Salvatore Bravo – La moltiplicazione dei bisogni indotti comporta l’inibizione dell’autentico desiderio che così diviene immediatezza, sensazione da soddisfare in tempi brevi, alienazione da se stessi e dalla comunità, luogo dove si incontrano la libertà e la solidarietà.

G.W.F. Hegel - C. Preve
Salvatore Bravo
La moltiplicazione dei bisogni indotti comporta l’inibizione dell’autentico desiderio
che così diviene immediatezza, sensazione da soddisfare in tempi brevi,
alienazione da se stessi e dalla comunità,
luogo dove si incontrano la libertà e la solidarietà.

L’animalizzazione dell’essere umano
Il Regno animale dello spirito si manifesta nella moltiplicazione dei bisogni. L’animale non umano nella sua fissità naturale sviluppa bisogni che gli consentono di sopravvivere in un determinato ambiente (Umwelt), ne diviene parte integrante ed indistinguibile. In assenza di intelletto l’animale non ha i mezzi per creare nuovi bisogni, ma deve inevitabilmente rispondere con i suoi istinti all’ambiente a cui è adattato. La natura umana, invece, è dotata di intelletto e dunque moltiplica i suoi bisogni per soddisfare aspirazioni materiali. La moltiplicazione dei bisogni in modo illimitato finisce per disorientare ed annichilire l’essere umano. Essi hanno l’effetto di animalizzarlo in modo particolare: la vita finalizzata all’utile ed ai bisogni senza limiti nega la natura dell’essere umano, la quale si realizza nella storia mediante la relazione comunitaria. L’essere umano, come definito da Marx, è ente generico (Gattungswesen), si definisce nella storia, le sue potenzialità prendono forma nel tempo storico creando mondi (Welt), poiché la temporalità progettante permette di trascendere lo stretto orizzonte dell’ambiente. Il mondo è il luogo degli esseri umani, nel quale operano mediante il lavoro ed i concetti e significano i loro gesti per trascendere la contingenza.

Il bene, ovvero l’universale concreto, procede mediante la conoscenza di sé e del mondo storico: non vi può essere universale concreto che nella feconda tensione tra particolare ed universale. Nella storia l’essere umano mette in atto le sue potenzialità, si conosce e si definisce. Se ciò non avvenisse non vi sarebbe che violenza, poiché l’universale senza particolare è solo annichilimento del concreto. L’universale d’altronde necessità di un lungo processo educativo; perché si giunga ad esso necessita della conoscenza di sé mediante il riconoscimento dell’altro e l’autoriconoscimento. Sono momenti sincretici senza i quali l’essere umano resta in bilico tra l’essere ed il nulla. Lo stare in bilico tra condizioni non definite consente al potere il dominio.

 

Bisogni inautentici e potere
Nella produzione dei bisogni non vi è solo la necessità imperiale del mercato-plusvalore, ma in essi è iscritta la violenza e la razionalità del potere. La moltiplicazione infinita dei bisogni, particolarizza, individualizza nelle intenzioni del mercato che in tal modo si autorappresenta e si legittima nella funzione di soddisfare i bisogni individuali. Già in tale scopo vi è la negazione dell’universale, il soggetto deve atomizzarsi, deve separarsi dal concreto legame con la comunità, per viversi nella sovranità individuale. Hegel evidenzia che in tale individualizzazione dei bisogni, nell’io ipertrofico, in realtà, il soggetto si perde nella moltiplicazione dei bisogni indotti e nell’agire secondo il solo utile personale. In tale attività l’essere umano disperso tra desideri inautentici è solo un vuoto vaso in cui il caos regna. Si è così preda del mondo, cadono le difese del pensiero per essere parte del sistema che si trasforma in ambiente-mercato senza mondo. Si è gettati in un ambiente che chiede l’adattamento senza concetto ed immaginazione. La memoria, non più coniugata con la razionalità, perde la sua funzione di ricordare per concettualizzare ed orientare: essa si riduce al calcolo mediato, a semplice operatività applicativa di schemi predeterminati. Hegel rileva che il soggetto, ormai oggetto dell’economicismo nella corsa alla soddisfazione degli stimoli, non sente fortemente più nulla, diviene un essere anonimo disperso in desideri immediati. Il desiderio, sostituito dalle vogliuzze una per il giorno e una per la notte, come dirà Nietzsche, perde la capacità di favorire la conoscenza di sé, le proprie passioni, per regredire in dipendenza compulsiva. Il soggetto umano, mentre insegue l’iperstimolazione, diviene oggetto del sistema, che lo astrae dalla vita. Hegel constata e profetizza “l’ultimo uomo”, il quale non è un’improvvisa apparizione della storia, ma è l’effetto della “bestia del mercato”:

 

 

«L’animale è un che di particolare, ha il suo istinto e i limitati, non oltrepassabili mezzi dell’appagamento. Ci sono insetti che sono legati ad una pianta determinata, altri animali, che hanno una cerchia più ampia, possono vivere in differenti climi; ma interviene sempre un che di limitato di fronte alla cerchia che è per l’uomo. Il bisogno dell’abitazione ed abbigliamento, la necessità di non lasciar più il cibo crudo, ma di renderlo adeguato a sé e di distruggerne l’immediatezza naturale, fa sì che l’uomo non abbia la vita comoda come l’animale e che, inteso come spirito, neanche possa averla. L’intelletto, che concepisce le distinzioni, porta moltiplicazione in questi bisogni e, dal momento che gusto e utilità divengono criteri della valutazione, anche i bisogni stessi ne sono affetti. È da ultimo non più il bisogno, bensì l’opinione che deve venir appagata, e appartiene appunto alla cultura di scomporre il concreto nei suoi elementi particolari. Nella moltiplicazione dei bisogni risiede per l’appunto una inibizione del desiderio, poiché, quando gli uomini abbisognano di molte cose, la spinta verso una, di cui avrebbero bisogno, non è così forte, e ciò è un segno che la necessità in genere non è così potente».[1]

 

L’inibizione del desiderio diviene alienazione da se stessi e dalla comunità; al suo posto non resta che un mediocre succedaneo: il desiderio diviene immediatezza, sensazione da soddisfare e godere in tempi brevi. Di sensazione in sensazione si realizza la dispersione di sé, l’esistenza è così curvata “dalle passioni tristi” che rafforzano il potere, poiché il soggetto divenuto mezzo del sistema capitale non resiste allo svuotamento dell’io, il quale paradossalmente, diviene un io pieno ed ingombro di stimolazioni ingovernabili.

 

Dialettica e comunità
Al nichilismo individualistico e predatorio Hegel contrappone l’economia fondata sui bisogni della persona e della comunità. Tale fondazione necessita della dialettica, quale modalità per trascendere la minaccia del nichilismo. Il soggetto che si radica nella famiglia e nello stato fonda la sua vita sull’etica, ovvero nel riconoscimento della presenza dell’altro, ciò comporta l’autolimitazione dei bisogni inautentici, e dunque la libertà. Quest’ultima è possibile solo se il soggetto si sottrae all’iperstimolazione perpetua: la libertà è sospensione delle sollecitazione per pensarle e razionalizzarle astraendone la verità storica. Il soggetto impara ad ascoltare se stesso, mentre razionalizza il mondo. Tali disposizioni e desideri autentici si materializzano nella comunità, la quale dà forma storica e vita all’individualità. Lo stato, in tale contesto, è il luogo in cui il soggetto si radica nella storia patria per aprirsi al mondo, per disporsi al riconoscimento ed all’ascolto dell’alterità nella quale ritrova se stesso:

 

 

«Con ciò, che l’uomo debba esser qualcosa, intendiamo che egli appartenga ad uno ‘stato’ determinato; poiché questo qualcosa vuol dire che allora egli è qualcosa di sostanziale. Un uomo senza ‘stato’ è una mera persona privata e non sta in una reale universalità. Dall’altro lato, il singolo può ritener sé nella sua particolarità per l’universale, e presumere che si abbandonerebbe ad un che di inferiore, se entrasse in uno ‘stato’. È questa la falsa rappresentazione per cui, se qualcosa guadagna un esserci che gli è necessario, con ciò si limiti e rinunci a sé».[2]

 

Utilitarismo e vita astratta
L’atomizzazione, la privatizzazione dei desideri rendono il soggetto astratto. L’utilitarismo è una forma di vita astratta, in quanto il soggetto è avulso dal contesto, e si autopercepisce come creatore di se stesso, niente lo precede, per cui il mondo è a sua disposizione, sempre pronto all’uso. Il cosmopolitismo attuale è di ordine nichilistico ed utilitarista, poiché il soggetto senza legame patrio, linguistico e culturale non ha responsabilità alcuna verso qualsiasi comunità: è solo un atomo consumante che divora il mondo.
L’atomizzazione non è un destino, l’essere umano è molto più di ciò che il sistema capitale rappresenta. Il pensiero crea concetti, porge ascolto al disagio, cerca parole per capire. La speranza non è solo potenzialità astratta, ma è racchiusa in ogni vita, in quanto il pensiero creante può essere condizionato, ma mai determinato. La sfida è fendere la caverna capitale con i suoi miti per ritrovarsi comunità. Razionalità e socialità non sono scindibili, la natura umana esige la socialità e l’umanità, senza le quali non resta che il cosmopolitismo nichilistico attuale, il quale è il regno della violenza dell’astratto contrapposto all’internazionalismo, il quale è invece, l’incontro delle patrie, il riconoscersi nella differenza. L’esodo dall’utilitarismo e dal cosmopolitismo nichilistico non può che avvenire mediante il radicamento comunitario, il quale non tribalizza, ma permette alle differenze di ritrovarsi per conoscere e conoscersi in processi storici inesauribili:

 

 

«La comunità è allora il luogo dove si incontrano la libertà e la solidarietà. Una libertà senza solidarietà è una illusione narcisistica destinata a sparire quando l’umana fragilità materiale costringe anche l’individuo più riluttante a relazionarsi con i suoi simili. Una solidarietà senza libertà è una coazione umanitaria estrinseca e di fatto ricade nella precedentemente ricordata tipologia dell’organizzazione politica dell’atomismo. Solidarietà e libertà sono entrambe necessarie. Questa è la logica conclusione di ogni elogio al comunitarismo».[3]

 

L’animalizzazione dell’essere umano si configura mediante la dispersione utilitaristica che aliena dalla profondità del logos calcolante e senziente a cui si unisce la sottrazione della memoria. Senza storia, senza riflessione sulla storia individuale e collettiva il soggetto è disintegrato in attimi senza futuro e senza passato. La resistenza civile e politica non può che fondarsi sul riappropriarsi del tempo predato dall’utile e dal consumo immediato acefalo.

 

Salvatore Bravo

***

[1] G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Laterza, Bari 1999, p. 344.

[2] Ibidem, p. 346.

[3] C. Preve, Elogio del comunitarismo, Controcorrente, Napoli 2006, pp. 253-254.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Albert Einstein (1879-1955) – La cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. Cercare ogni giorno di capire un po’ il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità.

Albert Einstein 006

«La cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell’eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po’ il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità».

Albert Einstein, Pensieri di un uomo curioso, a cura di A. Calaprice, Mondadori, Milano 1999.


