Politeia – Abbiamo difeso la Costituzione da chi l’ha asservita al proprio interesse facendola divenire motivo di divisione invece che di unità.

Politeia02

«Chi vuol fare una ricerca conveniente sulla Costituzione migliore,
deve precisare dapprima quale è il modo di vita più desiderabile.
Se questo rimane sconosciuto,
di necessità rimane sconosciuta anche la Costituzione migliore».

Aristotele, Politica, VII, 1,1323 a, 1-4

 

******

«Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!
Dietro a ogni articolo di questa Costituzione, o giovani,
voi dovete vedere giovani come voi,
caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati,
morti di fame nei campi di concentramento,
morti in Russia, morti in Africa,
morti per le strade di Milano,
per le strade di Firenze,
che hanno dato la vita
perché la libertà e la giustizia
potessero essere scritte su questa carta.

[...] La Costituzione non è una carta morta,
questo è un testamento».

Piero Calamandrei, 26 gennaio 1955

 

***

La Politeia, è una scuola politico-culturale, ed è impegnata nello studio e nella trasmissione della memoria del passato, intesa, storicamente, come strumento di analisi del presente e riflessione e progettazione di un mondo futuro libero e giusto: essa si è schierata sin dal’inizio della campagna referendaria a tutela della Costituzione, non contro o a favore di un determinato partito politico, non per spirito di mera conservazione nostalgica, ma perché ritenevamo che i “valori” e i “diritti” protetti dalla Costituzione fossero posti sotto attacco.
Alla luce dei risultati referendari e dei dati concernenti l’affluenza e necessario considerare i due lati della medaglia: da un lato i cittadini, per diverse ragioni, sono tornati in massa a popolare le urne, con un desiderio rinnovato e contagioso di esprimere la loro volontà; dall’altro si apre uno scenario più simile ad un campo di battaglia, ormai abbandonato a guerra terminata, con una divisione dilagante e dilaniante di ciascun corpo sociale, e ciò che stupisce di più è che non si tratta più soltanto della rappresentazione dei tradizionali contrasti tra i corpi intermedi e di classe contrapposti (Confindustria e sindacati dei lavoratori), ma la divisione invade gli stessi gruppi sociali : l’esempio lampante è dato dagli imprenditori che si sono schierati per il 52% verso il SI e per il 48% per il NO, e gli operai che hanno votato per il 36% SI e per il 64% NO.
Lo spettro che ha lasciato dietro di sé il periodo referendario è destinato a non dissolversi con il termine dello stesso, lasciando i corpi sociali di certo non incolumi e inalterati, ma continuerà a persistere dimostrandosi negli scontri quotidiani tra amici, conoscenti, nei bar, nei luoghi di lavoro.
La causa di tale fenomeno è dovuta allo snaturamento compiuto da parte della forza politica maggioritaria del significato e della funzione della Costituzione: l’appellativo che dimostra ciò, abusato da Renzi per definire la compagine del comitato del NO, è riassumibile nella definizione in termini di ‘’accozzaglia’’ rivolto a comuni cittadini, professori, politici, lavoratori e lavoratrici che, con idee e convinzioni anche nettamente opposte hanno difeso insieme la costituzione repubblicana e respinto la sua contro riforma.
La storia dimostra invece che la diversità dei punti di vista non è un elemento estraneo e negativo nella discussione sulla Costituzione anzi, la sua stessa origine è dovuta a un compromesso culturalmente alto, politicamente onesto e rispettoso dei diversi partiti, interessi e visioni del mondo e per questo arricchenti e rappresentative del pluralismo politico, sociale e culturale.
Il messaggio importante che dobbiamo trarre da tale Referendum è che le modifiche della Costituzione che possiamo accettare sono solo quelle migliorative e cioè quelle che preservano e garantiscono i “diritti” e le “libertà” già conquistate, permettendo solo un loro ampliamento, in virtù però di un vero, onesto e rispettoso confronto tra le forze politiche rappresentative e i corpi intermedi della società civile.

La Costituzione è di tutti e per tutti
e quindi non può rispondere ad interessi particolari.

L’idea che le persone hanno della politica non è più intesa come quell’attività volta per prendersi cura della cosa comune, per il bene della collettività ma, come quell’attività, indirizzata solo al perseguimento di interessi specifici e per questo lontani dal loro sentire.
Ci chiediamo allora: è possibile oggi essere realmente “politici”, ossia avere reale cura della Polis (Città), dell’Italia, degli uomini che la abitano? Noi pensiamo che questo sia possibile, perché solo in questo modo l’economia, la politica, la società, la cultura, la vita, potranno tornare ad essere comprese, e abitate nella loro giusta dimensione. In testa a noi giovani dunque, pende una responsabilità composita, quella di istruirci perché il mondo ha bisogno della nostra educazione, della nostra coscienza critica oggi per scelte che riguarderanno il domani, delle nostre capacità e del nostro entusiasmo che convogliate perpetrino con forza e dirompenza giuste cause, o oppongano resistenza a chi vuole rompere gli argini delle nostre garanzie. Ecco perche i giovani hanno votato in massa NO a questa riforma, arrivando addirittura al 61% di voti, a dispetto di quanto Renzi e chi per lui all’inizio affermasse che il comitato del NO era composto e sorretto solo da anziani, anacronistici e ormai “vecchi”. Per questo abbiamo difeso la Costituzione da chi l’ha asservita al proprio interesse facendola divenire motivo di divisione invece che di unità.

