il ruolo di controllo ed esplicitazione per generalizzazione dei risultati scientifici:

«Le verità della filosofia, quindi, hanno lo stesso rapporto rispetto alle verità scientifiche superiori che queste ultime hanno rispetto alle verità scientifiche inferiori. Così come ogni più ampia generalizzazione della scienza ricomprende e consolida le generalizzazioni più ristrette di una certa branca, le generalizzazioni della filosofia ricomprendono e consolidano le generalizzazioni più ampie della scienza. Si tratta dunque di una conoscenza che si trova all’estremo opposto, per genere, a quella che l’esperienza accumula. È il prodotto finale del processo che muove da un mero collegamento di osservazioni non elaborate, istituisce proposizioni via via sempre più ampie e disgiunte da casi particolari, ed esita nella formulazione di proposizioni universali. Per semplificare al massimo questa definizione, diciamo che la conoscenza di genere più basso è una conoscenza non unificata, la conoscenza della scienza è parzialmente unificata, e la conoscenza della filosofia è completamente unificata».[1]

 

Attività senza metafisica: medicina e ginnastica
La rinuncia ad ogni metafisica ha favorito il prevalere della razionalità strumentale sulla razionalità oggettiva. Con il rifiuto preconcetto della metafisica, vero ossimoro filosofico, la filosofia servile dell’oggi ha ricusato la problematizzazione.
La Filosofia, invece, è dove il logos – attraverso processi di indagine mediati dall’argomentare logico e dialettico – trascende l’immediato per orientare la visuale verso l’universale, verso il bene: ogni attività scissa dall’universale e consegnata al particolare non può che mostrare gli effetti dell’assenza di senso e di fine.
Nel Gorgia Platone dimostra come la ginnastica senza l’oggettività razionale del suo agire, perde il suo senso, si svilisce in pura attività volta allo scopo di agghindarsi perdendo così la sua ragion d’essere oggettiva, ovvero la cura e la disciplina delle pulsioni al fine di ordinare la vita psichica. L’armonia è un processo di controllo delle pulsioni per sublimarle nell’universale comunitario. L’anima necessità del controllo del corpo, per poter fiorire, mentre la pratica della ginnastica funzionale all’estetica non può che far precipitare l’anima nel corpo, fino a far trascinare l’anima dal corpo. Anche la medicina, il cui fine è la cura, può essere sostituita dalla culinaria che offre i suoi alimenti per il piacere immediato, senza conoscere i significati profondi e gli effetti dei cibi-farmaci somministrati. La culinaria e l’agghindarsi sono una forma di positivismo, di risultato empirico scisso dall’universale. Si insegue l’edonismo per soddisfare le pulsioni, celando dietro il velo di Maya del piacere immediato il male. L’empiria fine a se stessa, in realtà è solo corpo (Körper), in quanto ha rinunciato ad ogni fine universale per essere corpo e parola del nichilismo (nihil, nulla). Il male è nella rinuncia al sommo bene, alla razionalità che fonda il senso dell’essere sociale in ogni attività quotidiana:

«Nell’arte politica, poi, l’arte della legiferazione è l’equivalente della ginnastica, mentre alla medicina corrisponde la giustizia. L’una e l’altra arte di ogni singola coppia sono fra loro in stretta relazione, dal momento che hanno a che fare col medesimo oggetto: la medicina con la ginnastica e la giustizia con l’arte della legiferazione; tuttavia in qualcosa si distinguono l’una dall’altra. Ebbene, che queste arti sono quattro e che curano, mirando sempre al meglio, le une il corpo, le altre l’anima, se n’è accorta la lusinga, non per via di conoscenza ma per averlo indovinato, e, divisasi in quattro, si è insinuata sotto ciascuna di queste parti, e finge di essere quell’arte sotto cui si è insinuata; di ciò che sia meglio non si dà alcun pensiero e con quello che di volta in volta è la cosa più piacevole tende trappole agli stolti e li inganna, al punto dì far credere loro di essere cosa di grandissimo valore. Dunque, sotto la medicina si è insinuata la culinaria, e finge di sapere quali siano i cibi migliori per il corpo così abilmente che, se un cuoco e un medico dovessero competere davanti ad una giuria di fanciulli, o di uomini tanto stolti quanto lo sono i fanciulli, per decidere chi dei due si intenda dei cibi buoni e dei cibi dannosi, se il medico o il cuoco, il medico morirebbe di fame. Ebbene, questo io lo chiamo lusinga, e dico che è una brutta cosa, o Polo, e con questo rispondo alla tua domanda, perché mira al piacere senza tener conto del sommo bene. E non la definisco arte ma attività empirica, perché offre le cose che offre senza avere alcuna intelligenza di quale sia mai la loro natura, sicché non può spiegare la ragione di ciascuna di esse. Ed io non chiamo arte un’opera che non si possa razionalmente giustificare. Ma se non sei d’accordo su queste mie affermazioni, sono disposto a renderne conto. Sotto la medicina, dunque, sta, come dicevo, la lusinga culinaria; sotto la ginnastica, parimenti, la lusinga dell’agghindarsi, malefica, ingannevole, ignobile e servile, che inganna con figure esteriori, colori, leziosità e vesti, al punto da far sì che gli uomini preoccupati di attirare su di sé una bellezza estranea, trascurino la propria, quella cioè che si ottiene grazie alla ginnastica. Ma per non farla troppo lunga, voglio spiegarmi usando il gergo dei geometri, perché così , forse, riuscirai a seguirmi, e voglio dirti che, come l’arte di agghindarsi sta alla ginnastica, così la sofistica sta all’arte della legiferazione, e che, come la culinaria sta alla medicina, così la retorica sta alla giustizia. Ebbene, quello che intendo dire è che, pur essendo le due arti per natura distinte, dal momento, però, che sono fra loro vicine, sofisti e retori si confondono in uno, e così le cose di cui si occupano, e non sanno che funzione attribuire né loro a se stessi né gli altri a loro. Se, infatti, l’anima non governasse il corpo, ma questo si governasse da sé, e se non fosse l’anima a riconoscere e a distinguere la culinaria e la medicina, ma fosse il corpo a giudicarle stimandole in base ai piaceri che gliene vengono, allora, o Polo, varrebbe quanto dice Anassagora visto che tu di queste cose sei pratico, e tutte le cose si confonderebbero in una, senza che si potessero più distinguere le cose della medicina, della salute e della culinaria. Hai sentito, dunque, quello che io sostengo che la retorica sia: essa è per l’anima l’equivalente di quello che la culinaria è per il corpo. Ma ecco che, forse, ho fatto una cosa assurda: pur non permettendo a te di fare lunghi discorsi, proprio io ho tirato il mio discorso per le lunghe. Ma merito il perdono: quando parlavo in modo conciso, non capivi, e non sapevi cavare nulla dalla risposta che ti avevo dato, ma avevi bisogno che ti venisse spiegata per esteso. Ebbene, se anch’io, a una tua risposta, non saprò cavarne nulla, allora anche tu potrai sviluppare il tuo discorso; se, invece, io saprò che utilità cavarne, lascia che ne faccia buon uso, come è giusto che sia. E ora, fa’ pure quello che vuoi di questa mia risposta». [2]

 

Immediatezza e diniego
Le arti, i saperi dispersi nel gioco del subitaneo, divengono oggetto delle peggiori passioni, si danno allo spettacolo, alla competizione, scambiano il piacere per il bene, fanno di sé un mezzo per gratificazioni impossibili, e dunque sono degli orci bucati, metafora che Platone espone nel dialogo con Callicle nel Gorgia: dove l’universale pone il limite consapevole, si ritrovano gli orci che vivono la pienezza di sé in essi sedimentata. L’orcio bucato è l’edonismo (dal greco antico ἡδονή, edoné, piacere) nichilistico, mentre l’orcio che pensa e dà ordine alle esperienze crea un ordine, un cosmo ed è dunque disposto all’eudemonia (dal gr. εὐδαιμονία, der. di εὐδαίμων «felice», comp. di εὖ «bene» e δαίμων, «demone, sorte»).
La bellezza germina nel pensiero che media e medita sull’esperienza per trarne la vita, l’agere, un nuovo inizio radicato nell’identità e nella consapevolezza di sé. Il buon demone conduce l’essere umano dal particolare all’universale, lo umanizza, ne scolpisce la potenzialità, la rende atto.
L’edonismo, l’empiria, strutturano un mondo senza intelligenza, senza armonia e benessere. Il pratico inerte, secondo la definizione di Sartre, è la condizione della passività. E l’edonismo addestra: è la caduta del soggetto nella mobilitazione edonistica di massa, il suo evaporare nella plebe. Si ha così l’individualismo senza soggetto, l’individuo è interscambiabile, sostituibile, rilevante solo per la quantità dei consumi.
L’immediatezza è il trionfo della scomparsa del soggetto, la cui libertà è nell’assenza di forma e di contenuti.
Il diniego è l’altro volto del consumismo totale. L’abitudine all’automatismo acquisitivo struttura il diniego del malessere che, pur sentito, non è ascoltato e accolto: il diniego è la rimozione del male che puntualmente ritorna. La barbarie è il diniego dello stato presente obnubilato dai miti che la sovrastruttura del capitalismo assoluto offre quali oppiacei per sopportare la notte del mondo.

Subitaneo e trascendentale
Nella filosofia antica il problema è stato posto: la condizione umana si dibatte nel tentativo di superare la scissione tra il subitaneo e il trascendentale. Non si è umani se non si ascolta e si vive il problema. Con il trionfo della adialettica positivistica, la filosofia, in particolare la filosofia accademica, ha rinunciato ad ogni fondazione metafisica, consegnandosi all’empiria con l’effetto che ha sostenuto i processi di scissione e frammentazione, per cui l’insegnamento scisso dal senso profondo è divenuto didattica, la politica propaganda narcisistica, la medicina arte della cura di organi e non arte sistemica della persona e così via.
Dalla scissione si può uscire, ancora una volta il potenziale è conservato nel grembo della filosofia. Platone, nel Parmenide, teorizza l’essere, il fondamento come unità nel molteplice. In tale maniera il fondamento non nega la molteplicità, ma le parti si ricompongono in un’unità più grande. Il fondamento comunitario è nella consapevolezza di appartenere ad una comune natura, e ciò dispone al dono, al limite (katéchon), al fine di accogliere la parola dell’altro. In tal maniera le parti si ritrovano nel tutto, senza la violenza della parte che confligge con le altre parti, perché non ne riconosce il comune fondamento:

«è necessario che il tutto e la parte prendano parte dell’uno. Il tutto sarà un uno di cui parti sono le parti; mentre ciascuna parte del tutto, quale che sia, sarà una parte del tutto». «è così ». «Ciò che partecipa dell’uno non vi prenderà parte essendo diverso dall’uno?» «Come no?» «Molte saranno le cose diverse dall’uno: se infatti le cose diverse dall’uno non fossero né uno, né più di uno, nulla sarebbero». «No, certo». «Dal momento che sono più di uno quelle cose che partecipano dell’uno come parte e dell’uno come tutto, non è necessario siano molteplici e infinite queste cose che prendono parte dell’uno?» «Come?» «Osserva. Esse, allorquando partecipano dell’uno, vi prendono parte non essendo uno e non partecipandovi?» «è chiaro». «Non è dunque molteplicità in cui l’uno non è?» «Sì , lo è». «E allora? Se volessimo con il pensiero sottrarre da tale molteplicità la parte più piccola che riusciamo a sottrarre, non sarebbe necessario che anche la parte che abbiamo separato, se è vero che non prende parte dell’uno, sia molteplicità e non uno?» «Per forza». «Dunque analizzando sempre in questo modo quella natura, presa di per sé, diversa dalla specie dell’uno, quale che sia la parte di essa che noi sempre osserviamo, non sarà infinita e molteplice?» «Assolutamente». «Non appena ciascuna parte diviene parte, esse saranno già fornite di un limite le une verso le altre e verso il tutto, e il tutto verso esse».[3]

 L’uscita dalle barbarie trova nella filosofia una delle vie privilegiate, perché la filosofia è metafisica. Solo riportando il bene nella centralità della discussione culturale ed umana si avrà la possibilità, non la certezza, di uscire dalla caverna al cui buio ci si è abituati.

La normalità della caverna è la barbarie dell’Occidente, ma non è un destino.

 

Salvatore A. Bravo

 

*
***
*

[1] Herbert Spencer, I princìpi primi, Williams and Norgate, Londra 1867, traduzione di Angelo Magliocco, pag. 87.

[2] Platone, Gorgia, ww.ousia.it, pag. 17.

[3] Platone, Parmenide, ww.ousia.it, pag. 20.

 

 

 

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Democrito (460 – 370 a.C. circa) – Bisogna difendere nei limiti delle proprie forze coloro che patiscono ingiustizia, e non lasciar correre: giacché un tale atteggiamento è giusto e coraggioso, l’atteggiamento contrario è ingiusto e vile.

Massime

«Bisogna difendere nei limiti delle proprie forze coloro che patiscono ingiustizia, e non lasciar correre: giacché un tale atteggiamento è giusto e coraggioso, l’atteggiamento contrario è ingiusto e vile».

Democrito, B261.


Democrito (460 – 370 a.C. circa) – Si deve essere veraci, non loquaci. Chi si compiace nel contraddire e chiacchiera molto non ha attitudine ad apprendere ciò che è necessario. Né arte né scienza si può conseguire da chi non apprende.


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Giacomo Leopardi (1798-1837) – Niente nella natura annunzia l’infinito, l’esistenza di alcuna cosa infinita. L’infinito è un parto della nostra immaginazione, della nostra piccolezza ad un tempo e della nostra superbia.

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Zibaldone 01

Zibaldone

 «Niente nella natura annunzia l’infinito, l’esistenza di alcuna cosa infinita. L’infinito è un parto della nostra immaginazione, della nostra piccolezza ad un tempo e della nostra superbia. […] Pare che solamente quello che non esiste, la negazione dell’essere, il nulla, possa essere senza limiti, e che l’infinito venga in sostanza a esser lo stesso che il nulla».

 

Giacomo Leopardi, Zibaldone, a cura di Rolando Damiani, Mondadori, Milano 2015, 4178,  vol. Il, pp. 2738-2739 (annotazione del 2 maggio 1826).


Giacomo Leopardi – Cos’è la lettura per l’arte dello scrivere

Giacomo Leopardi (1798-1837) – Trista quella vita (ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione

Giacomo Leopardi (1798-1837) – La felicità non è che la perfezione, il compimento della vita.

Giacomo Leopardi (1798-1837) – Un sorriso e una poesia possono aggiungere un filo alla trama brevissima della vita, accrescendo la nostra vitalità.

Giacomo Leopardi (1798-1837) – La più sublime, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dubbio l’Astronomia. L’uomo s’innalza per mezzo di essa come al di sopra di se medesimo.

Giacomo Leopardi (1798-1837) – «Dialogo della Moda e della Morte». La moda appartiene perciò a quel tipo di fenomeni che tendono a un’estensione illimitata. Cara Morte, mostri di non conoscere la potenza della Moda, perché ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del corpo come dell’animo, è più morta che viva.

Giacomo Leopardi (1798-1837) – Parlerò della miseria umana, degli assurdi della politica, dei vizi e delle infamie non degli uomini ma dell’uomo.

Giacomo Leopardi (1798-1837) – Come l’uomo dimostra la grandezza e la potenza dell’umano intelletto, l’altezza e nobiltà sua, l’immensa capacità della sua mente.


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Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – È questo il momento nella vita che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un essere umano: quando contempla il bello in sé. La misura e la proporzione risultano essere dappertutto bellezza e virtù.

Platone 014a
Simposio
«È questo il momento nella vita
che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un essere umano:
quando contempla il bello in sé».

Platone, Simposio 211 d.


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FIlebo

«La misura e la proporzione
risultano essere dappertutto
bellezza e virtù».

Platone, Filebo, 64 e.