Albert Einstein – Perché il socialismo? Why Socialism?
Albert Einstein (1879-1955) – Al primo posto lo sviluppo dell’attitudine generale a pensare e a giudicare indipendentemente.
Albert Einstein (1879-1955) – La libertà dello spirito consiste nell’indipendenza del pensiero dalle limitazioni dei pregiudizi autoritari e sociali come dagli automatismi acritici e dagli abiti acquisiti.
Albert Einstein (1879-1955) – Il mondo si è lentamente abituato a questi sintomi di decadenza morale. Non dobbiamo sfuggire alla lotta, quando essa è inevitabile, per conservare il diritto e la dignità dell’uomo! Non dobbiamo semplicemente sopportare le differenze fra gli individui e i gruppi, ma anzi accoglierle come le benvenute, considerandole un arricchimento della nostra esistenza.
Albert Einstein (1879-1955) – Senza la convinzione che con le nostre costruzioni teoriche è possibile raggiungere la realtà, senza convinzione nell’intima armonia del nostro mondo, non potrebbe esserci scienza.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Friedrich Hölderlin (1770-1843) – Il nobile porta i segni del destino sotto cui è sorto. Il bello assume di necessità una certa forma. Nessun uomo nella sua vita esteriore può essere ogni cosa nello stesso tempo. Per avere un’esistenza e una coscienza nel mondo è necessario determinarsi per qualche cosa.

Friedrich Hölderlin 06
Coraggio! È degna dei dolori, questa vita.

Friedrich Hölderlin, A Neuffer, marzo 1794, in Id., Tutte le liriche,  (trad. di Luigi Reitani), Mondadori, Milano 2001.

Se cerchi di rendere ciò che è nobile senza l’ordinario,
esso se ne starà come il più innaturale di tutti, come il più insulso.
Il nobile, nella misura in cui giunge a espressione, porta i segni del destino sotto cui è sorto.
Il bello, per come si espone nella realtà effettiva,
assume di necessità una certa forma in base alle circostanze entro cui sorge.
***
Riflettere sulla cultura e sull’impulso formativo, sul suo fondamento
mi ha suggerito il progetto di un giornale umanistico,
che approfondisca storicamente e filosoficamente il punto di vista dell’umanità
***
L’errore degli uomini è che il loro impulso formativo si perda, che prenda una direzione indegna.
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Nessun uomo nella sua vita esteriore
può essere ogni cosa nello stesso tempo.
Per avere un’esistenza e una coscienza nel mondo è necessario determinarsi per qualche cosa
 
 
«Il vivente nella poesia è adesso ciò che occupa maggiormente i miei pensieri e i miei sensi. Avverto con così tanta profondità quanto io sia ancora lontano dal coglierlo e tuttavia la mia anima intera vi si sforza affannosamente, e io ne sono spesso così commosso da dover piangere come un bambino quando sento come alle mie rappresentazioni, in questo e in quel punto, manchi il vivente. Ma non riesco a tirarmi fuori dagli errori poetici tra i quali vago […]. Mi manca meno la forza della leggerezza, meno le idee delle sfumature, meno un tono principale di una molteplicità ordinata di toni, meno la luce dell’ombra, e tutto ciò dipende da una sola ragione. Io rifuggo troppo dall’ordinario e dal comune della vita reale […].
Temo di raffreddare la calda vita che è in me al cospetto della storia gelata del giorno e questa paura deriva dal fatto che tutte le vicende distruttive in cui mi sono imbattuto sin da ragazzo, io le ho accolte in maniera più sensibile di altri, e tale sensibilità mi sembra che abbia in ciò il suo fondamento: che io, in rapporto alle esperienze che ho dovuto fare, non ero organizzato in maniera abbastanza solida e salda. Ora me ne rendo conto. […] Poiché sono più vulnerabile di altri, devo tanto più cercare di ricavare vantaggio dalle cose che agiscono in modo distruttivo su di me, non devo prenderle per come sono in se stesse, ma solo in quanto sono utili alla mia vita più autentica. Là dove le trovo, io devo già in anticipo assumerle come materia indispensabile, senza cui la parte più intima di me non potrà rappresentarsi mai completamente. Devo accoglierle in me stesso per disporle all’occasione (come artista se un giorno vorrò e dovrò essere artista) come ombre alla mia luce, per restituirle in quanto toni subordinati da cui emerge tanto più vivo il tono della mia anima. Il puro può rappresentarsi solo nell’impuro e se cerchi di rendere ciò che è nobile senza l’ordinario, esso se ne starà come il più innaturale di tutti, come il più insulso, e questo appunto perché il nobile, nella misura in cui giunge a espressione, porta i segni del destino sotto cui è sorto; perché il bello, per come si espone nella realtà effettiva, assume di necessità una certa forma in base alle circostanze entro cui sorge, e questa forma non gli è naturale: diventa naturale solo per il fatto di considerare, accanto al bello, appunto anche quelle circostanze che gli diedero necessariamente una tale forma. […] Dunque senza l’ordinario non si può rappresentare alcun nobile: e io voglio ripetermelo sempre, quando mi imbatto nell’ordinario nel mondo: ti è tanto necessario quanto ai vasai la colla, perciò accettalo sempre, non allontanarlo da te, non averne paura».
 
F. Hölderlin a Neuffer, 12 novembre 1798, in Friedrich Hölderlin, Sämtliche Werke und Briefe [Tutte le opere e le lettere], a cura di M. Knaupp, vol. II, München-Wien 1992-1993, pp. 710-712;  Friedrich Hölderlin, Tutte le opere. Prose, teatro e lettere. Tutte le liriche, a cura di L. Reitani, 2 voll., LXVII-3887 pp., Mondadori, Milano 2020.
 
***

Riflettere sulla cultura e sull’impulso formativo, sul suo fondamento
mi ha suggerito il progetto di un giornale umanistico,
che approfondisca storicamente e filosoficamente il punto di vista dell’umanità
 
«La mia riflessione e i miei studi si sono quasi esclusivamente limitati a ciò che anzitutto mi premeva, la poesia, in quanto essa è arte vivente e scaturisce a un tempo da genio, esperienza e riflessione ed è ideale, sistematica e individuale. Ciò mi ha condotto a riflettere sulla cultura e sull’impulso formativo, sul suo fondamento e la sua Bestimmung, nella misura in cui esso è ideale e attivamente formante. Ancora: [ho riflettuto] su come l’impulso formativo, consapevole del suo fondamento e della sua propria essenza a partire dall’ideale, ma istintivamente secondo la sua materia, agisce come arte e come impulso alla formazione ecc. Ho creduto, alla fine delle mie ricerche, di essere riuscito a porre in maniera più vasta e comprensiva di quanto non mi fosse noto precedentemente il punto di vista della cosiddetta umanità (almeno nella misura in cui si intende con esso l’elemento unificante e comune nella natura umana e nelle sue direzioni, piuttosto che l’elemento differenziante, di cui comunque è necessario che si tenga conto). Aver raccolto questi materiali mi ha suggerito il progetto di un giornale umanistico, che sia poetico anzitutto perché vi si pratica la poesia, ma che anche istruisca sulla poesia, sia dal punto di vista storico che da quello filosofico, e, in generale, approfondisca storicamente e filosoficamente il punto di vista dell’umanità».
 
F. Hölderlin, Lettera a Schelling, scritta tra l’1 e il 6 luglio 1798, in Friedrich Hölderlin, Sämtliche Werke und Briefe [Tutte le opere e le lettere], op. cit., II, pp. 792-794.
 
***
 
L’errore degli uomini è che il loro impulso formativo si perda, che prenda una direzione indegna
 
«L’errore degli uomini è che il loro impulso formativo si perda, che prenda una direzione indegna, generalmente falsa, oppure non trovi la sua dimensione specifica o, se pure l’ha trovata, si fermi a metà strada, ai mezzi che dovrebbero condurlo al suo scopo […]. E la ragione generale del tramonto di tutti i popoli è sempre stata, infatti, che la loro originalità, la loro propria natura vivente (ihre eigene lebendige Natur) ha soggiaciuto alle forme positive e al lusso che i loro padri avevano prodotto».
 
Friedrich Hölderlin, Sämtliche Werke und Briefe [Tutte le opere e le lettere], op. cit., II,, pp. 62-63.
 
***
 
Nessun uomo nella sua vita esteriore
può essere ogni cosa nello stesso tempo.
Per avere un’esistenza e una coscienza nel mondo è necessario determinarsi per qualche cosa
 
«Nessun uomo nella sua vita esteriore può essere ogni cosa nello stesso tempo, […] per avere un’esistenza e una coscienza nel mondo è necessario determinarsi per qualche cosa, e […] sono poi la singolarità e le circostanze ciò che in definitiva determinano l’uno verso una certa singolarità e l’altro verso un’altra. Questa singolarità, a dire il vero, è quella che più appare evidente, ma non è detto per questo che altri pregi, di cui avvertiamo la mancanza, manchino del
tutto in un carattere tipico, piuttosto rimangono in ombra».
 

Friedrich Hölderlin, Sämtliche Werke und Briefe [Tutte le opere e le lettere], op. cit., II, p. 67


Friedrich Hölderlin (1770-1843) – L’uomo che pensa deve agire, deve dispiegarsi. Egli può molto, stupenda è la sua parola che strasforma il mondo. Un potente anelito, con radici profonde, lo spinge verso l’alto.
Friedrich Hölderlin (1770-1843)– Dall’intelletto soltanto non può scaturire la filosofia, perché la filosofia è più della conoscenza limitata di ciò che esiste. Dalla ragione soltanto non può scaturire la filosofia, perché la filosofia è più della cieca pretesa di un progresso senza fine. Senza la bellezza dello spirito e del cuore, la ragione è soltanto come un supervisore.
Friedrich Hölderlin (1770-1843) – Quando un popolo ama il bello l’egoismo si scioglie. Se così non è, sempre più aridi e più desolati divengono gli uomini, cresce la sottomissione e con essa l’arroganza, l’opulenza cresce insieme alla fame e all’ansia per il cibo. Così il mondo intorno a noi diviene un deserto e il passato si sfigura in un cattivo auspicio per un futuro senza speranza.
Friedrich Hölderlin (1770-1843) – Dobbiamo uscire dalla pigra rassegnazione, dove non si vuole nulla, non ci sicura di nulla. L’originalità è intensità, profondità del cuore e dello spirito.
Friedrich Hölderlin (1770-1843) – Che cosa sono i secoli di fronte all’istante in cui due esseri si presagiscono e si accostano? Ancor prima che uno sapesse dell’altra, noi ci appartenevamo
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Ernst Bloch (1885–1977) – La speranza non è rinunciataria. È superiore all’aver paura, non è né passiva come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccata nel nulla. Si espande, allarga gli uomini invece di restringerli.

Ernst Bloch 010

«Chi siamo? Da dove veniamo? Che cosa ci aspettiamo? E che cosa ci aspetta? Molti si sentono soltanto confusi. Il terreno vacilla, e non sanno perché e per che cosa. Una condizione d’angoscia, la loro, che diviene paura se assume più precisi contorni. […] L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario, perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. […] L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli. Non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere loro alleato. Il lavoro di quest’affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando a cui essi stessi appartengono».

Ernst Bloch, Il principio speranza. Immagini di un mondo migliore, 3 vol., Garzanti, 1994, vol. I.



Ernst Bloch (1885 – 1977) – Chi è scialbo si colora come se ardesse. La via esteriore è la più facile. Apparire più che essere: questo il suo motto.
Ernst Bloch (1885-1977) – Tutto ciò che vive ha un orizzonte. Dove l’orizzonte prospettico è tralasciato, la realtà si manifesta soltanto come divenuta, come realtà morta, e sono i morti, cioè i naturalisti e gli empiristi, che qui seppelliscono i loro morti.
Ernst Bloch (1885-1977) – È la filosofia la scienza in cui è viva, ha da esser viva, la consapevolezza del tutto. La filosofia ha a cuore soprattutto l’unità del sapere. La filosofia sta sul fronte.
Ernst Bloch (1885-1977) – L’utopia concreta sta all’orizzonte di ogni realtà. L’utopia non è fuga nell’irreale, è scavo per la messa in luce delle possibilità oggettive insite nel reale e lotta per la loro realizzazione.
Ernst Bloch (1885 – 1977) – «Vita brevis, ars longa», i regni passano, un buon verso resta eterno; in queste convinzioni legate all’arte ha posto solo l’opera plasmata. Nasce un’«ars longa», adornata dal nome della loro «vita brevis».
Ernst Bloch (1885-1977) – L’utopia è una forza di anticipazione, l’elemento più dinamico e attivo della coscienza anticipante, che costituisce l’anima profonda della speranza per creare spazio alla vita ed essenzializzarsi.
Ernst Bloch (1885-1977) – I filosofi dei nostri giorni hanno familiarizzato con il nihil. L’immagine di desiderio del nulla l’ha formulata Heidegger. il nulla di Jaspers e di Heidegger è tinto e ornato di penne di pavone, proprio in prospettiva del suo incanto di morte.

Arianna Fermani, speranza

Arianna Fermani
«Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato»

La speranza “antica”, tra páthos e areté

ISBN 978-88-7588-258-7, 2020

indicepresentazioneautoresintesi


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Vasilij V. Kandinskij (1866 -1944) – L’arte che è solo figlia del suo tempo non ha avvenire, non diventerà mai madre del futuro, è un’arte sterile. La vita spirituale è movimento della conoscenza e senza il pane metaforico l’arte non ha più anima. In queste epoche cieche gli uomini danno importanza solo al successo esteriore, si preoccupano unicamente dei beni materiali.

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«Si è detto che l’arte è figlia del suo tempo. Un’arte simile può solo riprodurre ciò che è già nettamente nell’aria. L’arte che non ha avvenire, che è solo figlia del suo tempo ma non diventerà mai madre del futuro, è un’arte sterile. Ha vita breve e muore moralmente nell’attimo in cui cambia l’atmosfera che l’ha prodotta.
Anche l’altra arte, suscettibile di nuovi sviluppi, è radicata nella propria epoca, ma non si limita ad esserne un’eco e un riflesso; possiede invece una stimolante forza profetica , capace di esercitare un’influenza ampia e profonda.
La vita spirituale, di cui l’arte è una componente fondamentale, è un movimento ascendente e progressivo, tanto complesso quanto chiaro e preciso. È il movimento della conoscenza. Può assumere varie forme, ma conserva sempre lo stesso significato interiore, lo stesso fine. […] Allora però arriva un uomo, che ci assomiglia, ma ha in sé una misteriosa forza “visionaria”. Egli vede e fa vedere» (pp. 20-21).

«I periodi in cui […]  manca il pane metaforico, sono periodi di decadenza spirituale. Le anime continuano a cadere dalle sezioni superiori a quelle inferiori […]. In queste epoche silenziose e cieche gli uomini danno importanza solo al successo esteriore, si preoccupano unicamente dei beni materiali, e salutano come una grande impresa il progresso tecnico, che giova e può giovare solo al corpo. Le energie spirituali vengono sottovalutate, se non ignorate. I pochi che hanno ideali e senso critico sono scherniti o considerati anormali. Le rare anime che non sanno restare avvolte nel sonno e sentono un oscuro desiderio di spiritualità, di conoscenza e di progresso, infondono una nota di tristezza e di rimpianto nel grossolano coro materiale. La notte diventa sempre più fitta. Il grigiore si addensa intorno a queste anime tormentate e sfibrate dai dubbi e dalle paure, che spesso preferiscono un salto improvviso e violento nel buio piuttosto che una lenta oscurità.
L’arte, che in tempi come quelli ha vita misera, serve solo a scopi materiali. E poiché non conosce materia delicata cerca un contenuto nella materia dura. Deve sempre riprodurre gli stessi oggetti. Il “che cosa” viene eo ipso meno; rimane solo il problema di “come” l’oggetto materiale debba essere riprodotto dall’artista. Questo problema diventa un dogma. L’arte non ha più anima.
Su questa via del “come”, l’arte procede. Si specializza e diventa comprensibile solo agli artisti, che cominciano a lamentarsi dell’indifferenza del pubblico. Poiché in tempi simili l’artista medio non ha bisogno di dire molto e gli basta un minimo di “diversità” per farsi notare e osannare da certi gruppetti di mecenati e conoscitori (il che può comportare grandi vantaggi materiali), una gran massa di persone superficialmente dotate si butta sull’arte, che sembra cosi facile. In ogni “entro artistico” vivono migliaia e migliaia di artisti, la maggior parte dei quali cerca solo una maniera nuova, e crea milioni di opere d’arte col cuore freddo e l’anima addormentata.
La “concorrenza” cresce. La caccia spietata al successo rende la ricerca sempre più superficiale. I piccoli gruppi, che casualmente si sono sottratti a questo caos di artisti e di immagini si trincerano nelle posizioni conquistate. Il pubblico, che è rimasto arretrato, guarda senza capire, non ha interesse per un’arte simile e le volta tranquillamente le spalle» (pp. 24-25).

«In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente l’anima. li colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. È chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima. Questo fondamento si può definire principio della necessità interiore» p. 46).

Vasilij Vasil’evič Kandinskij, La vita spirituale nell’arte, a cura di E. Pontiggia, SE, Milano 1989.


Vasilij Vasil’evič Kandinskij (1866 -1944) – Si può osservare la strada stando dietro il vetro della finestra. Oppure si apre la porta: si esce dall’isolamento; ci si immerge in questa entità, vi si diventa attivi e si partecipa a questo pulsare della vita con tutti i propri sensi.
Vasilij Vasil’evič Kandinskij (1866 -1944) – Migliaia e migliaia di artisti creano oggi milioni di “opere d’arte” col cuore freddo e l’anima addormentata.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Hans-Georg Gadamer (1900-2002) – Sulla via della cultura l’uomo comincia a superare la propria naturalità e si innalza dal suo essere propriamente naturale all’esistenza spirituale.

Hans-Georg Gadamer 01

«Ogni singolo individuo che si innalza dal suo essere propriamente naturale all’esistenza spirituale trova nella lingua, nei costumi e nelle istituzioni del suo popolo una sostanza preesistente che, come accade nell’apprendimento della lingua, deve far propria. Perciò l’individuo singolo è già sempre sulla via della cultura, ha già sempre cominciato a superare la propria naturalità proprio in quanto il mondo in cui si sviluppa è un mondo formato nella lingua e nei costumi».

Hans-Georg GadamerVerità e metodo, Bompiani, Milano 1997, pag 37.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Mario Vegetti (1937-2018) – La felicità ha bisogno di durata e di costanza ed esige una prassi tenacemente virtuosa.

Vegetti Mario 015

«la felicità ha […] bisogno di durata e di costanza, e di qui nasce il suo rischio. Se è certamente vero che non si tratta di un dono della sorte (tyche) ma di un premio spettante a una prassi tenacemente virtuosa, è altrettanto vero che essa è esposta alla vicenda del tempo. Poiché non si tratta di una condizione privata, chiusa nell’individualità, ma di un’attività tutta socializzata, essa risulta ulteriormente esposta ai colpi della sorte che la contingenza dei rapporti umani può in ogni momento inferire».

Mario Vegetti, L’etica degli antichi, Laterza, Roma-Bari 1996, p. 175.


 
Mario Vegetti – La filosofia e la città: processi e assoluzioni .
Mario Vegetti – Il lettore viene introdotto a una sorta di visita guidata in uno dei più straordinari laboratori di pensiero politico nella storia d’Occidente.
Mario Vegetti e Francesco Ademollo – Incontro con Aristotele: la potenza del suo pensiero è ancora in grado di parlarci.
Mario Vegetti – Il coltello e lo stilo. Animali, schiavi, barbari e donne alle origini della razionalità scientifica.
Mario Vegetti (1937-2018) – «Scritti sulla medicina galenica». Il volume raccoglie i principali scritti su Galeno e sul Galenismo composti da Mario Vegetti in circa un cinquantennio di attività.
Mario Vegetti (1937-2018) – Il tempo, la storia, l’utopia. Cè il tempo dell’utopia, cioè della realizzazione della kallipolis attuata. L’avvento della kallipolis rappresenta un’esigenza necessaria come intenzione di governare il disordine, ma esso è improbabile (non però, per le stesse ragioni, impossibile).
Mario Vegetti (1937-2018) – Il sognatore che pensa,  il pensatore che sogna nel «Racconto del Saggio del Capitale».
Mario Vegetti (1937-2018) – Mario Vegetti a due anni dalla morte ci lascia alcuni messaggi. Tenere aperto lo spazio dell’incertezza. Resistere al cedimento di fronte all’omologazione del pensiero. Resistere alla rassegnazione di fronte all’estrema durezza dell’epoca. Rifiutare pentitismi compiacenti, cedimenti corrivi alle mode correnti o alle “luci della ribalta”. Restare fedeli, insomma.
E. Berti, L. Canfora, B. Centrone, F. Ferrari, F. Fronterotta, S. Gastaldi – «La filosofia come esercizio di comprensione. Studi in onore di Mario Vegetti». Introduzione di G. Casertano e L. Palumbo
Mario Vegetti (1937-2018) – È attraverso il linguaggio, e non attraverso i sensi, che la verità si presenta all’anima. La parte essenziale dell’uomo è l’anima. È l’anima del concreto soggetto vivente a giocare un ruolo centrale nella morale socratica.

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Enrico Berti – Luciano Canfora – Bruno Centrone
Franco Ferrari – Francesco Fronterotta – Silvia Gastaldi

La filosofia come esercizio di comprensione

Studi in onore di Mario Vegetti

indicepresentazioneautorisintesi

Introduzione di
Giovanni Casertano e Lidia Palumbo

Mario Vegetti


Enrico Berti

Aristotele: quinto nucleo tematico di interesse per Vegetti?

