Luigi Nono (1924-1990) – Il tema della Resistenza è potenzialmente presente in ogni espressione dove la verità e la novità di ricerca, di inventiva e di realizzazione ampliano e sviluppano la capacità fantastica, l’intelligenza ricettiva e la coscienza dell’uomo teso all’eliminazione delle varie “garrote” della società neocapitalista.

Luigi Nono 02
Luigi Nono, Ecrits, Editions Contrechaps, Ginevra 2007

«La Resistenza, come fatto concretamente rivoluzionario e fondamentale della nostra vita, provoca e forma scelte precise, una coscienza innovatrice […]. Anche il musicista partecipa a questa lotta. Anzi, proprio nella misura in cui egli vi contribuisce – non come specchio concavo o convesso ma in modo originale e autonomo con i suoi studi, le sue ricerche, i suoi esperimenti, con la sua fantasia inventiva, in quanto insomma dialettizza il momento ideale con quello tecnico-linguistico, proprio in tal modo il musicista può realizzarsi compiutamente. Il tema della Resistenza, nella musica, non va perciò collegato unicamente all’uso di testi e di situazioni di lotta partigiana, ma è potenzialmente presente in ogni espressione dove la verità e la novità di ricerca, di inventiva e di realizzazione ampliano e sviluppano la capacità fantastica, l’intelligenza ricettiva e la coscienza dell’uomo teso all’eliminazione delle varie garrote della società neocapitalista, teso cioè alla liberazione socialista».

Luigi Nono, Musica e Resistenza, in «Rinascita», 7 settembre 1963, p. 27; ripubblicata in Id., Ecrits, Bourgois, Paris 1993, pp. 236-39. 1963, p. 27, ed. I993, p. 237] ripubblicata in Id., Ecrits, Editions Contrechaps, Ginevra 2007


Tout au long de sa vie, Luigi Nono (1924-1990) a défendu l’idée selon laquelle la musique la plus avancée devait être aussi une musique engagée dans son temps. La sienne est nourrie par l’esprit de la résistance antifasciste en Italie, élargie aux luttes contre toutes les formes de domination et d’impérialisme dans le monde. Les moyens nouveaux, ceux du sérialisme puis ceux de la technologie, visent une forme d’utopie sensible à travers laquelle se dessine la possibilité d’une autre société et d’un « homme nouveau ». Jusqu’ici, on connaissait les textes dans lesquels Nono traite des questions esthétiques et musicales, même si celles-ci sont toujours traversées chez lui par des considérations politiques. Mais Nono a écrit une quantité considérable d’autres textes qui, après sa mort, ont été regroupés et archivés. Certains sont liés à son activité politique : reportages, prises de position, polémiques, interventions… D’autres traitent de la musique : conférences, présentations, préfaces, discussions… Ils sont publiés ici pour la première fois en français, de même que les textes connus ont été repris à partir des versions originales, permettant d’enrichir considérablement l’image d’un compositeur qui compte parmi les personnalités les plus importantes de son époque. Cette édition paraît à l’occasion du trentième anniversaire de Contrechamps. Elle a été réalisée par Laurent Feneyrou, qui a traduit lui-même l’ensemble des textes. Elle comporte un enregistrement sur CD d’une conférence donnée par Luigi Nono à la Salle Patiño de Genève, lors d’un concert Contrechamps, le 17 mars 1983.


Luigi Nono (1924-1990) – La musica, una partitura, è in grado, esattamente come un quadro, una poesia o un libro, di fondare una coscienza. Con aperture, studi, rinunciando alla sicurezza e alle garanzie, sapendo di poter precipitare in ogni momento, ma cercare, comunque, cercare, sempre, l’ignoto.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Gustav Mahler (1860-1911) – Lo spirito può affermarsi solo attraverso il mezzo di una forma chiara. La tradizione è la custodia del fuoco, non l’adorazione della cenere.

Gustav Mahler 02
Gustav Mahler-Richard Strauss, Carteggio 1888-1911, SE, 2012
«La tradizione è la custodia del fuoco, non l’adorazione della cenere».
«Lo spirito può affermarsi solo attraverso il mezzo di una forma chiara».
Gustav Mahler

Caro collega. Lettere a compositori, direttori d’orchestra, intendenti teatrali, il Saggiatore, 2017
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Carlo Serra – Come suono di natura. Metafisica della melodia nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler. Un percorso di filosofia della musica. Ogni volta che la musica mette in scena un testo, ne condensa le immagini, ne riarticola il senso, il piano semantico delle parole si modifica, si amplia, riverbera.