Platone, «Filebo» – Senza possedere né intelletto né memoria né scienza né opinione vera, tu saresti vuoto di ogni elemento di coscienza

Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Coloro che sono privi della conoscenza di ogni cosa che è, e che non hanno nell’anima alcun chiaro modello, non possono rivolgere lo sguardo verso ciò che è più vero e non possono istituire norme relative alle cose belle e giuste e buone.

Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Le relazioni con gli stranieri sono atti di particolare sacralità. Lo straniero si trova ad essere privo di amici e parenti, e quindi è affidato in modo particolare alla solidarietà degli dei e degli uomini. Non c’è colpa peggiore per un uomo che un torto fatto ai supplici

Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Non esiste male maggiore che un uomo possa patire che prendere in odio i ragionamenti. L’odio contro i ragionamenti, e quello contro gli uomini, nascono nella stessa maniera.

 


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Jean Baudrillard (1929-2007) – L’uomo non smette di espellere quello che egli è, quello che prova, quello che significa ai propri occhi con tutti gli artefatti tecnici che egli ha inventato, e all’orizzonte dei quali sta scomparendo.

Jean Baudrillard 03
Il delitto perfetto

Il delitto perfetto

 

«Abbiamo rinunciato a considerare noi stessi […] come i soggetti della storia;
ci siamo detronizzati e al nostro posto abbiamo collocato altri soggetti della storia,
anzi un solo soggetto: la tecnica».

G. Anders, L’uomo è antiquato, volume II, Bollati Boringhieri, Milano, p. 258.

 

 

«L’uomo non smette di espellere quello che egli è, quello che prova, quello che significa ai propri occhi: sia che questo accada con il linguaggio, il quale ha una funzione di esorcismo; sia che ciò capiti con tutti gli artefatti tecnici che egli ha inventato, e all’orizzonte dei quali sta scomparendo, in un processo irreversibile di transfert e di sostituzione. McLuhan considerava le tecnologie moderne delle ‘‘estensioni dell’uomo’’; bisognerebbe piuttosto considerarle delle “espulsioni dell’uomo”».

 

Jean Baudrillard, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Raffaello Cortina, Milano 1996, p. 41.

 


Jean Baudrillard (1929-2007) – La morte è immanente all’economia politica. È per questo che essa si vuole immortale.
Salvatore Antonio Bravo – Le miserie della società dell’abbondanza. La verità del consumo è che essa è in funzione non del godimento, bensì della produzione.

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Paul Ricoeur (1913-2005) – L’immaginazione, dando consistenza al desiderio di un’assenza, apre all’orizzonte del volontario, nel cuore stesso dell’involontario.

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finitude

«L’immaginazione,
dando consistenza al desiderio di un’assenza,
apre all’orizzonte del volontario,
nel cuore stesso dell’involontario».

 

 

Paul Ricoeur, Philosophie de la volonté. Finitude et culpabilité, Aubier Montaigne, Paris 1960, p. 46.


Paul Ricoeur (1913-2005) – Il carattere singolare della situazione di cura è un principio fandamentale. La diversità delle persone umane fa sì che non sia la specie a essere curata, ma ogni volta un essere unico del genere umano


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Karl Marx (1818-1883) – IO STO CON I PASTORI SARDI. Ogni progresso compiuto dall’agricoltura capitalista equivale a un progresso non solo nell’arte di DERUBARE L’OPERAIO, ma anche in quella di SPOGLIARE LA TERRA, ogni progresso che aumenta la sua fertilità in un certo lasso di tempo equivale a un progresso nella distruzione delle fonti durevoli di tale fertilità

Marx e l'agricoltura capitalistica

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IO STO CON I PASTORI SARDI

«Ogni progresso compiuto dall’agricoltura capitalista equivale a un progresso non solo nell’arte di DERUBARE L’OPERAIO, ma anche in quella di SPOGLIARE LA TERRA, ogni progresso che aumenta la sua fertilità in un certo lasso di tempo equivale a un progresso nella distruzione delle fonti durevoli di tale fertilità».

Karl Marx, Il Capitale, I, sez. 4, cap. 13, §10, Grande industria e agricoltura; trad. a cura di Eugenio Sbardella, I.2, Newton Compton, 1974, p. 661.

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Karl Marx – Cristalli di denaro: “auri sacra fames”

Karl Marx – Il denaro è stato fatto signore del mondo

Karl Marx – Il denaro uccide l’uomo. Se presupponi l’uomo come uomo e il suo rapporto col mondo come un rapporto umano, potrai scambiare amore soltanto con amore

Karl Marx – La natura non produce denaro

Karl Marx (1818-1883) – A 17 anni, nel 1835, già ben sapeva quale sarebbe stata la carriera prescelta: agire a favore dell’umanità.

Karl Marx (1818-1883) – Il capitale, per sua natura, nega il tempo per una educazione da uomini, per lo sviluppo intellettuale, per adempiere a funzioni sociali, per le relazioni con gli altri, per il libero gioco delle forze del corpo e della mente.

Karl Marx (1818-1883) – La patologia industriale. La suddivisione del lavoro è l’assassinio di un popolo

Karl Marx (1818-1883) – Sviluppo storico del senso artistico e umanesimo comunista. La soppressione della proprietà privata è la completa emancipazione di tutti i sensi umani e di tutte le qualità umane. Il comunismo è effettiva soppressione della proprietà privata quale autoalienazione dell’uomo, è reale appropriazione dell’umana essenza da parte dell’uomo e per l’uomo

Karl Marx (1818-1883) – Il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità.

Karl Marx (1818-1883) – Gli economisti assomigliano ai teologi, vogliono spacciare per naturali e quindi eterni gli attuali rapporti di produzione.

Karl Marx (1818-1883) – Per sopprimere il pensiero della proprietà privata basta e avanza il comunismo pensato. Per sopprimere la reale proprietà privata ci vuole una reale azione comunista.

Karl Marx (1818-1883) – Noi non siamo dei comunisti che vogliono abolire la libertà personale. In nessuna società la libertà personale può essere più grande che in quella fondata sulla comunità.

Karl Marx (1818-1883) – La sensibilità soggettiva si realizza solo attraverso la ricchezza oggettivamente dispiegata dell’essenza umana.

Karl Marx (1818-1883) – Vi sono momenti della vita, che si pongono come regioni di confine rispetto ad un tempo andato, ma nel contempo indicano con chiarezza una nuova direzione.

Karl Marx (1818-1883) – Quando il ragionamento si discosta dai binari consueti, si va sempre incontro a un iniziale “boicottaggio”

Karl Marx (1818-1883) – L’arcano della forma di merce. A prima vista, una merce sembra una cosa ovvia. Dalla sua analisi, risulta che è una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici. Ecco il feticismo che s’appiccica ai prodotti del lavoro appena vengono prodotti come merci, e che quindi è inseparabile dalla produzione delle merci.

 


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Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Non esiste male maggiore che un uomo possa patire che prendere in odio i ragionamenti. L’odio contro i ragionamenti, e quello contro gli uomini, nascono nella stessa maniera.

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Fedone

Μὴ γενώμεθα, ἦ δ’ ὅς, μισόλογοι, ὥσπερ οἱ μισάνθρωποι γιγνόμενοι· ὡς οὐκ ἔστιν, ἔφη, ὅτι ἄν τις μεῖζον τούτου κακὸν πάθοι ἢ λόγους μισήσας. γίγνεται δὲ ἐκ τοῦ αὐτοῦ τρόπου μισολογία τε καὶ μισανθρωπία.

«Non esiste male maggiore che un uomo possa
patire che prendere in odio i ragionamenti.
L’odio contro i ragionamenti,
e quello contro gli uomini,
nascono nella stessa maniera».

Platone, Fedone, 89 D.

 


Platone, «Filebo» – Senza possedere né intelletto né memoria né scienza né opinione vera, tu saresti vuoto di ogni elemento di coscienza

Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Coloro che sono privi della conoscenza di ogni cosa che è, e che non hanno nell’anima alcun chiaro modello, non possono rivolgere lo sguardo verso ciò che è più vero e non possono istituire norme relative alle cose belle e giuste e buone.

Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Le relazioni con gli stranieri sono atti di particolare sacralità. Lo straniero si trova ad essere privo di amici e parenti, e quindi è affidato in modo particolare alla solidarietà degli dei e degli uomini. Non c’è colpa peggiore per un uomo che un torto fatto ai supplici


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Walter Benjamin (1892-1940) – L’esperienza è in ribasso. Un’indigenza di nuova specie si è abbattuta sugli uomini, la nostra povertà di esperienza. È povertà non solo di esperienze private, ma di esperienze umane in genere, è una nuova barbarie.

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«Nelle nostre antologie c’era la favola del vecchio che sul letto di morte dava a intendere ai figli che nella sua vigna era nascosto un tesoro. Dovevano solo scavare. Scavarono, ma del tesoro nessuna traccia. Ma poi, quando arriva l’autunno, ecco che la vigna produce come nessun’altra in tutto il paese. A quel punto si accorgono che il padre aveva lasciato loro un’esperienza: la messe non sta nell’oro ma nella sollecitudine. […] Dove è andato a finire tutto questo? Chi incontra oggi gente che possa narrare qualcosa per filo e per segno? Da quali moribondi, oggi, giungono parole così durevoli da poter passare, come un anello, di generazione in generazione? A chi, oggi, viene in soccorso un proverbio? Chi, oggi, vorrà anche solo tentare di aver a che fare con la gioventù rimandando alla sua esperienza?
No, una cosa è chiara: l’esperienza è in ribasso […].
Con questo impetuoso dispiegamento della tecnica, un’indigenza di nuova specie si è abbattuta sugli uomini. E di quest’indigenza il rovescio della medaglia è la soffocante ricchezza d’idee, che è venuta tra, o meglio, si è abbattuta sulla gente, col revival di astrologia e sapienza Yoga, Christian Science e chiromanzia, vegetarianismo e gnosi, scolastica e spiritismo. […] Ma qui si mostra nel modo più chiaro che la nostra povertà di esperienza è solo una parte della grande povertà che ha ottenuto di nuovo un volto […]. Sì, ammettiamolo: questa povertà di esperienza è povertà non solo di esperienze private, ma di esperienze umane in genere. E con ciò una nuova forma di barbarie.
Barbarie? Come no. Diciamo così per introdurre un nuovo, positivo concetto di barbarie. Perché, dove è condotto il barbaro dalla povertà di esperienza? Questa lo induce a cominciare daccapo; a cominciare dal nuovo; a cavarsela con poco; a costruire dal poco e con ciò a non guardare né a destra né a sinistra. […].
Da qualche parte, da tempo, le migliori menti hanno cominciato a fare il verso a questo dato. Il loro segno distintivo è la totale mancanza di illusioni sull’epoca […].
Povertà di esperienza: non bisogna intenderla come se gli uomini anelassero a una nuova esperienza. No, anelano a liberarsi delle esperienze, anelano a un ambiente in cui possano far risaltare la loro povertà, quella esteriore e alla fine anche quella interiore, con tanta purezza e nitore che ne esca fuori qualcosa di decente. Non sono sempre ignoranti o inesperti. Spesso si può dire il contrario: si sono “divorati” tutto, “la cultura” e l’”uomo”, se ne sono saziati e stancati. […] Alla stanchezza segue il sonno […]. Quest’esistenza trabocca di meraviglie che non soltanto oltrepassano quelle della tecnica, ma se ne prendono gioco. […] Natura e tecnica, primitività e comfort sono qui diventati compiutamente una cosa sola, e davanti agli occhi della gente che si è stancata delle infinite complicazioni del quotidiano e per cui lo scopo della vita sembra un mero, remotissimo punto di fuga in una prospettiva infinita di mezzi, appare redentrice un’esistenza che in ogni piega basta a se stessa nella maniera più semplice e al contempo confortevole, in cui un’automobile non pesa più di un cappello di paglia e la frutta sull’albero si fa rotonda con la stessa rapidità della navicella di un aerostato. […]
Siamo diventati poveri.
Abbiamo ceduto una fetta dopo l’altra dell’eredità dell’umanità, spesso per doverla depositare al monte di pietà a un centesimo del valore, per ricavarne, in anticipo, la monetina dell’”attuale”».

