Cesare Allara – Torino 2016. L’invincibile armata, gli “utili idioti”, il cretinismo extraparlamentare e la zavorra sindacale.

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«La botta presa dal PD domenica scorsa è di quelle storiche. Il risultato di Roma era abbastanza scontato dopo decine d’anni di amministrazioni corrotte, dopo Mafia Capitale e la defenestrazione voluta da Renzi dello spaesato Marino. Il risultato più sorprendente da analizzare è però quello di Torino. Dove dal 2011, anno dell’esordio in Consiglio Comunale con due consiglieri, il M5S ha costruito meticolosamente giorno dopo giorno la vittoria cercando soprattutto di dividere, erodere quel consolidato blocco sociale che per decenni ha consentito alla “sinistra” torinese e alle sue clientele di dominare la città. Blocco sociale, meglio ricordarlo, che riusciva a tenere assieme gli interessi di FIAT, di Banca San Paolo, del Collegio Costruttori, fino all’operaio iscritto al PCI-PDS-DS-PD, al pensionato inquadrato nelle truppe cammellate di quella vera e propria setta chiamata SPI-CGIL, e agli “utili idioti” che pensano ancora al PD come partito della classe operaia: una invincibile armata, fino a qualche giorno fa [Leggi tutto]».

Cesare Allara

 

 

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Cesare Allara
L’invincibile armata, gli “utili idioti”,
il cretinisco extraparlamentare, la zavorra sindacale

 

Immagine in evidenza:
Totò, in un episodio del film Gli onorevoli, di Sergio Corbucci.

 


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James Mill (1773-1836) – Siamo a tal punto reciprocamente alienati dall’essenza umana, che il linguaggio immediato di questa essenza ci appare come una violazione della dignità umana.

James Mill
Elements of political economy, 1826

Elements of political economy.

«L’unico linguaggio comprensibile che parliamo fra noi è quello dei nostri oggetti in relazione fra loro. Un linguaggio umano non lo comprenderemmo, rimarrebbe senza effetto; da una parte verrebbe inteso e sentito come una preghiera, una supplica e dunque come un’umiliazione, e quindi sarebbe proferito con vegogna, con un senso di degradazione, mentre dall’altra sarebbe interpretato e respinto come un’impudenza o una pazzia. Siamo a tal punto reciprocamente alienati dall’essenza umana, che il linguaggio immediato di questa essenza ci appare come una violazione della dignità umana, mentre il linguaggio alienato dei valori delle cose ci sembra la dignità umana, giustificata, fiduciosa in se stessa, che riconosce se stessa».

 

James MillÉléments d’economie politique, 1826. [James Mill fu discepolo di Bentham, nonché padre di John Stuart Mill. Riformò l’utilitarismo etico di Bentham: là dove Bentham aveva ammesso come unico movente dell’azione la ricerca egoistica dell’utile, Mill sosteneva che a base dell’azione morale vi è anche un movente altruistico che nasce come qualcosa di qualitativamente unico, non riducibile a impulsi egoistici].

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Marwan Barghouti – «L’ultimo giorno dell’occupazione sarà il primo giorno della pace». – Onore, Rispetto e Libertà per Marwan Barghouti, prigioniero da 14 anni di Israele

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Onore, Rispetto

e Libertà

per

Marwan Barghouti

prigioniero da 14 anni di Israele

 

Libertà per i palestinesi prigionieri politici di Israele

Libertà per il popolo palestinese

 



Oggi, 6 giugno 2016, un grande combattente per la causa palestinese, Marwan Barghouti, compie 57 anni. È sequestrato nelle carceri degli occupanti israeliani proprio in quanto dirigente della opposizione alla Conquista della Palestina perpetrata da Israele, e con lui sono prigionieri moltissimi altri militanti palestinesi. Vogliamo ricordarlo, e ricordarli, in questo giorno, rinnovando il nostro impegno con cui da quasi cinquanta anni cerchiamo di essere vicini alla legittima lotta del popolo palestinese.

Giancarlo Paciello e Carmine Fiorillo



«Mi sono unito alla lotta per l’indipendenza palestinese 40 anni fa e sono stato imprigionato per la prima volta a 15 anni. Questo non mi ha impedito di adoperarmi per una pace basata sulla legge internazionale e sulle risoluzioni dell’Onu. Ma ho visto Israele, la potenza occupante, distruggere metodicamente questa prospettiva un anno dopo l’altro. Ho trascorso 20 anni della mia vita, tra cui gli ultimi 13, nelle prigioni di Israele e tutti questi anni mi hanno reso ancora più convinto di questa immutabile verità: l’ultimo giorno dell’occupazione sarà il primo giorno della pace. Coloro che cercano quest’ultima devono agire, e agire subito, perché si realizzi la prima condizione».

Marwan Barghouti, da il manifesto, 12-10-2015: Il «Mandela palestinese» accusa

 


Barghouti

Il testo che segue rappresenta il capitolo “Il giudizio e la condanna” pp. 55-74 del libro Barghouti il Mandela palestinese di Paolo Barbieri e Maurizio Musolino, DATANEWS Editrice, Roma 2005

Risvolto di copertina

l testo parla della figura politica di Maruan Barghouti, membro del Consiglio legislativo palestinese e segretario di Al-Fatah per la Cisgiordania. Imprigionato nel 1978, per sette anni, nelle carceri israeliane, nel 1987 è stato costretto a lasciare la Palestina per la Giordania e vi è tornato solo nel 1994 dopo gli accordi di Oslo. Il 15 aprile 2002 è stato rapito a Ramallah dall’esercito israeliano e sottoposto a processo per terrorismo e altri gravi crimini; nel 2004 è stato condannato all’ergastolo. Dopo la morte di Arafat, Barghouti rappresenta il possibile leader alla guida della Palestina, soprattutto in seguito alla sua inaspettata candidatura alle presidenza dell’Anp in aperta sfida a Abu Mazen.


