Platone (428/427 – 348/347 a.C.) – Non ti vergogni a darti pensiero delle ricchezze e invece della intelligenza e della verità e della tua anima non ti dai affatto né pensiero né cura? Non dalle ricchezze nasce virtù, ma dalla virtù nascono ricchezze e tutte le altre cose che sono beni per gli uomini.

Platone - Aplogia di Socrate

 

Ὦ ἄριστε ἀνδρῶν, Ἀθηναῖος ὤν, πόλεως τῆς μεγίστης καὶ εὐδοκιμωτάτης εἰς σοφίαν καὶ ἰσχύν, χρημάτων μὲν οὐκ αἰσχύνῃ ἐπιμελούμενος ὅπως σοι ἔσται ὡς πλεῖστα, [e] καὶ δόξης καὶ τιμῆς, φρονήσεως δὲ καὶ ἀληθείας καὶ τῆς ψυχῆς ὅπως ὡς βελτίστη ἔσται οὐκ ἐπιμελῇ οὐδὲ φροντίζεις;’ καὶ ἐάν τις ὑμῶν ἀμφισβητήσῃ καὶ φῇ ἐπιμελεῖσθαι, οὐκ εὐθὺς ἀφήσω αὐτὸν οὐδ’ ἄπειμι, ἀλλ’ ἐρήσομαι αὐτὸν καὶ ἐξετάσω καὶ ἐλέγξω, καὶ ἐάν μοι μὴ δοκῇ κεκτῆσθαι ἀρετήν, [30] [a] φάναι δέ, ὀνειδιῶ ὅτι τὰ πλείστου ἄξια περὶ ἐλαχίστου ποιεῖται, τὰ δὲ φαυλότερα περὶ πλείονος. ταῦτα καὶ νεωτέρῳ καὶ πρεσβυτέρῳ ὅτῳ ἂν ἐντυγχάνω ποιήσω, καὶ ξένῳ καὶ ἀστῷ, μᾶλλον δὲ τοῖς ἀστοῖς, ὅσῳ μου ἐγγυτέρω ἐστὲ γένει. ταῦτα γὰρ κελεύει ὁ θεός, εὖ ἴστε, καὶ ἐγὼ οἴομαι οὐδέν πω ὑμῖν μεῖζον ἀγαθὸν γενέσθαι ἐν τῇ πόλει ἢ τὴν ἐμὴν τῷ θεῷ ὑπηρεσίαν. οὐδὲν γὰρ ἄλλο πράττων ἐγὼ περιέρχομαι ἢ πείθων ὑμῶν καὶ νεωτέρους καὶ πρεσβυτέρους μήτε σωμάτων [b] ἐπιμελεῖσθαι μήτε χρημάτων πρότερον μηδὲ οὕτω σφόδρα ὡς τῆς ψυχῆς ὅπως ὡς ἀρίστη ἔσται, λέγων ὅτι ‘Οὐκ ἐκ χρημάτων ἀρετὴ γίγνεται, ἀλλ’ ἐξ ἀρετῆς χρήματα καὶ τὰ ἄλλα ἀγαθὰ τοῖς ἀνθρώποις ἅπαντα καὶ ἰδίᾳ καὶ δημοσίᾳ.’ εἰ μὲν οὖν ταῦτα λέγων διαφθείρω τοὺς νέους, ταῦτ’ ἂν εἴη βλαβερά· εἰ δέ τίς μέ φησιν ἄλλα λέγειν ἢ ταῦτα, οὐδὲν λέγει. πρὸς ταῦτα,” φαίην ἄν, “ὦ ἄνδρες Ἀθηναῖοι, ἢ πείθεσθε Ἀνύτῳ ἢ μή, καὶ ἢ ἀφίετέ με ἢ μή, ὡς ἐμοῦ οὐκ [c] ἂν ποιήσαντος ἄλλα, οὐδ’ εἰ μέλλω πολλάκις τεθνάναι.”