Carlo Serra

«[…] ogni volta che la musica mette in scena un testo, ne condensa le immagini, ne riarticola il senso, il piano semantico delle parole si modifica, si amplia, riverbera, pur non essendo la musica un linguaggio, e pur non essendo le strutture che ne articolano la grammatica delle strutture linguistiche».

Carlo Serra, in  A due voci. Dialoghi di Musica e Filosofia, 17-11-2019.


Carlo Serra insegna Estetica e Filosofia della Musica presso l’Università della Calabria. È laureato in filosofia su relazione di Giovanni Piana con una tesi su La concezione dello spazio musicale nel pensiero di Jacques Chailley. Dall’anno 2001 all’anno 2008 è stato Coordinatore del Seminario Permanente di Filosofia della Musica. Sempre sino al 2008 ha avuto il ruolo di direttore della Collana “Il Dodecaedro”, con Giovanni Piana, Paolo Spinicci ed Elio Franzini. Il suo campo di interesse ruota attorno alle componenti narrative del suono, le morfologie scalari e il tema della voce. A questi ambiti ha dedicato numerose pubblicazioni, fra cui Musica Corpo Espressione (Quodlibet, 2008), La voce e lo spazio (Il Saggiatore, 2011), L’ascoltatore in cammino. Hegel e il tema dell’ascolto (Scripta Web, 2012). Nel 2012 ha vinto l’Abilitazione Nazionale come Professore Associato nel Settore M/FIL-04, fa parte del Comitato Scientifico di Materiali di Estetica, e dirige la Rivista On Line De Musica, unica pubblicazione italiana esplicitamente dedicata alla Filosofia della Musica. Dal 2015 fa parte del Comitato Scientifico del Centro di Ricerca dell’Università della Calabria mentre dal 2017  fa parte del Comitato Scientifico del Laboratorio di Ricerche Fenomenologiche dell’Università della Calabria.

Curriculum e pubblicazioni 

Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di Carlo Serra…



Intendere l’unità degli opposti. La dimensione musicale nel concetto eracliteo di armonia, CUEM, 2003

La rappresentazione fra paesaggio sonoro e spazio musicale, CUEM, 2005

Musica corpo espressione, Quodlibet, 2007

Musica corpo espressione, Quodlibet, 2007.

Che rapporti intreccia la musica con lo spazio in cui risuona? Quali tracce lascia la vibrazione del corpo quando appare un suono? “Musica Corpo Espressione” cerca di raccontare la vicenda novecentesca della nozione di corpo sonoro, prendendo le mosse dalle ricerche di André Schaeffner sulle forme della risonanza del corpo, attraverso i gesti che fondono la pratica della danza alla risonanza del corpo nello spazio, e cercando i tratti comuni che legano le ricerche vocali di Artaud alle costruzioni prospettiche di Edgar Varèse, le scelte espressive delle orchestrazioni mahleriane ai giochi linguistici che sostengono la ritualizzazione dei luoghi sonori presso la cultura Kaluli studiata da Steven Feld. Vi è un filo che stringe i capitoli di questa vicenda, legato alla retorica del sublime musicale, che si dipana attraverso le immagini della luttuosità e delle modalizzazioni attraverso cui esse divengono un oggetto musicale, o una pratica socialmente condivisa: le forme simboliche ed espressive, che accompagnano il loro emergere, aprono la via ad una ricerca fenomenologica, volta a individuare i nessi che legano l’ascoltatore alle sintesi dell’immaginazione prodotte dalla musica.


La voce e lo spazio. Per un’estetica della voce, il Saggiatore, 2011

La voce e lo spazio. Per un’estetica della voce, il Saggiatore, 2011

Come la voce racconta il mondo circostante: questo è il tema del libro. Voce come richiamo che attraversa lo spazio e accompagna la caccia dei pigmei, che porta dal “qui”, il centro del villaggio, luogo di riconoscimento di una comunità, al “là”, spazio ignoto, lontano, dove si muovono le prede. Voce del vento, come nella cultura mongola, che trasfigura l’orografia dei luoghi in un paesaggio simbolico scosso dalla metamorfosi della materia, dove l’acqua può trasformarsi in pietra e il canto in diplofonia. Voce di morte e di godimento, quella delle sirene, che allevia e smarrisce, seduce e uccide il viaggiatore. Suono che accarezza, quello dell’auleta, o voce che scortica, come nel mito di Marsia. La voce e lo spazio: voci disperse nel mondo e voci racchiuse, che proteggono luoghi e corpi, come accade nella cultura eschimese, dove abbraccio e polifonia narrano la nascita del tempo. Il rapporto che stringe la voce allo spazio si esprime in una serie di immagini che raccontano il modo in cui ogni cultura, attraverso il suono, s’appropria del mondo. Ogni forma di vita elabora la propria visione della materia vocale, della sostanza fonetica con cui narra la propria storia, creando tecniche di emissione del suono dove si annida un’interpretazione simbolica della natura. Gli oggetti si trasformano in suono, la loro presenza si espande nello spazio. Nel testo codici QR-Code per visualizzare sul cellulare contenuti inediti.