 

Marwan Hassib Hussein Barghouti nasce il 6 giugno 1959 a Kobar, un villaggio poco a nord di Ramallah, in Cisgiordania. E il terzo di sei fratelli. I primi anni della sua vita Marwan li trascorre in un lembo di terra amministrato dal regno giordano e in questo contesto inizia a frequentare la scuola primaria. La sua è una delle famiglie più influenti e conosciute dell’area (un Barghouti fu tra i fondatori del Partito comunista palestinese, un Barghouti, Mustafa per la precisione, è stato il principale antagonista di Abu Mazen alle elezioni presidenziali del gennaio 2005; Hafez Barghouti è uno dei giornalisti più affermati nel Medio Oriente; Mourid Barghouti è un apprezzato poeta; e sempre una Barghouti, Fathiya, è una delle poche donne elette “sindaco” nelle elezioni amministrative del dicembre 2004 in Palestina: l’elenco potrebbe continuare a lungo, anche se non tutti i Barghouti più noti sono direttamente imparentati con Marwan) e la sua prima infanzia si svolge in modo abbastanza sereno. Ma questa tranquillità non durerà a lungo. Finirà il 6 giugno 1967, proprio il giorno in cui il giovane Marwan festeggia il suo ottavo compleanno. Quel 6 giugno le truppe israeliane lanciano la Guerra dei Sei giorni, occupano quel che resta del territorio della Palestina originariamente affidata al mandato inglese, invadono il Sinai egiziano e il Golan siriano.

 

Il prigioniero politico

Marwan Barghouti é un uomo piccolo, tarchiato, non ha l’aria solenne del leader ma l’aspetto, si direbbe, di un uomo qualunque. A prima vista potrebbe essere un avvocato di provincia, ma le misure di sicurezza e la tensione che si respira nell’aula della Corte distrettuale di Tel Aviv, tradiscono la verità: è un imputato e non un imputato qualunque. Manette ai polsi, le mani alzate simbolo del suo rifiuto di arrendersi, «la pace sarà raggiunta – grida da dietro le sbarre in arabo, inglese ed ebraico – solo con la fine dell’occupazione». È il 14 agosto del 2002, è il giorno della formalizzazione delle accuse nel processo per terrorismo a carico del segretario generale di al Fatah, il movimento nazionalista anima storica della lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese.

Quando è apparso chiaro che l’Intifada non si sarebbe fermata nonostante le rappresaglie indiscriminate, i bombardamenti sui civili, i rastrellamenti, le punizioni collettive, il governo israeliano ha deciso di prenderlo di mira, come massimo responsabile della rivolta. Per ben tre volte le truppe israeliane compiono provocatorie, sprezzanti intimidazioni occupando militarmente la sua casa nel paese natale di Kobar, nei pressi di Ramallah: nel dicembre del 2001, a gennaio e a fine marzo del 2002, l’ultima volta prendendo in ostaggio («arrestando», nel gergo ufficiale) sua moglie e i suoi figli. Il 14 aprile del 2002, finalmente lo trovano in casa di Ziad Abu ‘Eyn, un vecchio compagno di lotta, accusato di un attentato vent’anni prima e quindi schedato dagli israeliani come «terrorista». Accade ancora una volta a Ramallah.

Sono passati quattro mesi dal suo arresto, quando il procuratore dello Stato Devorah Chen legge i capi d’imputazione a suo carico. Quattro mesi in cui ha avuto pochissimi contatti con l’esterno, e, secondo una prassi purtroppo consolidata, è stato praticamente sempre a disposizione degli agenti dei servizi segreti di Tel Aviv. «Marwan – racconta Fadwa, la moglie – ha sofferto 100 giorni successivi di interrogatori intensi e di torture impietose da parte dei suoi carcerieri israeliani. Durante gli interrogatori, hanno usato vari mezzi di crudeltà fisici e psicologici. Lo hanno privato del sonno e gli hanno inflitto un tipo di tortura chiamato shabeh. Ciò vuol dire che è stato costretto a sedere su una sedia bassa con le mani dietro la schiena per lunghe ore». Ma quando prende la parola durante le udienze del procedimento voluto fortemente dal governo Sharon, con la sua requisitoria contro la politica israeliana Barghouti ribalta la scena, rimette al centro del processo la storia, la politica, la rivolta palestinese e le sue ragioni ormai antiche. [Leggi tutto nelle dieci pagine in formato PDF]

Onore, Rispetto e Libertà per Marwan Barghouti,
prigioniero da 14 anni di Israele

 

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Domenico Gallo – Le ragioni del no all’arretramento costituzionale.

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Dittatura della maggioranza

Dittatura della maggioranza

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Salviamo la Costituzione

Salviamo la Costituzione

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Da sudditi a cittadini

Da sudditi a cittadini

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Quali sono le ragioni della nostra critica alla Costituzione quale è stata riscritta dal governo, voluta da Renzi e propagandata dalla Boschi?