Vedi pubblicazioni di Berti Enrico



Luciano Canfora

Mario Vegetti nei «Quaderni di storia»

Vedi pubblicazioni di Canfora Luciano



Bruno Centrone

Quindici lezioni e non solo.
La Lezione (metodologica) di Mario Vegetti su Platone

Vedi pubblicazioni di Centrone Bruno



Franco Ferrari

Al di là dell’essere: la dynamis tou agathou.
Gli studi di Mario Vegetti sull’idea del Buono in Platone

Vedi pubblicazioni di Ferrari Franco



Francesco Fronterotta

L’anima, il corpo, il medico

Vedi pubblicazioni di Fronterotta Francesco



Silvia Gastaldi

Gli studi di Mario Vegetti sull’etica antica: un approccio innovativo

Vedi pubblicazioni di Gastaldi Silvia



Giovanni Casertano

Introduzione

Vedi pubblicazioni di Casertano Giovanni



Lidia Palumbo

Introduzione

Vedi pubblicazioni di Palumbo Lidia



Fiorinda Li Vigni

Nota di saluto

Vedi pubblicazioni di Li Vigni Fiorinda



Anna Beltrametti – Scritti per onorare la memoria di Diego Lanza e Mario Vegetti

Massimo Stella – Scritti per onorare la memoria di Diego Lanza e Mario Vegetti

Casa della cultura di Milano – «Per Mario Vegetti» * Scritti di: Ferruccio Capelli, Michelangelo Bovero, Eva Cantarella, Fulvia de Luise, Franco Ferrari, Silvia Gastaldi, Alberto Maffi, Fulvio Papi, Valentina Pazé, Federico Zuolo.

Silvia Gastaldi, Una rivoluzione negli studi di antichistica

Eva Cantarella, MADRE MATERIA, Studi pioneristici sul femminile nell’antichità

Franco Ferrari, L’inattualità di Platone. Politica e utopia

Fulvia de Luise, La scrittura dell’utopia. Come mettere in moto un paradigma normativo

Alberto Maffi, Trasimaco fra Platone e Aristotele

Fulvio Papi, Per Mario Vegetti

Michelangelo Bovero, Pensare la politica con Mario Vegetti

Valentina Pazé, La schiavitù tra natura e artificio

Federico Zuolo, Radicalità e attualità. Sull’uso contemporaneo dei classici

Luca Grecchi – Mario Vegetti: un ricordo personale e filosofico

Silvia Fazzo – Grazie Mario Vegetti! Per la lucidità luminosa delle tue intuizioni. Amavi la vita per tutto ciò che ha di più vero. Hai formato una intera generazione di allievi e di allievi degli allievi.

Ricordo di Mario Vegetti – Rai Filosofia
 Addio a Mario Vegetti, l’utopia di Platone e i suoi chiaroscuri – La Stampa
Mario Vegetti,  filosofo studioso di Platone – Corriere della Sera

ADDIO A MARIO VEGETTI

Mario Vegetti – La filosofia e la città: processi e assoluzioni .
Mario Vegetti – Il lettore viene introdotto a una sorta di visita guidata in uno dei più straordinari laboratori di pensiero politico nella storia d’Occidente.
Mario Vegetti e Francesco Ademollo – Incontro con Aristotele: la potenza del suo pensiero è ancora in grado di parlarci.
MARIO VEGETTI filosofi al potere – YouTube
Mario Vegetti e Mauro Bonazzi “LO SPECCHIO DI ATENE” – YouTube
Mario Vegetti: SAPERE E SAPER AGIRE: sophia e … – YouTube
Mario Vegetti “Festival Filosofia” – YouTube
Mario Vegetti – YouTube
Associazione Marx XXI – Mario Vegetti – YouTube
Mario Vegetti – Aventino Frau: Socrate contro Trasimaco … – YouTube
Mario Vegetti: “La filosofia e la città greca” FILOSOFIA E … – YouTube
Le domande dei non credenti – YouTube

Mario Ricciardi, Simona Forti e Mario Vegetti “il Novecento … – YouTube

Mario Vegetti – Il coltello e lo stilo. Animali, schiavi, barbari e donne alle origini della razionalità scientifica.

Mario Vegetti (1937-2018) – «Scritti sulla medicina galenica». Il volume raccoglie i principali scritti su Galeno e sul Galenismo composti da Mario Vegetti in circa un cinquantennio di attività.

Mario Vegetti (1937-2018) – Il tempo, la storia, l’utopia. Cè il tempo dell’utopia, cioè della realizzazione della kallipolis attuata. L’avvento della kallipolis rappresenta un’esigenza necessaria come intenzione di governare il disordine, ma esso è improbabile (non però, per le stesse ragioni, impossibile).


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Giovanni Piana (1940-2019) – È possibile fare riferimento al nuovo in un senso più ampio, più ricco e profondo di quanto lo sia quello che vincola la parola alla pura dimensione temporale. L’apertura al nuovo si rivela così fin dall’inizio essere un’apertura al molteplice. Afferrare tutto ciò che si chiama realmente in causa chiamando in causa il nuovo: è nuovo ciò che non appartiene alla cerchia delle cose familiari e note. Novità vuol dire anche estraneità, differenza, sradicamento e viaggio.

Giovanni Piana 01

«Piana ha vissuto, nel confine tra anni Cinquanta e anni Sessanta, l’esperienza della fenomenologia di Husserl che costituì il centro d’interesse di un grande Maestro come Enzo Paci. Non è il caso qui di tracciare mappe di quelle vicende, credo però che non sarebbe sbagliato sostenere che Piana, in quel gioco delle parti, che è sempre l’apertura di un’esperienza plurale sul suggerimento di un filosofo autentico, si è preso quella del fenomenologo più prossimo ai temi ‘duri’ di Husserl, agli obbiettivi che stabiliscono la teoreticità della ricerca fenomenologica come tratto distintivo ed essenziale rispetto ad altre figure di pensiero».

Fulvio Papi, in L’Unità, 14 ottobre 1991.


«Piana è a mio parere uno dei pensatori maggiori del dopoguerra italiano: mai prono alle mode, sempre originale e innovativo, come dimostrano i suoi essenziali contributi alla filosofia della musica. In sintesi un maestro in cui si ritrovano sempre momenti di autentico pensiero».

Elio Franzini, Intervento ad un Convegno
presso l’Università di Macerata il 12-13 novembre 2015.

Mirio CosottiniMirio Cosottini, Ritratto a Giovanni Piana.
È possibile fare riferimento al nuovo in un senso più ampio,
più ricco e profondo di quanto lo sia quello che vincola la parola alla pura dimensione temporale.
L’apertura al nuovo si rivela così fin dall’inizio essere un’apertura al molteplice.
Afferrare tutto ciò che si chiama realmente in causa chiamando in causa il nuovo:
è nuovo ciò che non appartiene alla cerchia delle cose familiari e note.
Novità vuol dire anche estraneità, differenza, sradicamento e viaggio.

