Arianna Fermani … in viaggio alato nel «Fedro» di Platone … vivere è stare nella luce, è vedere la luce … Platone ci insegna che dobbiamo imparare a “vedere sempre le cose diversamente e con altri occhi”, a volare alto senza mai rinnegare la nostra umanità, perché il razionale non sempre è ragionevole, e perché un eccesso di razionalità può essere tossico e disfunzionale alla realizzazione della nostra esistenza.

Sinossi

Ci sono libri che ci accompagnano per una vita, quasi segnando le svolte della nostra esistenza e le trasformazioni che in essa si compiono. Uno di questi è il Fedro di Platone, dialogo che parla della bellezza in tutte le sue forme (da quella dei corpi a quella dei discorsi, scritti e orali, da quella della natura a quella dell’anima) e che è, a sua volta, di una bellezza abbagliante, nella forma e nei contenuti e, come un dono prezioso e fragile, va scoperto con delicata lentezza.

Il Fedro è un vero proprio inno alla vita, alle sue trame sottili, visibili e invisibili, e alla sua infinita e insostenibile “luce”, e un invito a goderne, con saggezza, misura e intelligenza, sì, ma a pieno e senza sprechi.

In questo dialogo, multifocale come pochi altri, Platone insegna che dobbiamo imparare a “vedere sempre le cose diversamente e con altri occhi”, a volare alto senza mai rinnegare la nostra umanità, che abbiamo bisogno di nutrire ogni componente della nostra esistenza, anche quelle più basse, che non tutto può essere dimostrato o spiegato ma che, a volte, bisogna limitarsi a credere e, ancora di più, a sentire.

Indice del volume


Alcuni libri di Arianna Fermani

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Giovanni Casertano – «Morte (e Vita). Viaggio dal concetto all’incantesimo, ovvero dai Presocratici a Platone». Pensare ed agire con bellezza e con amore, con eccellenza e verità. È questa la mortale immortalità degli uomini.

Giovanni Casertano, Morte (e Vita). Viaggio dal concetto all’incantesimo, ovvero dai Presocratici a Platone.

ISBN 978-88-7588-419-2, 2023, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “il giogo” [179].

In copertina: La Tomba del Tuffatore a Paestum (480-470 a.C.), Museo Archeologico Nazionale di Paestum.




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Mario Vegetti – «L’io, l’anima, il soggetto». Se la crisi del soggetto moderno non sembra aver scalfito più che tanto un senso comune depositato e robustamente consolidato nella teoria aristotelica, l’uno e l’altra tornano a evocare, per contrasto, il vecchio e a più riprese sconfitto avversario platonico.

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Ernst Casssirer – Il metodo di Platone non contempla alcuna “visione estatica”. La via platonica che conduce alla verità va cercata e protetta attraverso un paziente lavoro della mente umana, attraverso un lento e continuo progresso di pensiero da realizzare alla luce e sotto il controllo della ragione, e va raggiunta e conquistata attraverso un paziente e assiduo lavoro che abitui la ragione umana alla vista della verità.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Giovanni Casertano – È possibile raggiungere la verità; ma bisogna conservare sempre la coscienza che, una volta raggiunta, essa non deve diventare soddisfazione acquietante, vano orgoglio, presunzione di sapienza, ma sempre stimolo a migliorarla, a perfezionarla, ad ampliarla, anche a cambiarla, nel costante dialogo con quegli altri uomini disposti a cercarla, a trovarla, a viverla.

Indice

 

Introduzione

Capitolo 1 – La verità senza le idee

1.1. Dove si dice che la verità, come Socrate, è zotica e ostinata

1.2. Qui ci si accorge che dire la verità è cosa diversa dal persuadere

1.3. Se gli dèi dicono sempre la verità, sono gli uomini a dimostrarla

1.4. Qui si scopre che il senso di un discorso non è nelle parole che esso usa

1.5. Dove si intravvede la difficoltà di invocare i fatti contro le parole, e si afferma che trovare la verità è questione di metodo

1.6. Dove si stabilisce la differenza tra dire il falso e mentire, e si scopre che la menzogna ha anche un risvolto politico

Capitolo 2 – La verità e i discorsi che la fondano

2.1. Dove si afferma che la verità ha poco a che vedere con le sensazioni corporee

2.2. Dove si scopre che la verità è comunque sempre legata all’opinione

2.2.1. Dove si afferma che l’importante non è solo avere una verità, ma credervi e testimoniarla

2.3. Dove si dice che la verità è l’orizzonte dei discorsi che la cercano

Capitolo 3 – Gli ambigui meccanismi della persuasione

3.1. Dove si scopre che la persuasione è propria della retorica ingannatrice, ma che anche la scienza non ne può fare a meno

