Albert Schweitzer (1875-1965) – Nella maturità dobbiamo lottare per continuare a pensare liberamente e a sentire così profondamente come facemmo in gioventù.

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«Lungo la strada della vita mi ha accompagnato, come un fedele consigliere, la convinzione che nella maturità dobbiamo lottare per continuare a pensare liberamente e a sentire così profondamente come facemmo in gioventù».

Albert  Schweitzer, Memorie di fanciullezza.

 

Le farfalle volano

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Herbert Marcuse (1898-1979) – L’uomo ad una dimensione riconosce se stesso nelle proprie merci; l’apparato produttivo assume il ruolo di un’agente morale

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«Le persone si riconoscono nelle loro merci; trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell’attrezzatura della cucina. Lo stesso meccanismo che lega l’individuo alla sua società è mutato, e il controllo sociale è radicato nei nuovi bisogni che esso ha prodotto» (cap. 1, p. 23).

«Il risultato è l’atrofia degli organi mentali necessari per afferrare contraddizioni ed alternative, e nella sola dimensione che rimane, quella della razionalità tecnologica, la “coscienza felice” giunge a prevalere. Essa riflette la credenza che il reale è razionale, e che il sistema stabilito, nonostante tutto, mantiene le promesse. Gli individui sono portati a scorgere nell’apparato produttivo l’agente effettivo del pensiero e dell’azione, a cui pensiero e dazione del singolo possono e debbono cedere il passo. Nel cambio, l’apparato assume pure il ruolo di un’agente morale. La coscienza è assolta dalla reificazione, dalla generale necessità delle cose» (cap. 3, p. 82).

«Uno degli aspetti più inquietanti della civiltà industriale avanzata:
il carattere razionale della sua irrazionalità».

Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione.
L’ideologia della società industriale avanzata
, Torino, Einaudi, 1967. (1964)

 

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Gabriel Garcia Màrquez (1927-2014) – Hai avuto l’amore in casa e non hai saputo riconoscerlo

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«Se c’è una cosa per cui nel giorno del Giudizio Universale dovranno “condannarti”
è che hai avuto l’amore in casa e non hai saputo riconoscerlo».

Gabriel Garcia Màrquez, Diatriba d’amore contro un uomo seduto, Mondadori, 2007.

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Graciela è una donna di umili origini che sposa un uomo benestante. Spinta da una forte volontà di riscatto, si dedica con strenuo impegno agli studi per ascendere socialmente al livello dell’amato. Sembra destinata alla felicità, almeno la felicità borghese fatta di benessere materiale e riconoscimenti sociali; eppure felice non è, e dopo venticinque anni di matrimonio trova finalmente il coraggio di reclamare il suo bisogno d’amore: davanti al marito indifferente, seduto in poltrona a leggere, o a fingere di leggere il giornale, si lascia andare a un lungo, intenso monologo in cui dà espressione al fallimento del suo sogno e sfoga la frustrazione per quel quarto di secolo passato tra finzione, ipocrisia e tradimenti. Unico testo teatrale di Gabriel García Márquez, rappresentato per la prima volta in Argentina nel 1988.

Diatriba d'amore contro un uomo seduto,

Primo Levi (1919-1987) – Ogni tempo ha il suo fascismo

Primo_Levi

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«Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti».

Primo Levi, Un passato che credevamo non dovesse tornare più, in: Corriere della sera, 8 maggio 1974.

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