Politeia

Arezzo, dicembre 2016

 

Nell’immagine in evidenza: Frammento papiraceo de La Repubblica di Platone.


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Sherry Turkle – “La conversazione necessaria. La forza del dialogo nell’era digitale”. La sola cura per le connessioni fallimentari del nostro mondo digitale è parlare.

Sherry Turkle

 

«La sola cura
per le connessioni fallimentari del nostro mondo digitale
è parlare».

S. Turkle

meno conversazione = meno empatia = meno introspezione = meno conoscenza

La conversazione necessaria

Sherry Turkle

La conversazione necessaria

La forza del dialogo nell’era digitale

 

«Il fascino di questo libro sta nell’evocazione di un’epoca,
non molto lontana, in cui la conversazione, la privacy,
la complessità delle discussioni non erano beni di lusso».
Jonathan Franzen

 

Viviamo in un mondo che sempre piú sacrifica i piaceri e i benefici della conversazione sull’altare delle tecnologie digitali. Parliamo con un amico, ma nel frattempo diamo piú di un’occhiata allo smartphone, e spesso i nostri figli si lagnano se non hanno tra le mani un dispositivo elettronico. Viviamo costantemente in un altrove digitale. Ma per capire chi siamo, per comprendere appieno il mondo che ci circonda, per crescere, per amare ed essere amati, dobbiamo saper conversare. La perdita della capacità di parlare «faccia a faccia» con gli altri – con empatia, imparando nel contempo a sopportare solitudine e inquietudini – rischia di ridurre le nostre capacità di riflessione e concentrazione, portandoci, nei casi estremi, a stati di dissociazione psichica e cognitiva. In questo libro, frutto di anni di interviste e di indagini sul campo, Sherry Turkle, «l’antropologa del cyber-spazio», sottolinea le insidie e gli effetti delle appendici tecnologiche che ci circondano nella società e nella nostra vita quotidiana, per far sí che ognuno ridiventi padrone di se stesso, senza farsene acriticamente dominare.


Leggi un estratto (pdf)

I diari dell’empatia

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André Ughetto – Les vies qui brûlent en silence montent sans le savoir l’échelle de l’esprit. Fedele alla sua vocazione di traduttore dall’invisibile Le POESIE di Ughetto sono pegno ed offerta non effimera al lettore consapevole che la natura dell’arte è quella di diventare opera di vita

Ughetto André

 

Mémoire, tu ne sers de canon qu’au futur.

Les vies qui brûlent en silence
montent sans le savoir l’échelle de l’esprit

Le ciel n’est lumineux
qu’à l’intérieur de soi.

A. Ughetto

 

 

André Ughetto, Poesie

André Ughetto, Poesie

indicepresentazioneautoresintesi

 

 

La poesia di André Ughetto unisce un’inventiva acutezza drammatica e un’umorosa souplesse fisico-metafisica, che alternativamente scava e scolpisce i paesaggi, i luoghi, le occasioni materiali e quelle dell’anima umana nella sua tormentata – raramente pacificata – quête dell’Assoluto, sostenuta dalla sapienza alchemica degli archetipi e delle metamorfosi, profondamente radicata nei miti e nelle figure di una humanitas classica, rivissuta con un pathos elettivo che permette a Ughetto di toccare con mano ferma ed elegante le passioni e i veleni sontuosi della modernità poetica ed artistica europea, senza mai cedere a vezzi moralistici o a idolatrie demiurgiche e narcisistiche di eredità decadente, tuttora attive dietro il minimalismo dimissionario di tanta poesia contemporanea.
Fedele alla sua vocazione di traduttore dall’invisibile, Ughetto esplora ed abita il ponte oscillante e spinoso della nostra condizione con intensa originalità, di cui questa scelta antologica è pegno ed offerta non effimera al lettore consapevole che la natura dell’arte è quella di diventare opera di vita.

Maura Del Serra

 

 

André Ughetto

(Isle-sur-la-Sorgue, 1942) poeta, drammaturgo, critico letterario, saggista e traduttore dall’italiano e dall’inglese, è redattore capo della rivista Phoenix. Cahiers Litéraires Internationaux (Marseille). Fra le sue raccolte poetiche più recenti si ricordano: Rues de la forêt belle, (ed. Le Taillis Pré, Châtelineau Belgique, 2004); Edifices des nuages (ed. Ubik, Marseille, 2015) e il libretto La monnaie des dieux, ed. La Porte, Laon, 2016. Dall’italiano ha tradotto l’antologia del Canzoniere di Petrarca, Cé désir obstiné je le dois aux étoiles, ed. Le Bois d’Orion, L’Isle-sur-la-Sorgue, 2002, ed alcuni dei più significativi poeti italiani del Novecento, fra cui Maura Del Serra, della quale è in via di pubblicazione la versione francese del  dramma in versi La fonte ardente, dedicato a Simone Weil.

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Cinq entretiens avec Pétrarque

Cinq entretiens avec Pétrarque

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Edifices des nuages

Edifices des nuages

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Le sonnet. Une forme européenne de poésie

Le sonnet. Une forme européenne de poésie

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Marc Alyn

Marc Alyn

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Rues de la forêt belle

Rues de la forét belle

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Fernandel. Le rire aux larmes

Fernandel. Le rire aux larmes

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phoenix10

phoenix


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Cloe Curcio – La cosa straordinaria dei personaggi è la loro capacità di vivere indipendentemente dal loro autore, intessendo legami con centinaia di altre persone, i lettori, e riuscendo così talvolta a lasciare un segno nelle sabbie del tempo.