3.2. Dove si scopre che si può discutere senza comunicare

3.3. Qui accade che quando Socrate ritiene di dire la verità, non convince nessuno

3.4. Dove si dice che per convincere qualcuno bisogna essergli amico,

3.5. … non solo, ma bisogna anche avere le sue stesse passioni

3.6. Qui si afferma che la verità è inconfutabile, è liberatoria, è bene comune e nutrimento dell’anima, ma non si dice “che cosa” essa è

3.7. Qui si scopre che i fatti non dimostrano nulla, perché ciò che conta è l’interpretazione dei fatti

3.8. Dove si scopre che ciascun interlocutore afferma la verità della sua opinione e non convince l’altro, né da lui è convinto: perché, in effetti …

3.9 …. la verità non è solo questione di logica, ma principalmente di scelta di vita

Capitolo 4 – Conoscere la verità o essere convinti della verità?

4.1. Dove si dice che la verità deve apparire anche verosimile, se vuole persuadere: e allora Socrate inventa un mito

4.2. Qui la verità si destreggia tra il senso delle cose, il senso del mito, e il ragionamento rigoroso

4.3. Dove si afferma che amore della conoscenza, esperienza e tecnica dialettica caratterizzano non il sapiente, ma il filosofo

4.4. Dove ci si chiede quale verità possiedono le convinzioni di colui che crede di conoscere la verità

Capitolo 5 – Linguaggio, discorso e verità

5.1. Qui si stabilisce una differenza tra giustizia e verità e tra orizzonte logico e orizzonte etico

5.2. Qui si delinea il problema di chi possa usare la menzogna utile, e perché; e si parla di derubati, di ammaliati e di violentati

5.3. Qui si apre al problema tra dimensione privata e dimensione pubblica della verità, …

5.4 …. e si parla della caverna e delle diverse verità che l’uomo incontra nel suo viaggio

5.5. Dove si opera una distinzione tra opinione vera e scienza, ma principalmente rispetto al bene

5.6. Dove si stabilisce il difficile rapporto tra dolori veri e piaceri (a volte) veri, tra opinioni (a volte) false e esperienza della verità

Capitolo 6 – Nome, immagine, discorso e verità

6.1. Qui appaiono due personaggi sconosciuti, e Socrate fa ammettere loro che, se un nome è vero, lo è perché fa parte di un discorso vero

6.2. Qui si sostiene che degli dèi non si sa nulla, e si inventa un costruttore di nomi

6.3. Qui Socrate dimostra che è ridicolo pensare che con un’indagine sui nomi si possa giungere alla verità

6.4 …. ma sostiene che è possibile tentare una scienza del discorso,

6.5 . … cioè una scienza dell’uso del linguaggio e dei nomi, cioè della comunicazione

Capitolo 7 – L’anima, la scienza, l’opinione e la verità

7.1. Dove Socrate affila (e trucca) le sue armi per confutare Protagora

7.2. Qui si afferma una continuità tra sensazione e ragionamento, e si dice che solo l’analogia ci permette di toccare la verità

7.3. Dove si scopre ancora che la verità è fondamentalmente uso di un metodo corretto e impegno di vita

Capitolo 8 – Verità è realtà

8.1. Dove si scopre che essere e non essere sono inseparabili

8.2. Qui uno Straniero di Elea confessa di non aver ucciso il padre Parmenide, ma solo di aver fatto progredire il suo discorso

8.3. Dove si dimostra che (una) verità è solo all’interno di un discorso che ne dichiara senso e relazioni

Capitolo 9 I piaceri, il bene, le opinioni e la verità

9.1. Dove Socrate riafferma la centralità del dialogo e dell’accordo a proposito della questione della verità, . ..

9.2. ... ribadendo che il bene e la felicità sono strettamente legati all’amore per la ricerca e per la verità

9.3. Qui Socrate afferma che anche i piaceri, come le opinioni, possono essere veri o falsi

9.4. Qui si parla di uno scrivano e di un pittore che alloggiano nelle nostre anime e che fanno qualche confusione tra vero, falso, buono e cattivo

9.5. E infine, continuando a parlare un po’ ambiguamente dei piaceri falsi, Socrate riafferma in effetti il primato della nostra facoltà di amare il vero

Capitolo 10 – La verità tra ricordi, aspettative e discorso sul tempo

10.1. Qui Solone racconta i miti dell’incendio del mondo e del diluvio universale; e il sacerdote egiziano gli obietta che racconta favole e non verità

10.2. Qui Crizia ricostruisce con la memoria un discorso vero, servendosi dei miti di Solone e di Socrate

10.3. Dove si vede che i discorsi sono imparentati con le cose, e si accenna a un’immagine mobile dell’eterno

10.4. Qui si parla delle parti, delle idee e dei numeri del tempo

10.5. Qui si stabilisce che il nostro discorso metodologico e razionale è vero, e il nostro discorso sulle esperienze è verosimile

Capitolo 11 – Verità, giustizia e vita

11.1. Dove si vede che l’uomo non sa la verità, ma può avere opinioni vere: e quando ciò accade, è la verità a impadronirsi di lui, e non viceversa

11.2. Qui, riaffermando il legame tra verità e giustizia, si parla di come bisogna mentire menzogne, e incantare per persuadere gli uomini a vivere con giustizia: perché questa è la verità più vera

Riferimenti bibliografici


Introduzione

È facile cedere ad una immagine di Platone che viaggia dall’antichità ad oggi, all’immagine cioè di una filosofia che stabilisce nettamente i confini e l’opposizione tra corpo e anima, tra sensi e ragione, tra cose e idee, tra opinione e conoscenza. Tra vero e falso. Ma bisogna resistere, anche, anzi principalmente, perché una lettura diretta e senza preconcetti della pagina platonica, inserita volta a volta nel singolo contesto di ogni singolo dialogo, non conferma mai quell’immagine.

Anche la verità platonica non è quella che vive in un ipotetico mondo delle idee, separato da ogni possibile contatto col mondo concreto e reale, così come l’amore platonico, il proposito platonico, e tutto ciò che, ancora oggi, qualifichiamo con quell’aggettivo, con l’esplicito proposito di individuarlo in termini di pura velleitarietà, inconcludenza, astrattezza.

La verità platonica ha a che fare esattamente col nostro mondo di incertezze, inquietudini, errori, fallimenti, ma anche col nostro mondo di relative certezze, di aspettative, di volontà di cambiamento; in una parola, col nostro concreto vivere in un mondo reale, col nostro concreto atteggiarci nelle molteplici prospettive entro le quali lo viviamo.

In questo studio mi sono proposto di inseguire l’idea della verità in tutti i dialoghi di Platone. E mi sembra, in primo luogo, di non aver mai trovato una definizione che dica “che cosa è” la verità. Se una delle caratteristiche della filosofia platonica, nel suo riallacciarsi, esplicitamente e drammaticamente rappresentato, a quella socratica, è appunto quella di cercare e di individuare il “che cosa è” di ogni cosa e di ogni idea, potrebbe sembrare strano non imbattersi mai in una definizione della verità.

Eppure, se riflettiamo a fondo sul testo platonico, questo fatto non è strano. Perché, in secondo luogo, scopriamo di essere sempre di fronte non alla verità, ma ad una serie di verità che si presentano nel vivo contesto del dialogare platonico. O meglio: siamo di fronte ad una complessità di caratteristiche diverse che connotano la nozione, o l’idea, di verità. Che si presenta, quindi, in maniera diversa a seconda dell’angolo prospettico dal quale guardiamo ad essa. Ed avremo allora una verità logica o gnoseologica, che si presenta nel “discorso vero”, questo sì definito da Platone, perché il discorso, quando condotto con metodo rigoroso (e il metodo corretto è, con Parmenide, una verità), e non il mito, né l’intuizione sovrarazionale, è l’unico strumento che l’uomo possiede per cercare la verità. Avremo una serie di caratteristiche della verità, come la sua necessità logica, la sua inconfutabilità, la sua universalità, anche la sua “scomodità”, che la inquadrano però solo formalmente, senza mai dirci “che cosa” essa è. E poi avremo, e principalmente, la sua caratteristica più importante, che è quella di contrapporsi alla falsità.

Ma qui il discorso platonico già si complica. Perché, se da un punto di vista logico c’è, e non ci può non essere, una netta contrapposizione tra vero e falso, questa contrapposizione si sfuma poi fino a perdere i suoi contorni. E questo avviene quando la verità si relaziona all’utilità: allora anche la menzogna può essere nobile, utile; e «mentire una menzogna», secondo la bellissima espressione delle Leggi, è esattamente la stessa cosa che dire la più pura delle verità. Perché, ed è fondamentale ricordarlo, quando Platone parla dell’utilità della verità (e quindi della menzogna), non si riferisce mai al “particulare” del singolo uomo, umile o potente che sia, ma ad un benessere di tutti gli uomini, della società umana nella sua interezza.