Walter Benjamin, Esperianza e povertà, traduzione e cura di Massimo Palma, Castelvecchi, 2018, pp. 52-58.

Nota al testo

Erfahrung und Armut (GS II, 1, pp. 213-219). Scritto nell’arco del 1933, pubblicato nella rivista diretta da Willy Haas, «Die Welt im Wort», anno 1, n. 10, Praga, 7 dicembre 1933.


Walter Benjamin (1892-1940) – «Esperienza» . Il giovane farà esperienza dello spirito e quanto più dovrà faticare per raggiungere qualcosa di grande, tanto più incontrerà lo spirito lungo il suo cammino e in tutti gli uomini. Quel giovane da uomo sarà indulgente. Il filisteo è intollerante.

Walter Benjamin (1892-1940) – Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera

Walter Benjamin (1892-1940) – La malinconia tradisce il mondo per amore di sapere. Ma la sua permanente meditazione abbraccia le cose morte nella propria contemplazione, per salvarle.

Walter Benjamin (1892-1940) – Che cos’erano per me i miei primi libri? Io non leggevo un libro, vi entravo, vivevo tra le sue righe; e quando lo riaprivo dopo un’interruzione, ritrovavo me stesso nel punto in cui ero rimasto.


logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 15-02-2019)


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Università di Macerata – Presentazione del libro di Maurizio Migliori, «La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni».

Presentazione Migliori Maurizio

Unimc

Sfisfi 02

Mercoledì 20 febbraio 2019 ore 16.00

Aula B,  Sezione di Filosofia

Via Garibaldi, 20 – Macerata

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Presentazione del libro di

Maurizio Migliori

La bellezza della complessità

La bellezza della complessità

Presentano il libro:

 

palpacelli

Lucia Palpacelli

 

 

Marina Fedeli

Marina Fedeli

 

Coordinano:

 

Arianna Fermani

Arianna Fermani

 

Pamela Grisei

Pamela Grisei

 

Sarà presente l’autore:

Maurizio Migliori

Maurizio Migliori

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*

 

 


Dedico questa raccolta alle allieve e agli allievi
che ho incontrato nell’arco di cinquant’anni,
nella scuola e nell’Università,
e a tutti coloro che hanno avuto la pazienza
di leggermi e di ascoltarmi,
dando un ulteriore senso
al mio lavoro di ricerca con l’amato Platone.

M. M.

coperta 315Questa è l’affermazione che considero come la formula sintetica
di quello che Platone pensa
della realtà cosmica e del suo “disordinato ordine”
(Maurizio Migliori, Uni-molteplicità del reale e dottrina dei Principi):

Οὐκοῦν εἰ μὴ τοῦτο, μετ’ ἐκείνου τοῦ λόγου ἂν ἑπόμενοι βέλτιον λέγοιμεν ὡς ἔστιν, ἃ πολλάκις εἰρήκαμεν, ἄπειρόν τε ἐν τῷ παντὶ πολύ, καὶ πέρας ἱκανόν, καί τις ἐπ’ αὐτοῖς αἰτία οὐ φαύλη, κοσμοῦσά τε καὶ συντάττουσα ἐνιαυτούς τε καὶ ὥρας καὶ μῆνας, σοφία καὶ νοῦς λεγομένη δικαιότατ’ ἄν.

«Sarà quindi meglio affermare, come più volte abbiamo detto, che nell’universo c’è molto illimitato (ἄπειρόν) e sufficiente (ἱκανόν) limite, e, al di sopra di essi, una causa non da poco, la quale, ordinando e regolando gli anni, le stagioni e i mesi, può, a buon diritto, essere chiamata sapienza e intelligenza» (Platone, Filebo, 30 C 3-7).

