Ugo Mattei, Alessandra Quarta – L’acqua e il suo diritto. La politica economica in materia di acqua deve abbandonare la logica del profitto.

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L’analisi condotta dei processi di privatizzazione dei servizi idrici ha offerto diversi spunti di riflessione, in virtù della delicatezza della questione affrontata. È indubbio che, tra tutti i beni comuni, l’acqua sia quello che viene più facilmente percepito come insostituibile e primario. Pertanto, è agevole comprendere le ragioni di una sua gestione pubblica, la quale è perfettamente in grado di garantire i principi di equità e di universalità del servizio, a differenza di una gestione privata che, per sua stessa costituzione, è orientata alla realizzazione di profitti. Ragionando in quest’ottica, le proposte per un ritorno alla gestione pubblica del servizio idrico consentono due ulteriori sviluppi: il primo attiene alla possibilità di tornare a pensare un’economia priva degli schemi del neoliberismo, mentre il secondo consente di recuperare un’idea di democrazia partecipativa.
Le politiche neoliberiste degli ultimi vent’anni hanno seguito i paradigmi della globalizzazione finanziaria: consumo, profitto e mercato sono diventate le parole chiave dell’economia mondiale, nonostante la loro naturale contrapposizione con un concetto che acquista sempre maggiore importanza, ossia quello della sostenibilità ecologica. Gli attuali ritmi di crescita dimostrano come i benefici economici di breve periodo, conseguiti sull’onda delle scelte neoliberiste, vengano di fatto annullati dai loro stessi effetti sugli equilibri ecologici, sulla salute e sull’alimentazione.
Questo impatto è ancora più forte se lo si applica all’acqua: lo sfruttamento incontrollato di questa risorsa naturale rischia di condurre a un drastico aumento della popolazione mondiale priva di acqua potabile (ad oggi circa un miliardo di persone), con la conseguenza tangibile che possano sorgere nuovi conflitti per l’accesso alle fonti idriche.
L’icona del pensiero neoliberale è rappresentata dal ricorso alla privatizzazione dei beni e dei servizi. […] Quali potrebbero essere gli schemi normativi da seguire per realizzare la presenza strategica dello Stato in determinati settori, tra cui di certo compare la gestione del servizio idrico integrato? In primo luogo, bisogna lavorare per migliorare il settore pubblico, liberandosi dall’idea, diventata ormai una sorta di luogo comune, per cui il privato sia la soluzione delle inefficienze prodotte dall’intervento statale. Il conseguimento di tale scopo passa attraverso la creazione di una gestione pubblica che sappia coinvolgere in modo diretto le comunità di utenti che beneficiano del servizio.
[…] Il recupero del rapporto tra ente pubblico e cittadino consente, inoltre, di riflettere sull’acqua come bene comune. Tale risorsa, infatti, presenta caratteristiche tali per cui risponde pienamente a interessi sociali e a bisogni della collettività, ripudiando, in maniera quasi fisiologica, il ricorso allo strumento della concorrenza e del mercato. Lo Stato deve comportarsi, rispetto a questo bene, come un gestore nell’interesse della collettività, la quale risulta essere l’unica vera proprietaria dei beni comuni.
In virtù della forte dimensione sociale che l’amministrazione del servizio idrico riveste […] si deve ritenere che […] la politica economica in materia di acqua deve abbandonare la logica del profitto. […] In questo senso, il diritto all’acqua e la riflessione sui beni comuni rappresentano la via per rafforzare l’uguaglianza dei cittadini e per contribuire alla costruzione di un futuro solidale e sostenibile.

Ugo Mattei, Alessandra Quarta, L’acqua e il suo diritto, Edisesse, 2014, pp.113-117.

 

Risvolto di copertina

Il testo esplora il tema dell’acqua e del suo diritto, inteso come disciplina giuridica del bene e del servizio idrico integrato, passando in rassegna gli eventi che ne hanno influenzato la definizione, da un punto di vista sia normativo sia culturale. La rico-struzione pone al centro di questi processi la campagna referendaria sull’«Acqua bene comune», che si è svolta nel 2011, e il relativo esito della consultazione popolare, il quale ha aperto una discussione sulla definizione normativa del servizio idrico integrato e sui modelli di gestione ad esso applicabili, oltre a diffondere una nuova sensibilità per i beni comuni. Ampio spazio è riservato all’esperienza parigina e a quella napoletana di ritorno alla gestione pubblica, che dimostrano come sia possibile, per un bene cruciale come l’acqua, immaginare un ruolo forte delle istituzioni locali, valorizzando altresì gli elementi della partecipazione e della conservazione delle risorse anche per le generazioni future.


