Heinrich von Kleist (1777-1811) – Nulla può essere più triste e inquietante di questa posizione nel mondo: l’unica scintilla di vita nel vasto dominio della morte

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Caspar David Friedrich, Monaco in riva al mare.

Nell’opera pittorica di Caspar David Friedrich, e in particolare in una sua tela Monaco in riva al mare, 1808-1810, si intrecciano solitudine e malinconia. Nella tela un monaco su di una spiaggia deserta contempla il mare; e le impressioni di tristezza e di solitudine nascono dal contrasto fra l’esile figura umana e la sconfinata immensità del mare. Su questa tela Heinrich von Kleist ha scritto:

Kleist Meridiani

«È magnifico volgere lo sguardo, in una infinita solitudine sulla riva del mare, sotto un cielo grigio, verso uno sconfinato deserto d’acqua. Ciò richiede nondimeno che si sia andati là, che si debba tornare indietro, che si desideri passare dall’altra parte, che non lo si possa fare, che si senta la mancanza di tutto l’occorrente per scrivere, eppure si oda la voce della vita nel mormorio della marea, nell’alito dell’aria, nel passaggio delle nuvole, nel grido solitario degli uccelli. […] Nulla può essere più triste e inquietante di questa posizione nel mondo: l’unica scintilla di vita nel vasto dominio della morte, il solitario centro in un orbe solitario. Il quadro, con i suoi due o tre oggetti misteriosi, sta lì come l’Apocalisse, quasi avesse i Pensieri notturni di Young, e poiché, nella sua uniformità e sconfinatezza, non ha altro primo piano che la cornice, è come se a chi lo osserva fossero recise le palpebre».

Heinrich von KleistOpere, Mondadori, Milano, 2012

 

 

 


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Maria Zambrano (1904-1991) – Saper guardare un’icona significa liberarne l’essenza, portarla alla nostra vita

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Luoghi della pittura

«Ogni icona chiede di essere liberata, ogni forma è un carcere, però è anche il solo modo in cui, nel mondo in cui viviamo, un’essenza si conserva senza disperdersi – anche la parola è una fonna che cattura e opprime. Saper guardare un’icona significa liberarne l’essenza, portarla alla nostra vita, senza distruggere la forma che la contiene, lasciandola allo stesso tempo lì; è una cosa difficile e che ha bisogno di allenamento. […] Saper contemplare deve essere saper guardare con tutta l’anima, con tutta !’intelligenza e persino con il cosiddetto cuore, il che significa partecipare, partecipare all’essenza contemplata nell’immagine, vivificarla».

Maria Zambrano, Luoghi della pittura, medusa, Milano, 2002.

 

 


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