Dimensione quindi sociale, o politica, della verità: anche nel suo rapporto con la giustizia, la verità appare con una serie di sfaccettature difficilmente riassumibili in una formula. Anche perché legata ad una tra le più grandi affermazioni apparentemente paradossali di Platone, e cioè che l’uomo giusto e veritiero è sempre felice, e l’uomo ingiusto e falso è sempre infelice. Paradossale, perché va contro quella che è, da Platone ad oggi, l’opinione più largamente diffusa, e non solo tra le masse; apparentemente paradossale, perché il suo valore rivoluzionario risiede proprio nel non essere la piatta osservazione di quel che accade, bensì la rivendicazione di una serietà e di una vita altre rispetto alle tragedie dell’oggi.

Senso logico, senso politico, senso etico della verità. Quel senso che, se da un lato poteva essere identificato, per l’uomo che vive nella verità, nel condurre con giustizia la propria vita, ci viene presentato da Platone in tutta la complessità, e la tragicità, del concreto vivere degli uomini. Perché se c’è un pensatore antimetafisico, alieno dal parlare in astratto e con quei tremendi paraocchi costituiti dalle generalizzazioni facili e comode, attento sempre alla “dualità” ineliminabile che caratterizza l’uomo, fatto di mente e di corpo, inseparabili, questi è proprio Platone.

E qui si apre tutto quel campo complicato che è costituito, appunto, dai rapporti tra la verità e le opinioni e le passioni dell’uomo. Con una serie raffinatissima di riflessioni, Platone ci conduce ad indagare, nella diversità dei contesti dialogici attraverso i quali costruisce la sua filosofia, le sottili differenze che intercorrono tra il credere ad una verità, l’essere convinti di una verità, ed il sapere una verità, il conoscere una verità; come a dire tra dimensione psicologica e dimensione gnoseologica nel possesso di una verità. E quindi sulla differenza tra opinione (anche quando essa è, o appare, vera) e conoscenza. E quindi sul difficilissimo rapporto che si stringe sempre tra le verità che proclamiamo e le nostre passioni, i nostri sentimenti, le nostre aspettative. Sui quali basiamo anche, quando le abbiamo, le nostre capacità di persuadere gli altri: persuasione-verità è infatti un rapporto molto delicato, e che può assumere volta a volta, a seconda di come e con che fine ce lo giochiamo, risvolti negativi o risvolti positivi.

E poi c’è l’aspetto discorsivo, dialettico, della verità. Questa abita infatti solo ed esclusivamente nei discorsi che la annunciano; ed anche quando, per fini retorici o didascalici, Platone parla di una «verità dei fatti, delle cose, in se stessi» per contrapporla ad una verità solo apparente, quale viene fatta rilucere nelle parole degli imbonitori, dei maghi, o semplicemente dei furfanti, il discorso rimane il solo e l’unico palcoscenico sul quale si rappresenta la vita della verità. Il discorso, cioè il dialogo: nel quale le opinioni si scontrano, si confutano, ma possono trovare anche punti di convergenza, modificarsi, migliorarsi. Purché, ed è fatto che Platone non manca di sottolineare con forza, il discorso e il dialogo si svolgano tra uomini che sinceramente amano la verità, vogliono la verità, tendono alla verità, e non «commettono ingiustizia nei loro discorsi», come vuole un’altra bellissima espressione platonica.

Ma, in effetti, e più profondamente, non è strano non trovare una definizione della verità in Platone. Perché la verità, come si dice più volte nei dialoghi, è questione di dèi, e non di uomini. Appartiene agli dèi e ai sapienti. E gli uomini, dopo le grandi e un po’ mitiche figure degli antichi, antichi già per Platone, ormai non possono più essere sapienti. Ma possono diventare “filosofi”, figure certo più modeste di dèi e sapienti, ma con qualcosa in più: l’amore per la sapienza e la verità, che, quando conquista le loro anime, per dirla con l’Alcibiade del Simposio, le colpisce e le attanaglia con morsi più selvaggi di quelli di una vipera. E l’amore per la sapienza e per la verità deve costituire sempre la passione dominante degli uomini filosofi: dire che la verità è solo degli dèi e non degli uomini non significa rinunciare alla verità; al contrario, impegna l’uomo che la sceglie come l’orizzonte della propria vita a perseguirla sempre, a conquistarla. Perché è possibile raggiungerla; ma bisogna conservare sempre la coscienza che, una volta raggiunta, essa non deve diventare soddisfazione acquietante, vano orgoglio, presunzione di sapienza, ma sempre stimolo a migliorarla, a perfezionarla, ad ampliarla, anche a cambiarla, nel costante dialogo con quegli altri uomini disposti a cercarla, a trovarla, a viverla.