Curcio Cloe 02

 

 

Siamo tutti storie

Logo-Adobe-Acrobat-300x293Siamo tutti storie.

Presentazione del libro
Di carta e inchiostro

 

Apri la locandina in PDF


Di carta e inchiostro

Cloe Curcio, Di carta e inchiostro


Personaggi dell’immaginario e società

L’immaginario collettivo ospita personaggi letterari, sia mitologici, leggendari, sia realmente esistiti. Essi ci offrono suggestioni, riflessioni, ci aiutano a crescere e costruire le nostre identità, influenzando la nostra vita. Mentre guardiamo un film, leggiamo un libro o un fumetto, incontriamo dei personaggi che stimolano le nostre riflessioni. Quando ci immergiamo totalmente in una storia di carta e inchiostro, e ne “facciamo esperienza”, ci confrontiamo con parti di noi stessi che nella vita reale non riconosciamo. I personaggi, questi grandi mediatori tra autori e lettori, autrici e lettrici, ci mettono in relazione con culture di Paesi diversi e lontani, con le vicende di altre epoche storiche, formandoci e talvolta anche spiegandoci complessi sistemi filosofici. Questo libro, presentando la vita dei personaggi a partire dal rapporto con i loro autori fino a quello vivificante con i lettori, è un divertito omaggio alle Letterature e alla fantasia. Attraverso citazioni appartenenti tanto al panorama classico quanto a quello contemporaneo, mira a suscitare una riflessione su un tema che, in un modo o nell’altro, tocca tutti.

La storia di Personaggio 1 e Personaggio 2, scritta come testo teatrale e ambientata nella sala d’attesa delle Lande dell’immaginario, introduce i capitoli.

“Della sostanza dei sogni”
I personaggi sono figure particolari, a volte esuberanti e comunicative. Rappresentano un “ponte” tra autore e lettore, necessitano di entrambi per poter vivere.
La loro nascita è un mistero, compaiono dal nulla, emergendo dall’Oceano delle Letterature, plasmandosi nell’Immaginario e conquistandosi un posto nel cuore del loro scrittore. Chiedono di essere ascoltati, raccontati, vivificati. Ci offrono mille prospettive diverse, si propongono come risorse nella nostra quotidianità, aiutandoci ad affrontare momenti difficili, diventando dei “modelli” comportamentali.
La cosa straordinaria dei personaggi è la loro capacità di vivere indipendentemente dal loro autore, intessendo legami con centinaia di altre persone, i lettori, e riuscendo così talvolta a lasciare un segno nelle sabbie del tempo.
«Chi nasce personaggio, chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può infischiarsi anche della morte. Non muore più! Morrà l’uomo, lo scrittore, strumento naturale della creazione; la creatura non muore più! E per vivere eterna, non ha mica bisogno di straordinarie doti o di compiere prodigi. Mi dica lei chi era Sancho Panza! Mi dica lei chi era don Abbondio! Eppure vivono eterni perché – vivi germi – ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire per l’eternità» – Luigi Pirandello, La tragedia di un personaggio.
Dedico questa riflessione a tutti i miei amati protagonisti, in particolare a Senna (“L’ambasciatrice dei draghi”), Queith (“La domatrice del fuoco”) e Jean (“La sacerdotessa del tempo”) e a tutti i personaggi presenti, passati e futuri.

 

L’autrice
Mi chiamo Cloe Curcio, sono nata nel settembre 1996 nei pressi di Roma e sono cresciuta tra i libri. Ho sempre amato scrivere e ho pubblicato il mio primo libro durante la Terza Media. Ho frequentato il liceo linguistico, fedelmente accompagnata dai miei amati personaggi che mi hanno sussurrato storie e avventure da narrrare durante questi cinque anni di studio intenso. Adoro i gatti e sono una lettrice incallita di tutti i generi, anche se prediligo i Fantasy e gli Storici. Tra i miei autori preferiti ci sono Terry Brooks, J.K.Rowling, Cassandra Clare, Veronica Roth, Suzanne Collins ma anche Rosemary Sutcliff, Victor Hugo e, di tutt'altro genere, Shakespeare, Blake e Heine. Mi fermo qui, perché elencarli tutti richiederebbe troppo spazio e tempo. I miei libri sono tutti ambientati in universi fantastici, a carattere un po' medievale, e hanno prevalentemente delle ragazze come protagoniste. Ho avuto la fortuna di conoscere già ben tre mondi, il primo dei quali ispirato alla serie animata di "La leggenda di Aang" e al relativo film. Spero di tornare presto sulla Mezzaluna e di poter conoscere più a fondo le misteriose Terre Libere, in cui sono correntemente immersa. Fino ad ora ho pubblicato sotto pseudonimo, per evitare che l'aver scritto queste storie diventasse un elemento di attrito in classe o compromettesse in qualche modo la mia esperienza scolastica, magari determinando preferenze o ostilità. La scelta di "Jessie James" risulta da una ballata cantata da Bruce Springsteen, dedicata a un bandito americano, Jesse James appunto, la cui storia mi ha colpita molto. Era considerato il "Robin Hood americano" e nessuno riusciva a catturarlo. Un giorno, però, un suo compagno, il vigliacco Robert Ford, decise di farla finita: gli sparò alla schiena mentre Jesse, disarmato, appendeva un quadro alla parete di casa sua. Mi è sembrato bello volgere il suo nome al femminile e fargli così un omaggio.