Ugo Mattei

Insegna Diritto civile presso l’Università degli studi di Torino e Diritto comparato e internazionale presso l’Università della California. È stato vi-cepresidente della Commissione Rodotà per la riforma dei beni pubblici, coredattore dei quesiti referendari sul l’«Acqua bene comune» e ha patrocinato come avvocato la loro ammissibilità innanzi alla Corte costituzionale. È attualmente presidente di Acqua bene comune Napoli. Fra i suoi libri più recenti, si segnalano Beni comuni. Un manifesto (2011); Controriforme (2012); Senza proprietà non c’è libertà. Falso! (2014).


Alessandra Quarta

Ha conseguito il dottorato di ricerca in Dottrine generali del diritto presso l’Università degli studi di Foggia e, attualmente, è docente a contratto di Diritto civile presso l’Università degli studi del Piemonte orientale e assegnista di ricerca di Diritto privato presso l’Università degli studi di Torino. Ha collaborato alla difesa dell’ammissibilità dei quesiti referendari del 2011 innanzi alla Corte costituzionale e ha concentrato i suoi studi sui temi della proprietà e dei beni comuni, con diversi saggi pubblicati su riviste scientifiche.


 

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Autori, e loro scritti

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Mario Quaranta – L’avvincente lettura del libro «Scritti con la mano sinistra» di Mario Vegetti che, per sostenere l’attualità del discorso filosofico, mette in campo alcune cruciali questioni.

Diana Quarantotto – Causa finale, sostanza, essenza in Aristotele: saggio sulla struttura dei processi teleologici naturali e sulla funzione del telos.

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Cosimo Quarta – L’uomo è un essere progettuale. Il progetto spinge a impegnarsi per cambiare lo stato di cose presente. La carenza di progettazione sociale è segno di fuga dalla vita, perché realizzare il fine richiede impegno, dedizione, pazienza, sofferenza, sacrificio.

Cosimo Quarta – Se manca solo uno di questi momenti (critico, progettuale, realizzativo), non si dà coscienza utopica, e anzi, non si dà coscienza autenticamente umana.

Cosimo Quarta – Il bisogno di progettare, nell’uomo, non è un fatto accidentale, ma essenziale, in quanto corrisponde alla sua originaria natura. Il progettare è possibile ed ha senso solo in presenza e in vista del futuro. La “fame di futuro” è fame di progettualità, ossia bisogno forte e urgente di utopia, il cui strumento privilegiato è la progettualità.

Cosimo Quarta – Non può costruirsi una società comunitaria senza un’azione parallela mirante a trasformare contemporaneamente le condizioni esterne e le coscienze. Perché vi sia autentica comunità occorre sviluppare una coscienza comunitaria. Il principio fondamentale che regge l’intero edificio comunitario di Utopia è proprio l’humanitas, ossia la coscienza del valore e della dignità degli uomini, di tutti gli uomini, e del loro comune destino.

Cosimo Quarta (1941-2016) – Nell’utopia si esprime la coscienza critica per la carenza d’essere, per l’insufficienza fattuale del reale, per la sua non rispondenza ai bisogni umani.

Cosimo Quarta (1941-2016) – Il mondo ha bisogno come non mai di utopia, di progettualità. L’utopia è un progetto storico, nasce da una profonda coscienza etica, si sviluppa in una coscienza critica e s’adempie in una coscienza progettuale. La coscienza utopica non è una coscienza sognante, pigra, pacificata con la realtà, e proprio perché si riconosce finita, limitata, è pronta al rischio e perfino allo scacco. Fine dell’utopia significa assenza di progettualità, smarrimento dei valori-guida.

Cosimo Quarta (1941-2016) – L’utopia trae le sue origini da una profonda coscienza etica. La perenne tensione tra l’essere e il dover essere è ciò che fa dell’uomo un essere progettuale. Platone nella Repubblica sottolinea a più riprese che il progetto da lui delineato non È impossibile, ma solo difficile da realizzare e aveva fatto della paideia il cardine di ogni rapporto umano. Educare è umanizzare. Umanizzare è liberare. La paideia è la via che conduce alla libertà.

Pascal Quignard – Che cosa cercate nella musica? La musica esiste semplicemente per parlare di ciò che la parola non può esprimere. In questo senso essa non è del tutto umana. Posso chiedervi un’ultima lezione? Signore, posso tentare una prima lezione?

Sergio Quinzio (1927-1996) – «Consummatum est». Sergio Quinzio e la  critica alla società del benessere, lo scopo inventato per coloro che non sperano più nella felicità. L’attività feconda del soggetto è sostituita con il benessere materiale senza immaginazione. Chiunque lotti contro la desimbolizzazione della vita è un punto ottico di energia creativa che lievita e resiste al nulla.

Michel Quoist (1921-1997) – Fino a quando non avrai veramente accettato i tuoi limiti, non potrai costruire nulla di solido.