Marco Aurelio (121-180) – Com’è breve il tempo dalla nascita alla dissoluzione. Che cosa dunque può accompagnarci nel vivere? Una sola e unica realtà: la filosofia.

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«Com’è breve il tempo dalla nascita alla dissoluzione, abisso prima della nascita, come ugualmente infinito dopo la dissoluzione» (IX, 32) .

«Il tempo della vita umana è un punto, la sua sostanza flusso, la sensazione è oscura, l’intero composto fisico facile a corrompersi, l’anima erramento, la sorte realtà indecifrabile, la fama incerta; per dire in breve, tutto quanto attiene al corpo è fiume, quanto riguarda l’anima è sogno e vanagloria, e la vita guerra e viaggio di uno straniero, oblio la fama presso i posteri»(II, 17)

«Che cosa dunque può accompagnarci nel vivere?
Una sola e unica realtà: la filosofia
» (II, 17).

Marco Aurelio, Pensieri.


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Anna Maria Ortese (1914-1998) – Una delle azioni peggiori è il corrompere, il far morire la fiducia e la speranza.

Ortese Anna Maria

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Domanda
Quale è per lei la cosa peggiore?

A. M. Ortese
Certamente sono tante: l’inganno, pe resempio, il mentire, il tradire. Ma una delle peggiori è il corrompere, il far morire la fiducia e la speranza. Questo oggi si fa con i giovanissimi, con i bambini stessi; [poi adulto] nessuno ricorda se stesso, da bambini, o da ragazzo e cosa si aspettava, a buon diritto dalla vita.

Risvolto di copertina
Più volte nei suoi interventi pubblici Anna Maria Ortese ha denunciato i delitti dell'uomo «contro la Terra», la sua «cultura d'arroganza», la sua attitudine di padrone e torturatore «di ogni anima della Vita». E lo ha fatto pur nella consapevolezza che il suo grido d'allarme sarebbe stato accolto con impaziente condiscendenza da chi sembra ignorare che ciò che rende l'uomo degno di sopravvivere è la sua «struttura morale: intendendo per morale ogni invisibile suo rapporto, ma buon rapporto, con la vita universale». Quel che ignoravamo è che tali interventi, che additavano nello sfruttamento e nel massacro degli animali, nella natura offesa e distrutta il nostro più grande peccato, non erano isolate e volenterose prese di posizione, bensì la punta emergente di un iceberg. Un iceberg rappresentato da decine e decine di scritti inediti, nei quali la Ortese è andata con toccante tenacia depositando quel che le dettava la sua «coscienza profonda», vale a dire la memoria, riservata a pochi e supremamente impopolare, «delle “prime cose” preesistenti l'universo» – in altre parole, la visione che la abitava. Scritti di cui qui si offre una calibrata selezione e che nel loro insieme si configurano come un vero e proprio trattato sull'unica religione cui la Ortese sia stata caparbiamente fedele: la religione della fraternità con la natura.

 


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Marco Aurelio (121-180) – È necessario che l’uomo conosca ciò che compie, perché è dell’uomo civile il capire che egli opera per il bene comune. Il vitigno che ha prodotto un grappolo non domanda altro dopo aver dato finalmente il suo frutto.

Marco Aurelio 01

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L'essere ingrati è cosa da evitarsi di per sé,
perché niente come questo vizio
divide e distrugge la concordia tra gli uomml.
LUCIO ANNEO SENECA
Nessuno è sazio d'essere beneficato;
inoltre, il beneficare è azione secondo natura.
Non essere dunque mai sazio di beneficare.
MARCO AURELIO

 

 

«V’è gente che se rende qualche favore a qualcuno, s’affretta a segnalarglieio in conto; altra, che non lo richiede veramente, ma, nell’intimo del proprio cuore, considera il beneficato come un debitore, convinta di quanto ha fatto; infine ve n’ha di quella che ignora d’aver reso un beneficio, come il vitigno che ha prodotto un grappolo e non domanda altro, dopo aver dato finalmente il suo frutto [ . .. ] quest’uomo, che ha fatto del bene, non mena vanto del proprio operato, bensì continua a dispensare altri benefici. […] Dobbiamo, quindi, essere di quelli che, per così dire, fan del bene senza saperIo? Sì, senza dubbio. Ma è necessario che l’uomo conosca ciò che compie, perché è dell’uomo civile il capire che egli opera per il bene comune».

Marco Aurelio, l ricordi,
cura e traduzione di F. Cazzamini Mussi, Einaudi, Torino 1943, Libro VI, p. 61.

 

«Tutte le volte che tu fai del bene a qualcuno e costui ne ha avuto benefizio, perché mai, al pari degli stolti, cerchi una terza cosa, cioè che lo si venga a sapere o d’essere contraccambiato?».

Ibidem, Libro VII, p. 107

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