***

Il Sito Cloe Curcio

Il Sito Cloe Curcio, L’oceano delle letterature

***

Altri suoi libri



Il mondo della mezzaluna

Il mondo della Mezzaluna

La Mezzaluna è una grande Isola dalla spiccata forma astrale, divisa in quattro regni. Ci sono le Lande Ghiacciate a nord, luoghi impervi e freddi, tra i cui alti e silenti pini si aggirano gli Spettri e i loro "animaletti da compagnia"; c'è il Vergant a ovest, un deserto in cui nessuno osa avventurarsi, le cui popolazioni sono pressoché sconosciute; c'è l'Impero, una delle principali potenze in gioco, con la sua bianca capitale Achernar; c'è la Punta Meridionale, prospera e bizzarra, nella cui Cintura Verde si nascondono creature incantate e figure fuori dal comune. Accanto alla Mezzaluna, ad est, si estende un arcipelago immenso, costituito da miriadi di Isole, una più pericolosa e infida dell'altra. Un tempo casa degli incantatori, vennero devastate dalle Guerre Magiche e portano tuttora il segno della magia. Vi abitano creature come i Row, immensi gabbiani che vengono cavalcati dagli esseri umani, ci sono luoghi oscuri come l'ormai abbandonata città di Draken Dur, ma anche santuari dedicati alle stelle e Fonti baciate dagli spiriti elementali. Ho scoperto questo complicato universo insieme ai miei protagonisti, esplorandone anfratti e regioni lontane, ma anche immergendomi nella vita di mondo ad Achernar e aggirandomi per il palazzo di Castel Primavera. Ho navigato con una canoa tra le Isole, mi sono affacciata agli stessi luoghi con occhi diversi, al fianco di svariati eroi ed eroine.


 

L'ambasciatrice dei draghi

L’ambasciatrice dei draghi

Nella Mezzaluna, una terra in cui regna l’equilibrio tra natura e magia, gli anni si susseguono in un tempo di pace e serenità. L’Impero prospera sotto la guida di un saggio re, Valence il Grande. I maghi, chiusi nella loro Fortezza, ordiscono trame e complotti, in un gioco di ombre impossibile da arrestare. Quando il Libro viene rubato e una Creatura evocata, l’apparente armonia si spezza, sprofondando l’Impero nel terrore. Stretto tra la minaccia dei draghi da Est e di una misteriosa forza militare da Nord, il regno lancia una disperata richiesta d’aiuto. Cora, giovane contadina coinvolta nel cataclisma che scuote l’Impero, si trova a dover compiere difficili scelte. Senna, maga della Fortezza, dovrà misurarsi con il proprio lato oscuro e con la storia, colma di ombra e dolore, dei suoi simili. Nuvole di guerra si addensano, mentre tra scontri e incontri le due donne percorrono le loro vie, muovendo incerte verso il loro destino. Irrisolti e fantasmi del passato le inseguono, costringendole a confrontarsi con loro stesse.


La domatrice del fuoco

La domatrice del fuoco

Le Isole sono luoghi misteriosi che conservano la memoria degli antichi scontri magici. Quando Merissa risveglia una Creatura sopita da millenni, la sua vecchia vita va in pezzi. Costretta a fuggire e a cercare aiuto presso gli incantatori, si trova catapultata in un viaggio sulla distante e leggendaria Mezzaluna, alla disperata ricerca di un talismano che possa fermare l’avanzata del Fiore della Notte. Al suo fianco si schiereranno amici improbabili, ognuno con un passato pronto a schiacciarlo, con un futuro incerto all’orizzonte. Samidra invece è una domatrice dell’Acqua costretta a fuggire dai maghi e dai poteri della Mezzaluna a causa del suo dono. Quando fallisce nel compito affidatole dalla sua migliore amica, un’incantatrice indipendente e scostante, si trova proiettata in un’avventura per salvare l’universo che conosce dai perfidi Argentei. Si confronterà con le diverse sfaccettature dell’amicizia, che non sempre è facile come si vorrebbe.


 

 

 



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César Vallejo (1892-1938) – Me moriré en París con aguacero, un día del cual tengo ya el recuerdo. Hay golpes en la vida, tan fuertes… ¡Yo no sé!

César Vallejo

Vallejo

Piedra negra sobre una piedra bianca

Me moriré en París con aguacero,
un día del cual tengo ya el recuerdo.
Me moriré en París – y no me corro –
tal vez un jueves, como es hoy de otoño.

Jueves será, porque hoy, jueves, que proso
estos versos, los húmeros me he puesto
a la mala y,
jamás como hoy, me he vuelto,
con todo mi camino, a verme solo.

César Vallejo ha muerto, le pegaban
todos sin que él les haga nada;
le daban duro con un palo y duro

también con una soga; son testigos
los días jueves y los huesos húmeros,
la soledad, la lluvia, los caminos…

***

Pietra nera su una pietra bianca

Morirò a Parigi nello scroscio
di un giorno che ho già vivo nel ricordo.
Morirò a Parigi – non m’inganno –
come oggi forse un giovedì d’autunno.
Di giovedì sarà. Oggi che proso
questi versi e gli omeri ho malmesso,
è giovedì e mai come oggi giunsi,
con tanta strada a rivedermi solo.
César Vallejo è morto, lo picchiavano
tutti senza che lui facesse nulla;
lo legnavano sodo e duramente
lo cinghiavano: sono testimoni
i giorni giovedì, l’ossa degli omeri,
la vita sola, la pioggia, le strade…

***

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  LOS HERALDOS NEGROS

Hay golpes en la vida, tan fuertes… ¡Yo no sé!
Golpes como del odio de Dios; como si ante ellos,
la resaca de todo lo sufrido
se empozara en el alma… ¡Yo no sé!