«“O tu che sei il migliore degli uomini, tu che sei Ateniese, cittadino della più grande città e più rinomata per sapienza e potenza, non ti vergogni tu a darti pensiero delle ricchezze per ammassarne quante più puoi, e della fama e degli onori; e invece della intelligenza e della verità e della tua anima, perché ella diventi quanto è possibile ottima, non ti dai affatto né pensiero né cura?“. E se taluno di voi dirà che non è vero, e sosterrà che se ne prende cura, io non lo lascerò andare senz’altro, né me ne andrò io, ma sì, lo interrogherò, lo studierò, lo confuterò; e se mi paia ch’egli non possegga virtù ma solo dica di possederla, io lo svergognerò dimostrandogli che le cose di maggior pregio egli tiene a vile e tiene in pregio le cose vili. E questo io lo farò a chiunque mi càpiti, a giovani e a vecchi, a forestieri e a cittadini; e più ai cittadini, a voi, dico, che mi siete più strettamente congiunti. Ché questo, voi lo sapete bene, è l’ordine del dio; e io sono persuaso non ci sia per voi maggior bene nella città di questa mia obbedienza al dio. Né altro in verità io faccio con questo mio andare attorno se non persuadere voi, e giovani e vecchi, che non del corpo dovete aver cura né delle ricchezze né di alcun’altra cosa prima e più che dell’anima, sì che ella diventi ottima e virtuosissima; e che non dalle ricchezze nasce virtù, ma dalla virtù nascono ricchezze e tutte le altre cose che sono beni per gli uomini, così ai cittadini singolarmente come allo Stato. Se dunque parlando io in questo modo corrompo i giovani, sta bene, vorrà dire che queste mie parole sono rovinose; ma se taluno afferma che io parlo diversamente e non così, costui dice cosa insensata. Per tutto ciò, lasciate che io ve lo dica, o Ateniesi, o diate retta ad Anito o non gli diate retta, o mi assolviate o non mi assolviate, siate in ogni modo persuasi che io non farò mai altrimenti che così, neanche se non una soltanto ma più volte dovessi morire».

Platone, Apologia di Socrate, 29 e ss., in Platone, Opere complete, 9 voll., vol. I,, trad.  di M. Valgimiglia, Laterza, Bari, 1984, pp. 50-51.

Platone, «Filebo» – Senza possedere né intelletto né memoria né scienza né opinione vera, tu saresti vuoto di ogni elemento di coscienza
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Coloro che sono privi della conoscenza di ogni cosa che è, e che non hanno nell’anima alcun chiaro modello, non possono rivolgere lo sguardo verso ciò che è più vero e non possono istituire norme relative alle cose belle e giuste e buone.
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Le relazioni con gli stranieri sono atti di particolare sacralità. Lo straniero si trova ad essere privo di amici e parenti, e quindi è affidato in modo particolare alla solidarietà degli dei e degli uomini. Non c’è colpa peggiore per un uomo che un torto fatto ai supplici
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Non esiste male maggiore che un uomo possa patire che prendere in odio i ragionamenti. L’odio contro i ragionamenti, e quello contro gli uomini, nascono nella stessa maniera.
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – È questo il momento nella vita che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un essere umano: quando contempla il bello in sé. La misura e la proporzione risultano essere dappertutto bellezza e virtù.
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – L’educazione è l’orientamento dell’anima alla virtù. La virtù è il piacere verso ciò che bisogna amare e l’avversione verso ciò che bisogna odiare
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Non il vivere è da tenere in massimo conto, ma il vivere bene. E il vivere bene è lo stesso che vivere con virtù e con giustizia. Per nessuna ragione si deve commettere ingiustizia.
Platone & Aristotele – Il principio della filosofia non è altro che esser pieni di meraviglia, perché si comincia a filosofare a causa della meraviglia.
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – È infatti la costituzione dello Stato che forma gli uomini, buoni, se essa è buona, malvagi in caso contrario.
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Cosa di più bello avrei potuto fare nella mia vita se non affidare alla scrittura ciò che è di grande utilità per gli uomini e portare alla luce per tutti la vera natura delle cose?
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – La musica dà anima all’universo, ali al pensiero, slancio all’immaginazione, fascino alla tristezza, impulso alla gioia e vita a tutte le cose.  Essa è l’essenza dell’ordine, ed eleva ciò che è buono, giusto e bello, di cui è la forma invisibile ma tuttavia splendente, appassionata ed eterna.
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Le forme di educazione al retto orientamento del piacere e del dolore vengono meno in gran parte agli uomini e si corrompono troppe volte nella vita. le opinioni vere e stabili è fortunato chi le possiede sulla soglia della vecchiaia.
Platone (428/427 – 348/347 a.C.) – il sogno raccomandava di creare musica, e siccome la filosofia è la musica massima, dunque io la facevo.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Karen Blixen (1885-1962) – Perché «Petite Plaisance»? Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? La prima dote è l’immaginazione.

Karen Blixen 01

Le strade della vita

Quand’ero bambina, mi mostravano spesso un disegno – un disegno animato in un certo senso: tracciandolo sotto i miei occhi, raccontavano anche una fiaba, che diceva così:

Un uomo viveva in una casupola tonda con una finestra tonda e un giardino a triangolo. Non lontano da quella casupola c’era uno stagno pieno di pesci. Una notte l’uomo fu svegliato da un rumore tremendo e uscì di casa per vedere cosa fosse accaduto. E nel buio si diresse subito verso lo stagno.

A questo punto il narratore cominciava a disegnare la pianta delle strade percorse dall’uomo come si fa quando si indicano sulla carta gli spostamenti di un esercito.