Innanzi tutto il metodo. La Costituzione non e’ un regolamento di condominio, non è una legge ordinaria, è qualcosa che si pone al confine tra la storia e il diritto; nella Costituzione entra il senso delle vicende storiche del Paese. La Costituzione del ’48 è l’espressione di una vicenda storica particolarmente dura per il nostro Paese. La Costituzione rappresenta cio’ che unisce gli italiani e li trasforma in una comunita’ in cui tutti si possano riconoscere e in cui tutti possano riconoscere di avere un destino comune. Quindi la Costituzione non è frutto di un indirizzo politico di maggioranza, non puo’ essere scritta da una fazione. In effetti la Costituzione fu approvata da un’Assemblea costituente eletta col metodo proporzionale, che rappresentava tutte le opzioni politico-culturali presenti nella societa’ italiana; il lavoro di questo corpo costituzionale fu portato a termine con un’approvazione quasi all’unanimita’; ci furono 453 voti su 515, quindi la stragrande maggioranza del popolo italiano approvo’ la Costituzione che adesso viene messa in questione.

L’attuale riforma è la piu’ vasta, la piu’ organica che sia stata mai proposta dal ’48 ad oggi, se si fa eccezione della riforma di Berlusconi che non è mai diventata legge perche’ fu bocciata nel referendum del 2006; quindi giustamente il nostro documento dice che questo disegno di legge sostituisce la Costituzione italiana con un’altra. Essa interviene su oltre 40 articoli e modifica la forma di governo, la forma di Stato e il sistema delle autonomie; essendo una sostituzione è un lavoro quasi da assemblea costituente; invece questo lavoro è stato fatto da una minoranza rissosa che l’ha imposto, che non esprime la maggioranza del popolo italiano. Quindi la novità è che ci troviamo di fronte ad una Costituzione di minoranza che per giunta è stata fatta approvare con una serie di forzature da parte del governo sulla liberta’ dei parlamentari, forzature che si sono verificate in tanti modi per esempio con la sostituzione d’autorita’ di alcuni membri della commissione Affari costituzionali del Senato che avevano rivendicato la liberta’ di coscienza dei parlamentari di fronte al tema delle riforme costituzionali. Infatti si tratta di un tema che non puo’ entrare nell’indirizzo politico di maggioranza e sul quale non si puo’ porre la fiducia. In effetti il percorso di questo disegno di legge è stato un percorso simile a quello delle leggi sulle quali si pone la fiducia. Il governo ha esercitato una pressione fortissima sui parlamentari per “portare a casa” il risultato e questo si pone in aperta contraddizione con il metodo seguito dall’assemblea costituente. Ricordo che nel ’47 Piero Calamandrei scriveva: «quando l’assemblea discutera’ pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti; estraneo del pari dovra’ rimanere il governo nella formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’Assemblea sovrana». Qui ci troviamo di fronte ad un percorso completamente opposto, a un caso di faziosita’ della maggioranza che pero’ non è maggioranza; essa è una minoranza perche’ sono state le leggi elettorali che con un trucco hanno trasformato una minoranza di voti espressa dal 25% circa del corpo elettorale in una maggioranza di seggi; la legge cosiddetta “Porcellum” e’ stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale proprio per questo motivo, perche’ essa comportava una torsione inaccettabile della volonta’ espressa dal popolo sovrano al momento della trasformazione di questa volonta’ in seggi; percio’ la Corte ha dichiarato incostituzionale la legge con la quale sono state elette queste Camere, proprio per il fatto che non rappresentano la volonta’ del popolo italiano. Ora questa minoranza che non rappresenta la volonta’ del popolo impone la sua Costituzione a tutti gli altri, con un atto di faziosita’ politica estremo che mette in crisi il concetto di Costituzione. Infatti la Costituzione dovrebbe unire mentre questa è una procedura che divide. Essa esprime la forza di una minoranza prepotente.

Ora andiamo al merito. La legge è intitolata cosi’: «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione» – In pratica e’ quasi tutta la seconda parte che viene sostituita: solo non viene toccato il titolo IV sulla magistratura. Qual è il senso di questa riforma? Superare il bicameralismo?

Ma la riforma non elimina il Senato, lo tiene in vita e lo trasforma relegandolo a funzioni secondarie; nello stesso tempo gli dà una natura ambigua perche’ si dice che il Senato rappresenta le istituzioni territoriali, e gli si dà, entro certi limiti, la competenza legislativa e anche una competenza di revisione costituzionale. Ora noi non siamo una repubblica federale quindi un organo che rappresenta le istituzioni territoriali con potere di revisione costituzionale è un’assurdita’; ma è ancora piu’ assurdo il metodo con cui quest’organo viene composto, perche’ si tratta di 74 consiglieri regionali e 21 sindaci che non sono eletti direttamente dal popolo ma vengono eletti dai consigli regionali. E qui il metodo di elezione è un rebus, perche’ l’articolo 57 al secondo comma dice che i senatori sono eletti dai consigli regionali mentre l’ultimo comma dice che «i seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio». Quindi non si capisce bene come verrebbero eletti.

Si e’ detto che bisogna superare il bicameralismo paritario perche’ comporterebbe un’incapacita’ delle istituzioni, una loro inefficienza, dal momento che tutte le leggi devono essere votate due volte. C’è uno studio del Senato che dice che i tempi medi di approvazione delle leggi di iniziativa governativa, che sono poi il 90 % delle leggi approvate dal Parlamento, è di 116 giorni, ossia poco piu’ di tre mesi; non è un tempo lunghissimo ma di certo non c’è nessuna maggiore efficienza nel sistema che è stato ora inventato per la formazione delle leggi, anzi il sistema introdotto da questa riforma rende assolutamente confuse le fonti del diritto.