Non possiamo fare a meno di notarlo: la musica del nostro secolo che così spesso ha meritato e vantato, secondo le più
varie formulazioni e accentuazioni, soprattutto il suo essere nuova è ormai diventata, nell’’ineluttabilità del tempo che passa, la musica di un secolo che ora volge al suo termine. Fra non più di una decina d’anni avremo tutti i diritti di rivolgerci ad essa con quel senso di passato che viene realmente avvertito forse soltanto quando possiamo parlare riferendoci al secolo scorso, per quanto un simile schema temporale possa essere ritenuto arbitrario e irrilevante.
Ma richiamare l’’attenzione su questa circostanza non vuole affatto essere la premessa, peraltro inconsistente, per un discorso sull’invecchiamento, ma al contrario per fissare questa novità come una delle caratteristiche interne della musica novecentesca. Di essa è del resto possibile fornire un’interpretazione che ha ben poco a che vedere con la dimensione puramente temporale, con l’avvicendarsi del vecchio al nuovo.
Gettiamo dunque uno sguardo d’insieme, già installati nel secolo appena futuro, alla musica del secolo XX. E allora avremmo forse ragione di notare: al di là della grande complessità intrinseca delle vie intraprese, della differenza dei progetti e dei pensieri che stanno alla loro base, vi sono certamente tratti comuni che in qualche modo sono in grado di tipicizzare la vicenda musicale novecentesca, ed a questo proposito proprio il parlare di novità coglie nel segno. Tuttavia occorre subito precisare: parlando di novità come una caratteristica della musica novecentesca, non vogliamo semplicemente ribadire ciò che essa ha continuato a dire ed a ridire di se stessa, ma vogliamo piuttosto e qui naturalmente i termini e il senso del problema mutano profondamente cogliere un atteggiamento verso il nuovo come un atteggiamento peculiare, che caratterizza la musicalità novecentesca, il modo d’essere del Novecento nella musica e per la musica.
Certo, siamo consapevoli di come sia arrischiata già la stessa pretesa di rintracciare qualcosa di simile a dei tratti caratteristici e come si possa, nel tentare di soddisfare questa pretesa, pervenire a formulazioni che possono apparire astratte e ben poco significative. Eppure abbiamo la sensazione che, annoverando tra essi l’’atteggiamento verso il nuovo, non si abbia a che fare con una vuota generalità, ma con uno dei punti di vista che possono essere utilmente assunti per vedere da una diversa angolatura cose mille volte già viste, cominciando a scorgere problemi ricchi di senso e difficoltà inavvertite. Intanto dobbiamo essere in grado di afferrare tutto ciò che si chiama realmente in causa chiamando in causa il nuovo: è nuovo ciò che non appartiene alla cerchia delle cose familiari e note, andare verso il nuovo significa in qualche modo allontanarsi da casa, addentrarsi in un paese straniero. Novità vuol dire dunque anche estraneità, differenza, sradicamento e viaggio. Perciò non è affatto interessante chiedersi se e quando vi sia stata novità nella musica novecentesca – domanda che diventerebbe forse ben presto oziosa – quanto riconoscere in essa un’esigenza fondamentale che la caratterizza in profondità. Ovunque, nelle più diverse e diversamente motivate proposte musicali, sembra potersi applicare l’immagine di un cerchio come delineazione di un confine che deve essere oltrepassato. Ovunque si scorgono limitazioni, barriere che ci stringono da ogni parte e che esigono di essere superate, e proprio in esse consiste il vecchio a cui si contrappone il nuovo, nell’’abbattimento di queste barriere consiste soprattutto l’’innovazione.
Ciò vale naturalmente per il superamento del linguaggio tonale – il primo passo decisivo. Per quanto si possa mostrare la continuità di un processo in cui questo superamento può apparire come il suo esito coerente, è più interessante per noi portare ora l’attenzione piuttosto sul momento della rottura, e quindi, se mai, su un processo di erosione progressiva che produce alla fine un varco dal quale si può uscire all’’aperto. Ciò che la pratica musicale ha sempre mostrato di sapere – che nessun privilegio intrinseco spetta al linguaggio della tonalit à dal punto di vista espressivo – arriva infine alla più chiara consapevolezza teorica, e con ciò viene a cadere l’’idea di un sistema fondamentale prossimo più di ogni altro all’’essenza stessa della musica, come anche l’’idea di un finalismo interno capace di operare la subordinazione di ogni forma di espressione musicale entro una prospettiva unitaria.
L’’apertura al nuovo si rivela così fin dall’inizio essere un’’apertura al molteplice. Non solo vi sono molti modi di intervenire nella crisi del tonalismo e di operarne un superamento – una circostanza che ancora oggi si tende a trascurare immiserendo con falsi schematismi la ricchezza di dimensioni della musicalità novecentesca – ma questo superamento va compreso e integrato in un più ampio processo di acquisizione delle esperienze musicali extraeuropee, dall’’altra musica, che può perciò essere considerata anch’essa musica nuova. Come abbiamo osservato poco fa, l’idea della superiorità della musica europea, laddove non ha come conseguenza il puro e semplice disinteresse, comporta una sorta di distorsione finalistica, come se il linguaggio musicale europeo fosse anche situato al livello finale di uno sviluppo a cui non potevano che tendere anche le altre culture con maggiore o minore successo. Solo l’effettivo venir meno di una simile idea può consentire un approccio che preservi l’’autonomia dell’’altra musica da quelle pratiche assimilatrici che ne annientano l’’alterità e che, all’’interno di un simile finalismo, potevano essere ritenute plausibili e senza problemi.
Lo stesso si può dire per il modo in cui riemerge nella musica novecentesca ai suoi inizi il problema della musica popolare e della sua relazione con la musica colta. Questo problema fa parte della musica di sempre: ma solo nel nostro secolo  la musica popolare viene assunta come un altro linguaggio da scatenare contro o da innestare come elemento esplosivo all’’interno della musica colta. Il cerchio che chiude è qui rappresentato proprio dall’’idea che il nuovo sia acquisito semplicemente esplicitando e dispiegando tensioni appartenenti al passato, in una sorta di logico sviluppo di una tradizione che pretende di bastare a se stessa e di attingere da se stessa l’’energia per andare più avanti. Rompere il cerchio potrebbe allora significare acquisire di salto forme di espressione musicale nuove, che sono tali non già perché superano il passato prossimo, promuovendo un passo dopo l’’altro il futuro, ma perché appartengono a un’’altra dimensione storica, nella quale esse sono del resto ricche di passato. Diventa così sempre più chiaro in che modo sia possibile fare riferimento al nuovo in un senso più ampio, più ricco e profondo di quanto lo sia quello che vincola la parola alla pura dimensione temporale.
Si consideri da questo punto di vista il problema delle nuove sonorità. In realtà, ogni epoca, ogni cultura musicale ha operato le proprie scelte anche sul terreno della materia sonora, manifestando preferenze verso certi tipi di sonorità piuttosto che verso altri. Eppure è certamente una caratteristica esclusiva della nostra epoca l’’entusiasmo – così spesso manifestato per la pura e semplice idea della possibilità di scoprire una suono nuovo, un suono mai prima udito. Ciò sembra riportare l’’accento sull’’aspetto temporale, prospettando un’’esperienza di ascolto che dovrebbe essere considerata in via di principio eccezionale proprio per questa assoluta novità. Ma a uno sguardo appena un poco più penetrante appare invece che anche questo tema merita piuttosto di essere considerato alla luce delle nostre osservazioni precedenti. Veramente importante è infatti, anche in questo caso, la percezione di una limitazione che deve essere trascesa. Nuovi non sono solo i suoni inauditi, ma anche quelli che non appartengono alla chiusa cerchia di quelli che la nostra tradizione musicale ci ha reso familiari, dunque anche quei suoni che si odono ogni giorno, facendoci più o meno caso, integrati come sono nelle immediate circostanze della nostra vita quotidiana.
La ricerca di nuove sonorità tende così a fare tutt’uno con l’’idea di un ampliamento del campo dei suoni utilizzabili all’’interno della composizione. La concezione secondo la quale vi sarebbero suoni predestinati ad un impiego musicale deve essere giudicata come priva di fondamento. Questa idea si ripresenta in numerose varianti che del resto esplicitano la ricchezza del suo contenuto. Intanto si tende a ribaltare o comunque a modificare le «gerarchie» tradizionali degli strumenti, si promuove e si degrada; si propongono modifiche e alterazioni delle pratiche strumentali tali da produrre effetti rari e inusitati. E anche in questi casi non dobbiamo dimenticare l’’area dei sensi entro cui si agita questa tensione alla novità: ciò che ora si esalta o che si pone al centro dell’’interesse musicale sono sonorità reiette, lontane, marginali.
Che importanza hanno avuto, ad esempio, le percussioni nella tradizione musicale europea? Solo una nuova consapevolezza di altre civiltà musicali e quindi della necessità di operare un superamento dei limiti imposti al materiale sonoro della nostra tradizione può portare ad una valorizzazione degli strumenti percussivi. Di contro si sa come il pianoforte, punto culminante ed emblema di una civiltà musicale, venga spesso «degradato» a ciò che di fatto esso è innanzitutto, e cioè uno strumento percussivo. Si assiste così a operazioni di particolare complessità, nelle quali spesso le dimensioni temporali e le dimensioni culturali tendono a intrecciarsi. È il caso qui di rammentate in un lampo come in Ionisation di Varèse all’’arcaismo dei suoni percussivi, appartenenti a civiltà lontane ed a paesaggi desertici, si contrapponga il suono perforante di una sirena che ci riporta di colpo al centro della città operaia, al presente della fabbrica metropolitana.
All’’ambito della problematica delle nuove sonorità appartiene naturalmente la riflessione musicale sulla produzione elettronica del suono – benché naturalmente il suo raggio di azione sia molto più ampio. In realtà questa riflessione è stata guidata per un buon tratto dall’’idea di poterci liberare una volta per tutte dagli strumenti non solo della tradizione europea, ma dagli strumenti, come dire? – umani in genere: dalle pesantezze, rigidità, incapacità, dai limiti derivanti non solo dalla costituzione meccanica e materiale dello strumento, ma soprattutto dal fatto che esso può produrre suoni solo attraverso l’’azione dello strumentista educato in un lungo esercizio. E per quanto quell’’esercizio sia stato perseguito ostinatamente, per quante abilità siano state in esso acquisite, il flautista dovrà pure, almeno una volta, tirare il fiato, e il violinista non potrà arrampicarsi sulla tastiera più velocemente di quanto lo consenta l’’osso delle sue dita. Per non dire poi della rozzezza, approssimazione, grossolanità delle capacità psicologiche, dei limiti invalicabili che rendono impossibile, ad esempio, una suddivisione temporale realmente fine, il mantenimento esatto delle durate e la differenziazione dei piccoli
intervalli. All’’improvviso tutti gli strumenti in genere ci appaiono invecchiati, anzi ci appaiono vecchi cadenti. Rammentando ancora Varèse. Contro il violino: «gracile, misero, penoso». «Il violino non esprime la nostra epoca». «Con le attuali possibilità di amplificazione del suono è stupido mettere venti primi violini in un’orchestra». Contro gli strumenti a fiato: «E nonostante che nella vita quotidiana abbiamo scoperto qualcosa di più efficace e di più conveniente della pompa a mano, siamo ancora lì a soffiare come matti negli strumenti a fiato».
Qualunque cosa oggi si possa pensare di affermazioni come queste, esse fanno certamente parte della storia del problema. Ed è sempre all’’interno di questa storia che si va affermando la convinzione non solo di possedere un mezzo per produrre suoni mai prima uditi, e nemmeno soltanto di realizzare un ampliamento dei materiali della musica, ma soprattutto di poter dominare l’’intero campo dei fenomeni uditivi in generale possibili. Un atteggiamento verso il nuovo che è essenzialmente caratterizzato dall’’esperienza di un limite contiene indubbiamente nelle sue pieghe il pensiero di un dominio e di un controllo che ha di mira la totalità stessa. Ed è il caso forse di attirare l’attenzione sul fatto che si tratta di un pensiero che in passato non è mai stato formulato, nemmeno in una prospettiva utopica.

Giovanni Piana, Filosofia della musica, Introduzione, Editore Angelo Guerini e Associati, Milano 1991; versione digitale del 2005 in Archivio di Giovanni Piana, pp. 7-13.


Libri

  • Esistenza e storia negli inediti di Husserl, Lampugnani Nigri, Milano, 1965. English translation by A. Roda, History and Existence in Husserl’s Manuscripts, in “Telos”, n. 13, 1972.
  • I problemi della fenomenologia, Mondadori, Milano, 1966.
  • Interpretazione del “Tractatus” di Wittgenstein, Il Saggiatore, 1973. Ora disponibile in PDF.
  • Elementi di una dottrina dell’esperienza, Il Saggiatore, Milano, 1979.
  • La notte dei lampi. Quattro saggi sulla filosofia dell’immaginazione, Guerini e Associati, Milano, 1988.
  • Filosofia della musica, Guerini e Associati, Milano, 1991.
  • Mondrian e la musica, Milano, Guerini e Associati, 1995.
  • Teoria del sogno e dramma musicale. La metafisica della musica di Schopenhauer, Guerini e Associati, Milano, 1997.
  • Numero e figura. Idee per una epistemologia della ripetizione. Cuem, Milano, 1999.
  • Album per la teoria greca della musica, 2010.
  • Frammenti epistemologici, Lulu.com, 2015.
  • Le sue Opere complete, in ventinove volumi, sono racchiuse nei seguenti volumi, disponibili via Amazon: Vol. I – Elementi di una dottrina dell’esperienza Vol. II – Strutturalismo fenomenologico e psicologia della forma. Vol. III – La notte dei lampi. Parte prima Vol. IV – La notte dei lampi. Parte seconda Vol. V – Le regole dell’immaginazione Vol. VI – Filosofia della musica Vol. VII – Intervallo e cromatismo nella teoria della musica Vol. VIII – Alle origini della teoria della tonalità Vol. IX – Teoria del sogno e dramma musicale. La metafisica della musica di Schopenhauer Vol. X – Mondrian e la musica Vol. XI – Saggi di filosofia della musica Vol. XII – Problemi di teoria e di estetica musicale Vol. XIII – Introduzione alla filosofia Vol. XIV – Interpretazione del “Mondo come volontà e rappresentazione” di Schopenhauer Vol. XV – Immagini per Schopenhauer Vol. XVI – Interpretazione del “Tractatus” di Wittgenstein Vol. XVII – Commenti a Wittgenstein Vol. XVIII – Commenti a Hume Vol. XIX – I problemi della fenomenologia Vol. XX – Fenomenologia, esistenzialismo, marxismo Vol. XXI – Saggi su Husserl e sulla fenomenologia Vol. XXII – Stralci di vita Vol. XXIII – Conversazioni sulla “Crisi delle scienze europee” di Husserl Vol. XXIV – Fenomenologia delle sintesi passive Vol. XXV – Numero e figura Vol. XXVI – Frammenti epistemologici Vol. XXVII – Barlumi per una filosofia della musica Vol. XXVIII – Album per la teoria greca della musica. Parte prima Vol. XXIX – Album per la teoria greca della musica. Parte seconda

Archivi Internet

Saggi (selezione)