Giovanni Casertano, Paradigmi della verità in Platone, Editori Riuniti – University Press, Roma 2007, pp. 10-13.



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Mario Vegetti – «Comunità giusta, politica dell’anima e dimensione dell’utopia in Platone». Riplasmare la propria forma di vita nella prospettiva e nell’orizzonte della città giusta, quella formata da soggetti che riconfigurano moralmente se stessi e costruiscono un legame comunitario nella critica alla società dell’interesse e della prevaricazione, nell’apertura a una comunità di ragione, nella quale ognuno trovi anche, e intanto, le ragioni – che non possono venire disgiunte da una speranza di felicità – per governare se stesso.

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Maurizio Migliori – Crisi del pensiero critico e della figura dell’intellettuale. Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta da un essere umano. Il balbettio contemporaneo fa impressione per la sua pochezza.

Al centro di questa foto sta H.G. Gadamer; a sinistra H. Kramer e G. Reale; a destra Th. Szlezak e M. Migliori. La foto è stata fatta il 3 settembre 1996 a Tubinga, nell’intervallo di un incontro con Gadamer degli studiosi di Platone della Scuola di Tubinga e di quella di Milano. Immagine tratta dal volume: G. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone, Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle “Dottrine non scitte”, Vita e Pensiero, 1977.


Al centro (fra G. Reale e H. Kramer) sta Th. A. Szlezak (i cui libri su Platone sono, come quelli di Kramer e di Gaiser, in Italia ben noti e molto diffusi). È il successore di K. Gaiser alla direzione del Piaton-Archiv. In piedi, alle spalle di Szlezak, sta M. Migliori (allievo di Reale e professore all’Università di Macerata, autore di alcuni dei più recenti e impegnativi lavori sui dialoghi dialettici di Platone). Questo gruppo rappresenta quella che Kramer chiama Scuola di Tubinga e Scuola di Milano. Questa fotografia è stata scattata a Tubinga, nel Platon-Archiv, il 30 aprile del 1994, a conclusione del convegno platonico in onore di H. Kramer, per festeggiare il suo sessantacinquesimo compleanno. Sul tavolo sta il dattiloscritto della traduzione di V. Cicero del volume di K. Gaiser, La dottrina non scritta di Plalone, con Presentazione di G. Reale e Introduzione di H. Kramer. Immagine tratta dal volume: G. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone, Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle “Dottrine non scitte”, Vita e Pensiero, 1977.

Invito alla lettura

 

Pubblichiamo qui di seguito come invito alla lettura  l’ultimo capitolo del libro «La bellezza della complessità», dal titolo: “Maurizio Migliori, Un paradigma ermeneutico per la storia della filosofia antica. L’approccio multifocale“. Si tratta di un PDF, e può essere letto a video, e/o scaricato e stampato (pp. 29).
Per l’indice del volume cliccare qui: indice


Dedico questa raccolta alle allieve e agli allievi
che ho incontrato nell’arco di cinquant’anni,
nella scuola e nell’Università,
e a tutti coloro che hanno avuto la pazienza
di leggermi e di ascoltarmi,
dando un ulteriore senso
al mio lavoro di ricerca con l’amato Platone.

M. M.

coperta 315Questa è l’affermazione che considero come la formula sintetica
di quello che Platone pensa
della realtà cosmica e del suo “disordinato ordine”
(Maurizio Migliori, Uni-molteplicità del reale e dottrina dei Principi):

Οὐκοῦν εἰ μὴ τοῦτο, μετ’ ἐκείνου τοῦ λόγου ἂν ἑπόμενοι βέλτιον λέγοιμεν ὡς ἔστιν, ἃ πολλάκις εἰρήκαμεν, ἄπειρόν τε ἐν τῷ παντὶ πολύ, καὶ πέρας ἱκανόν, καί τις ἐπ’ αὐτοῖς αἰτία οὐ φαύλη, κοσμοῦσά τε καὶ συντάττουσα ἐνιαυτούς τε καὶ ὥρας καὶ μῆνας, σοφία καὶ νοῦς λεγομένη δικαιότατ’ ἄν.

«Sarà quindi meglio affermare, come più volte abbiamo detto, che nell’universo c’è molto illimitato (ἄπειρόν) e sufficiente (ἱκανόν) limite, e, al di sopra di essi, una causa non da poco, la quale, ordinando e regolando gli anni, le stagioni e i mesi, può, a buon diritto, essere chiamata sapienza e intelligenza» (Platone, Filebo, 30 C 3-7).