Voce. Un incontro tra filosofia e psicoanalisi, Mimesis, 2018

Voce. Un incontro tra filosofia e psicoanalisi, Mimesis, 2018

Il tema della voce è un invito ad abbandonare qualsiasi speranza di semplicità, qualsiasi illusione di poter far filosofia senza accettare il fatto che si vada incontro alla complessità, alla densità dell’esperienza. La voce, da un lato, ci spinge dentro il magma plurimateriale dell’esperienza e, dall’altro, si presenta con una sua vividezza pulsionale senza pari: è lì, ci parla da molto vicino, dice del nostro modo di godere, mette in moto il nostro corpo portandoci al limite del pudore, di una vergogna ontologica, della vertigine dell’esposizione. “Si è troppo esposti alla voce e la voce espone troppo, si incorpora e espelle troppo”, per dirla con le precise e suggestive parole di Dolar. Quando la filosofia si accosta seriamente, con l’aiuto della psicoanalisi, a questo spazio intermedio, a questo punto topologico paradossale e ambiguo, tra complessità materica e vividezza pulsionale, trova, per così dire, la sua voce


Come suono di natura. Metafisica della melodia nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler, Galaad Edizioni, 2020

Come suono di natura. Metafisica della melodia nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler, Galaad Edizioni, 2020

Il movimento che apre la Prima Sinfonia di Gustav Mahler sollecita interrogativi inquietanti, a cominciare dall’indicazione espressiva “Come un suono di natura” posta all’inizio della partitura: con quel gesto, che crea un ponte fra gli aspetti più nascosti del mondo e il suono musicale, capace di svelarli, il compositore fa entrare l’ascoltatore nella dimensione più intima del farsi della natura, mettendolo di fronte alla sua voce più nascosta. La Prima Sinfonia deriva da un Lied composto nel 1884, “Ging heut’ morgen übers Feld” (“Questa mattina andavo per i prati”), un canto che affronta il topos dell’irraggiungibile bellezza del mondo, a cui l’uomo vorrebbe partecipare, ma che lo vede sempre bloccato su una soglia che non riesce a superare: il destino umano sembra così giocato dalle luminescenze di una natura che attrae, senza mai farsi penetrare sino in fondo.

Gustav Mahler
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Salvatore Bravo – La scuola virtuale del ministro Azzolina vuole studenti che ricevano pochi contenuti, ma edotti nell’uso non consapevole del digitale, dispersi in un presente senza passato.

Lucia Azzolina
Salvatore Bravo

La scuola virtuale del ministro Azzolina
vuole studenti che ricevano pochi contenuti,
ma edotti nell’uso non consapevole del digitale, dispersi in un presente senza passato

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Presente e Futuro senza Passato
La lettera del ministro della pubblica istruzione Azzolina del 27 Giugno 2020 non lascia dubbi: la pandemia è stata ghiotta occasione per dare la spallata finale alla scuola ed alla comunità. Azzolina si rivolge alla comunità, ma omettendo un dettaglio sostanziale: vi è comunità solo nel radicamento dialogico, nella storia, nel passato. Il presente ed il futuro sono dimensioni progettanti, solo se una comunità ha la chiarezza del proprio passato, degli errori, delle potenzialità inespresse come dei valori non contrattabili. Nel testo della lettera non vi è cenno all’importanza del passato, ma il tutto è schiacciato sulla dimensione del presente, con un miope mercificante sguardo sul futuro. La lingua e l’educazione classica fondano la comunità, si può leggere il presente e stabilire le finalità ontologiche ed assiologiche per il futuro, se il passato è parte integrante del presente. La lettera fa appello alla Costituzione, ma nei fatti di essa non vi è traccia, poiché lo sguardo è appannaggio del solo presente retoricamente reso anche futuro. Un popolo-comunità senza passato non esiste, è solo disperso nella globalizzazione-glebalizzazione. La lingua italiana ne è un esempio: è ormai giudicata retaggio del passato: l’inglese dei mercati divora la nostra lingua, sostituisce il lessico italiano con l’inglese. È l’esempio lapalissiano della didattica che punta sul presente e non ha memoria della propria identità che si radica in un arco temporale che unisce passato, presente e futuro. Le comunità possono comunicare se hanno un’identità, se hanno un passato. Se si disperdono nel “liquido” presente sono solo simulacri, per cui sono interscambiabili: pertanto la comunicazione è sostituita con il nichilismo passivo nel quale i popoli come le persone sono interscambiabili:

“Sarà una scuola radicata nel presente, ma con lo sguardo rivolto al futuro, perché ogni pietra che metteremo in questa ripresa sarà la base su cui costruire la scuola di domani. Abbiamo la straordinaria occasione di puntare sul digitale, sulla formazione del personale scolastico, sull’innovazione della didattica e degli ambienti di apprendimento, sul miglioramento dell’edilizia scolastica. Ambienti di apprendimento che non devono essere intesi solo in senso fisico, ma come spazi mentali ed emotivi che incoraggino l’apprendimento collaborativo”.

 

Mondo digitale
L’appello al digitale come opportunità didattica non è supportata da nessun dato scientifico. È un dogma che si abbraccia acriticamente, funzionale ai bisogni del mercato globale, il quale esige ed ordina che le nuove leve del capitale ricevano pochi contenuti, ma siano edotti nell’uso non consapevole del digitale. All’interno della scuola non vi è stato nessun dibattito, nessuna discussione sulla trasformazione che cade dall’alto ed a cui bisogna adeguarsi. Nessuna riflessione sugli effetti a breve o a lunga durata del digitale da un punto di vista fisico e psichico, ma solo accoglienza entusiastica e senza discussione in una scuola definita presidio di democrazia. Le novità che incidono nella vita delle persone, qualora esse siano il centro dell’azione, non possono essere introdotte senza sperimentarne e capirne gli effetti. Si inneggia al successo senza aver ascoltato docenti, genitori ed alunni. L’ascolto democratico è difficile, richiede tempo, e dev’essere argomentato con il concetto ed i dati oggettivi. Se ci si limita pertanto ad una propaganda da campagna elettorale non vi è democrazia, ma una parvenza di essa. Ancora una volta si deve rottamare il passato in nome del progresso. Il dubbio è d’obbligo: siamo sicuri che il nuovo nella forma del digitale formi maggiormente della didattica tradizionale già molto “innovata” negli ultimi decenni? Una comunità sana non procede per slogan, ma per domande e dubbi, ed in questi tempi terribili dubbi e domande profonde paiono assenti, mentre le risposte semplici sembrano prevalere.

Sempre più flessibili
La scuola di settembre sarà flessibile e aperta, dice il ministro, ma non si rende conto che i nostri alunni sono nelle classi per poter imparare i contenuti, per vivere un’esperienza di comunità che è ormai rara, in quanto le lezioni sono continuamente interrotte da PCTO, orientamento, Pon e … Lo scopo, si sospetta, non è di formare, ma di rendere i nostri alunni flessibili, pronti ad essere usati dal mercato:

“La scuola di settembre sarà responsabile, flessibile, aperta, rinnovata, rafforzata. Responsabile nell’accompagnare la comunità scolastica a comportamenti coerenti con le misure di sicurezza: istituti puliti e igienizzati, personale scolastico formato, famiglie, studenti e studentesse informati. Flessibile nella valorizzazione delle potenzialità derivanti dall’autonomia scolastica, per la rimodulazione degli orari e delle classi, per l’organizzazione degli ingressi e degli spostamenti. Aperta per la ricerca di nuovi spazi, anche oltre il perimetro scolastico, in un’ottica di integrazione e di alleanza con il territorio. Rinnovata nei locali e negli arredi scolastici, che consentano di modificare le metodologie didattiche e siano funzionali a creare geometrie d’aula variabili, a facilitare la collaborazione tra gruppi omogenei ed eterogenei per competenze e livelli. Rafforzata attraverso il potenziamento dell’organico del personale scolastico, in particolare per le classi di alunni più piccoli”.

 

Nessun dio verrà a salvarci. C’è da augurarsi che le comunità scolastiche possano concettualizzare il presente e le parole per poter difendere la formazione e la comunità da una disumanizzazione che avanza in mille forme e che richiede risposte a domande a cui non possiamo sottrarci.

Salvatore Bravo

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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