Son pocos; pero son… Abren zanjas oscuras
en el rostro más fiero y en el lomo más fuerte.
Serán tal vez los potros de bárbaros Atilas;
o los heraldos negros que nos manda la Muerte.

Son las caídas hondas de los Cristos del alma
de alguna fe adorable que el Destino blasfema.
Esos golpes sangrientos son las crepitaciones
de algún pan que en la puerta del horno se nos quema.

Y el hombre… Pobre… ¡pobre! Vuelve los ojos, como
cuando por sobre el hombro nos llama una palmada;
vuelve los ojos locos, y todo lo vivido
se empoza, como charco de culpa, en la mirada.

Hay golpes en la vida, tan fuertes… ¡Yo no sé!

César Vallejo, 1918



César Vallejo, Opera Poetica completa, Edizioni Gorée

A cura di Roberto Paoli e Antonio Melis
Traduzione di Roberto Paoli
Prefazione di Antonio Melis e Roberto Paoli

L’opera, in due volumi, è pubblicata con testo a fronte in lingua originale spagnola. Comprende l’opera completa di César Vallejo (composta dalle raccolte “Araldi neri”, “Trilce”, “Poemi in prosa”, “Poemi umani”, “Spagna, allontana da me questo calice”),

Il poeta peruviano César Vallejo (1892-1938), emerge sempre di più come la voce più originale e profonda della poesia latinoamericana. Il suo messaggio umano e poetico ha profonde radici nell’anima india, ma non nasce da un’intenzione bardica e celebrativa, esterna e, per così dire, paternalistica rispetto ai valori di un gruppo emarginato ed oppresso, bensì da un’originaria identità. Con Vallejo il lettore europeo si trova davanti a un linguaggio tanto inaudito e atipico quanto sommamente espressivo.

 

***

César Vallejo es uno de los poetas peruanos más reconocidos de todo el mundo, dada la impresionante innovación que supuso su obra para la poesía del siglo XX. Nació el 16 de marzo de 1892 en Santiago de Chuco y falleció en París a los 46 años.
Su poesía se caracteriza por presentar un lenguaje poético muy auténtico que, si bien se apoyó en sus comienzos (“Los heraldos negros“) en las bases del modernismo, poco a poco consiguió diferenciarse tanto que no tuvo punto de comparación (“Trilce“). Además cultivó la narrativa, ofreciendo obras como “Escalas” y “Paco Yunque“, uno de sus relatos más famosos.
Se considera que Vallejo es uno de los autores que supo anticipar el vanguardismo; su legado como artista implicó una renovación del lenguaje literario al que se unirían muchos poetas que le sucedieron, como Huidobro o Joyce.
La mirada de Vallejo siempre había estado puesta en el viejo mundo y cuando finalmente consiguió visitarlo se sintió tan cerca de todo lo que siempre había deseado que jamás deseó volver a su tierra natal. Estuvo en Francia, España y Rusia pero lamentablemente, a causa de trabajar excesivamente, falleció siendo aún muy joven. Como se lo había pedido su esposa, sus restos fueron enterrados en el Cementerio de Montparnasse.

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César Vallejo, in un disegno di Pablo Picasso

César Vallejo, in un disegno di Pablo Picasso


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Sigmund Freud (1856-1939) – Il valore della caducità è un valore di rarità nel tempo. La limitazione della possibilità di godimento aumenta il suo pregio. Se un fiore fiorisce una sola notte, non per ciò la sua fioritura ci appare meno splendida.

Sigmund Freud 01
Opere, Vol VIII

Opere, Vol VIII

Caducità

«Non molto tempo fa, in compagnia di un amico silenzioso e di un poeta già famoso nonostante la sua giovane età, feci una passeggiata in una contrada estiva in piena fioritura. Il poeta ammirava la bellezza della natura intorno a noi ma non ne traeva gioia. Lo turbava il pensiero che tutta quella bellezza era destinata a perire, che col sopraggiungere dell’inverno sarebbe scomparsa: come del resto ogni bellezza umana, come tutto ciò che di bello e nobile gli uomini hanno creato o potranno creare. Tutto ciò che egli avrebbe altrimenti amato e ammirato gli sembrava svilito dalla caducità cui era destinato. […] Il valore della caducità è un valore di rarità nel tempo. La limitazione della possibilità di godimento aumenta il suo pregio. […] Se un fiore fiorisce una sola notte, non per ciò la sua fioritura ci appare meno splendida. …».[L’intera pagina nel PDF allegato]

Sigmund Freud, Caducità, in Opere, a cura di C. L. Musatti, Boringhieri, 1982, vol. VIII, p. 174.

 

Sigmund Freud, Caducità

 

Saggi sull'arte, la letteratura e il linguaggio

Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio

 


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Giorgio Morandi (1890-1964) – Ritrovare il significato delle cose per ricominciare a guardare le cose. Quello che importa è toccare il fondo, l’essenza delle cose.

Morandi Giorgio 01
La città di Morandi

La città di Morandi

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«Esprimere ciò che è nella natura, cioè nel mondo visibile, è la cosa che maggiormente mi interessa. […] Ciò che noi vediamo, credo sia creazione, invenzione dell’artista, qualora egli sia capace di far cadere quei diaframmi, cioè quelle immagini convenzionali che si frappongono tra lui e le cose. […] Ritrovare le ragioni per riguardare le cose da un punto di vista formale, ritrovare il significato delle cose per ricominciare a guardare le cose. […] Quello che importa è toccare il fondo, l’essenza delle cose».