Ho letto qualche giorno fa che il sindaco di Pistoia, che è presidente nazionale della Lega delle autonomie, esalta la riforma dicendo tra l’altro che il vantaggio maggiore che ne deriva sarebbe la sicurezza del procedimento legislativo. Evidentemente la riforma Boschi-Renzi rende ciechi perche’ questo sindaco, evidentemente, non è riuscito a leggere la norma sulla formazione delle leggi che ha cambiato l’articolo 70 della Costituzione. L’articolo 70 delle Costituzione vigente dice: «la funzione legislativa e’ esercitata collettivamente dalle due Camere». Il nuovo articolo 70 e’ un libro di diverse pagine nel quale vengono indicati addirittura 10 procedimenti diversi per la formazione delle leggi (i costituzionalisti stanno discutendo su quanti siano esattamente). Non solo, ma si prevede anche che per risolvere le eventuali questioni di competenza, per capire se una legge è bicamerale o meno o con quale procedura monocamerale deve essere approvata, se con la procedura monocamerale 2, 3, 4, dovranno mettersi d’accordo i presidenti delle due Camere. Ma quando i presidenti non sono d’accordo, come si risolve questo problema? Se il governo fa un decreto “sblocca Italia” o una proposta di legge su una molteplicita’ di materie, quale procedura legislativa dovra’ essere adottata, se per le diverse norme sono previste 4 o 5 procedure diverse?

Basta questo per sfatare il mito della semplificazione del procedimento legislativo.

Un altro mito da sfatare è quello della valorizzazione delle autonomie territoriali. Ci sono diverse Regioni e presidenti di Regione che sostengono che la riforma valorizza le autonomie locali, tanto e’ vero che sarebbe stato fatto il Senato delle autonomie (che pero’ continuera’ a chiamarsi Senato della Repubblica). Ma non si capisce come siano valorizzate le autonomie locali, quando viene revisionato il titolo V della Costituzione, cioe’ la parte che riguarda i poteri delle Regioni.

Esso viene revisionato nel senso di un forte accentramento dello Stato centrale; la riforma accentra fortemente i poteri dello Stato, modificando la Costituzione vigente e sottraendo alle Regioni poteri importanti e soprattutto il controllo del territorio. Il governo del territorio viene sottratto alle Regioni e passa allo Stato; questo significa lo “sblocca Italia”, le norme sulle trivelle, il ponte sullo Stretto: sulle grandi opere e sulle grandi cose di questo tipo le Regioni non potranno dire assolutamente alcunche’.

Per di piu’ viene introdotta una clausola di supremazia dello Stato che è stata definita da alcuni giuristi “clausola vampiro” perche’ praticamente prevede che la legge dello Stato su proposta del governo debba intervenire su materie riservate alle Regioni «quando lo richieda la tutela dell’unita’ giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale». Cos’e’ l’interesse nazionale? Si tratta di un concetto talmente astratto per cui qualunque governo può intervenire in qualunque materia che questa riforma pur riserverebbe alle Regioni. Quindi le autonomie regionali escono fortemente ridimensionate e non c’è nessuna esaltazione delle autonomie regionali, anzi c’è un processo di centralizzazione.

La fiducia poi viene conferita dalla Camera dei deputati. Il Senato perde il rapporto di fiducia. Ho visto in tv uno sketch in cui si dice: «siamo diventati un Paese moderno perche’ con la riforma solo la Camera dei deputati dara’ la fiducia al Governo». E’ una bella modernita’ che gia’ avevamo, dato che sotto lo Statuto albertino solo la Camera dei deputati dava la fiducia al governo.

Un’altra cosa magnificata dai riformatori è il cosiddetto risparmio dei costi della politica. Non si capisce bene in che cosa consista, se la novita’ sta nel fatto che i senatori non prenderanno l’indennita’ come senatori, ma la prenderanno dalle istituzioni da cui sono espressi. Anche questa non è una novita’ perche’ l’articolo 50 dello Statuto albertino stabiliva che nessuna indennita’ poteva essere corrisposta ai deputati e ai senatori.

Dicono poi che la riforma aumenta i poteri dei cittadini; ma in realta’ e’ stato aumentato da 50.000 a 150.000 il numero di firme necessario per la presentazione di una legge di iniziativa popolare. Non credo che questo stimoli la partecipazione. Inoltre per il referendum è previsto che il quorum per la sua validita’ si possa abbassare perche’ non sarebbe calcolato sugli aventi diritto ma sul numero dei votanti, a patto pero’ che le firme dei proponenti arrivino non piu’ a 500.000 ma fino a 800.000. Poi si dice che ci sara’ uno statuto dei diritti dell’opposizione. Ma chi lo fa questo statuto, quando abbiamo una legge elettorale che dà la maggioranza ad un solo partito? In realta’ queste garanzie dipendono dal governante di turno che le puo’ dare o togliere alla minoranza a suo piacimento. Inoltre se si concentrano i poteri nella Camera dei deputati ci sono decisioni importanti come la dichiarazione dello stato di guerra che non saranno piu’ bicamerali. Si pensi alle leggi che prevedono le missioni all’estero e che possono comportare il coinvolgimento dell’Italia in operazioni belliche; esse non saranno piu’ bicamerali, ma sara’ solo la Camera dei deputati a decidere. Ma nella Camera dei deputati la maggioranza sara’ una minoranza in base alla legge Italicum, una minoranza basata su un solo partito; quindi la decisione suprema sulla pace e sulla guerra sara’ un problema interno di partito, non sara’ piu’ un problema del Parlamento, sara’ una fazione che prendera’ queste decisioni cosi’ gravi.

