Daniel De Foe (1660-1731) – Robinson Crusoe è il naufrago della società pre-moderna che approda sull’isola della modernità: è l’infelice che ignora le cause della propria infelicità. Anzi, che ignora perfino la propria infelicità, perché la sua ignoranza di se stesso è abissale

De Foe

Stampa originale del 1719 del libro “Robinson Crusoe”, di Daniel DefoeStampa originale del 1719 del libro Robinson Crusoe, di Daniel De Foe.

di Francesco Lamendola (16/08/2011)

 

«Ho osservato che molti autori di libri di viaggi si sono dilungati a narrare delle famiglie dei nobili e dei ricchi […] ne ho trovati davvero pochi che si siano occupati della gente umile: come vive, quali sono le sue attività […] eppure, secondo me, queste osservazioni sono di grande importanza».

Daniel De Foe, Viaggio attraverso l’intera isola della Gran Bretagna, 3 voll., 1724-1727.

 

Il Viaggio attraverso l'intera isola della Gran Bretagna fu pubblicato in tre volumi fra il 1724 e il 1727 ed era una vera e propria guida turistica per i paesi britannici. Accanto a pagine di straordinaria invenzione letteraria, l'opera presenta una gran quantità di informazioni geografiche, storiche ed economiche, un'accurata descrizione di città e campagne e molte curiosità per il viaggiatore dell'epoca.

Che ne pensava Karl Marx

Karl Marx commentò per la prima volta Robinson Crusoe in due scritti giovanili, La miseria della filosofia e i Grundrisse, pubblicati postumi. Nel primo, Marx critica Robinson sostenendo che si tratta di un eremita che produce solo per sé e che quindi non può rappresentare veramente il processo di produzione che interpreta come un fatto essenzialmente sociale. Ma nei Grundrisse, riprende la discussione in modo più completo, insistendo che «il cacciatore e il pescatore isolati da cui partono Smith e Ricardo» non appartengono al Robinson originale di Defoe ma «alle poco fantasiose riscritture delle storie di Robinson Crusoe [Robinsonaden]». Quindi per Marx le Robinsonate degli specialisti dell’economia sono fuorvianti; non così invece il romanzo originale di Defoe. Come scrive S. S. Prawer, La biblooteca di Marx, Garzanti: «Marx in verità attacca ‘il mito di Robinson Crusoe’ e non il libro in sé». Questo appare ancora più chiaramente nella discussione più esauriente e dettagliata che Marx fa di Robinson nel primo libro del Capitale: «Poiché l’economia politica predilige le robinsonate evochiamo per primo Robinson nella sua isola […] ha tuttavia bisogni di vario genere da soddisfare, e quindi deve compiere lavori utili di vario genere, deve fare strumenti, fabbricare mobili, addomesticare capre, pescare, cacciare ecc. Qui non parliamo delle preghiere e simili, poiché il nostro Robinson ci prende il suo gusto e considera tali attività come ricreazione. Nonostante la differenza fra le sue funzioni produttive egli sa che esse sono soltanto differenti forme di operosità dello stesso Robinson, e dunque modi differenti di lavoro umano […]. Il nostro Robinson che ha salvato dal naufragio orologio, libro mastro, penna e calamaio, comincia da buon inglese a tenere la contabilità di se stesso. Il suo inventario contiene un elenco degli oggetti d’uso che possiede, delle diverse operazioni richieste per la loro produzione, e infine del tempo di lavoro che gli costano in media determinate quantità di questi diversi prodotti. Tutte le relazioni fra Robinson e le cose che costituiscono la ricchezza che egli stesso s’è creata sono qui tanto semplici e trasparenti, che (è possibile) capirle senza particolare sforzo mentale. Eppure, vi sono contenute tutte le determinazioni essenziali del valore» (K. Marx, Il Capitale, 1970 pp. 108-109).


 

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Niccolò Machiavelli (1469-1527) – Insegnare ad altri quel bene che per la malignità dei tempi e della fortuna tu non hai potuto operare, acciocché, essendone molti capaci, alcuno di quelli più amati dal cielo possa operarlo

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Niccolo MACHIAVELLI, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Venice, Aldus, 1540.

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«Se la virtù che un tempo regnava e il vizio che ora regna non fossero più chiari che il sole, andrei parlando più rattenuto … Ma essendo la cosa sì manifesta che ciascuno la vede, sarò animoso in dire manifestamente quello che intenderò di quelli e di questi tempi, acciocché gli animi dei giovani, che questi miei scritti leggeranno, possano fuggire questi e prepararsi ad imitar quelli.
Perché è ufficio d’uomo buono insegnare ad altri quel bene che per la malignità dei tempi e della fortuna tu non hai potuto operare, acciocché, essendone molti capaci, alcuno di quelli più amati dal cielo possa operarlo».

Niccolò Machiavelli, Discorsi, Proemio, Libro II, 1531.

Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio


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