Giorgio Morandi, intervista per The Voice of America, 25 aprile 1957, cit. in R. Renzi, La città di Morandi, Cappelli, Bologna 1989, pp. 113-114.

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Giorgio Morandi, Autoritratto, 1925

Giorgio Morandi, Autoritratto, 1925

 

 

Fiori

Fiori

 

Natura morta, 1941

Natura morta, 1941


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Claudio Parmiggiani – Occorre proteggere, salvare tutto ciò che resta, tutto ciò che resiste del mondo spirituale. La memoria non significa passato, ma pensiero. Nessuna opera regge se dentro di sé non ha tutto il pathos e tutta la sofferenza dell’autore.

Parmiggiani Claudio01
«Come non mai oggi occorre proteggere,
salvare tutto ciò che resta,
tutto ciò che resiste del mondo spirituale.
Nell'infanzia del tempo l'arte fu preghiera.
Poco è rimasto di quella infinita bellezza.
Oggi non crediamo più in niente:
questo è il nostro terribile oggi».

C. Parmiggiani

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Incipit

C. Parmiggiani, Incipit.

«Ho imparato a conoscere il colore del sangue prima che i colori a olio. Sono nato a Luzzara, in una casa di via Lino Soragna. Molta parte della mia infanzia è trascorsa nella lontananza della campagna, in una casa rossa, isolatissima. Una casa politica, una sorta di direzione strategica del Partito comunista dove, nell’immediato dopoguerra, al lume di lampade a petrolio, si organizzavano interminabili riunioni notturne. […] Da quel luogo ho ricevuto il miglior insegnamento in pittura. Di notte, lungo i canali stellati, l’acqua lenta, cullando la malinconica luna, alimentava il fuoco assoluto. [ … ] Conservo di quei luoghi il ricordo di lente e nere barche e uomini come ombre che trasportavano sabbia e nebbia. Quelle ombre sono il mio simbolo, gli spiriti fluttuanti che hanno assunto nella mente l’immutabile aspetto dell’anima. Ombre così lontane da trasmutarsi in tutto e in nulla. Altro
non ho fatto, nel corso degli anni, nel cercare di dare un senso e un’immagine a quel nulla. Tutto quello che in seguito è apparso nelle mie opere proviene da quelle prime, decisive, incancellabili immagini che sono poi, davvero, le sole che contino e che nascono dall’emozione, vera sorgente dell’arte».

C. Parmiggiani, Incipit, Umberto Allemandi & C., Torino 2008, pp. IX.X.

Quarta di copertina

Un percorso a ritroso nel tempo, fino ad arrivare agli anni cinquanta del Novecento, quando il fotografo Paul Strand giunge a Luzzara, dove Claudio Parmiggiani è nato, per scattare fotografie che documentano la vita del paese, gli scorci, i volti, i mestieri. Immagini apparse nel libro Un paese, con il commento di Cesare Zavattini, edito da Einaudi nel 1955. Nella Didascalia Parmiggiani racconta con prosa poetica ed evocativa i suoi ricordi e spiega: «unicamente in ragione di una loro autentica comunione, senza alcun ordine né cronologia, come materia fluente, ho così accostato immagini di mie opere nate nel tempo, ad altre di quel libro, osservandole controluce, in filigrana, fino ad intravedere riflessa nel fondo di ognuna la luce dell’altra»


Stella sangue spirito

Stella sangue spirito

«Prerisco il silenzio al suono, alle parole e ai suoni preferisco le immagini perché sono silenziose.
[…] Un’opera deve essere come un pugno nello stomaco. Silenziosa ma dura, dura ma silenziosa, come un fuoco sotto la cenere. […] Il silenzio per me è un materiale dell’opera, una materia. Il silenzio è una forma di eloquenza. Un’opera non vive di silenzio ma dentro il suo silenzio.
[…] Personalmente provo quel fastidio che si ha di fronte a un qualcosa di troppo ideologizzato e che sembra scambiare la vita per un processo logico. Una pratica dove è bandita una delle parole che danno senso all’arte: Pathos, vena sotterranea che non si estingue.
[…] La memoria non significa passato ma pensiero. Mettere a contatto forme lontane, nel tempo e nella mente, far incontrare un tempo con un altro tempo, creare dei cortocircuiti; un’altra idea di tempo
[…] L’alfabeto della pittura non appartiene né alla parola né al pensiero logico. L’arte non ha bisogno di alcuna risposta: è una domanda che vuol restare tale.
[…] Tutta l’arte è in relazione con il tragico, con la morte. Vita e morte. È dentro questa circolarità, dentro questa essenza, che si costituisce qualsia pensiero umano, qualsiasi opera. Il tragico è in sentimento, una presenza che non può, non dovrebbe mai venir meno in un’opera»

C. Parmiggiani, Stella sangue spirito,
Nuova Pratiche, Parma 1995, p. 38, 108, 170, 174, 192.



Lettere a Luisa

Lettere a Luisa

«Tutta l’arte vera è tragica e si nutre di questo sentimento. Nessuna opera regge se dentro di sé non ha tutto il pathos e tutta la sofferenza dell’autore».

C. Parmiggiani, Lettere a Luisa,
Magonza, Arezzo 2016, pp. 76.


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Marco Perroni – … il libro è finito … l’angelo se n’è andato promettendomi un ritorno: «Non barattarlo mai, l’incanto che …».