L’influenza sugli organi di garanzia: eliminando completamente un ramo del Parlamento sarebbe stato necessario in qualche modo prevedere che l’altro ramo del Parlamento fosse piu’ rappresentativo, perche’ non si puo’ pretendere di concentrare i poteri in una Camera se non e’ rappresentativa. Forse per questo è stato lasciato in piedi un po’ di Senato. Intanto pero’ la riforma accresce il potere del governo sulla Camera dei deputati e prevede addirittura che il governo si impadronisca dell’agenda dei lavori parlamentari attraverso il meccanismo delle leggi dichiarate di urgenza: si stabilisce che esse debbano essere approvate entro 70 giorni. Il governo quindi controllera’ direttamente l’agenda, impadronendosene. Si eliminano i contropoteri previsti dall’ordinamento della Costituzione del ’48, si eliminano i contropoteri del Senato, ma non si rafforzano i contropoteri interni alla Camera dei deputati anzi decrescono; quindi in effetti la riforma segna un accentramento dei poteri nel governo, e quindi dei poteri dello Stato centrale nei confronti dei poteri territoriali. Essa segna un accentramento e un accrescimento del potere esecutivo nei confronti del Parlamento, rompe l’equilibrio dei poteri e questo inevitabilmente incide sugli organi di garanzia. In particolare la riforma incide sull’elezione del Presidente della Repubblica; è vero che è stato posto il limite minimo dei 3/5 per l’elezione, ma si tratta dei 3/5 dei presenti. E’ chiaro che nessun Presidente della Repubblica potra’ essere eletto se non sara’ di gradimento della minoranza che per legge e’ divenuta maggioranza alla Camera. La riforma incide anche sulla composizione della Corte Costituzionale che ne esce indebolita. Ma ne esce indebolita la Costituzione nel suo complesso, perche’ sara’ nelle mani di un Parlamento fortemente controllato dal governo che non avra’ bisogno dell’appoggio della maggioranza degli elettori per governare ed imporre le sue scelte. Quindi ci troviamo di fronte ad una situazione di grave arretramento della qualita’ della democrazia cio’ che puo’ essere qualificato come un cambiamento, una demolizione dei valori della Repubblica e, come scrivono alcuni, come una sorta di trasformazione della Repubblica in un principato civile.

Domenico Gallo

***

(*) Si tratta del testo dell’intervento di Domenico Gallo alla recente conferenza stampa dei «Cattolici del no», già pubblicato da Sinistrainrete e da La Bottega del Barbieri, che a sua volta lo riprendeva dai «Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino» proposti dal “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo”, animato da Peppe Sini.


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Sensibili alle foglie / Spin Time Labs – Il dono delle lingue. Domenica 29 Maggio 2016

il dono delle lingue

sensibili_alle_foglie X

logoScrittaSENSIBILI ALLE FOGLIE e SPIN TIME LABS


Propongono

 Domenica 29 Maggio – dalle ore 10 alle ore 20

presso

SPIN TIME LABS

Via Santa Croce in Gerusalemme, 59  – Roma

 

Il dono delle lingue

lingue u.v.xxx

Poesie, canzoni e messaggi in

amarico
amazigh
arabo classico
farsi
giapponese
hassaniya
igbo
lingala
mandinga
pashto
peul
portoghese
romanes
rumeno
russo
soninke
tigre
urdu
wolof

 

 

momenti di riflessione sulle migrazioni con

Marcella Guidoni, Fiabe del Marocco.
Andrea Pizzorno, Clandestino italiano,
Giusi Sammartino, L’interpretazione del dolore

Monologo sulla colonizzazione tratto da Clandestino italiano,
recitato da Caterina Venturini

***

Nella pausa pranzo sarà aperta l’osteria di Spin Time Labs, per momenti conviviali


Una giornata in cui tutti possono parlare la loro lingua, per aiutarci a sentire e riconoscere le diverse sonorità delle lingue del pianeta, perché la lingua è cultura, è ricchezza. Un incontro contro il razzismo, per l’accoglienza delle culture che giungono con i migranti. L’organizzazione dell’incontro è in progressione, saranno presenti anche altre lingue

SCALETTA PROVVISORIA (ELASTICA)

DOMENICA 29 MAGGIO – DALLE ORE 10:00 ALLE 20:00 –
AUDITORIUM DI SPIN TIME LABS.
VIA SANTA CROCE IN GERUSALEMME 59. ROMA

 

h. 10 Presentazione dell’incontro a cura di Spin Time Labs e Sensibili alle foglie

Introduzione ai gruppi linguistici del Nordafrica e dell’Asia
Said, Bashir e altri (poesie e messaggi in arabo classico)
Omran Algallal e altri (messaggio sulla fratellanza universale e messaggi in amazigh)
Marcella Guidoni, Fiabe del Marocco
Jamil Awan Ahamede, (poesia del poeta Iqbal in urdu, poesia di Faiz in farsi)
Shah Hussain (messaggio in pashto)
Giusi Sammartino, L’interpretazione del dolore
Miki Hirashima (intervento pacifista – art. 9 Costituzione del Giappone – in giapponese)
Edilson Araujo dos Santos (recita il testo di una canzone di Renato Manfredini – Renato
Russo, cantautore brasiliano – in portoghese)
***
Pausa durante la quale nell’Osteria di Spin Time si potrà mangiare qualcosa a prezzi modici
***
h. 15 Introduzione ai gruppi linguistici centroafricani

Yacoub Diarra (messaggio sulla schiavitù in Mauritania in hassaniya e soninke)
Leone (messaggio in amarico – si potrà ammirare l’alfabeto amarico esposto nell’atrio)
Bah Fallo (canzone in mandinga)
Hope (messaggio poetico in igbo)
Diop (la favola di Esopo La volpe e l’uva in wolof)
Omar Diamanka (messaggio contro il razzismo in peul)
Djby Ka (favola senegalese in wolof)
Alain Alphonse (canzone d’amore in lingala)
Hummed Mohammednur (messaggio in tigre)

Andrea Pizzorno Clandestino italiano
(connessione con la colonizzazione italiana in Africa)

Caterina Venturini recita monologhi tratti da Clandestino italiano
Intervento in romanes di una donna rom di origine rumena

Introduzione alle lingue slave
Valentina (messaggio in ucraino o russo)
Anna (poesia di Octavian Goga in rumeno)
Altre persone porteranno messaggi in lingua (russo, urobo e altre)
non ancora in scaletta.


