Beatrice Balsamo – Elogio della dolcezza, partendo dal dato etimologico per scandagliarne la lettura psicanalitica, quella sociologica e quella filosofica … la dolcezza ha a che fare con il gusto dell’uomo per l’uomo.
«… la dolcezza ha a che fare con il gusto dell’uomo per l’uomo.
Troppe volte l’uomo è disgustoso.
Allora, a maggior ragione,
bisogna adoperarsi per preservarne il gusto,
per quanto possibile, accrescerlo.
Attendere a quest’opera esige esercizio, assiduità, pazienza…».
Il saggio di Beatrice Balsamo ci introduce in un orizzonte di senso, quello della dolcezza, che permette di comprendere come la sfera dei sentimenti sia un tema essenziale da recuperare e studiare nel nostro tempo
Questo saggio è molto importante oggi, epoca di precarietà e incertezze, dove determinante è la confusione, anche nelle relazioni: predominano rapporti immaturi, violenti, disorganizzati. Il testo analizza le radici umane della dolcezza s-temperante, del “sentirsi amati e sicuri” come stimoli a un maggiore discernimento vitale. Ma, la dolcezza è anche quell’argine che consente di saper distinguere e differenziare nel gusto, ponendo una misura, un limite, di contro a una “fusion” indifferenziata che sregola la capacità gustativa e conviviale. Tali riflessioni sono condotte attraverso l’approccio della psicanalisi, del pensiero filosofico e sociologico. La dolcezza, infatti, dà forma e ha a che fare con la bellezza e con una estetica condivisa. Prefazione di Elio Franzini e appendice di Massimo Montanari.
Beatrice Balsamo, Elogio della Dolcezza, Mimesis, 2017.
Recensione di Luca Lampariello
Un abbraccio, un segno d’amore per contenere, accogliere, illuminare l’espressione di un bambino. La madre si avvicina al figlio, non solo lo nutre con il latte, ma ne nutre il cuore con-tenendone le prime espressioni, permettendo che il suo desiderio si alimenti, che possa muovere i primi passi in un mondo di stupore e meraviglia. La dolcezza è e ne dà la forma, la dolcezza ne rende il suono. Il desiderio si nutre della presenza della madre e muove e cresce in assenza della stessa. Presenza assenza in stemperante equilibrio. La presenza non diventi un “comfort senza desiderio” o un controllo opprimente e invadente; l’assenza non sia deserto, lontananza incolmabile, abbrivio per future dolorose compensazioni. Nella giusta misura, si dà la vita del simbolo nel percorso soggettivo del bambino, l’elaborazione di sentimenti, e dunque la crescita. La vita del desiderio fa sì che il bambino percepisca lo spazio che occupa nella mente dell’altro, l’Altro materno. Aprendo al desiderio, la madre favorisce l’umanizzazione, pone limiti fecondi. Non si ha la saturazione del tutto subito, né l’assenza di nutrimento, ma il segno d’amore, la dolcezza che è “levità, leggerezza, tocco, bagliore, richiamo, ha a che fare con la forma, con l’estetica”. Un buon abbraccio, la premura, formeranno un ambiente facilitante, atto a mettere in piedi il bambino, stabile eppure dipendente, in lui crescendo stupore e gioia, gratitudine e amore duraturi…
Disumanizzazione è invece il carattere principale della società contemporanea, in cui il desiderio scompare, il limite sfuma, e il tutto si riduce a un consumo di merci da parte di consumatori che si tramutano in altrettante merci. Il cibo, grande lente focale sociologica, è consumato in grandi quantità, distrattamente, in modo compulsivo. C’è urgente bisogno di dolcezza, di segni d’amore come quelli di cui la buona madre circonda il bambino. C’è urgente bisogno di parole dolci, scelte con cura e attenzione, a scalfire il regno della parola distratta, lasciata cadere con noncuranza, figlia di un registro di linguaggio basato sul mero calcolo, sulla convenienza, sull’interesse. Beatrice Balsamo tesse l’elogio della dolcezza, partendo dal dato etimologico per scandagliarne letture psicanalitica, filosofica e sociologica. Dall’abbraccio della madre al figlio, al gusto del dolce sul palato dell’uomo che aspira a essere conviviale. Individuare quel “non so che” che brilla nel manifestarsi della forma dolcezza è il pregio principale di questo elogio, che è sopratutto un richiamo a restaurare – umanizzandole – le relazioni personali, ricomponendole tassello per tassello, ritrovando il gusto, andando alla radice del rapporto madre-bambino, a cogliere quella dolcezza s-temperante capace di illuminare, di toccare lievemente, di sondare i limiti e dare forma: sentirsi amati e sicuri in essa, capaci di esperire la possibilità e la flessibilità. È saggezza, la nostra natura esposta all’Altro, e fortezza, sostegno; è affidarsi, vivere e credere nel legame.
Beatrice Balsamo, psicanalista, da 40 anni vive e lavora a Bologna.
Laureata in Filosofia Morale, è specializzata in “Filosofia e Psicanalisi”, esperta delle narrazioni. Studiosa di Freud, Klein, Winnicott, Lacan e Bollas, col quale ha lavorato sul transfert. Ha maturato un’esperienza trentennale nel campo dei Disturbi del Comportamento Alimentare e dell’umore con l’approccio della psicanalisi narrativa.
É docente didatta alla scuola AION di Psicoterapia Analitica di Bologna di “Psicologia delle Narrazioni e del Cinema”. É docente di “Psicanalisi, Cinema e Narrazioni” all’ALMED dell’Università Cattolica di Milano.
Ha pubblicato Eccesso e difetto nella nutrizione e nella comunicazione, Firenze, Giunti, 1990; La parola del narrare e dell’incontro, Torino, Effatà Edizioni, 2001; Riflessi della Psiche. Il cinema di Hitchcock, Torino, Filmcronache/Effatà Edizioni, 2002; Il mistero comunicante, Bologna, EDB, 2003; Anoressia bulimia obesità. La cura della parola, Torino, Effatà Edizioni, 2009; Hitchcock. Il Volto e la Cosa, Milano, Mimesis Edizioni, 2010; La sorella che salva, Milano, Effatà Edizioni, 2012; Amore sussurro di una brezza leggera, Torino, Effatà Edizioni, 2013.
Presiede l’Associazione di promozione sociale “Psicologia Umanistica e delle Narrazioni. Psicoanalisi. Arte. Scienze Umane” (A.P.U.N.) che si interessa del soggetto nell’attuale contesto “ipermoderno” e dei “nuovi” sintomi (anoressia, bulimia, panico, nuove dipendenze, depressioni) attraverso l’uso delle narrazioni nella cura, con un particolare “utilizzo” del film. In questi anni ha incontrato tante famiglie di Bologna nell’ausilio e formazione alla genitorialità, all’amicizia, al valore di essere nonni.
L’Associazione fa parte della Consulta delle Associazioni Familiari del Comune di Bologna ed è agenzia di formazione per il tirocinio “all’uso delle narrazioni e del film” nella cura, per le Facoltà di Lettere e Filosofia al DARvipem – CIMES dell’Università di Bologna e di Psicologia dell’Università di Padova, Parma e Cesena.
Presidente Associazione Mens-a – Promuovere Bologna e Direttore Scientifico dell’evento “Mens-a. L’intelligenza ospitale”.
Tel. 051 522510/ 3395991149