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Nell’ottobre del 2001 insieme al mio amico Antonio, tra bicchieri di rosso, è nata l’idea di creare un libro che non avesse la forma del catalogo d’arte. Gli spunti sono stati tanti e, muovendomi in completa libertà, ne è risultato una sorta di mio diario suddiviso in trentasette giorni e in trentanove notti vissuti tra città, campagna e mare. Ho ritratto amici, amori svaniti, il bello e il triste che i miei occhi hanno visto nelle persone più diverse: i senza tetto dei portici della città in cui vivo, uomini e donne con la fragilità disegnata sui propri volti, i prepotenti, gli allegri, i buffoni, gli autoconvinti padroni del mondo, i violenti e le persone ancora incantate … Ho rivolto il mio sguardo anche agli animali che si rivelano un mio rifugio per quando l’uomo mi stanca. Questo è un libro realizzato per me stesso e soprattutto per i tanti amici.

Notturni d'inchiostro e giorni tinti

M. Perroni, Notturni d’inchiostro e giorni tinti

01Sante, 2001. Puntasecca su rame.

Sante Notarnicola, 2001.

… ovviamente è stato di notte che l’ho conosciuto …

***

02L'irregolare, 2001. Puntasecca su zinco

L’irregolare, 2001.

… sentivo cigolare qualcosa dietro quell’angolo …

***

03 Mia camminata, 2001. Linoleografia

Mia camminata, 2001.

… sessantatré scalini e poi fuori dal portone il freddo.
Amo il silenzio, ma quello di questa notte mi crea disagio.
Le nostalgie mi si aggrappano addosso: non c’è più neanche quel cane
che abbaiava mentre lei mi parlava …

***

04 Gli insabbiati, 2001. Acrilico su carta.

Gli insabbiati, 2001.

… tre razzisti discutevano animatamente,
mentre il terreno sotto di loro si faceva morbido …

***

05 Incomprensione, 2001. Tecnica mista su carta

Incomprensione, 2001.

… oggi quei due nel tentativo di comunicare non si capivano:
era così forte il vento che le loro parole venivano respinte dentro …

***

06 Due mimi. Tempera su carta

Due mimi, 2001.

… li avevo incontrati poco prima in piazza durante la loro esibizione …



Rufoism (Marco Perroni)

Nato a Cantù nel 1970, vive, disegna e suona a Bologna. Nel 1993 inizia a collaborare con la Galleria Poleschi Arte di Lucca e Milano. Nel 1999 espone al Teatro Massimo di Palermo e, a distanza di pochi mesi, nella galleria Arte in cornice di Torino. Nel 2004 sigla un rapporto di collaborazione con la Galleria Montrasio di Milano e Monza. Nel 2007 tiene una personale, ricca di tempere e acquerelli su carta nella sede storica della Galleria Montrasio in via Brera a Milano. Nello stesso anno, insieme all’amico pittore Nicola Villa, si trasferisce a New York nell’ambito del progetto “Harlem Studio Fellowship” ideato da Raffaele Bedarida e da Ruggero Montrasio. Nel 2010 è protagonista di una grande personale, “Bestiario Umano”, allestita al Palazzo del Broletto di Como. Il “Piccolo Bestiario Umano” viene presentato alla Galleria il Punto di Bologna. Nel 2014 espone alla Galleria Morone di Milano nell’ambito della collettiva dal titolo “Muse inquietanti ritratte da uomini inquieti”. A ottobre del 2015 tiene una personale nell’Harlem Room di Montrasio Arte a Milano dove presenta disegni digitali, creati con tavoletta grafica, stampati su carta e ritoccati a mano con colori a tempera. Fra le mostre collettive, si segnala la partecipazione, nel 1998, a “Omaggi a Giorgio Morandi” (Grizzana) e “Grandi Formati” alla Galleria Poleschi (Milano); nel 2002 “Il Cuore: Arte, Scienza e tecnologia”, alla Fondazione Antonio Mazzotta (Milano); nel 2007 alla rassegna “SerrOne: Biennale Giovani”, presso il Serrone della Villa Reale (Monza) dove vince il premio acquisto della giuria; nel 2008 alla XXIV Rassegna Internazionale Giovanni Segantini (Nova Milanese); nel 2009 figura in “44 Gatti d’autore”, a Ca’ la Ghironda (Bologna). Nel 2012 espone a Scope Art Basel, con la galleria Oltre Dimore. È presente ad Artefiera Bologna, ad Artissima Torino e al Miart di Milano per numerose edizioni, dal 1995 in avanti. Nella primavera del 2016 si terrà una personale a Innsbruck nella Project Room della galleria Km0. Hanno scritto di lui, fra gli altri, Enrico Mascelloni, Dino Carlesi, Nicola Miceli, Chiara Gatti e Marco Mancassola. Nel 2011 è segnalato, fra gli artisti emergenti, su Art Journal.