Logo-Adobe-Acrobat-300x293Locandina Il dono delle lingue

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Edoarda Masi (1927-2011) – Una «rivoluzione culturale»: utopia necessaria nella società di oggi, che assume il profitto a valore dominante e universale, così come predicano gli apologeti del presente, i cinici ideologi del «mercato».

Masi Edoarda

masi+contestazione+cinese

Sono passati [cinquanta; ndr] anni dall’inizio della rivoluzione culturale in Cina, o meglio, da quando il movimento sfuggì dalle mani della burocrazia, dopo il dazebao della giovane Nie Yuanzi il 25 maggio 1966: per breve tempo, giacché nel corso del 1968 (febbraio o dicembre, secondo le varie interpretazioni) era virtualmente conclusa.
Esporre nelle linee essenziali le vicende di quel movimento, i suoi contenuti, i motivi della sua eccezionale importanza nella storia mondiale, le ragioni della sua sconfitta e, ad un tempo, della sua attualità, risulta impossibile.
Infatti il pubblico al quale ci si rivolge ha subìto anni di lavaggio del cervello, più che mai intenso e distruttore nell’ultimo decennio, a proposito non tanto o non solo delle questioni cinesi, quanto della conoscenza e dell’interpretazione della storia degli ultimi due secoli, delle origini e dello sviluppo del movimento operaio internazionale, degli attacchi violenti e ininterrotti ai paesi socialisti (che hanno contribuito a deformarne irrimeeliabilmente il carattere); per non parlare dei contenuti del pensiero socialista nelle sue diverse correnti. […]
Sbaglia chi lamenta l’assenza di valori nella società di oggi, che in realtà assume il profitto a valore dominante e universale – come Dio indiscutibile e onnipotente. Non solo la conoscenza del pensiero socialista è stata interdetta, ma si è disgregato lo stesso contesto dei valori borghesi, di cui tutti si riempiono la bocca: democrazia, tolleranza, libertà … come le «menzogne viventi» di cui scriveva Sartre nel ‘62, lanciate dalle città d’Europa in Africa, in Asia: «Partenone! Fraternità!», risuonano vuote oggi fino nel centro delle metropoli. Hanno la stessa funzione dei «variopinti legami» della società feudale di cui dice il Manifesto del partito comunista.
Li ha spazzati via, divorando la stessa borghesia, un padrone anonimo come Dio indiscutibile e onnipotente, che chiamano «mercato» per non usare il termine «capitale», che sarebbe più corretto.
Il padrone anonimo domina oggi nel mondo, semina degrado dolore e distruzione anche nei paesi che avevano cercato la via socialista; anche in Cina, dopo che, con la morte di Zhou Enlai e di Mao Zedong, ebbero fine le lunghe lotte con cui prima, durante e dopo la rivoluzione culturale, si era tentato disperatamente di bloccarne l’ingresso. Si era arrivati, da parte dei rivoluzionari cinesi, a riconoscere il dominio effettivo del capitale anche nell’Unione sovietica staliniana e brezneviana (le stesse conciusioni alle quali, per altra via, è giunto lstvàn Mészàros); e ad attaccare quanti, nel Pcc, intendevano seguime la strada: quelli che oggi sono al potere.
Come già da un pezzo e ripetutamente è stato dimostrato, il degrado e la distruzione, l’allargamento oltrermisura della forbice che divide i ricchi dai poveri, la stratificazione sociale sempre più rigida, la perdita di ogni reale cittadinanza da parte dei poveri – la stragrande maggioranza – non sono fenomeni marginali, difetti ai quali porre un rimedio, né residui di un passato di «arretratezza» da superare, ma il risultato del meccanismo universale in atto e la condizione stessa della sua esistenza.
Rapidamente avanzano dalla periferia verso il cuore delle metropoli: chiunque non sia del tutto cieco ne fa esperienza quotidiana.
Più si aggrava l’infelicità della vita senza scopo, del lavoro idiota, del lavoro con pericolo di morte e del non lavoro, dell’assenza di umanità, della solidarietà ridotta a beneficenza, anche nelle felici metropoli, dove il nemico da combattere ha perduto anche i connotati culturali positivi della borghesia, più diventa indispensabile per quest’ultimo che la massa degli infelici sia accecata: che sia cancellata la nozione stessa di un’alternativa possibile, e la storia di quelli che per essa sono morti, a milioni nel corso di due secoli. […]
Come raccontare allora che i giovani cinesi in rivolta già in quegli anni lontani avevano sollevato questi problemi, tentato di fare un passo oltre, verso una dimensione comunista dei rapporti umani (economici e sociali); che avevano posto con grande libertà le questioni del rapporto fra dirigenti e diretti, fra partito e popolo, fra stato e indiividuo; fra colti e incolti; fra le esigenze della produzione e quelle del benessere immediato di chi lavora.
Nelle grandi città industriali e nei loro hinterland sperimentando forme audaci di organizzazione «orizzontale», di gestione decentrata del territorio, di imprese miste agricolo- industriali; in alcune comuni, realizzando forme inedite di gestione «dal basso». […]
Tutta ideologia, ti diranno gli apologeti del presente, i cinici ideologi del «mercato». La sola cosa possibile, allora, è di consigliare a qualche volenteroso di ricercare i vecchi documenti, ricominciare a studiarli: anche per vedere se alla fine non possano essere di qualche utilità qui e ora.