***

Maurizio Migliori

La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni

ISBN 978-88-7588-247-1, 2019, pp. 592, Euro 38

indicepresentazioneautoresintesi

 

Locandina M. Migliori – La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni

Questo testo mette a disposizione del lettore importanti studi, alcuni proposti qui per la prima volta in italiano, altri ormai quasi introvabili. Migliori, studioso di Platone internazionalmente riconosciuto, svolge una trattazione che parte da Eraclito e, attraverso la sofistica, raggiunge il filosofo ateniese, che è oggetto di una serie di contributi di assoluto interesse. Molti dialoghi risultano scandagliati in modo approfondito, soprattutto il Fedro e tutti i dialoghi dialettici (Parmenide, Sofista, Politico e Filebo). In effetti, Migliori ha un particolare interesse per la dialettica, il che spiega gli studi su Eraclito e Gorgia. La dialettica è alla base della filosofia platonica, qui ricostruita in modo chiaro e profondo. Le tesi proposte, originali, ma mai svolte per il gusto della novità, manifestano una testarda fedeltà al testo. Lo prova la abbondanza di citazioni presenti in questi articoli, che costituiscono una delle ricchezze offerte al lettore interessato. Anche quando affronta un tema particolarmente dibattuto, come la scrittura filosofica di Platone, Migliori non si limita ad evidenziare l’importanza decisiva del “gioco protrettico” proposto nel Fedro, ma offre una serie di esempi testuali che mostrano nel concreto le tecniche utilizzate dal filosofo.
Tra questi saggi non mancano trattazioni etiche e politiche, al cui interno l’Autore affronta anche tematiche rischiose, come l’analisi del libro X della Repubblica. Mentre vari studiosi vorrebbero quasi espungerlo, Migliori si impegna a mostrare le ragioni che lo rendono utile e necessario per completare questo grande dialogo. Ciò gli dà anche la possibilità di demolire una serie di diffusi luoghi comuni, ad esempio sulla condanna dell’arte, sulle Idee e sull’anima. Quest’ultimo tema è poi affrontato in un saggio, che evidenzia la differenza tra la concezione dell’anima, una delle più grandi “invenzioni” greche, e la visione biblica, centrata sulla resurrezione.
Infine, Migliori fa una proposta ermeneutica e filosofica di fondo, che definisce “approccio multifocale”. Questo paradigma consente, da una parte di capire il pensiero classico che pratica normalmente questo tipo di lettura della realtà, dall’altra di avere una visione che rispetta le relazioni e la complessità del nostro mondo, senza cadere nelle trappole logiche e pratiche del relativismo.


Indice

 

Introduzione di Luca Grecchi

***

Note sulla dialettica in Eraclito
Premessa
La presenza assente del logos
Il contenuto del logos
L’esito finale dell’eraclitismo

***

Gorgia quale sofista di riferimento di Platone
Il problema del rapporto tra Gorgia e Platone
Un primo nesso tra Gorgia e Protagora
Gorgia retore e sofista
Il Gorgia
Il Parmenide
Il Teeteto e il Sofista
Conclusioni

***

La filosofia dei sofisti: un pensiero posteleatico
Diversi possibili itinerari di ricerca
Il quadro descrittivo del Sofista
Il problema del non essere
Il riferimento a Gorgia
Il rapporto filosofico con Protagora
Intreccio e differenze nell’uso dei due sofisti

***

Come scrive Platone.
Esempi di una scrittura a carattere “protrettico”
Alcune premesse di metodo
Un errore volontario
Una maturità precoce?
Il rinvio della trattazione del Bene
Un esercizio infinito
Una necessaria diffidenza
L’architettonica di un dialogo
Allusioni e inserimenti “estemporanei”
Il (cauto) utilizzo di altri dialoghi
L’utilità del metodo proposto

***

La struttura polifonica del Fedro
Una situazione paradossale
Elementi introduttivi alla lettura del dialogo
Un incontro particolare
La struttura del dialogo
Il motivo dominante: la tecnica di comunicazione orale e scritta
e la responsabilità di colui che comunica
Il centro tematico dell’opera: il vero tra filosofia e mania
Il tema più importante: l’anima e il rapporto uomo-Dio
Conclusioni

***

L’unità della Repubblica
come esempio di scrittura platonica: il libro X
Prologo
Alcune riflessioni di valore generale
La fine del libro IX e il collegamento con il libro X
La condanna dell’arte mimetica
Primo punto
Secondo punto
Terzo punto
Il problema delle Idee
Le Idee dei manufatti
Primo problema
Secondo problema
La divinità e la produzione delle Idee
Il problema dell’anima
La partizione dell’anima
Immortalità dell’anima e sopravvivenza
Il mito di Er
Conclusione