Psycodrammi

Una mostra di Marco Perroni
alla GalleriaPiù di Bologna (26-11-2015/22-01-2016)
La locandina della mostra alla GalleriaPiù

La locandina della mostra alla GalleriaPiù

Marco Perroni, in arte Rufoism, presenta alla GALLLERIAPIÙ un ciclo recente di lavori dedicati ai grandi temi dell’esistenza – l’amore, la morte, il destino, la solitudine – tutti riletti in chiave contemporanea, dal suo segno istintivo, graffiante, feroce. Una cinquantina di opere, su carta e su tela, mescolano tecniche diverse, la tempera, la grafite, la matita, la china, il pennarello, l’acquerello, e affrontano, con ironia amara, soggetti di scottante attualità: l’individualismo e l’ordinaria follia, il sesso come antidoto all’abbandono, il conformismo e la provocazione.
È una piccola commedia delle umane debolezze quella che Rufoism mette in scena, in un viaggio nelle tenebre del quotidiano, che ripensa iconografie classiche, come quella medievale del cavaliere, la morte e il diavolo (di matrice düreriana) e motivi ispirati invece all’espressionismo nordico, nei nudi alla Schiele, nei tramonti alla Nolde. C’è sofferenza e insieme riscatto, ossessione di un corpo torturato dal piacere e pace stremata sulle coste di un mare che accoglie, ma non consola.
Il gesto rapido della mano, la commistione fra i linguaggi della pittura figurativa e la nevrosi dell’informale, segnano immagini che commuovo e respingono allo stesso tempo. Come la realtà odierna dei fatti, sospesa in bilico fra aspettative e appagamento. Protagonisti di questo gap ansiogeno sono orde di personaggi in cerca d’autore, battitori liberi, businessman, fumatori, bevitori, modelle, asini e cani, che recitano a soggetto, trascinandosi storie personali, pesanti come macigni.
Spesso, Rufoism ritorna al suo antico bestiario, allegorie di tipi umani nascosti dietro gli occhi vitrei delle civette, fra i denti aguzzi dei caimano, nelle code mozze dei meticci, piccoli come pulci. Donne che hanno corpi di pesci, pesci che hanno corpi di donne nuotano in acque opache. L’erotismo che aleggia nell’aria si taglia col coltello e Rufoism lo seziona come un analista, un investigatore dell’inconscio armato di matita e temperino. Affilatissimo.Un po’ di pace – come sempre accade alle anime inquiete – viene dagli umori della terra e della natura. In certi paesaggi romantici e imprevisti, nei fiori recisi, nel mare che si muove e bagna le caviglie dei suoi villeggianti distratti, Rufoism riscopre il ritmo lento della pittura, che si spande sulle carte assorbenti. Macchie di presenze, spettri, apparizioni, epifanie in non-luoghi della mente, in quel non-nulla che fa la differenza fra attesa e felicità.
Una sezione collaterale della mostra, allestita nella project room della galleria, ospita “Porno Pop”, opere scelte di Rufoism sul tema dell’eros, del corpo e dell’amore senza tabù.

a cura di Chiara Gatti

 

 

 

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Big black swimming pool

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Andrea Marcolongo – I Greci si esprimevano in un modo che considerava l’effetto delle azioni sui parlanti. Loro, liberi, si chiedevano sempre “come”. Noi, prigionieri, ci chiediamo sempre “quando”.

***

«Ho amato quella lingua per la sua flessibilità di corpo allenato,
la ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola
si afferma il contatto diretto e vario della realtà.
L'ho amata perché quasi tutto quel che gli uomini hanno detto di meglio
è stato detto in greco».
Marguerite Yourcenar



Andrea Marcolongo

La lingua geniale.
9 ragioni per amare il greco

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Laterza, 2016.

 

 

«I Greci si esprimevano in un modo che considerava l’effetto delle azioni sui parlanti. Loro, liberi, si chiedevano sempre come. Noi, prigionieri, ci chiediamo sempre quando» (p. 3)

Un piccolo brano

«Il greco antico, grammaticalmente parlando, contava fino a tre: uno, due, due o più. Oltre agli stessi numeri con cui si contano le cose e quindi si misura la vita in italiano, il singolare -io- e il plurale -noi-, la lingua greca conteneva anche un terzo numero: il duale -noi due-. […] Il numero duale non esprimeva una mera somma matematica […] esprimeva invece una entità duplice, uno più uno uguale uno formato da due cose o persone legate tra loro da un’intima connessione. Il duale è il numero del patto, dell’accordo, dell’intesa. È il numero della coppia, per natura, o del farsi coppia, per scelta.
Il duale è allo stesso tempo il numero dell’alleanza e dell’esclusione. Due non è solo la coppia. Due è anche il contrario di uno: è il contrario della solitudine. […] Si tratta di un numero antico, puro. Un modo di dare numericamente senso al mondo. […] Era un numero […] molto umano. […] Ecco la mia personalissima definizione di duale: uno più uno uguale uno formato da due, non semplicemente ‘due’» (pp. 56-59).

Indice

In breve

Innanzitutto questo libro parla di amore: il greco antico è stata la storia più lunga e bella della mia vita. Non importa che sappiate il greco oppure no. Se sì, vi svelerò particolarità di cui al liceo nessuno vi ha parlato, mentre vi tormentavano tra declinazioni e paradigmi. Se no, ma state cominciando a studiarlo, ancora meglio. La vostra curiosità sarà una pagina bianca da riempire. Per tutti, questa lingua nasconde modi di dire che vi faranno sentire a casa, permettendovi di esprimere parole o concetti ai quali pensate ogni giorno, ma che proprio non si possono dire in italiano. Ad esempio, i numeri delle parole erano tre, singolare, plurale e duale – due per gli occhi, due per gli amanti; esisteva un modo verbale per esprimere il desiderio, l’ottativo, e non esisteva il futuro. Insomma, il greco antico era un modo di vedere il mondo, un modo ancora e soprattutto oggi utile e geniale. Non sono previsti esami né compiti in classe: se alla fine della lettura sarò riuscita a coinvolgervi e a rispondere a domande che mai vi eravate posti, se finalmente avrete capito la ragione di tante ore di studio, avrò raggiunto il mio obiettivo.

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