  • “La fenomenologia come metodo filosofico”, Introduzione al volume P. Spinicci, La visione e il linguaggio, Guerini e Associati, Milano 1992. English version: Phenomenology as philosophical method, PDF disponibile qui.
  • “Immaginazione e poetica dello spazio”, in: Metafora Mimesi Morfogenesi Progetto, a cura di E. D’Alfonso e E. Franzini, Guerin e Associati, Milano 1991, pp. 93–100.
  • “Considerazioni inattuali su T. W. Adorno”, “Musica/Realtà”, XIII, n. 39, (Dicembre 1992), pp. 27–53.
  • “Figurazione e movimento nella problematica musicale del continuo”, in: Autori Vari, La percezione musicale, Guerini e Associati, Milano, 1993, pp. 11–36.
  • “Fenomenologia dei materiali e campo delle decisioni. Riflessioni sull’arte del comporre”, in: Il canto di Seikilos, Scritti per Dino Formaggio nell’ottantesimo compleanno, Guerini e Associati, Milano 1995, pp. 45–55.
  • I compiti di una filosofia della musica brevemente esposti, html, De Musica, 1997.
  • Elogio dell’immaginazione musicale, De Musica, 1997.
  • La serie delle serie dodecafoniche e il triangolo di Sarngadeva, De Musica 2000.
  • Immagini per Schopenhauer (2001)
  • Il canto del merlo (1999) – Versione PDF completa dei suoni.
  • “Occorre riflettervi ancora”. Considerazioni in margine a Fantasia e immagine di Edmund Husserl (2018). PDF
  • Leggere i poeti. Note in margine a Giovanni Pascoli (2018) – articolo per De Musica

Traduzioni

  • G. Lukács, Scritti di sociologia della letteratura (Milano, 1964)
  • H M. Enzensberger, Questioni di dettaglio ( Milano, 1965)
  • G. Lukács, Storia e coscienza di classe (Milano, 1967)
  • E. Husserl, Ricerche logiche (Milano, 1968)
  • E. Husserl, Storia critica delle idee (Milano, 1989)

Arnold Schönberg – Compito della teoria è risvegliare l’amore per il passato e aprire lo sguardo verso il futuro
Arnold Schönberg (1874-1961) – Tendiamo al futuro: ci dev’essere nel nostro futuro una perfezione sovrana. Uno dei compiti più nobili della teoria è di risvegliare l’amore per il passato e di aprire, nello stesso tempo, lo sguardo verso il futuro.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Luca Grecchi – Multifocal approach. Una contestualizzazione storico-sociale. Occorre porsi con critica consapevolezza progettuale all’interno della totalità sociale.

Luca Grecchi Humanitas
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Humanitas
Luca Grecchi
Multifocal approach. Una contestualizzazione storico-sociale. Occorre porsi con critica consapevolezza progettuale all’interno della totalità sociale.

Da alcuni anni, ad opera di quella che è oramai possibile definire come la “Scuola di Macerata”, guidata da Maurizio Migliori e Arianna Fermani, sta prendendo forma un nuovo paradigma interpretativo della realtà, definito Multifocal approach (d’ora in poi MA). In merito ad esso vorrei chiarire innanzitutto la mia posizione, che è quella di una sostanziale vicinanza, soprattutto con il fine di questo approccio, consistente nella composizione teoretica delle varie parti della realtà. Queste parti infatti rischiano oggi -per il crescente specialismo degli studi scientifici volti a descriverle -di rimanere fra loro fortemente isolate, con l’esito della estrema frammentazione del sapere. In un periodo storico in cui le costruzioni teoriche generali costituiscono il grande assente del pensiero filosofico, un progetto così serio e articolato, che riprende le grandi categorie metafisiche della parte e dell’intero, del divenire e dell’essere, della molteplicità e della unità per rielaborarle dialetticamente, merita di sicuro un plauso.
Ho già dedicato al MA un saggio piuttosto articolato, intitolato Multifocal Approach. Una critica costruttiva ad un paradigma in costruzione, attualmente in corso di pubblicazione per il «Giornale di Metafisica», in cui mi sono soffermato su alcuni dei principali snodi teoretici ed ermeneutici di questo paradigma. In questa sede cercherò di svolgere una operazione differente, che di solito non si effettua, in quanto è mal vista in termini accademici: quella di analizzare quegli snodi alla luce del contesto storicosociale in cui viviamo e delle relative idee dominanti. Ogni filosofia, infatti, è inevitabilmente influenzata dal proprio tempo, sicché raggiungere una maggiore consapevolezza circa il medesimo, e su come esso possa determinare strutture e atteggiamenti anche in paradigmi teoretici apparentemente astratti, può essere una operazione piuttosto utile.

Luca Grecchi, Multifocal approach. Una contestualizzazione storico-sociale, in «Humanitas», Rivista bimestrale di cultura, fondata nel 1946, Anno LXXV – N. 1-2 – Gennaio-Aprile 2020, pp. 140-148.


Sommario

Il modo di produzione capitalistico
Alcuni snodi teoretici ed ermeneutici del Multifocal approach
La metafora del prisma
Nell’inconscio del Multifocal approach


 


Maurizio Migliori, Luca Grecchi

Maurizio Migliori – Luca Grecchi

Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli

Introduzione di Carmelo Vigna

ISBN 978-88-7588-262-4, 2020, pp. 144

indicepresentazioneautoresintesi

  • In copertina:
    Paul Klee, Revolution des Viaducts (Rivoluzione del viadotto), 1937. Hamburger Kunsthalle, Amburgo.
  • In uno dei disegni praparatori dell’opera Klee aveva indicato il titolo provvisorio: Le arcate dei ponti rompono le righe. Una rivoluzione dunque, un auspicio di profondo mutamento, alla radice, di sistemi fossilizzati. Gli archi si ribellano all’uniformità del viadotto e avanzano “rompendo le righe”, per superare ogni incatenamento teorico e artistico.

  •  «Migliori e Grecchi sono due metafisici che si ispirano alla tradi­zione greca e la custodiscono con cura, anche se Migliori guarda soprattutto a Platone e Grecchi soprattutto ad Aristotele. Entrambi amano la verità e il bene».
    Carmelo Vigna


Questi i temi del dialogo

La genesi della filosofia / L’amore per Platone / “La filosofia si fa, non si impara” / Il Multifocal Approach / Possibili critiche al Multifocal Approach / Uomo: una natura razionale e morale? / Sul timore della definizione / Su ciò che non è stato ritrovato / Presocratici: una lettura multifocale? / Chi fu il “primo filosofo”? / Sulla definizione della filosofia e la differenza con le scienze / Socrate sofista? / Sulla filosofia ellenistica e post-ellenistica / I Greci cercavano per trovare risposte utili / Sul bene / Sulla verità: questione logico-fenomenologica o (anche) onto-assiologica? / Utopia e progettualità / Sul trascendente / La dolcezza come virtù filosofica / L’anticrematistica: filo conduttore delpensiero antico? / Stato dell’arte della filosofia antica in Italia / Oltre alla filosofia… / Su Platone Primo Ministro… / Sulla educazione dei giovani / Sulla morte


Maurizio Migliori si è laureato in filosofia (1967) presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e poi specializzato presso la stessa università (1969) sotto la guida di Giovanni Reale, con cui ha continuato a collaborare fino alla morte del Maestro (2014). Docente di Scuola se­condaria superiore per oltre 20 anni (1968-1991), poi professore di Storia della filosofia antica presso la Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Macerata per oltre 20 anni, prima come associato (1991-2001), poi come ordinario (2001-2015). In pensione, continua a svolgere attività didattica nella stessa Università. Autore di numerosissimi articoli su riviste italiane e straniere e di numerosi libri, tra cui la nuova edizione di Aristotele, La generazione e la corruzione, Bompiani, Milano 2013; Il disordine ordinato. La filosofia dialettica di Platone, 2 voll., Morcelliana, Brescia 2013. Con Petite Plaisance ha pubblicato La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni (2019, pp. 592).

Per tutti gli scritti di Maurizio Migliori, cliccare qui. (oppure: autore, M. Miglori)

***

Maurizio Migliori – La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni. Platone è l’incontro con la grande bellezza e ci insegna che la filosofia è la scienza degli uomini liberi
Maurizio Migliori: Platone, il disordine ordinato

Luca Grecchi, Luca Grecchi svolge attività di insegnamento e di ricerca presso le Cattedre di Storia della Filosofia e di Filosofia Morale della Università di Milano Bicocca. Ha pubblicato, nella collana Questioni di filosofia antica delle Edizioni Unicopli i libri Natura (2018) e Uomo (2019), e, per l’editore Morcelliana, Leggere i Presocratici (2020). È curatore dei volumi Sistema e sistematicità in Aristotele, Immanenza e trascendenza in Aristotele, Teoria e prassi in Aristotele (Petite Plaisance, rispettivamente 2016, 2017, 2018).

Luca Grecchi – I suoi libri (2002-2019)

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Maurizio Migliori – Opportunità e utilità di un approccio multifocale. Un contributo alla lotta contro il relativismo e contro la semplificazione che caratterizza l’orizzonte dell’attuale “cultura di massa”.

Maurizio Migliori Humanitas
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Maurizio Migliori

Opportunità e utilità di un approccio multifocale. Un contributo alla lotta contro il relativismo e contro la semplificazione che caratterizza l’orizzonte dell’attuale “cultura di massa”.