***

Dialettica e Teoria dei principi
Nel Parmenide e nel Filebo di Platone
Prologo
Alle fonti della dialettica
Dialettica e filosofia
L’identità unomolti
Un sistema di postulati risolutivi
Originarietà della dialettica
La dialettica come metodo
Natura del metodo dialettico
L’indicazione metodica
I passaggi metodici
Una metodologia complessa
La dialettica come filosofia
Necessità della struttura polare. La negazione dell’UnoUno
Due processi per una sola realtà
La Polarità originaria
Uno e Non Uno
Limite e Illimitato
Polivalenza funzionale dei Principi
Limite, Uno e Bene
La Misura
La visione dialettica del reale
Tutto è Misto
Misto e Idee
Essere e tempo, divenire e atemporalità.
L’inutilità della dialettica dell’Essere senza Uno
Il Divenire e l’Istante
L’articolazione della dialettica platonica: Tutto e parte
Un rapporto dialettico, ma non paritetico
Conseguenze della dialettica interoparte
Dialettica e aporie delle Idee
La dialettica platonica
Una dialettica né binaria né trinaria
Metodo dialettico e Principi primi

 ***

 Alcune riflessioni su misura e metretica
(il Filebo tra Protagora e Leggi, passando per il Politico e il Parmenide)
Prologo
Una premessa di metodo. lo scritto platonico come “gioco”
La trattazione metafisica del Filebo
Prima parte del dialogo: Processo ontogonico e Causa
Premessa: la realtà è uni-molteplice
Le radici metafisiche di questa realtà uni-molteplice
LApeiron
Il Peras
Il misto
La causa
Conseguenze e conferme sul piano cosmo-ontologico
Ordine e disordine del Cosmo alla luce del Politico
La causalità ideale alla luce del Parmenide
Prime conclusioni
Seconda parte del dialogo: il Bene e la Misura
Premessa: la trattazione del Bene è necessaria

  1. Alcune “anticipazioni” sul Bene
  2. Le “allusioni” alla natura del Bene
  3. Il segno del Bene-Misura
  4. Le due trattazioni a confronto
  5. La metretica
  6. La metretica nelle prime opere
  7. Le due metretiche del Politico
  8. L’applicazione della “misura” nell’azione del politico
  9. Un breve riferimento alle Leggi

La vita buona e misurata

Due tipi di uguaglianza
L’importanza del modello trinario

Appendice I
Le Idee sono composte da altre Idee
Appendice II
La trattazione di cause e concause
Fedone
Politico
Timeo

Due brevi osservazioni finali

 ***

 Cura dell’anima.
L’intreccio tra etica e politica in Platone
La natura bivalente della politica
L’intreccio tra etica e politica
Il parallelo tra anima e polis
Potere politico e dominio di sé
Elementi di antropologia platonica
L’anima
Beni e virtù
Due “Idee” di piacere
Il Bene
L’azione del politico
Il ruolo ordinatore delle leggi
Le responsabilità dei soggetti politici
Centralità dell’impianto educativo
Politica e retorica
Il fine della politica: ordine e felicità
Il Bene come fine
Due modelli di vita a confronto
Il piacere e i beni umani
Virtù e felicità
Un necessario approdo escatologico

***

Polivalenza strutturale della filia in Platone
La semanticità di filia nei dialoghi
La funzione sociopolitica dell’amicizia
L’esempio dei conviti
Due specifiche applicazioni
Critone o dell’amicizia
Il rinvio al Primo amico
Una riflessione finale

***

La domanda sull’immortalità e la resurrezione.
Paradigma greco e paradigma biblico
Prologo
L’evoluzione del paradigma greco
La tradizione orfica e il suo sviluppo filosofico
Platone
Una duplice valutazione
Una riflessione razionale sull’anima
Le prove dell’immortalità dell’anima
Tripartizione dell’anima e sua sopravvivenza
Anima e corpo in Aristotele
Immortalità dell’anima ed etica
Immortalità dell’anima ed opere essoteriche
La concezione ebraica
Una visione mitica
Una visione unitaria dell’essere umano
La condizione dopo la morte
Lo stacco tra immortalità dell’anima e resurrezione
Socrate e Cristo
L’incontro nell’ellenismo e nel cristianesimo
Filone di Alessandria
Il primo cristianesimo
Conclusioni

***

Un paradigma ermeneutico
per la storia della filosofia antica: l’approccio multifocale
Una situazione straordinaria
Il senso e le ragioni di una scelta diversa
L’emergere del multifocal approach
Il contributo della sofistica
L’esperienza platonica
L’elaborazione aristotelica
Il valore attuale di questa visione dell’antico

 


In copertina: Vasilij Kandinskij, Verso l’alto (Empor), 1929, olio su cartone. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. L’energia del pensiero nella ricerca della bellezza si protende verso l’alto (empor). Le forme geometriche astratte disegnano il volto di profilo di una persona: il personaggio è sorretto – in un punto di equilibrio ideale – da un trapezio e da una lettera E (empor). L’occhio, lo sguardo, è rivolto verso un’altra grande E a destra, in alto.


Alcuni dei suoi lavori

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Maurizio Migliori – Non c’è opera e non c’è argomento trattato in cui Aristotele non si misuri con i suoi predecessori.

Maurizio Migliori, Uni-molteplicità del reale e dottrina dei Principi


Maurizio Migliori su Youtube

 

Maurizio Migliori: La felicità (Platone) – Università di Macerata

Maurizio Migliori: Introduzione a Platone – Università di Macerata

Maurizio Migliori: La virtu dei greci, realizzazione di se stessi

Maurizio Migliori: Platone, dialettica e complessità del piacere

Maurizio Migliori: Fare un mestiere bellissimo e impossibile, lo storico della filosofia antica

Maurizio Migliori – Platone: Un pensiero della dialettica

Maurizio Migliori: La libertà non è star sopra un albero

Maurizio Migliori – La crisi e la speranza

Maurizio Migliori: Il contributo degli antichi

Maurizio Migliori: La felicità

Maurizio Migliori: Platone, il disordine ordinato

Maurizio Migliori: Il De generatione et corruptione di Aristotele: una base per l’ontologia del sensibile. Parte Prima

Maurizio Migliori: Il De generatione et corruptione di Aristotele: una base per l’ontologia del sensibile. Parte Seconda


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Ho fatto un sogno … tendere al coglimento di ciò che ancora non si conosce delle cose passate, presenti o future … Ma occorre distinguere sempre tra una vita vissuta nella verità ed una vissuta nella falsità, che si sogni o si sia svegli. Il filosofo vive questo difficile impegno: salvare il senso delle cose, cercare la verità dei sogni e al di là dei sogni.


M. Chagal, Sogno d’amore


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Platone – La ποίησις [creazione] è causa del passaggio dal non essere all’essere, e coloro che posseggono questa arte della creazione sono detti creatori [poeti] (ποιηταί).

La ποίησις [creazione] è causa del passaggio
dal non essere all’essere,
e coloro che posseggono questa arte della creazione
sono detti creatori [poeti] (ποιηταί)

 

οἶσθ’ ὅτι ποίησίς ἐστί τι πολύ· ἡ γάρ τοι ἐκ τοῦ μὴ ὄντος εἰς τὸ ὂν ἰόντι ὁτῳοῦν αἰτία πᾶσά ἐστι ποίησις, ὥστε καὶ αἱ ὑπὸ πάσαις ταῖς τέχναις ἐργασίαι ποιήσεις εἰσὶ καὶ οἱ τούτων δημιουργοὶ πάντες ποιηταί. […] Ἀλλ’ ὅμως, ἦ δ’ ἥ, οἶσθ’ ὅτι οὐ καλοῦνται ποιηταὶ ἀλλὰ ἄλλα ἔχουσιν ὀνόματα, ἀπὸ δὲ πάσης τῆς ποιήσεως ἓν μόριον ἀφορισθὲν τὸ περὶ τὴν μουσικὴν καὶ τὰ μέτρα τῷ τοῦ ὅλου ὀνόματι προσαγορεύεται. ποίησις γὰρ τοῦτο μόνον καλεῖται, καὶ οἱ ἔχοντες τοῦτο τὸ μόριον τῆς ποιήσεως ποιηταί.

 

Tu sai che la creazione (ποίησις) è qualcosa di molteplice. La causa, infatti, per la quale una cosa passa dal non essere all’essere è sempre la ποίησις. Cosicché tutte le opere che si realizzano nelle diverse arti (τέχναις) sono creazioni (ποιήσεις) e tutti gli artefici sono creatori [poeti] (ποιηταί). […] Però sai che non sono chiamati tutti creatori (ποιηταὶ), ma hanno altri nomi (ὀνόματα), e che una parte distinta di tutta intera la creazione, ossia quella che riguarda la musica (μουσικὴν) e i versi (μέτρα), viene designata con il nome dell’intero (τοῦ ὅλου ὀνόματι). Solamemnte questa viene detta creazione (ποίησις), e coloro che posseggono questa arte della creazione sono detti creatori [poeti] (ποιηταί).

 

Platone, Simposio, 205 b-c, trad. di Giovanni Reale, in Id., Tutti gli scritti, Bompiani, Milano 2001, p. 513.


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