Eugène Minkowski – Il tempo vissuto – L’azione etica apre l’avvenire davanti a noi perché resiste al divenire: è la realizzazione di quanto vi è di più elevato in noi
La ricerca dell’azione etica
Ci resta da porre l’ultima pietra al nostro edificio. […] Intendo parlare del fattore etico nella nostra vita.
Quanti pensieri risveglia questa parola e quanti problemi ci pone! Fenomeni quali la responsabilità, la condanna, il dovere e soprattutto la libertà […]. E la ricchezza stessa di questi problemi sembra indicare tutta l’importanza che deve avere nella nostra vita il fattore etico […]. Qui ci limiteremo a esaminare il fenomeno etico soltanto nella misura in cui partecipa alla struttura generale del tempo e più particolarmente dell’avvenire.
[…] Costituisce il pilastro principale sul quale si basa la vita. Senza di esso non soltanto saremmo esseri amorali […], ma tutta la nostra vita risulterebbe singolarmente modificata nella sua struttura; immersi nelle tenebre, non vedremmo più l’avvenire aprirsi ampiamente davanti a noi; il nostro sguardo non saprebbe più scrutare l’orizzonte per attingervi le forze vive di tutta la nostra esistenza; a malapena potrebbe scoprire davanti a sé, urtandovi contro, qualche ombra scialba verso cui si dirigerebbero la nostra attività e i nostri desideri, ammettendo che tali desideri e tale attività possano sussistere ancora senza questo slancio verso il bene.
L’avvenire si restringerebbe così stranamente davanti a noi; esisterebbe ancora appena, spento, scialbo e privo di vita. Certo, la ragione ci parla dell’avvenire infinito e poco si preoccupa delle sorgenti cui questo avvenire attinge tutta la sua grandezza […]. Da questo punto di vista solo la tendenza all’azione etica, per quanto eccezionale nella vita quotidiana, apre ampiamente, nel modo più ampio possibile, l’avvenire davanti a noi. Ci sono dei fenomeni che si impongono per la loro grandezza e non per la loro frequenza; uno di questi è la tendenza verso l’azione etica.
“Molti vivono così e muoiono senza avere conosciuto la vera libertà”, dice Bergson. Ciò è fin troppo esatto. Ma questo non contraddice l’affermazione che l’azione etica, pur essendo del tutto eccezionale nella vita empirica, rappresenta tuttavia uno degli elementi costitutivi essenziali, se non il piu essenziale,della vita tout court. […] È, per sua stessa essenza, alla portata di tutti. Non c’è essere umano del quale oseremmo dire che mai una scintilla divina ha illuminato la sua anima; questo vorrebbe dire che in lui non c’è niente, ma proprio niente di umano.
[…] Laddove assistiamo a un’azione etica, non vediamo una manifestazione che ha radici in una qualsiasi particolarità individuale della persona in questione, ma solo una realizzazione attraverso di essa di quanto di “umano“ c’è in noi, di quanto di virtualmente comune vi è in noi, di quanto anima tutta la nostra vita: […] per quanto riguarda il lato etico dell’essere umano, in quello che ha di veramente “umano”, non ha niente a che vedere né con il numero, né con la statistica, né con l’empirismo. Base comune sulla quale la vita si svolge nelle sue manifestazioni particolari, impersonale più che personale e accessibile a tutti, sempre potente e sempre presente, si realizza qua e là solo come un lampo tramite gli esseri umani, lampo passeggero, fugace, eccezionale, se tentiamo di situarlo nella vita comune, così raro che si è tentati di negarne l’esistenza, ma che nondimeno costituisce lo scaturire di una fiamma eterna che si libra sempre al di sopra della vita e che pur ne rappresenta l’essenza stessa.
[…] Lo slancio verso il bene o la ricerca dell’azione etica non può essere cioè ricondotta alle particolarità di carattere considerate positive nella vita quotidiana, come l’onestà o la bontà. Questo slancio risiede altrove; esso, per così dire, non ha valore commerciale.
L’onestà può farsi rigida e fredda, la bontà sdolcinata; come tali forse esse varranno dal punto di vista sociale anche più dei loro contrari, ma resteranno poco attendibili; talvolta, riunite insieme, mancheranno del tutto di questa “grandezza d’animo”, appannaggio esclusivo del lato etico del nostro essere, e se ne troveranno così molto al di sotto. Fin troppo umane per le loro debolezze, non lo saranno però abbastanza per la mancanza di contenuto vivente, di grandezza, di ricerca reale, d’orizzonte, di propulsione verso l’avvenire. Le nostre pretese qualità, ancorate al presente, possono sbarrarci a volte l’orizzonte quanto le nostre cattive tendenze.
[…] In altri termini, non si tratta soltanto di fare una scelta e di andare a destra o a sinistra; sentiamo in più, e in maniera immediata, che impegnandoci in una di queste due direzioni ci eleviamo, mentre, scegliendo l’altra, non possiamo che decadere. […] Vedere davanti a sé il “diritto” cammino si accompagna a un senso di elevatezza; sapersi impegnare in esso ci porta verso il cielo. L’aspetto del bene ha sempre in sé qualcosa di sublime, il male è veramente “infernale”. […] quando entra in gioco il fattore etico non c’è scelta (tra bene e male) poiché, in fondo, la scelta è già fatta; non si sceglie assennatamente tra il bene e il male; non c’è neanche decisione, perché o soccombo e mi lascio trascinare e cadere o sento scaturire dal fondo del mio essere una forza che mi supera di molto; quanto alle conseguenze, l’azione etica in fondo non ne prevede, non ne comporta nessuna se non quella di aprire davanti a noi tutto l’avvenire e di permetterci di abbracciare, nello spazio di un istante, in un colpo d’occhio, tutta la grandezza, tutto il valore, tutta la ricchezza della vita.