***

Maurizio Migliori

La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni

ISBN 978-88-7588-247-1, 2019, pp. 592, Euro 38

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Locandina M. Migliori – La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni

Questo testo mette a disposizione del lettore importanti studi, alcuni proposti qui per la prima volta in italiano, altri ormai quasi introvabili. Migliori, studioso di Platone internazionalmente riconosciuto, svolge una trattazione che parte da Eraclito e, attraverso la sofistica, raggiunge il filosofo ateniese, che è oggetto di una serie di contributi di assoluto interesse. Molti dialoghi risultano scandagliati in modo approfondito, soprattutto il Fedro e tutti i dialoghi dialettici (Parmenide, Sofista, Politico e Filebo). In effetti, Migliori ha un particolare interesse per la dialettica, il che spiega gli studi su Eraclito e Gorgia. La dialettica è alla base della filosofia platonica, qui ricostruita in modo chiaro e profondo. Le tesi proposte, originali, ma mai svolte per il gusto della novità, manifestano una testarda fedeltà al testo. Lo prova la abbondanza di citazioni presenti in questi articoli, che costituiscono una delle ricchezze offerte al lettore interessato. Anche quando affronta un tema particolarmente dibattuto, come la scrittura filosofica di Platone, Migliori non si limita ad evidenziare l’importanza decisiva del “gioco protrettico” proposto nel Fedro, ma offre una serie di esempi testuali che mostrano nel concreto le tecniche utilizzate dal filosofo.
Tra questi saggi non mancano trattazioni etiche e politiche, al cui interno l’Autore affronta anche tematiche rischiose, come l’analisi del libro X della Repubblica. Mentre vari studiosi vorrebbero quasi espungerlo, Migliori si impegna a mostrare le ragioni che lo rendono utile e necessario per completare questo grande dialogo. Ciò gli dà anche la possibilità di demolire una serie di diffusi luoghi comuni, ad esempio sulla condanna dell’arte, sulle Idee e sull’anima. Quest’ultimo tema è poi affrontato in un saggio, che evidenzia la differenza tra la concezione dell’anima, una delle più grandi “invenzioni” greche, e la visione biblica, centrata sulla resurrezione.
Infine, Migliori fa una proposta ermeneutica e filosofica di fondo, che definisce “approccio multifocale”. Questo paradigma consente, da una parte di capire il pensiero classico che pratica normalmente questo tipo di lettura della realtà, dall’altra di avere una visione che rispetta le relazioni e la complessità del nostro mondo, senza cadere nelle trappole logiche e pratiche del relativismo.


Indice

Introduzione di Luca Grecchi

***

Note sulla dialettica in Eraclito
Premessa
La presenza assente del logos
Il contenuto del logos
L’esito finale dell’eraclitismo

***

Gorgia quale sofista di riferimento di Platone
Il problema del rapporto tra Gorgia e Platone
Un primo nesso tra Gorgia e Protagora
Gorgia retore e sofista
Il Gorgia
Il Parmenide
Il Teeteto e il Sofista
Conclusioni

***

La filosofia dei sofisti: un pensiero posteleatico
Diversi possibili itinerari di ricerca
Il quadro descrittivo del Sofista
Il problema del non essere
Il riferimento a Gorgia
Il rapporto filosofico con Protagora
Intreccio e differenze nell’uso dei due sofisti

***

Come scrive Platone.
Esempi di una scrittura a carattere “protrettico”
Alcune premesse di metodo
Un errore volontario
Una maturità precoce?
Il rinvio della trattazione del Bene
Un esercizio infinito
Una necessaria diffidenza
L’architettonica di un dialogo
Allusioni e inserimenti “estemporanei”
Il (cauto) utilizzo di altri dialoghi
L’utilità del metodo proposto

***

La struttura polifonica del Fedro
Una situazione paradossale
Elementi introduttivi alla lettura del dialogo
Un incontro particolare
La struttura del dialogo
Il motivo dominante: la tecnica di comunicazione orale e scritta
e la responsabilità di colui che comunica
Il centro tematico dell’opera: il vero tra filosofia e mania
Il tema più importante: l’anima e il rapporto uomo-Dio
Conclusioni

***

L’unità della Repubblica
come esempio di scrittura platonica: il libro X
Prologo
Alcune riflessioni di valore generale
La fine del libro IX e il collegamento con il libro X
La condanna dell’arte mimetica
Primo punto
Secondo punto
Terzo punto
Il problema delle Idee
Le Idee dei manufatti
Primo problema
Secondo problema
La divinità e la produzione delle Idee
Il problema dell’anima
La partizione dell’anima
Immortalità dell’anima e sopravvivenza
Il mito di Er
Conclusione

***

Dialettica e Teoria dei principi
Nel Parmenide e nel Filebo di Platone
Prologo
Alle fonti della dialettica
Dialettica e filosofia
L’identità unomolti
Un sistema di postulati risolutivi
Originarietà della dialettica
La dialettica come metodo
Natura del metodo dialettico
L’indicazione metodica
I passaggi metodici
Una metodologia complessa
La dialettica come filosofia
Necessità della struttura polare. La negazione dell’UnoUno
Due processi per una sola realtà
La Polarità originaria
Uno e Non Uno
Limite e Illimitato
Polivalenza funzionale dei Principi
Limite, Uno e Bene
La Misura
La visione dialettica del reale
Tutto è Misto
Misto e Idee
Essere e tempo, divenire e atemporalità.
L’inutilità della dialettica dell’Essere senza Uno
Il Divenire e l’Istante
L’articolazione della dialettica platonica: Tutto e parte
Un rapporto dialettico, ma non paritetico
Conseguenze della dialettica interoparte
Dialettica e aporie delle Idee
La dialettica platonica
Una dialettica né binaria né trinaria
Metodo dialettico e Principi primi