Questo testo tenta di chiarire e di articolare un quadro teorico che il gruppo di antichisti dell’Università di Macerata sta elaborando da molti anni, a partire da un terreno essenzialmente ermeneutico. Lo studio di Platone, affrontato sulla base della proposta avanzata dalla Scuola di Tubinga-Milano, ci ha portati a un atteggiamento di grande attenzione ai paradigmi e alle metodologie che i vari interpreti utilizzano, a volte del tutto inconsapevolmente; inoltre, la filosofia platonica ci ha permesso di cogliere l’importanza della dialettica, in particolare dei processi di unificazione e separazione, soprattutto in relazione alla coppia intero-parti. Questo studio pluridecennale ci ha portati a completare il percorso della suddetta scuola, evidenziando come le tante “contraddizioni” che le interpretazioni tradizionali trovano nei dialoghi siano solo l’espressione di una filosofia che riconosce la complessità del reale, che accetta i limiti della condizione conoscitiva umana e che, di conseguenza, ritiene che la verità possa essere raggiunta cogliendo 1. per quanto possibile 2. con un atteggiamento multifocale 3. il maggior numero possibile di aspetti diversi dell’oggetto. Abbiamo mostrato che la visione platonica del reale è “coerentemente multifocale”; pertanto, solo un ‘ermeneutica multifocale è in grado di dame una interpretazione corretta e non dipendente da qualche “intelligente” invenzione dell’ interprete.
Questa interpretazione, che ci porta ora a parlare di una proposta di Tubinga-Milano-Macerata, è poi stata integrata da una seconda scoperta del tutto imprevista. Aristotele, accusato a sua volta di aver avuto una evoluzione radicale nel suo pensiero, sottoposto a un esame prolungato e approfondito ha manifestato il medesimo atteggiamento del maestro Platone. A questo punto, individuato un analogo comportamento anche in altri autori dell’antichità, il Multifocal approach ha cominciato ad apparirci come una chiave interpretativa di valore generale, in funzione antidogmatica e antirelativista. In quanto tale, può essere utilizzato anche nella attuale congiuntura storica, che vede il prevalere di atteggiamenti relativisti, spesso basati su una confusione tra la pervasività delle strutture relazionali e il relativismo, concetti che restano indistinti a causa di una scarsa attenzione alla concettualizzazione, rafforzata dai processi di semplificazione diffusi a livello di massa.
[…]
Come ha evidenziato Kuhn nei suoi studi di storia del pensiero scientifico, l’assunzione di un paradigma è, nella sua fase iniziale, un gesto che si colloca a metà strada tra convinzione razionale e atto di fede, una sorta di scommessa sulla validità della scelta operata. Anche il presente tentativo di un approccio multifocale ha tali caratteristiche. Per questo occorre premettere una sorta di quadro d’insieme che, proponendo lo sfondo entro cui si svolge il ragionamento, consenta di articolare successive trattazioni più analitiche. Queste dovranno verificare nei vari ambiti quanto qui proponiamo su un piano “formale/astratto” con poche esemplificazioni di tipo “materiale/concreto” e, nello stesso tempo -primo esempio di “multifocalità” -dovranno modificare lo stesso quadro nella misura in cui forniscono nuovi dati e nuovi elementi che lo arricchiscono, e quindi lo cambiano. Il primo dato che occorre sempre ricordare, infatti, è che l’analisi della realtà modifica la realtà stessa, in quanto aggiunge un dato -l’analisi -che la realtà oggetto dell’analisi prima non possedeva.
Per tentare di svolgere un percorso dobbiamo almeno delineare la nostra meta ideale. Non riteniamo possibile ipotizzare l’elaborazione di metodologie comuni (o addirittura uniche) per delineare una nuova “unità del sapere” o anche solo una più facile comunicazione tra le varie discipline. Fatte salve alcune somiglianze, non si vede come scienze radicalmente diverse (ad esempio sociologia e chimica) possano avere metodologie molto simili. Il nostro tentativo non mira a processi di unificazione, ma al contrario a una più consapevole diversificazione dentro un orizzonte comune. La nostra ambizione non è dunque quella di realizzare una qualche “rottura epocale”, ma quella di inserirci con la massima coerenza possibile in un processo che, pur minoritario, ci sembra già avviato e che è, ai nostri occhi, del tutto necessario. Il che non vuoi dire che si realizzerà. Con il senso del limite che dovrebbe sempre caratterizzarci speriamo solo di contribuire alla lotta contro il relativismo, dando un contributo utile contro la semplificazione che caratterizza l’orizzonte dell’attuale “cultura di massa”.
Il termine che tradizionalmente designa questo orizzonte è Weltanschauung, “visione del mondo”. Questa è oggi segnata da una grave contraddizione. Da una parte abbiamo una realtà sempre più complessa, dall’altra una diffusa preoccupazione per questo dato, affrontato con strumenti inadeguati. Ciò determina effetti culturalmente, socialmente e personalmente ambigui, per non dire pericolosi, all’interno della tradizione culturale occidentale. Si tratta dunque di lavorare per l’affermazione di visioni del mondo che accettino la complessità e che consentano atteggiamenti, strutture educative, paradigmi sufficientemente articolati e capaci di farci comprendere il reale nei suoi molteplici e spesso diversissimi aspetti.
Questo sforzo deve essere accompagnato da una accettazione dei limiti della natura umana, rifiutando la visione apocalittica/escatologica che ha tanto spesso caratterizzato la modernità. Limite vuoi dire ricordare che una visione è sempre parziale, che i risultati raggiunti sono validi “fino a prova contraria”, che siamo spesso di fronte a tante verità, tutte rigorosamente scritte con la “v” minuscola».

Maurizio Migliori, Opportunità e utilità di un approcciomultifocale, in «Humanitas», Rivista bimestrale di cultura, fondata nel 1946, Anno LXXV – N. 1-2 – Gennaio-Aprile 2020, pp. 3-38.

Sommario

Premessa
Introduzione
Alcune precisazioni

Parte prima
L’universalità del divenire

Il reale è uni-molteplice
Il nesso intero-parti
Presenze dell’intero e modo d’essere delle parti
Il gioco delle relazioni
Separazioni e nessi
Identico e diverso
Polemos: la nostra realtà non è mai pacificata
Realtà e determinazioni

Parte seconda
Alcune riflessioni sulle forme della conoscenza

Sulla verità
Su possibili eccessi dell’ermeneutica
La “cosa”, il “dire” e il”detto”
L’onnipresenza delle relazioni non implica l’approdo relativistico
Riaffermare la presenza di molte verità e di approcci differenziati
Sulle varie forme di multifocalità
Multifocalità debole
Multifocalità paradigmatica
Multifocalità ermeneutica
Il pensiero occidentale, “naturalmente” ostile alla visione multifocale



Maurizio Migliori – Non c’è opera e non c’è argomento trattato in cui Aristotele non si misuri con i suoi predecessori.
Maurizio Migliori – La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni. Platone è l’incontro con la grande bellezza e ci insegna che la filosofia è la scienza degli uomini liberi
Maurizio Migliori – Il pensiero classico vuol capire il mondo, la cui complessità non viene messa in dubbio, e che quindi deve essere affrontato con una pluralità molto elastica di strumenti
Maurizio Migliori – La bellezza della complessità. il fatto che la verità si dà sempre con dei limiti e sempre in un gioco di relazioni, non implica la rinuncia alla verità, ma al suo carattere assoluto.
Maurizio Migliori, Luca Grecchi – Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli

Maurizio Migliori, Luca Grecchi

Maurizio Migliori – Luca Grecchi

Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli

Introduzione di Carmelo Vigna

ISBN 978-88-7588-262-4, 2020, pp. 144

indicepresentazioneautoresintesi

  • In copertina:
    Paul Klee, Revolution des Viaducts (Rivoluzione del viadotto), 1937. Hamburger Kunsthalle, Amburgo.
  • In uno dei disegni praparatori dell’opera Klee aveva indicato il titolo provvisorio: Le arcate dei ponti rompono le righe. Una rivoluzione dunque, un auspicio di profondo mutamento, alla radice, di sistemi fossilizzati. Gli archi si ribellano all’uniformità del viadotto e avanzano “rompendo le righe”, per superare ogni incatenamento teorico e artistico.

  •  «Migliori e Grecchi sono due metafisici che si ispirano alla tradi­zione greca e la custodiscono con cura, anche se Migliori guarda soprattutto a Platone e Grecchi soprattutto ad Aristotele. Entrambi amano la verità e il bene».
    Carmelo Vigna


Questi i temi del dialogo

La genesi della filosofia / L’amore per Platone / “La filosofia si fa, non si impara” / Il Multifocal Approach / Possibili critiche al Multifocal Approach / Uomo: una natura razionale e morale? / Sul timore della definizione / Su ciò che non è stato ritrovato / Presocratici: una lettura multifocale? / Chi fu il “primo filosofo”? / Sulla definizione della filosofia e la differenza con le scienze / Socrate sofista? / Sulla filosofia ellenistica e post-ellenistica / I Greci cercavano per trovare risposte utili / Sul bene / Sulla verità: questione logico-fenomenologica o (anche) onto-assiologica? / Utopia e progettualità / Sul trascendente / La dolcezza come virtù filosofica / L’anticrematistica: filo conduttore delpensiero antico? / Stato dell’arte della filosofia antica in Italia / Oltre alla filosofia… / Su Platone Primo Ministro… / Sulla educazione dei giovani / Sulla morte


Maurizio Migliori si è laureato in filosofia (1967) presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e poi specializzato presso la stessa università (1969) sotto la guida di Giovanni Reale, con cui ha continuato a collaborare fino alla morte del Maestro (2014). Docente di Scuola se­condaria superiore per oltre 20 anni (1968-1991), poi professore di Storia della filosofia antica presso la Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Macerata per oltre 20 anni, prima come associato (1991-2001), poi come ordinario (2001-2015). In pensione, continua a svolgere attività didattica nella stessa Università. Autore di numerosissimi articoli su riviste italiane e straniere e di numerosi libri, tra cui la nuova edizione di Aristotele, La generazione e la corruzione, Bompiani, Milano 2013; Il disordine ordinato. La filosofia dialettica di Platone, 2 voll., Morcelliana, Brescia 2013. Con Petite Plaisance ha pubblicato La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni (2019, pp. 592).

Per tutti gli scritti di Maurizio Migliori, cliccare qui. (oppure: autore, M. Miglori)

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Maurizio Migliori – La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni. Platone è l’incontro con la grande bellezza e ci insegna che la filosofia è la scienza degli uomini liberi
Maurizio Migliori: Platone, il disordine ordinato

Luca Grecchi, Luca Grecchi svolge attività di insegnamento e di ricerca presso le Cattedre di Storia della Filosofia e di Filosofia Morale della Università di Milano Bicocca. Ha pubblicato, nella collana Questioni di filosofia antica delle Edizioni Unicopli i libri Natura (2018) e Uomo (2019), e, per l’editore Morcelliana, Leggere i Presocratici (2020). È curatore dei volumi Sistema e sistematicità in Aristotele, Immanenza e trascendenza in Aristotele, Teoria e prassi in Aristotele (Petite Plaisance, rispettivamente 2016, 2017, 2018).

Luca Grecchi – I suoi libri (2002-2019)

Migliori Maurizio - Giovanni Reale

Al centro di questa foto sta H.G. Gadamer; a sinistra H. Kramer e G. Reale; a destra Th. Szlezak e M. Migliori. La foto è stata fatta il 3 settembre 1996 a Tubinga, nell’intervallo di un incontro con Gadamer degli studiosi di Platone della Scuola di Tubinga e di quella di Milano. Immagine tratta dal volume: G. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone, Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle “Dottrine non scitte”, Vita e Pensiero, 1977.

Al centro (fra G. Reale e H. Kramer) sta Th. A. Szlezak (i cui libri su Platone sono, come quelli di Kramer e di Gaiser, in Italia ben noti e molto diffusi). È il successore di K. Gaiser alla direzione del Piaton-Archiv. In piedi, alle spalle di Szlezak, sta M. Migliori (allievo di Reale e professore all’Università di Macerata, autore di alcuni dei più recenti e impegnativi lavori sui dialoghi dialettici di Platone). Questo gruppo rappresenta quella che Kramer chiama Scuola di Tubinga e Scuola di Milano. Questa fotografia è stata scattata a Tubinga, nel Platon-Archiv, il 30 aprile del 1994, a conclusione del convegno platonico in onore di H. Kramer, per festeggiare il suo sessantacinquesimo compleanno. Sul tavolo sta il dattiloscritto della traduzione di V. Cicero del volume di K. Gaiser, La dottrina non scritta di Plalone, con Presentazione di G. Reale e Introduzione di H. Kramer. Immagine tratta dal volume: G. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone, Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle “Dottrine non scitte”, Vita e Pensiero, 1977.

Invito alla lettura

Pubblichiamo qui di seguito come invito alla lettura  l’ultimo capitolo del libro «La bellezza della complessità», dal titolo: “Maurizio Migliori, Un paradigma ermeneutico per la storia della filosofia antica. L’approccio multifocale“. Si tratta di un PDF, e può essere letto a video, e/o scaricato e stampato (pp. 29).
Per l’indice del volume cliccare qui: indice


Dedico questa raccolta alle allieve e agli allievi
che ho incontrato nell’arco di cinquant’anni,
nella scuola e nell’Università,
e a tutti coloro che hanno avuto la pazienza
di leggermi e di ascoltarmi,
dando un ulteriore senso
al mio lavoro di ricerca con l’amato Platone.

