Sante Notarnicola (1938-2021) – … ci ho messo 50 anni a diventare comunista … La libertà ha bisogno di attenzioni, di cure continue e soprattutto ha bisogno di memoria.

Sante Notarnicola 021

A Sante,
alla sua capacità di esser stato,
e di essere ancora,
per sempre,
ad un tempo,
fragile e misteriosa
cristalide,
come gioventù
ricca di speranze,
di possibili metamorfosi,
matrice di trasformazioni
– condizione della realizzazione –
e farfalla
che col suo diafano
e lieve battito d’ali
punteggia
la trama
di Iride.


Carmine Fiorillo

La farfalla
Tentai di gettare l’anima al di là del muro … cercando di seguire la farfalla.

Chiara è una bimba felice.
Nata attrezzata
per i giochi infiniti.

Chiara lo sa, con lei
giocheremo tutta la vita.

Sante Notarnicola


Non c’è vita
che almeno per u n attimo
non sia stata immortale.
 
La morte
è sempre in ritardo di quell’attimo.
 
Invano scuote la maniglia
d’una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.

Wislawa Szymborska

Sante Notarnicola

[…] ci ho messo 50 anni a diventare comunista. E 20 anni 8 mesi e 1 giorno di prigione. E 11 anni di carcere di massima sicurezza. E 5 anni di celle punitive. E la posta censurata. E i vetri divisori ai colloqui […] E le cariche dei carabinieri nei corridoi delle prigioni. E il sangue nelle celle. E il sangue dal naso. E il sangue dalla bocca. E i denti rotti. E la fame all’Asinara. E il silenzio obbligatorio al bunker della Centrale, a cala d’Oliva. E i racconti dei torturati. E i colpi contro la porta per non farti dormire. E i colloqui respinti senza un motivo. E la posta sottratta. E il linciaggio del vicino di cella. E il vivere col cuore in gola. E la pressione che sale. E il cuore che senti ingrossare. E il compagno che se ne va con la testa. E le divisioni a 5 nei cortili. E le rotture politiche. E le divisioni che teoricamente dovevano rafforzarci. E il dilagare del soggettivismo. E i vetri infranti ai colloqui. E le rivendicazioni coi pugni chiusi. E la ritirata strategica. E gli scioperi della fame condannati. E i sorrisi spariti. E i soggettivisti sconfitti. E gli odi tra compagni. E le demolizioni personali. E la disgregazione umana. E le perquisizioni anali. E le sei diotrie perse. E l’assalto coi cani nelle celle. E i compagni colpiti da schizofrenia. E i primi tradimenti. E la massa di dissociati. E l’isolamento politico. E la piorrea che avanza. E gli anni che passano e i giorni che conti. E i silenzi, i silenzi, i silenzi.[1]

Poesia per comunicare in condizioni difficili. Poesia per rompere l’isolamento a cui vorrebbero costringere corpo e cervello. Poesia come difesa dall’abbrutimento della prigione. Poesia per amare ancora, per vivere ugualmente una vita complessiva.[2]

 

«Caro Sante,
Le tue poesie (alcune, come sai, le conoscevo già) sono belle, quasi tutte; alcune bellissime, altre strazianti. Mi sembra che, nel loro insieme, costituiscano una specie di teorema, e ne siano anzi la dimostrazione: cioè, che è poeta solo chi ha sofferto o soffre, e che perciò la poesia costa cara. L’altra, quella non sofferta, di cui ho piene le tasche, è gratis.

Primo Levi».[3]

***

[1] S. Notarnicola, Materiale interessante. Liberi dal silenzio, Edizioni della Battaglia, Palermo,1997, p. 10.

[2] Ibidem, p. 35.

[3] Lettera di Primo Levi a Sante Notarnicola, in S. Notarnicola, L’anima e il muro, a cura di D. Orlandi, disegni di Marco Perroni, Odradek, Roma 2013, pp. 19-20.






Sante Notarnicola – Tentai di gettare l’anima al di là del muro … cercando di seguire la farfalla.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Maksim Gor’kij (1868-1936) – «Fàscino». Il velo di fango che gli aveva avvolto lo spirito si dissipava lentamente. Poi il fàscino di una visione. Ma, purtroppo, quaggiù come il buono dura poco, il bello è raro …

Maksim Gor'kij 01

Il velo di fango che gli aveva avvolto lo spirito e l’anima quella notte si dissipava lentamente, cedendo al soffio del giorno appena spuntato, pieno di profumi dolci e rianimanti.
La riva era indorata dai primi raggi del sole, e l’acqua, un po’ torbida per effetto della pioggia, rifletteva malamente il verde degli alberi.
[…] Ippolito camminava lungo la riva capricciosa, che formava piccoli seni verdeggianti, e scopriva ad ogni passo nuove meraviglie di bellezza. Camminava leggero, sfiorando l’acqua, sicuro di  scorgere sempre qualcosa di nuovo.
Esaminava attentamente tutto quanto vedeva, si fermava ad ogni piccolo seno formato dalla riva per avere il colpo d’occhio degli alberi che lo circondavano, come se cercasse la ragione della diversità tra il dettaglio dell’assieme degli alberi e quello del piccolo seno.
Ad un tratto si fermò, abbagliato. Il fàscino di una visione.
… la fanciulla era immersa  nell’acqua sino a mezzo busto, era davanti a lui, la testa reclinata in avanti, intenta ad intrecciare i capelli che si erano sciolti.
Sulle carni rosee brillavano al sole gocce di acqua come scheggie di diamanti che carezzavano le spalle, il petto e, prima di scendere nel fiume, tremolavano al sole lungamente, come se non volessero lasciare il corpo che le aveva accolte.
Osservava quell’immagine come qualcosa di sacro, tanto era pura e armoniosa la bellezza di quella fanciulla nel fiore della gioventù. Si sentiva lieto e non provava altro desiderio che quello di contemplarla.
[…]
Ma, purtroppo, quaggiù come il buono dura poco, il bello è raro … e Ippolito fu lieto solo per pochi istanti.
La fanciulla alzò la testa e, mandando un grido di collera, si immerse nell’acqua fino al collo.
Quel grido echeggiò nel cuore di Polkanov, che si sentì tuffato come in un mare di ghiaccio.

Maksim Gor’kij, Fàscino, Casa Editrice F. Bideri, Napoli 1915, pp. 101 ss.

H. Matisse, Nudo blu.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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