Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Il vero maestro non è un somministratore di conoscenze, ma uno svegliatore di spiriti. La forma necessaria dell’indagine è il dialogo con se stessi e con gli altri. La libertà del pensiero e della sua espressione sono elemento e condizione imprescindibili per la realizzazione del fine che si impone a tutti in comune.
Con Socrate ci troviamo davanti ad uno degli esempi più eloquenti della cosiddetta «contemporaneità della storia». Questo momento storico non solo sveglia nel nostro spirito un interesse sempre vivo, caratteristico di quanto ha contribuito alla formazione della nostra coscienza e conserva pertanto la sua vitalità nel profondo di essa, ma inoltre, in questo caso, è presente e attivo perché anche ora risponde, e sempre risponderà, a problemi ed esigenze incancellabili, perché sono intrinseci alla vita stessa dello spirito.
Il principio di scrutare incessantemente se stesso per conoscersi intellettualmente e moralmente, per avvertire le proprie mancanze spirituali e migliorarsi mediante tale continuo esame di coscienza, costituisce una perenne e imprescindibile esigenza conoscitiva ed etica. Elevato a norma di tutta la vita, per l’esigenza dell’unità tra teoria e pratica, conferisce all’esistenza umana una incomparabile serietà e nobiltà; e insieme porta l’uomo ad acquistare coscienza del legame tra il suo proprio perfezionamento interiore e quello degli altri, cioè della propria obbligazione morale di collaborare al perfezionamento spirituale del prossimo. Così sorge la concezione della vita come missione di bene e si afferma l’imperativo categorico di quella specie di discesa agli inferi di cui parlavano gli orfici, per purificare, liberare e salvare dagli errori e dalle colpe gli spiriti degli altri. In ciò consiste la concezione religiosa della vita professata da Socrate, che è l’esigenza del compimento di un dovere che sorge da un imperativo categorico interiore e si deve realizzare anche a costo della stessa vita.
Ma questo dovere di purificazione e illuminazione, che è soprattutto il compito del maestro, non si compie realmente sopra le intelligenze e coscienze altrui se non svegliandone e stimolandone l’attiva cooperazione. Il vero maestro non è un somministratore di conoscenze, ma uno svegliatore di spiriti, il quale nell’atto stesso di esercitare la sua funzione illuminatrice ammette anche la reciprocità di tale azione e accetta la possibilità di essere confutato non meno che quella di confutare gli altri. Così come nel colloquio con se stesso compie un autoesame che è una autopurificazione continua, nel colloquio con gli altri realizza un mutuo esame che è una costante purificazione reciproca e comune. La forma necessaria dell’indagine è pertanto il dialogo: dialogo con se stesso e dialogo con gli altri, nel quale ogni interlocutore deve intervenire attivamente; e la libertà del pensiero e della sua espressione sono elemento e condizione imprescindibili per la realizzazione del fine che si impone a tutti in comune.
Questa esigenza di attività e libertà è quindi l’imperativo fondamentale della pedagogia socratica; l’unico imperativo che può portare l’educazione alla conquista attiva e reale della scienza e della moralità; di una scienza che è guida della vita, di una moralità che è autonomia, legge interiore o voce della coscienza. Inoltre, nella mutua cooperazione che questa educazione implica tra maestro e discepolo, e parimenti tra tutti i membri della comunità umana, questa esigenza di libertà è altresì un’esigenza di amore, la cui scienza Socrate si vantava di possedere a fondo, mentre diceva di ignorare tutte le altre belle e felici scienze. Tale esigenza di amore era, naturalmente, esclusione di ogni principio di odio o di vendetta (ricambiare male con male) che, in quanto realizzazione del male e dell’ingiustizia, può significare soltanto un peggioramento e non la purificazione del proprio spirito e insieme dell’altrui.
In tal modo Socrate associava alla dotta ignoranza, o coscienza permanente dei problemi, unica fonte del progresso conoscitivo, il superamento dell’odio e l’affermazione dell’amore e della solidarietà umana, che, mediante il riconoscimento della libertà spirituale di ciascuno, procurava la cooperazione di tutti nello sforzo di raggiungere il fine comune. Fine umano per eccellenza, cioè l’elevazione intellettuale e morale che costituisce il vero bene e l’intima soddisfazione di ciascuno e di tutti, legge di autonomia e fonte della vera felicità.
Di tutte queste esigenze, che finché l’umanità esista sono e saranno sempre una necessità e un imperativo categorico, Socrate è stato, nel pensiero e nell’azione, una personificazione incomparabile: in ciò consiste la perennità del suo insegnamento.
Rodolfo Mondolfo, Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro, Riccardo Ricciardi editore, Milano-Napoli, MCMLX. In corso di stampa la nuova edizione a cura di Petite Plaisance.