Petite Plaisance – Una nuova progettualità comunitaria può essere costruita solo sulla base dell’umanesimo filosofico, mettendo in opera prove di concreta e buona utopia
«Chi vuol fare una ricerca conveniente sulla Costituzione migliore, deve precisare dapprima quale è il modo di vita più desiderabile. Se questo rimane sconosciuto, di necessità rimane sconosciuta anche la Costituzione migliore». Aristotele, Politica, VII, 1,1323 a, 1-4. «[...] quello che fin dall’inizio distingue il peggiore architetto dalla migliore delle api, è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di averla costruita nella cera [...]. Egli non opera soltanto un mutamento di forma dell’elemento naturale; egli contemporaneamente realizza in questo il proprio fine, di cui ha coscienza». K. Marx, Il Capitale
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Finché vivremo in un mondo caratterizzato dalle gravi sofferenze evitabili di centinaia di milioni di persone, sofferenze dovute principalmente alla struttura privatistica e mercificata dell’attuale modo di produzione sociale, sarà una necessità pensare ad un modo di produzione sociale ideale (costruendo la “celletta” nella nostra testa – come dice Marx) conforme alla natura umana che, richiamando una nobile ed antica tradizione, riteniamo ancora appropriato definire “comunista”.
Senza una buona proposta teorica, non può esistere alcuna buona attività pratica. E le proposte teoriche attualmente in campo definite “comuniste” non sono affatto buone (il plurale è d’obbligo, dato il permanere di vari “marxismi” pietrificati, cui vengono tuttora ancorati programmi politici privi di fondamento filosofico).
In un’epoca in cui il modo di produzione capitalistico sta dando prova della sua pervasiva distruttività sociale e naturale, teorizzare la necessità di un modo di produzione alternativo in grado di strutturare rapporti armonici fra gli uomini e con la natura, forse può destare interesse e vicinanza. Ma un vero comunismo può essere costruito solo sull’umanesimo filosofico. Delineare il “fondamento umanistico” del progetto teorico del comunismo (ossia di un modo di produzione sociale complessivo idealmente conformato, per struttura e finalità, sulle principali esigenze della natura umana), è una “necessità”.
Un progetto politico che abbia come finalità la realizzazione delle più naturali modalità sociali, necessita di un fondamento filosofico, e questo fondamento non può che essere costituito dall’Uomo. L’Uomo (scritto con la maiuscola per indicare, con questo termine, ciò che vi è di universale nel genere umano, ossia l’umanità trascendentalmente intesa) è in effetti il riferimento costitutivo della totalità sociale, ed è anche il solo ente in grado di pensare l’intero, di darvi un senso e di averne cura.
L’Uomo è il fondamento della verità dell’essere, ossia di tutto ciò che è, e questa posizione filosofica costituisce la base della progettualità politica. Dato che l’essere assume la propria compiuta verità quando consente all’Uomo una vita vera, ossia conforme alla sua natura razionale e morale, l’Uomo si pone come fondamento della verità dell’essere quando ne pensa in questo modo il senso ed il valore (fermi restando il rispetto e la cura che si devono al cosmo naturale). Il progetto comunitario cui si fa riferimento non consiste infatti in altro se non in un modo di produzione ideale conforme alla natura umana, in grado cioè di realizzare quella armonica convivenza comunitaria di cui gli uomini, per natura, hanno bisogno appunto per la loro stessa realizzazione.
Conoscendo le tendenze filosofiche contemporanee, questa prospettiva rischierà, in alcuni epigoni di Nietzsche e Heidegger, di essere interpretata come troppo “antropocentrica”, ossia troppo incentrata sull’uomo come “dominatore” della natura. Ma tale interpretazione è da un lato errata – in quanto l’umanesimo è cosa ben diversa dall’antropocentrismo –, e dall’altro lato pretestuosa – in quanto, in un sistema in cui tutto è strumentalizzato al profitto, chi considera “l’uomo” come dominatore cerca davvero, consapevolmente o meno, solo un pretesto per non criticare il sistema capitalistico stesso.
La cultura dell’umanesimo progettuale non è affatto un pericolo per la natura. Tale pericolo è invece costituito da tutti quei modi di produzione, quale principalmente è quello capitalistico, che si pongono come fine la massimizzazione della ricchezza e della potenza degli agenti economico-sociali più forti, anziché la buona vita comunitaria degli uomini tutti.
La cultura umanistica è progettuale in quanto invita ad una possibile pedagogia narrativa, che favorisca la paziente ricostruzione dei processi storici delle soggettività e la reale comunicazione di esperienze significative. Invita altresì alla ricerca continua di nuovi orizzonti oltre la “gabbia d’acciaio” capitalistica, alla promozione di valori quali, per esempio, la partecipazione reale dei cittadini, la solidarietà per una nuova cittadinanza, in una comunità che voglia e sappia davvero educacare se stessa superando l’alienazione desertificante cui costringe il mondo delle merci, una cultura “ubiquitaria” nell’humus di questa cittadinanza attiva, senza deleghe: una “comunità educante”. Una cultura capace di rafforzare nei giovani la memoria storica come principale risorsa per la costruzione della propria identità, facendo proprio il pensiero genealogico, per educare ed educarsi all’ascolto delle “altre memorie”, per sperimentare la produzione di materiali narrativi “altri”, sia in forma individuale, sia in forma collettiva, con gesti, comportamenti, azioni simboliche, esercizi di cittadinanza attiva, mettendo in opera prove di concreta e buona utopia sul palcoscenico di una quotidianità condivisa.
Petite Plaisance