 ***

 Alcune riflessioni su misura e metretica
(il Filebo tra Protagora e Leggi, passando per il Politico e il Parmenide)
Prologo
Una premessa di metodo. lo scritto platonico come “gioco”
La trattazione metafisica del Filebo
Prima parte del dialogo: Processo ontogonico e Causa
Premessa: la realtà è uni-molteplice
Le radici metafisiche di questa realtà uni-molteplice
LApeiron
Il Peras
Il misto
La causa
Conseguenze e conferme sul piano cosmo-ontologico
Ordine e disordine del Cosmo alla luce del Politico
La causalità ideale alla luce del Parmenide
Prime conclusioni
Seconda parte del dialogo: il Bene e la Misura
Premessa: la trattazione del Bene è necessaria

  1. Alcune “anticipazioni” sul Bene
  2. Le “allusioni” alla natura del Bene
  3. Il segno del Bene-Misura
  4. Le due trattazioni a confronto
  5. La metretica
  6. La metretica nelle prime opere
  7. Le due metretiche del Politico
  8. L’applicazione della “misura” nell’azione del politico
  9. Un breve riferimento alle Leggi

La vita buona e misurata

Due tipi di uguaglianza
L’importanza del modello trinario

Appendice I
Le Idee sono composte da altre Idee
Appendice II
La trattazione di cause e concause
Fedone
Politico
Timeo

Due brevi osservazioni finali

 ***

 Cura dell’anima.
L’intreccio tra etica e politica in Platone
La natura bivalente della politica
L’intreccio tra etica e politica
Il parallelo tra anima e polis
Potere politico e dominio di sé
Elementi di antropologia platonica
L’anima
Beni e virtù
Due “Idee” di piacere
Il Bene
L’azione del politico
Il ruolo ordinatore delle leggi
Le responsabilità dei soggetti politici
Centralità dell’impianto educativo
Politica e retorica
Il fine della politica: ordine e felicità
Il Bene come fine
Due modelli di vita a confronto
Il piacere e i beni umani
Virtù e felicità
Un necessario approdo escatologico

***

Polivalenza strutturale della filia in Platone
La semanticità di filia nei dialoghi
La funzione sociopolitica dell’amicizia
L’esempio dei conviti
Due specifiche applicazioni
Critone o dell’amicizia
Il rinvio al Primo amico
Una riflessione finale

***

La domanda sull’immortalità e la resurrezione.
Paradigma greco e paradigma biblico
Prologo
L’evoluzione del paradigma greco
La tradizione orfica e il suo sviluppo filosofico
Platone
Una duplice valutazione
Una riflessione razionale sull’anima
Le prove dell’immortalità dell’anima
Tripartizione dell’anima e sua sopravvivenza
Anima e corpo in Aristotele
Immortalità dell’anima ed etica
Immortalità dell’anima ed opere essoteriche
La concezione ebraica
Una visione mitica
Una visione unitaria dell’essere umano
La condizione dopo la morte
Lo stacco tra immortalità dell’anima e resurrezione
Socrate e Cristo
L’incontro nell’ellenismo e nel cristianesimo
Filone di Alessandria
Il primo cristianesimo
Conclusioni

***

Un paradigma ermeneutico
per la storia della filosofia antica: l’approccio multifocale
Una situazione straordinaria
Il senso e le ragioni di una scelta diversa
L’emergere del multifocal approach
Il contributo della sofistica
L’esperienza platonica
L’elaborazione aristotelica
Il valore attuale di questa visione dell’antico

 


In copertina: Vasilij Kandinskij, Verso l’alto (Empor), 1929, olio su cartone. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. L’energia del pensiero nella ricerca della bellezza si protende verso l’alto (empor). Le forme geometriche astratte disegnano il volto di profilo di una persona: il personaggio è sorretto – in un punto di equilibrio ideale – da un trapezio e da una lettera E (empor). L’occhio, lo sguardo, è rivolto verso un’altra grande E a destra, in alto.


Alcuni dei suoi lavori

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Maurizio Migliori – Non c’è opera e non c’è argomento trattato in cui Aristotele non si misuri con i suoi predecessori.

Maurizio Migliori, Uni-molteplicità del reale e dottrina dei Principi


Maurizio Migliori su Youtube

 

Maurizio Migliori: La felicità (Platone) – Università di Macerata

Maurizio Migliori: Introduzione a Platone – Università di Macerata

Maurizio Migliori: La virtu dei greci, realizzazione di se stessi

Maurizio Migliori: Platone, dialettica e complessità del piacere

Maurizio Migliori: Fare un mestiere bellissimo e impossibile, lo storico della filosofia antica

Maurizio Migliori – Platone: Un pensiero della dialettica

Maurizio Migliori: La libertà non è star sopra un albero

Maurizio Migliori – La crisi e la speranza

Maurizio Migliori: Il contributo degli antichi

Maurizio Migliori: La felicità

Maurizio Migliori: Platone, il disordine ordinato

Maurizio Migliori: Il De generatione et corruptione di Aristotele: una base per l’ontologia del sensibile. Parte Prima

Maurizio Migliori: Il De generatione et corruptione di Aristotele: una base per l’ontologia del sensibile. Parte Seconda

 

 


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