Edoarda Masi, Articolo pubblicato su il manifesto del 25 maggio 2005.

 

Cento capolavori della letteratura cinese

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Il libro da nascondere

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Costanzo Preve (1943 – 2013) – «Il ritorno del clero. La questione degli intellettuali oggi». La ricerca della visibilità a tutti i costi è illusoria. L’impegno intellettuale e morale, conoscitivo e pratico, deve essere esercitato direttamente. Saremo giudicati solo dalle nostre opere.

Preve_ritorno del clero

«La ricerca della visibilità a tutti i costi, che molti sinceramente ritengono essere la precondizione per una vera esistenza, è fortemente illusoria. […] La sola via realistica è quella che nel Seicento seguì il filosofo olandese Spinoza: testimonianza di assoluta libertà di spirito e resistenza ad ogni forma di coinvolgimento esterno manipolato. […] Viviamo in un momento storico in cui l’impegno intellettuale e morale, conoscitivo e pratico, deve essere esercitato direttamente, senza passare per la mediazione di gruppi intellettuali organizzati e riconosciuti. Si tratta di intellettualizzare direttamente la propria prassi culturale e sociale, non si tratta più di essere riconosciuti da una casta degli illuminati o da una corporazione dei colti.
Saremo giudicati dai presenti e dai posteri solo per le nostre opere, non per le chiacchiere di identità e di appartenenza che avremo prodotto, conformisticamente, in coro.

C. Preve

 

 

Il ritorno del clero

Costanzo Preve

Il ritorno del clero. La questione degli intellettuali oggi

indicepresentazioneautoresintesi

 

1. L’immaginazione sociologica.
 La nuova Nobiltà, il nuovo Clero ed il nuovo Terzo Stato
 dell’attuale globalizzazione ipercapitalistica

2. Dalla Cultura Mc World alla Iperborghesia.
 Sui lentissimi movimenti della immaginazione sociologica

3. I preti non sono più il clero della globalizzazione.
 Una proposta terminologica esplicita

4. Il clero giornalistico secolare, settore primario
 della nuova mediazione simbolica

5. Il clero universitario regolare, settore secondario
 della nuova mediazione simbolica

6. Nascita, sviluppo e declino dell’intellettuale 
 “impegnato” dal caso Dreyfus ad oggi

7. Il modello di Antonio Gramsci
 ed il ruolo sciagurato del blocco identitario

8. Dall’ideologia proletaria ai diritti umani.
 L’interventismo democratico nell’epoca della globalizzazione

9. Testimonianza e resistenza.
 Una strategia intellettuale sensata
 per l’individuo contemporaneo

10. Pensare e agire senza gruppi intellettuali.
 Sull’identità collettiva
 della comprensione del mondo oggi

Nota critica e bibliografica

In questo passaggio d’epoca la vecchia questione degli intellettuali ha bisogno di essere ridiscussa e ridefinita. Nato a fine Ottocento con il caso Dreyfus, l’impegno collettivo degli intellettuali sembra ora esaurirsi nelle insistite richieste di interventismo militare americano per tutelare “diritti umani” a corrente alternata ed a geometria variabile. Nello stesso tempo, la proposta di Antonio Gramsci di scegliere la via della “organicità” ad una classe o ad un partito ha dato luogo ad un ormai evidente blocco identitario che in nome di una cultura di appartenenza ha reso impossibile ogni indispensabile innovazione teorica adatta a comprendere le nuove caratteristiche del moderno capitalismo finanziario transnazionale. Questo nuovo capitalismo presenta caratteri neofeudali evidenti. Questa sua natura neofeudale si sta dotando di un nuovo Clero, prevalentemente giornalistico e mediatico, che organizza lo spettacolo della sua infinita potenza militare, tecnologica e culturale. Al vecchio clero religioso vengono riservate mansioni secondarie di carattere assistenziale. Questa cultura di tipo postborghese (da alcuni definita iperborghese) è stata connotata argutamente come Cultura Mc World, un nuovo tipo di totalitarismo flessibile che non si limita più a manipolare la vecchia opinione pubblica, ma tende a costruirla artificialmente fin dall’inizio. In queste condizioni storiche inedite, la vecchia questione degli intellettuali assume dimensioni nuove ed impensate. Il moderno Terzo Stato globalizzato che si sta costituendo non è ancora in grado di esprimere un’opposizione minimamente coerente alla Nuova Nobiltà finanziaria, ultracapitalistica e postborghese. Siamo dunque in una fase di passaggio nella storia dei gruppi intellettuali di opposizione, che deve essere compresa nei suoi termini esatti.

 

 


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William Morris (1834 – 1896) – I partiti ‘fingevano’ soltanto di avere serie divergenze di opinione, e il ‘fingere’, smentito da ogni loro azione, era sufficiente allo scopo ….