Prima l’uomo corse verso nord, ma inciampò in un gran pietrone nel mezzo della strada; poi, dopo pochi passi, cadde in un fosso; si levò; cadde in un altro fosso, si levò, cadde in un terzo fosso e per la terza volta si rimise in piedi.

Allora capì di essersi sbagliato e rifece di corsa la strada verso nord.
Ma ecco che gli parve di nuovo di sentire il rumore a sud e si buttò a correre in quella direzione.

Prima inciampò in un gran pietrone nel bel mezzo della strada, poi dopo pochi passi, cadde in un fosso, si levò, cadde in un altro fosso, si levò, cadde in un terzo fosso e per la terza volta si rimise in piedi.

Il rumore, ora lo avvertiva distintamente, proveniva dall’argine dello stagno. Si precipitò e vide che avevan fatto un grande buco, da cui usciva tutta l’acqua con i pesci. Si mise subito al lavoro per tappare la falla, e solo quando ebbe finito se ne tornò a letto.

La mattina dipoi affacciandosi alla finestrella tonda – il racconto finisce così, in maniera drammatica – che vide? Una cicogna!

Son contenta che mi abbiano raccontato questa fiaba. Al momento giusto mi sarà di aiuto. L’avevano imbrogliato, l’ometto, e gli avevano messo tra i piedi tutti quegli ostacoli: «Quanto mi toccherà correre su e giù?», si sarà detto. «Che nottata di disdetta!».
E si sarà chiesto il perché di tante tribolazioni: non lo poteva sapere davvero che quel perché era una cicogna.
Ma con tutto ciò non perse mai di vista il suo proposito, non ci fu verso che cambiasse idea e se ne tornasse a casa, tenne duro fino in fondo. Ed ebbe la sua ricompensa: la mattina dopo vide la cicogna. Che bella risata si dovette fare.

Questo buco dove mi muovo appena, questa fossa buia in cui giaccio, è forse il tallone di un uccello?

Quando il disegno della mia vita
sarà completo,
vedrò,
o altri vedranno una cicogna?

Karen Blixen, La mia Africa, Feltrinelli, Milano 2002, pp. 198-200.




«Ricordava quante volte il padre aveva riso di lei perché […]  sapeva vedere un problema sotto un solo aspetto. “La prima dote, ragazza mia, di cui si ha bisogno per comportarisi come persosne ragionevoli ed equilibrate, è l’immaginazione» (pp. 22-23).

«La bellezza della natura, la musica, la poesia e l’arte, sono indissolubilmente legate all’amore» (p. 170).

Karen Blixen, I vendicatori angelici, Adelphi, Milano 1994.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Teognide (570 – 485 a. C.) – Molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell’uomo. L’eccessiva ricchezza è stata causa di rovina per molti. Non cercare onori, favori o ricchezze attraverso azioni ingiuste e vergognose.

Teognode di Megara
Molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell’uomo.
 
L’eccessiva ricchezza è stata causa di rovina per molti sprovveduti:
è difficile infatti, nell’abbondanza, rispettare la misura.
 
Una follia
divengono per gli uomini, i quattrini.
 
Le ricchezze qualche nume può concederle anche a un malvagio, o Cirno,
ma a pochi uomini tocca in sorte la virtù.
 
Non cercare onori, favori o ricchezze attraverso azioni ingiuste e vergognose.

Molti hanno indole subdola e traditrice
ma la nascondono mostrando un animo cangiante.
Eppure, prima o poi, il tempo svela l’indole di ciascuno.

Non si può piacere a tutti.
Ma in ciò non c’è niente di strano.
Anche Zeus, che mandi la pioggia o la neghi, non a tutti piace.

 

Teognide di Megara, Elegie.

RICCHEZZE E  GUADAGNI

La ricchezza che vien da Zeus, pulita e giusta,
per gli uomini è una cosa che resiste.
Ma se, rapace, l’uomo intempestivamente
l’acquista, o spergiurando la carpisce,
il guadagno l’illude un attimo: ché tutto
torna in pianto, alla fine; il dio prevale.

Chi ritiene il suo prossimo privo di comprendonio
e si crede furbissimo lui solo,
è uno sciocco che ha perso il ben dell’intelletto.
Oh, le furbizie le conosciamo tutti!
Ma, mentre c’è chi gode degl’intrighi fraudolenti,
c’è chi non cerca sordidi profitti.

Per l’uomo non c’è limite preciso alla ricchezza:
quelli di noi ch’hanno sostanze immense
smaniano il doppio. E chi li sazia tutti? Una follia
divengono per gli uomini, i quattrini.
Spunta rovina: Zeus la manda a loro che si struggono:
ora l’uno ora l’altro se la tiene.

I lirici greci, trad. F.M. Pontani, Einaudi, Torino, 1969.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti