Aristotele (384-322 a.C.) – «Protreptico. Esortazione alla filosofia». La felicità della vita non consiste nel possesso di grandi sostanze, quanto piuttosto nel trovarsi in una buona condizione dell’anima. La conoscenza e il pensiero filosofico costituiscono il compito proprio dell’anima. Questa è la cosa più desiderabile per noi.

Aristotele- Protreptico
Aristotele, Protreptico. Esortazione alla filosofia, a cura di Enrico Berti, UTET, Torino 2008.

La felicità della vita non consiste nel possesso di grandi sostanze,
quanto piuttosto nel trovarsi in una buona condizione dell’anima.

Si può chiamare felice soltanto quell’anima che sia educata, e soltanto l’uomo educato,
non colui che è ornato di splendidi beni esterni, ma che personalmente non vale nulla.

Bisogna considerare uomini meschini
coloro per i quali l’acquisizione di qualche ricchezza è più importante del loro carattere
.

La saggezza filosofica  è il risultato del proprio più serio impegno e della ricerca
di quelle cose che la filosofia ci pone in grado di cercare; perciò dobbiamo dedicarci alla ricerca filosofica
.

Dobbiamo diventare filosofi se vogliamo attendere rettamente
agli affari dello stato e ordinare utilmente la nostra vita privata.

Il filosofo soltanto vive mirando costantemente alla natura ed al divino.
Come il buon capitano di una nave, egli ormeggia la sua vita a ciò che è eterno e costante,
là getta l’ancora e vive padrone di sé.

Coloro che si dedicano alla filosofia
non ne hanno dagli uomini una ricompensa che li possa spronare a tali sforzi
.

La saggezza filosofica è una parte dell’eccellenza dell’anima e della vita felice.

La conoscenza e il pensiero filosofico costituiscono il compito proprio dell’anima.
Questa è la cosa più desiderabile per noi
.

La gioia che deriva dal pensiero costituisce la più eminente delle gioie della vita.

Per gli uomini non c’è nulla di divino e di beato all’infuori di quell’unica cosa che sola merita i nostri sforzi,
cioè quanto esiste in noi di intelligenza e capacità della mente.


lI tuo desiderio di sapere e i tuoi sforzi, mio caro Temisone, per conseguire l’eccellenza e una vita felice, mi sono noti per sentito dire, ed io sono convinto [B1] che nessuno è in condizioni più propizie delle tue per accostarsi alla filosofia, dal momento che tu sei ricco, sicché puoi prodigare del denaro a questo scopo, e la tua posizione è eminente. Ora la maggioranza delle persone pensa che una vita felice si fondi sul possesso dei beni esterni, e non del tutto senza ragione, perché vediamo che ad alcuni tutto procede per il meglio, e il successo arride, sebbene siano stolti. Ma certamente tu hai anche sperimentato dei casi in cui accade il contrario. Sia, quindi, dalla tua conoscenza del passato, che per la tua personale esperienza ti verranno in mente molti casi in cui l’orgogliosa grandezza è caduta in rovina; tu hai conosciuto degli uomini che riponevano troppa fiducia nella ricchezza, nella felicità e nel potere, e che quindi dovettero provare una repentina caduta nell’infelicità. Quanto maggiore fu il loro successo, tanto più grave sentono l’insuccesso e l’infelicità, e si vergognano perché la loro attuale posizion [B2] impedisce loro di prendere l’iniziativa di compiere ciò che considerano il loro dovere. E poiché vediamo le disgrazie di queste persone, dovremmo evitare una sorte simile, e tenere presente che la felicità della vita non consiste nel possesso di grandi sostanze, quanto piuttosto nel trovarsi in una buona condizione dell’anima. Anche per quanto riguarda il corpo, nessuno dirà che è favorito perché è avvolto in abiti magnifici, ma piuttosto si dice così di quello che è dotato di buona salute e si trova in buona condizione, dovessero pure mancargli tutti quegli ornamenti esterni. Allo stesso modo, si può chiamare felice soltanto quell’anima che sia educata, e soltanto l’uomo educato, non colui che è ornato di splendidi beni esterni, ma che personalmente non vale nulla. Così è anche per un cavallo; può portare un morso d’oro e finimenti preziosi, ma se per il resto non vale nulla, non lo apprezziamo affatto, e diamo invece la preferenza a quello che possiede delle buone qualità. [B3] Inoltre accade che, quando gente dappoco giunge in possesso di grandi sostanze, spesso apprezzi queste proprietà perfino più dei beni dell’anima, che è la cosa fra tutte più vergognosa. Se un signore apparisse da meno del suo servo, sarebbe oggetto di derisione; allo stesso modo, bisogna considerare uomini meschini coloro per i quali l’acquisizione di qualche ricchezza è più importante del loro carattere.

[B4] Così è in realtà; poiché, come dice il proverbio, sazietà genera insolenza; e quando la mancanza di educazione si accompagna al potere, ne nasce la megalomania. A coloro la cui anima è mal disposta, né la ricchezza, né la forza, né la bellezza sono utili, ma invece quanto più abbondantemente essi posseggono queste cose, tanto più profondamente e per modi più numerosi questo possesso li danneggia, se non è accompagnato da saggezza. Il detto “al bambino non dare un coltello” significa “non dare potere alle persone da poco”. [B5] La saggezza filosofica per contro – su questo punto tutti concorderanno – è il risultato del proprio più serio impegno e della ricerca di quelle cose che la filosofia ci pone in grado di cercare; perciò dobbiamo dedicarci alla ricerca filosofica senza cercar scampo in pretesti. [B6] L’espressione “filosofare” significa da un lato chiedersi se bisogna dedicarsi alla filosofia, e dall’altro dedicarsi alla filosofia. [B7] Poiché ci rivolgiamo a uomini, e non a quegli esseri la cui vita è divina, allora dobbiamo aggiungere a quelle anche altre esortazioni che siano di utilità pratica nella vita sociale. Si dirà dunque così. [B8] Ciò che abbiamo a disposizione per vivere, cioè il corpo, e ciò che serve al corpo, costituisce per noi come una sorta di strumento. L’uso di questi strumenti è esposto a pericolo: per le persone che non li sanno usare nel modo retto, essi producono per lo più l’effetto opposto. Noi dobbiamo dunque aspirare a quella forma di sapere che ci possa aiutare ad adoperare nel modo migliore tutti questi strumenti, dobbiamo conseguirla ed usarla in modo appropriato. Dobbiamo diventare filosofi, se vogliamo attendere rettamente agli affari dello stato e ordinare utilmente la nostra vita privata.

[B9] Esistono, ora diversi tipi di conoscenza; quella conoscenza che produce i beni della vita, e quella che se ne serve. Un’altra partizione è questa: ci sono tipi di conoscenza subordinati, ed altri che impongono l’ordine. Questi ultimi occupano il posto più elevato, e presso di loro si trova il bene in senso autentico. Se ora soltanto quella sorta di sapere che è capace di esprimere un giudizio esatto, che usa la ragione ed ha di mira il bene nella sua totalità, vale a dire la filosofia, sa servirsi di tutti gli altri tipi di conoscenza e dirigerli in accordo ai princìpi della natura, questo è un ulteriore argomento che indica che dobbiamo dedicarci alla filosofia. Infatti soltanto la filosofia include in sè l’esattezza di giudizio e l’infallibile saggezza, la quale ha la capacità di determinare con i suoi ordini che cosa bisogna fare e che cosa no. […]

[B40] Tutti gli uomini decidono a favore di ciò che ha maggiore consonanza con il loro carattere, così per esempio il giusto sceglie la vita giusta, il valoroso la vita valorosa, l’uomo temperato la vita secondo la temperanza. Similmente è chiaro che l’uomo dotato di capacità intellettuali si deciderà per la filosofia, perchè il filosofare è compito di quella capacità. Da questo giudizio, espresso con la maggiore sicurezza possibile, risulta chiaramente che la capacità dell’intelletto è il più alto di tutti i beni. [B41] Con ancora maggiore chiarezza la verità di questa tesi risulta dai seguenti argomenti. La riflessione e la conoscenza sono desiderabili dagli uomini di per sè, in quanto senza di esse non è possibile vivere una vita degna di un uomo. Ma esse sono anche utili per la vita pratica, perché nulla ci appare buono, se non è portato a compimento con la riflessione e mediante un’attività avveduta. Ora, la vita felice, può consistere nella gioia e nel benessere, o nel possesso dell’eccellenza morale, o nell’esercizio della capacità intellettuale: in ognuno di questi casi, comunque, bisogna dedicarsi alla filosofia, perché un giudizio chiaro su queste cose si può conseguire soltanto mediante la filosofia.

[B42] Chi cerca da ogni forma di scienza un risultato diverso da essa ed esige che ogni scienza debba essere utile, ignora completamente quale fondamentale differenza ci sia tra ciò che è buono e ciò che è necessario; è, infatti, una differenza straordinariamente grande. Perché quelle cose che noi desideriamo in vista di qualcos’altro, e senza le quali non è possibile vivere, le chiamiamo necessarie e concause; ciò , invece, che desideriamo per se stesso, anche se non ci procura null’altro, lo chiamiamo bene in senso proprio. Infatti una cosa non è desiderabile sempre in vista dell’altra, e così avanti all’infinito: da qualche parte ci deve essere un punto fermo. E’, di fatto, completamente ridicolo cercare ovunque un’utilità che sia diversa dalla cosa stessa, e chiedersi: “quale vantaggio ne abbiamo?”, e “a cosa può servire?“. Chi parla così, in nessun modo, come s’è detto, risulta simile a colui che conosce il bello ed il bene e sa distinguere tra causa e concausa. […]

[B44] Non dobbiamo perciò preoccuparci se la filosofia non si dimostra utile o vantaggiosa perché non affermiamo innanzi tutto che sia vantaggiosa, ma piuttosto che è buona, e che la si debba scegliere non per qualcos’altro, ma per se stessa. […] [B45] Così ora abbiamo preso le mosse dal finalismo della natura per un’esortazione alla filosofia, convinti che il dedicarsi alla filosofia costituisca un bene ed è nobile cosa già per sé, anche se non ne dovesse derivare alcuna utilità per la vita pratica.

[B46] Che però la speculazione filosofica sia realmente utile anche per la vita pratica di ogni giorno si comprenderà facilmente se lo si esemplifica con le arti e le professioni. […] Allo stesso modo anche il politico deve avere certi termini di riferimento, che desume dalla natura stessa e dalla verità, con l’aiuto dei quali potrà giudicare che cosa è giusto, che cosa è bello e che cosa è conveniente. Infatti, come gli strumenti del tipo di cui abbiamo parlato sono i migliori nelle attività professionali, così anche il miglior termine di riferimento è quello che in massimo grado si conformi alla natura. […] [B50] Infatti il filosofo soltanto vive mirando costantemente alla natura ed al divino. Come il buon capitano di una nave, egli ormeggia la sua vita a ciò che è eterno e costante, là getta l’ancora e vive padrone di sé. [B51] Ora questa conoscenza è di per sè teoretica, però ci offre la possibilità di regolare su di essa ogni nostra azione. Come cioè, la vista non crea né produce nulla, perché la sua funzione è soltanto quella di distinguere a rendere evidenti ognuna delle cose visibili, però ci pone in grado di fare certe cose ricorrendo ad essa, e ci offre l’aiuto più importante per l’azione (infatti saremmo pressoché completamente incapaci di muoverci, se non la possedessimo), così anche risulta chiaro che mediante questo sapere noi compiamo innumerevoli azioni, sebbene esso sia teoretico; con il suo aiuto decidiamo se una certa cosa deve essere ricercata, un’altra evitata; ma soprattutto, mediante questa conoscenza, conseguiamo tutto ciò che è buono.

[B52] Chi si propone di verificare ciò che abbiamo detto, deve avere ben chiaro che tutto ciò che per l’uomo è buono e utile alla vita sta nell’esercizio e nell’azione, e non nella sola conoscenza del bene. […] ciò che importa più di tutto, non viviamo una vita più bella e più nobile perché conosciamo qualcosa dell’essere, ma piuttosto perché il nostro agire è buono; questa infatti è veramente la vita felice. Ne consegue che anche la filosofia, se è davvero utile come noi asseriamo, o è un esercizio di azioni rette, oppure è giovevole per tali azioni. [B53] Quindi non bisogna fuggire la filosofia, se davvero la filosofia è, come io credo, acquisizione e applicazione della sapienza, e si annovera la sapienza tra i beni più alti. Se per amore del denaro si viaggia fino alle colonne d’Eracle e ci si espone a molti rischi, perché non si dovrebbe affrontare qualche fatica e qualche spesa per la filosofia? E’ tipico dell’uomo comune, in realtà, di desiderare la vita e non la vita buona, di seguire le opinioni del volgo invece di aspettarsi che sia esso a dare ascolto alla sua opinione, di essere avido di denaro, ma di non occuparsi per nulla delle cose nobili. (B54) L’utilità e l’importanza dell’oggetto mi sembrano ormai sufficientemente provate. Ci si dovrebbe poi convincere che è molto più facile conseguire la conoscenza filosofica che qualsiasi altro bene in base a quanto segue. [B55] Coloro che si dedicano alla filosofia non ne hanno dagli uomini una ricompensa che li possa spronare a tali sforzi. Essi possono aver dedicato molta fatica per conseguire altre capacità, e tuttavia in tempo minore compiono rapidi progressi verso la scienza esatta; questo mi sembra indicare con quale facilità si può conseguire la conoscenza filosofica. [B56] Un ulteriore argomento è che tutti gli uomini si sentono a loro agio nella filosofia, e volentieri si dedicano ad essa, mentre lasciano ogni altro interesse. Anche questo costituisce una prova non piccola che è un piacere occuparsi di essa, giacché, se fosse semplicemente una fatica, nessuno si tormenterebbe a lungo con essa. Inoltre l’attività filosofica ha un altro grande vantaggio rispetto a tutte le altre; non si ha cioè bisogno di un particolare strumento, né di una sede particolare per esercitarla, ma in qualunque punto della terra uno si ponga all’opera con il pensiero, dovunque gli sarà allo stesso modo possibile afferrare la verità, come se essa fosse presente. [B57] Così dunque è provato che è possibile dedicarsi alla filosofia, che essa è il maggiore di tutti i beni, e che è facile conseguirla. Per tutti questi motivi, vale la pena di coltivarla con passione.

[B58] Affrontiamo ora il problema del compito specifico della conoscenza filosofica, e per quale motivo a essa tutti aspiriamo. Vorrei giungere a una risposta procedendo da un diverso punto di partenza. […] [B68] Sicché nessuna delle virtù particolari, di cui si parla comunemente, costituisce l’opera della saggezza filosofica; infatti essa è superiore a tutte queste. Il fine conseguito è sempre superiore alla conoscenza mediante la quale lo si consegue. Per altro non ogni eccellenza dell’anima è un risultato della saggezza filosofica, e neppure la vita felice. Se infatti la saggezza filosofica fosse produttiva, allora produrrebbe qualcosa di diverso da se stessa, così come l’architettura fabbrica le case, pur senza essere una parte della casa; la saggezza filosofica, invece, è una parte dell’eccellenza dell’anima e della vita felice. Infatti io affermo che la vita felice, o ne deriva, oppure è essa stessa.

[B69] In base a questo argomento, la saggezza filosofica quindi non può essere una scienza produttiva; il fine deve stare al di sopra della via che conduce ad esso; ma non esiste nulla di più alto della vita filosofica, se non forse una delle cose che abbiamo menzionato prima, cioè eccellenza e vita felice: ma la loro opera non è niente altro che la vita filosofica. Bisogna quindi tener per fermo che la conoscenza di cui parliamo è teoretica, dal momento che il suo fine non può essere una produzione. [B70] La conoscenza e il pensiero filosofico costituiscono dunque il compito proprio dell’anima. Questa è la cosa più desiderabile per noi, paragonabile, io credo alla vista, che certamente si apprezzerebbe anche nel caso in cui grazie ad essa non si ottenesse altro risultato se non appunto e soltanto il vedere. […] [B89] Parimenti chiamiamo vita felice quella vita felice la cui presenza dà felicità alle persone che la vivono; non parliamo di vita felice nel caso di persone che nel vivere hanno gioia da qualche cosa, ma nel caso di coloro per i quali la vita stessa costituisce una gioia, e che appunto provano gioia nel vivere. (B90) In base a queste considerazioni, diciamo che chi è desto vive in maggior grado di chi dorme, chi è intelligente in maggior grado di chi manca di intelligenza, e riteniamo che la gioia nella vita dipenda dall’uso che si fa dell’anima; l’attività dell’anima costituisce realmente la vita. (B91) Si può essere attivi con l’anima in diversi modi, però l’attività più importante di tutte è comunque quella di pensare quanto più intensamente si può. E’ un punto acquisito, quindi, che la gioia che deriva dal pensiero costituisca l’unica, o la più eminente delle gioie della vita. Vivere felicemente e provare la vera gioia è dunque una prerogativa esclusiva o preminente del filosofo. Infatti l’esercizio dei nostri pensieri più veri, che traggono alimento dai più alti princìpi dell’essere e custodiscono continuamente e con saldezza la compiutezza che a essi è accordata, è proprio quella che procura in massimo grado la gioia della vita fra tutte le altre attività. [B92] Proprio per gustare le gioie vere e buone gli uomini intelligenti devono dunque dedicarsi alla filosofia.

[B102] Anche la paura della morte che è propria dell’uomo comune attesta il desiderio di conoscenza dell’anima. Essa infatti fugge ciò che le è ignoto, l’oscurità ed il mistero, e per sua natura cerca ciò che è visibile e conoscibile. […]

[B104] Si potrebbe capire questa stessa cosa anche in base a ciò che diremo ora, se soltanto si considerasse la vita umana spassionatamente. Allora si scoprirebbe che tutte quelle cose che appaiono importanti agli uomini, altro non sono che un gioco delle vane ombre. Perciò a ragione si dice anche a ragione che l’uomo è un nulla, e che nulla delle cose umane ha stabilità. Infatti la forza, la grandezza e la bellezza sono cose risibili, e prive di ogni valore; esse ci appaiono tali soltanto perché non siamo in grado di vedere nulla rettamente.

[B105] […] Onore e reputazione, le cose a cui solitamente l’uomo aspira più che ad ogni altra, sono piene di indescrivibile stoltezza; infatti chi ha visto qualcuna delle realtà eterne giudica assurdo faticare per tali scopi. Che cosa c’è tra le cose umane che viva a lungo o abbia una durata consistente? Soltanto per la nostra debolezza e per la brevità della nostra vita, a mio giudizio, anche queste ci appaiono grandi. […] [B108] Per gli uomini non c’è dunque nulla di divino e di beato, all’infuori di quell’unica cosa che sola merita i nostri sforzi, cioè quanto esiste in noi di intelligenza e capacità della mente. Di tutto ciò che è nostro, questo solo sembra incorruttibile.

Aristotele, Protreptico. Esortazione alla filosofia, a cura di Enrico Berti, UTET, Torino 2008.


Aristotele – Questa è la vita secondo intelletto: vivere secondo la parte più nobile che è in noi
Aristotele (384-322 a.C.) – La «crematistica»: la polis e la logica del profitto. Il commercio è un’arte più scaltrita per realizzare un profitto maggiore. Il denaro è l’oggetto del commercio e della crematistica. Ma il denaro è una mera convenzione, priva di valore naturale.
Aristotele (384-322 a.C.) – La mano di Aristotele: più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; la mano costituisce non uno ma più strumenti, è uno strumento preposto ad altri strumenti.
Aristotele (384-322 a.C.) – Da ciascun seme non si forma a caso una creatura qualunque. La nascita viene dal seme.
Aristotele (384-322 a.C.) – In tutte le cose naturali si trova qualcosa di meraviglioso.
Aristotele (384-322 a.C.) – Se l’intelletto costituisce qualcosa di divino rispetto all’essere umano, anche la vita secondo l’intelletto sarà divina rispetto alla vita umana. Per quanto è possibile, ci si deve immortalare e fare di tutto per vivere secondo la parte migliore che è in noi
Aristotele (384-322 a.C.) – Se uno possiede la teoria senza l’esperienza e conosce l’universale ma non conosce il particolare che vi è contenuto, più volte sbaglierà la cura, perché ciò cui è diretta la cura è, appunto, l’individuo particolare.
Aristotele (384-322 a.C.) – Diventiamo giusti facendo ciò che è giusto. Nessuno che vuol diventare buono lo diventerà senza fare cose buone. Il fine deve essere ipotizzato come un inizio perché il fine è l’inizio del pensiero, e il completamento del pensiero è l’inizio di azione. ⇒ Una Trilogia su Aristotele: «Sistema e sistematicità in Aristotele». «Immanenza e trascendenza in Aristotele». «Teoria e prassi in Aristotele».
Aristotele (384-322 a.C.) – Le radici della ‘paideia’ sono amare, ma i frutti sono dolci. Il modello più razionale di ‘paideia’ abbisogna di tre condizioni: natura, apprendimento, esercizio.
Aristotele (384-322 a.C.) – La virtù è uno stato abituale che orienta la scelta, individua il giusto mezzo e lo sceglie. Il male ha la caratteristica dell’illimitato, mentre il bene ha la caratteristica di ciò che è limitato.
Aristotele (384-322 a.C.) – Tutti gli uomini per natura tendono al sapere. L’intelletto è quanto di più elevato si possa pensare, è il «toccare» il vero, rappresenta la realtà più divina ed eccellente che c’è in noi.
Aristotele, La mano è azione: afferra, crea, a volte si direbbe che pensi. La mano ha fatto l’uomo, è l’uomo stesso, è lo strumento degli strumenti. In verità il pensiero si impone come artigianale così come la mano.
Aristotele (384-322 a.C.) – La poesia è qualche cosa di più filosofico e di più elevato della storia. La poesia tende piuttosto a rappresentare l’universale, la storia il particolare
Aristotele (384-322 a.C.) – In qualunque campo si raggiungerebbe la migliore visione della realtà, se si guardassero le cose nel loro processo di sviluppo e fin dalla prima origine.
Aristotele (384-322 a.C.) – Il fatto di vivere è comune anche alle piante. Ciò di cui andiamo in cerca per l’uomo è qualcosa di specifico. Il bene umano risulta essere l’attività dell’anima secondo virtù in una vita umana compiuta, in atto nel senso più proprio. un solo giorno o un breve periodo di tempo non rendono beato e felice nessuno.
Aristotele (384-322 a.C.) – Non si deve nutrire un infantile disgusto verso lo studio dei viventi più umili: in tutte le realtà naturali v’è qualcosa di meraviglioso che offre grandissime gioie a chi sappia comprenderne le cause, cioè sia autenticamente filosofo.
Aristotele (384-322 a.C.) – Moralmente bello significa fare il bene senza mirare al contraccambio. L’uomo moralmente retto ricerca per sé il bello morale e antepone il bello a tutto il resto.
Aristotele (384-322 a.C.) – Tra tutti i beni quelli scelti in vista di se stessi sono fini. Tra questi, poi, sono belli tutti quelli che sono degni di lode. Infatti questi sono quelli da cui derivano azioni che sono degne di lode ed essi stessi sono degni di lode.
Aristotele (384-322 a.C.) – La moneta è nata per convenzione. Essa ha il nome di moneta (nomisma), perché non esiste per natura ma per legge (nomos), e dipende da noi cambiarne il valore e porla fuori corso.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.