M. M.

coperta 315Questa è l’affermazione che considero come la formula sintetica
di quello che Platone pensa
della realtà cosmica e del suo “disordinato ordine”
(Maurizio Migliori, Uni-molteplicità del reale e dottrina dei Principi):

Οὐκοῦν εἰ μὴ τοῦτο, μετ’ ἐκείνου τοῦ λόγου ἂν ἑπόμενοι βέλτιον λέγοιμεν ὡς ἔστιν, ἃ πολλάκις εἰρήκαμεν, ἄπειρόν τε ἐν τῷ παντὶ πολύ, καὶ πέρας ἱκανόν, καί τις ἐπ’ αὐτοῖς αἰτία οὐ φαύλη, κοσμοῦσά τε καὶ συντάττουσα ἐνιαυτούς τε καὶ ὥρας καὶ μῆνας, σοφία καὶ νοῦς λεγομένη δικαιότατ’ ἄν.

«Sarà quindi meglio affermare, come più volte abbiamo detto, che nell’universo c’è molto illimitato (ἄπειρόν) e sufficiente (ἱκανόν) limite, e, al di sopra di essi, una causa non da poco, la quale, ordinando e regolando gli anni, le stagioni e i mesi, può, a buon diritto, essere chiamata sapienza e intelligenza» (Platone, Filebo, 30 C 3-7).

***

Maurizio Migliori

La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni

ISBN 978-88-7588-247-1, 2019, pp. 592, Euro 38

indicepresentazioneautoresintesi

Locandina M. Migliori – La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni

Questo testo mette a disposizione del lettore importanti studi, alcuni proposti qui per la prima volta in italiano, altri ormai quasi introvabili. Migliori, studioso di Platone internazionalmente riconosciuto, svolge una trattazione che parte da Eraclito e, attraverso la sofistica, raggiunge il filosofo ateniese, che è oggetto di una serie di contributi di assoluto interesse. Molti dialoghi risultano scandagliati in modo approfondito, soprattutto il Fedro e tutti i dialoghi dialettici (Parmenide, Sofista, Politico e Filebo). In effetti, Migliori ha un particolare interesse per la dialettica, il che spiega gli studi su Eraclito e Gorgia. La dialettica è alla base della filosofia platonica, qui ricostruita in modo chiaro e profondo. Le tesi proposte, originali, ma mai svolte per il gusto della novità, manifestano una testarda fedeltà al testo. Lo prova la abbondanza di citazioni presenti in questi articoli, che costituiscono una delle ricchezze offerte al lettore interessato. Anche quando affronta un tema particolarmente dibattuto, come la scrittura filosofica di Platone, Migliori non si limita ad evidenziare l’importanza decisiva del “gioco protrettico” proposto nel Fedro, ma offre una serie di esempi testuali che mostrano nel concreto le tecniche utilizzate dal filosofo.
Tra questi saggi non mancano trattazioni etiche e politiche, al cui interno l’Autore affronta anche tematiche rischiose, come l’analisi del libro X della Repubblica. Mentre vari studiosi vorrebbero quasi espungerlo, Migliori si impegna a mostrare le ragioni che lo rendono utile e necessario per completare questo grande dialogo. Ciò gli dà anche la possibilità di demolire una serie di diffusi luoghi comuni, ad esempio sulla condanna dell’arte, sulle Idee e sull’anima. Quest’ultimo tema è poi affrontato in un saggio, che evidenzia la differenza tra la concezione dell’anima, una delle più grandi “invenzioni” greche, e la visione biblica, centrata sulla resurrezione.
Infine, Migliori fa una proposta ermeneutica e filosofica di fondo, che definisce “approccio multifocale”. Questo paradigma consente, da una parte di capire il pensiero classico che pratica normalmente questo tipo di lettura della realtà, dall’altra di avere una visione che rispetta le relazioni e la complessità del nostro mondo, senza cadere nelle trappole logiche e pratiche del relativismo.


Indice

Introduzione di Luca Grecchi

***

Note sulla dialettica in Eraclito
Premessa
La presenza assente del logos
Il contenuto del logos
L’esito finale dell’eraclitismo

***

Gorgia quale sofista di riferimento di Platone
Il problema del rapporto tra Gorgia e Platone
Un primo nesso tra Gorgia e Protagora
Gorgia retore e sofista
Il Gorgia
Il Parmenide
Il Teeteto e il Sofista
Conclusioni

***

La filosofia dei sofisti: un pensiero posteleatico
Diversi possibili itinerari di ricerca
Il quadro descrittivo del Sofista
Il problema del non essere
Il riferimento a Gorgia
Il rapporto filosofico con Protagora
Intreccio e differenze nell’uso dei due sofisti

***

Come scrive Platone.
Esempi di una scrittura a carattere “protrettico”
Alcune premesse di metodo
Un errore volontario
Una maturità precoce?
Il rinvio della trattazione del Bene
Un esercizio infinito
Una necessaria diffidenza
L’architettonica di un dialogo
Allusioni e inserimenti “estemporanei”
Il (cauto) utilizzo di altri dialoghi
L’utilità del metodo proposto

***

La struttura polifonica del Fedro
Una situazione paradossale
Elementi introduttivi alla lettura del dialogo
Un incontro particolare
La struttura del dialogo
Il motivo dominante: la tecnica di comunicazione orale e scritta
e la responsabilità di colui che comunica
Il centro tematico dell’opera: il vero tra filosofia e mania
Il tema più importante: l’anima e il rapporto uomo-Dio
Conclusioni

***

L’unità della Repubblica
come esempio di scrittura platonica: il libro X
Prologo
Alcune riflessioni di valore generale
La fine del libro IX e il collegamento con il libro X
La condanna dell’arte mimetica
Primo punto
Secondo punto
Terzo punto
Il problema delle Idee
Le Idee dei manufatti
Primo problema
Secondo problema
La divinità e la produzione delle Idee
Il problema dell’anima
La partizione dell’anima
Immortalità dell’anima e sopravvivenza
Il mito di Er
Conclusione

***

Dialettica e Teoria dei principi
Nel Parmenide e nel Filebo di Platone
Prologo
Alle fonti della dialettica
Dialettica e filosofia
L’identità unomolti
Un sistema di postulati risolutivi
Originarietà della dialettica
La dialettica come metodo
Natura del metodo dialettico
L’indicazione metodica
I passaggi metodici
Una metodologia complessa
La dialettica come filosofia
Necessità della struttura polare. La negazione dell’UnoUno
Due processi per una sola realtà
La Polarità originaria
Uno e Non Uno
Limite e Illimitato
Polivalenza funzionale dei Principi
Limite, Uno e Bene
La Misura
La visione dialettica del reale
Tutto è Misto
Misto e Idee
Essere e tempo, divenire e atemporalità.
L’inutilità della dialettica dell’Essere senza Uno
Il Divenire e l’Istante
L’articolazione della dialettica platonica: Tutto e parte
Un rapporto dialettico, ma non paritetico
Conseguenze della dialettica interoparte
Dialettica e aporie delle Idee
La dialettica platonica
Una dialettica né binaria né trinaria
Metodo dialettico e Principi primi

 ***

 Alcune riflessioni su misura e metretica
(il Filebo tra Protagora e Leggi, passando per il Politico e il Parmenide)
Prologo
Una premessa di metodo. lo scritto platonico come “gioco”
La trattazione metafisica del Filebo
Prima parte del dialogo: Processo ontogonico e Causa
Premessa: la realtà è uni-molteplice
Le radici metafisiche di questa realtà uni-molteplice
LApeiron
Il Peras
Il misto
La causa
Conseguenze e conferme sul piano cosmo-ontologico
Ordine e disordine del Cosmo alla luce del Politico
La causalità ideale alla luce del Parmenide
Prime conclusioni
Seconda parte del dialogo: il Bene e la Misura
Premessa: la trattazione del Bene è necessaria

  1. Alcune “anticipazioni” sul Bene
  2. Le “allusioni” alla natura del Bene
  3. Il segno del Bene-Misura
  4. Le due trattazioni a confronto
  5. La metretica
  6. La metretica nelle prime opere
  7. Le due metretiche del Politico
  8. L’applicazione della “misura” nell’azione del politico
  9. Un breve riferimento alle Leggi

La vita buona e misurata

Due tipi di uguaglianza
L’importanza del modello trinario

Appendice I
Le Idee sono composte da altre Idee
Appendice II
La trattazione di cause e concause
Fedone
Politico
Timeo

Due brevi osservazioni finali

 ***

 Cura dell’anima.
L’intreccio tra etica e politica in Platone
La natura bivalente della politica
L’intreccio tra etica e politica
Il parallelo tra anima e polis
Potere politico e dominio di sé
Elementi di antropologia platonica
L’anima
Beni e virtù
Due “Idee” di piacere
Il Bene
L’azione del politico
Il ruolo ordinatore delle leggi
Le responsabilità dei soggetti politici
Centralità dell’impianto educativo
Politica e retorica
Il fine della politica: ordine e felicità
Il Bene come fine
Due modelli di vita a confronto
Il piacere e i beni umani
Virtù e felicità
Un necessario approdo escatologico

***

Polivalenza strutturale della filia in Platone
La semanticità di filia nei dialoghi
La funzione sociopolitica dell’amicizia
L’esempio dei conviti
Due specifiche applicazioni
Critone o dell’amicizia
Il rinvio al Primo amico
Una riflessione finale

***

La domanda sull’immortalità e la resurrezione.
Paradigma greco e paradigma biblico
Prologo
L’evoluzione del paradigma greco
La tradizione orfica e il suo sviluppo filosofico
Platone
Una duplice valutazione
Una riflessione razionale sull’anima
Le prove dell’immortalità dell’anima
Tripartizione dell’anima e sua sopravvivenza
Anima e corpo in Aristotele
Immortalità dell’anima ed etica
Immortalità dell’anima ed opere essoteriche
La concezione ebraica
Una visione mitica
Una visione unitaria dell’essere umano
La condizione dopo la morte
Lo stacco tra immortalità dell’anima e resurrezione
Socrate e Cristo
L’incontro nell’ellenismo e nel cristianesimo
Filone di Alessandria
Il primo cristianesimo
Conclusioni

***

Un paradigma ermeneutico
per la storia della filosofia antica: l’approccio multifocale
Una situazione straordinaria
Il senso e le ragioni di una scelta diversa
L’emergere del multifocal approach
Il contributo della sofistica
L’esperienza platonica
L’elaborazione aristotelica
Il valore attuale di questa visione dell’antico


In copertina: Vasilij Kandinskij, Verso l’alto (Empor), 1929, olio su cartone. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. L’energia del pensiero nella ricerca della bellezza si protende verso l’alto (empor). Le forme geometriche astratte disegnano il volto di profilo di una persona: il personaggio è sorretto – in un punto di equilibrio ideale – da un trapezio e da una lettera E (empor). L’occhio, lo sguardo, è rivolto verso un’altra grande E a destra, in alto.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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