Morris William
Notizie da nessun luogo

Notizie da nessun luogo

 

«[…] i partiti ‘fingevano’ soltanto di avere serie divergenze di opinione, perché se tali divergenze fossero esistite davvero, come avrebbero potuto i loro rappresentanti andare d’accordo nelle normali occupazioni della vita: come avrebbero potuto mangiare insieme … far traffici insieme, truffare la gente insieme; si sarebbero scontrati ad ogni occasione […] Il gioco dei padroni della politica consisteva nell’indurre con l’inganno, o nel costringere, la gente comune a sostenere le spese della vita lussuosa e degli svaghi eccitanti di poche cricche di ambiziosi; e il ‘fingere’ serie divergenze di opinioni, smentito da ogni loro azione, era sufficiente allo scopo ….

William Morris, News from Nowhere (1891), Notizie da nessun luogo, Garzanti, 1984

William Morris, Ophelia

William Morris, Ophelia.

 


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Andrea Bulgarelli – «Costanzo Preve marxiano», intervista a cura di Luigi Tedeschi sul libro “Invito allo Straniamento” II.

Intervista ad Andrea Bulgarelli sul libro a cura di Alessandro Monchietto:

Costanzo Preve marxiano

“Invito allo Straniamento” II, Editrice Petite Plaisance, 2016

 

254 ISBN

indicepresentazioneautoresintesi

Il concetto marxiano secondo cui “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”, viene ad essere reintepretato da Preve alla luce della dialettica della filosofia idealista. L’interpretazione di Preve contraddice il determinismo ideologico marxista, in quanto contesta l’interpretazione economicista del rapporto tra socialità ed individualità umana. La coscienza è un prodotto sociale, ma si determina attraverso un processo dialettico che si istituisce tra individuo e la comunità in cui vive. Qualora la coscienza individuale fosse unicamente determinata dall’essere sociale inteso come rispecchiamento della propria condizione di appartenenza ad una classe sociale, la libera individualità verrebbe annullata. L’uomo è un ente naturale generico e la comunità in cui vive, è il prodotto della interazione solidale tra libere individualità. Quindi le finalità dell’uomo e della comunità non sono né determinabili né prevedibili a priori: l’uomo è “potenzialità immanente”. Tuttavia, vorrei osservare che nella società capitalista contemporanea, sembra invece inverarsi proprio quel principio determinista criticato da Preve. Si è infatti determinata una stratificazione sociale che ha creato una divaricazione sempre più accentuata tra le classi sociali, in termini di redditi, consumi, diritti. Sono quindi i differenziali di produzione e consumo e la cultura mediatica di massa a creare diversi bisogni, desideri indotti inappagati diversificati a creare una differente coscienza negli individui, in coerenza con la condizione sociale dell’individuo nell’ambito della società capitalista.

La tua domanda è molto impegnativa, in quanto chiama in causa non solo il dibattito (ormai consegnato ai libri di storia della filosofia, ma in passato estremamente acceso) interno al marxismo tra determinismo meccanicistico e autonomia della prassi umana, ma anche quello assai più antico sul libero arbitrio. Preve ha tentato una sintesi originale che la coniuga deduzione sociale della produzione intellettuale di stampo marxista con la libera individualità, che di per sé non è “deducibile” in maniera lineare dal contesto sociale. Questa sintesi è esposta in maniera articolata nella sua Una nuova storia alternativa della filosofia, senza però essere sistematizzata fino in fondo. Le ragioni di questa mancata sistematizzazione possono avere a che fare con il percorso filosofico di Preve, ma a mio avviso dipendono anche dalla materia stessa, che non si presta a schematizzazioni: la tensione tra determinazione sociale e libera individualità non può essere risolta da formule astratte. Tuttavia Preve ci ha indicato due concetti che possono fungere da bussola: quello di “ente naturale generico” ripreso da Marx e quello di “potenzialità immanente” ripreso da Aristotele. Sostenere che l’uomo sia un ente generico significa rifiutare il determinismo, ma anche riconoscere che le potenzialità di cui l’umanità è portatrice si coniugano in maniera differente a seconda del quadro storico e sociale. Proprio perché è potenziale, la libertà non è mai indeterminata. E questo ci porta alla seconda parte della tua domanda, in cui ti chiedi se la società capitalistica contemporanea non sia in realtà il trionfo del principio deterministico su quello della libertà. La logica mercantile ha ormai colonizzato tutto lo spazio dell’esistenza quotidiana, compresa la dimensione dei desideri e dell’immaginario. Nel XIX e XX secolo sopravvivevano residui pre-capitalistici o comunque non capitalistici, sia tra la borghesia (cultura aristocratica) che tra le classi popolari (cultura solidale contadina e artigianale). La società attuale appare molto più coerente e meno contraddittoria, il che lascia meno spazi a disposizione del libero sviluppo individuale e comunitario. Ciò non vuol dire però che tali spazi siano scomparsi. [Leggi tutto]

 

 

 

Costanzo Preve marxiano
Intervista ad Andrea Bulgarelli sul libro a cura di Alessandro Monchietto
“Invito allo Straniamento” II

Intervista a cura di Luigi Tedeschi già pubblicata su:

Italicum_2015_0910 1Periodico di cultura, attualità e informazione del Centro Culturale ITALICUM


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Ulrich Duchrow – Il mercato globale rende assoluto il meccanismo dell’accumulazione del capitale basato sulla proprietà privata

Ulrich Duchrow

Property

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«Il mercato globale rende assoluto il meccanismo dell’accumulazione del capitale basato sulla proprietà privata, idolatra se stesso ed esclude tutti coloro che sono senza proprietà. E sempre più distrugge la vita di tante persone e la Terra stessa».

Ulrich Duchrow, Property, for People, Not for Profit, Zed Books, 2004.

 

 


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