Byung-Chul Han – L’anestesia permanente nella società palliativa derealizza il mondo. Il ‘like’ conduce allo smantellamento della realtà. Solo la vita che vive, che è capace di provare dolore riesce a pensare. All’intelligenza artificiale manca proprio questa vita del pensiero, che non è calcolo né artificiale intelligenza.
«[…] La società palliativa è una società del mi piace, che cade vittima della mania di voler piacere. […] Il like è l’emblema, il vero e proprio analgesico della contemporaneità» (p. 8).
«La nuova formula di dominio recita: Sii felice. […] Nel regime neoliberista, anche il potere assume una forma positiva. Diventa smart. […] Il potere smart opera in chiave seduttiva e permissiva […]» (pp. 16-17).
«Il virus fa breccia nella zona di benessere palliativa e la trasforma in una quarantena in cui la vita s’irrigidisce diventando mera sopravvivenza. […] La società della sopravvivenza perde del tutto il senso della buona vita» (p. 22).
«L’anestesia permanente nella società palliativa derealizza il mondo. Anche la digitalizzazione riduce sempre più la resistenza e fa gradualmente sparire l’interlocutore recalcitrante, ciò che è contro, il controcorpo. Il protrarsi del like conduce a un’insensibilità, allo smantellamento della realtà. La digitalizzazione è anestesia.
Nell’epoca post-fattuale, con le fake news o i deep fake nasce un’apatia nei confronti della realtà, anzi un’anestesia della realtà. Solo un doloroso shock di realtà riuscirebbe a strapparci da questa situazione» (pp. 44-45).
«Senza dolore non è possibile alcuna conoscenza capace di rompere radicalmente col passato. Anche l’esperienza nel senso enfatico del termine presuppone la negatività del dolore. È un doloroso processo di trasformazione. Contiene una fase di patimento o sopportazione. In questo si distingue dall’evento, che non conduce ad alcun cambio di stato poiché diverte invece di trasformare. Solo il dolore produce un reale cambiamento. Nella società palliativa si perpetua l’Uguale. Andiamo da tutte le parti senza fare esperienza. Prendiamo atto di tutto senza approdare alla conoscenza. Le informazioni non portano né a esperire, né a conoscere. Manca loro la negatività della trasformazione. La negatività del dolore è costitutiva del pensiero. È il dolore a distinguere il pensiero dal calcolo e dall’intelligenza artificiale. Intelligenza significa scegliere tra (inter-legere). È la capacità di distinguere. Per cui non abbandona ciò che esiste già. Non è in grado di creare il completamente Altro. In ciò si differenza dallo spirito. Il dolore approfondisce il pensiero. Non esiste un calcolo profondo. In cosa consiste la profondità del pensiero? Al contrario del calcolo, il pensiero crea uno sguardo diversissimo sul mondo, proprio un altro mondo. Solo la vita che vive, che è capace di provare dolore riesce a pensare. All’intelligenza artificiale manca proprio questa vita. […] L’intelligenza artificiale è solo uno strumento di calcolo. È forse capace d’imparare, anche di deep learning, ma è incapace di fare esperienza. Solo il dolore trasforma l’intelligenza nello spirito» (pp. 53-54).
Byung-Chul Han, La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite, Einaudi, Torino 2021.
Quarta di copertina
Il mondo contemporaneo è terrorizzato dalla sofferenza. La paura del dolore è cosí pervasiva e diffusa da spingerci a rinunciare persino alla libertà pur di non doverlo affrontare. Il rischio, secondo Han, è chiuderci in una rassicurante finta sicurezza che si trasforma in una gabbia, perché è solo attraverso il dolore che ci si apre al mondo. E l’attuale pandemia, argomenta il filosofo tedesco-coreano, con la cautela di cui ha ammantato le nostre vite, è sintomo di una condizione che la precede: il rifiuto collettivo della nostra fragilità. Una rimozione che dobbiamo imparare a superare. Attingendo ai grandi del pensiero del Novecento, Han ci costringe, con questo saggio cristallino e tagliente come una scheggia di vetro, a mettere in discussione le nostre certezze. E nel farlo ci consegna nuovi e piú efficaci strumenti per leggere la realtà e la società che ci circondano.
Byung-Chul Han, nato a Seul, è considerato uno dei più interessanti filosofi contemporanei. Già docente di Filosofia e Teoria dei Media presso la Staatliche Hochschule für Gastaltung di Karlsruhe, insegna ora Filosofia e Cultural Studies alla Universität der Künste di Berlino, ed è autore di saggi sulla globalizzazione e l’ipercultura. Per nottetempo ha pubblicato La società della stanchezza (2012), Eros in agonia (2013) La società della trasparenza (2014), Nello sciame. Visioni del digitale (2015), Psicopolitica. Il neoliberismo e le nuove tecniche del potere (2016) e L’espulsione dell’altro (2017).
Byung-Chul Han – La levigatezza è il segno distintivo del nostro tempo. Non è necessaria alcuna riflessione o pensiero. Essa resta coscientemente infantile, banale, svuotata di qualsiasi profondità. Nessuna interiorità si nasconde dietro la sua superficie levigata. Giova dismettere vesti levigate accogliendo l’invito di Rilke: «Tu devi cambiare la tua vita».
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