[…] L’azione etica non ci conduce da nessuna parte se non al di là di noi stessi; non prevede, come dicevamo, altra conseguenza che aprire, in tutta la sua potenza, l’avvenire davanti a noi; non comporta nessuna ricompensa se non la consapevolezza di esserci potuti avvicinare al sublime nella vita.
[…] Il male conta solo a partire dal momento in cui diventa effettivo, il bene invece ha un valore tutto spirituale; esso conta a partire dal momento in cui troviamo in noi stessi la forza sufficiente per impegnarci sulla via che giudichiamo buona. Se circostanze impreviste ci fermano, indipendentemente da noi, sulla china che ci porta verso il male, ci diremo che siamo “salvi” e parleremo di un “caso felice”; per il bene, senza rimpianti, diremo che abbiamo fatto quanto abbiamo potuto e non ne guadagneremo meno nel nostro intimo, purché la nostra ricerca dell’azione etica sia stata sincera e senza “trucchi”.
Dunque l’azione etica è inafferrabile, si libra al di sopra della vita, risiede nelle sfere eteree, a volte resta ignota a tutti. […] L’azione etica persiste ed è la sola “azione” che resiste al divenire, al divenire che con i suoi grigi flutti minaccia di sommergere tutto al suo passaggio .
[…] L’attività etica si accompagna a un sentimento positivo, un sentimento di esultanza, come dicevamo. Questo sentimento è intimamente legato all’attività etica ed è proprio da esso che la riconosciamo.
[…] Questo sentimento di esultanza non è d’altra parte neanche, propriamente parlando, un senso di piacere. Esso consiste soprattutto nel fatto che nell’azione etica vediamo l’universo intero aprirsi davanti a noi in tutta la sua grandezza, mentre noi stessi partecipiamo di questa grandezza, in maniera immediata, senza impedimenti, in un’intima fusione. È come un volo possente verso l’infinito. Comunichiamo con l’universo infinito, non abbiamo niente più in noi che ce ne divida, ci sentiamo liberi.
[…] Questa libertà non comporta che, per opposizione alla tesi del determinismo, noi possiamo fare tutto quello che ci piace, cioè, in fin dei conti, qualsiasi cosa; questo sarebbe agire per capriccio, e la questione è davvero troppo seria per poterlo pensare. Questa libertà comporta soltanto che ci eleviamo liberamente verso quanto c’è di più grande e di più prezioso al mondo, che abbracciamo l’universo intero in quanto portatore dell’ideale.
[…] Solo lo slancio etico ci permette di prendere interamente, al più alto grado, coscienza di noi stessi, che esso apre ampiamente, in maniera assoluta, “fino in fondo”, l’avvenire davanti a noi, che ci fa abbracciare, in un volo senza uguali, in un sol colpo d’occhio, il senso dell’universo tutto intero, nel suo cammino in avanti. Coronamento e base dell’esistenza, chiude le nostre riflessioni sull’avvenire. Come tale, lo slancio etico è unico nel suo genere, molto al di sopra degli altri fenomeni della vita […].
Nella ricerca dell’azione etica tentiamo di sottrarci agli interessi che costituiscono la materialità della vita, penetriamo in noi stessi, fino al fondo del nostro essere, così lontano da cancellarne i limiti e da sentirci portati quasi da forze sovrumane, riflettiamo, facciamo appello al meglio del nostro essere e prendiamo così, in una “spezione” luminosa, coscienza di noi stessi. Questa coscienza è naturalmente tutt’altra cosa che un attributo che viene ad aggiungersi, in maniera più o meno contingente, ai fenomeni detti psichici, come vogliono ancora certe teorie; no, essa si lascia portar via solo a viva forza, a prezzo di uno sforzo immenso; costituisce di per sé, per così dire, un ideale che si raggiunge solo in via eccezionale; essa si fa molto di pià di quanto non sia cosa fatta, ma è anch’essa, essa soltanto, che ci rivela il senso vero della “coscienza di sé”.
Così l’azione etica è la sola che deve rimanere essenzialmente consapevole; essa non può non esserlo. A questo scopo, si crea e ricrea sempre di nuovo; resta sempre una creazione luminosa dell’uomo. Fare il bene per abitudine è una formula inaccettabile […].
Le virtù civiche, malgrado la loro importanza, non si possono confondere con la ricerca profonda e individuale dell’azione etica.
[…] L’avvenire è l’ideale, è la ricerca dell’azione etica, è la realizzazione eccezionale di quanto vi è di piu elevato in noi; come tale basta a se stesso e non abbisogna di punti d’appoggio; ha forza sufficiente per questo; e se non l’ha, un giorno l’avrà, e anche questo fa parte dell’ideale».
Eugène Minkowski, Il tempo vissuto, Einaudi, 2015, pp. 106-116.