Arianna Fermani – La virtù rende buona la nostra vita e, insieme, la salva. Una vita felice, è, dunque, una vita che prospera, ma che pro­spera soprattutto grazie alla virtù, che sa produrre la bellezza e l’armonia. La virtù, in questo quadro, è e deve essere non solo qualcosa di teorizzato, ma qualcosa di “praticato”.

Arianna Fermani - Virtù


«[…] la virtù rende buona la nostra vita e, insieme, la salva, la sottrae alla distruzione e alla dismisura, le impedisce di cadere nell’eccesso, di dirigersi pericolosamente verso quegli estremi che, insieme, la rendono viziosa e la annientano.

Dare misura al proprio agire: è questo il compito impegnativo che si richiede a chi vuole agire virtuosamente. Ma in questa virtù come capacità di “dar misura” a se stessi e al proprio agire riemerge quel significato di virtù come forza che abbiamo ricordato precedentemente. Perché, per “darsi misura” occorre essere forti, nel duplice senso del “farsi forza” (per intraprendere il duro cammino in direzione del giusto mezzo) e dello “sforzarsi” (per contenere quella parte di sé che ci allontana da questo obiettivo). Come è stato detto «abbiamo bisogno della massima forza morale per combattere i nostri cattivi impulsi e tutte le nostre virtù in realtà consistono nell’evitare il vizio».[1] Talvolta, afferma lo stesso Aristotele, si tratta di forzare la propria natura. Esattamente come fa chi deve raddrizzare un legno storto:[2] lo spinge fortemente nella direzione contraria a quella che, a causa di un difetto, ha assunto, allo scopo di farlo diventare diritto. Così è per l’essere umano, naturalmente portato in una direzione piuttosto che in un’altra, incline per natura a compiere certe cose piuttosto che altre. E di questa inclinazione bisogna tenere conto, senza sottovalutare l’estrema difficoltà dell’impresa e senza irrigidirsi in schemi preconfezionati, limitandosi a scegliere, quando la situazione lo richiede, perfino il minore dei mali.[3]
Allora chi è virtuoso è retto e la sua rettitudine si manifesterà in ogni scelta, in ogni azione, in ogni modo di rapportarsi alle proprie passioni. In tale corretta amministrazione del pathos risiede, pertanto, il fondamento di una vita buona e bella, a livello individuale e anche a livello collettivo, in quanto la virtù rappresenta l’anello di congiunzione – di una congiunzione sana e feconda – tra l’individuo e il mondo: «l’ἀρετή umana è un’abi(tua)lità acquisita e perfezionata che ha origine e causa nel proponimento […], a sua volta tensionalità desiderante che proviene da bouleusis, una catena i cui anelli connettono, senza interruzioni, interiorità e relazionalità dell’essere umano, il quale è dalla nascita dotato di logos e propenso alla vita di comunità»[4] (pp. 43-44.).

«La virtù, insomma, ci rende armonici e rende bella, armonica ed equilibrata la nostra esistenza, dato che, come si ricorda nel Carmide: “una vita condotta con temperanza deve essere anche bella”.[5] È per questo che una vita senza virtù non può che essere costitutivamente eccessiva, sgraziata, brutta (pp. 47-48.).

«Una vita felice, è, dunque, una vita che prospera, ma che pro­spera soprattutto grazie alla virtù, che sa produrre la bellezza e l’armonia. Felice, infatti, può essere detta una vita armonica, una sinfonia ben eseguita, uno spartito ben suonato. Certo, però, che un modello di questo tipo si rivelerebbe niente più che un quadretto stucchevole se non tenesse conto di un fatto che, nella sua assoluta ordinarietà, risulta addirittura banale: la felicità si realizza nella vita umana e quindi è costretta a misurarsi, quotidianamente, con mille elementi disarmonizzanti. Primo fra tutti il dolore, la dissonanza esistenziale per eccellenza, e, con il dolore, tutta quella sterminata gamma di piccole e grandi disarmonie che ogni giorno abbruttiscono il quadro, guastano la melodia» (p. 52).

«La virtù, in questo quadro, è e deve essere non solo qualcosa di teorizzato, ma qualcosa di “praticato”, è e deve essere la cosa più importante, la cosa di maggior valore, ciò da cui ogni esistenza può essere resa bella e degna di ammirazione e senza cui, al contrario, tutto va in malora, la mescolanza si distrugge, in preda all’eccesso, alla dismisura, all’assenza di limiti» (p. 54).

Arianna Fermani, Virtù, Unicopli, Milano 2021

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[1] J. N. Shklar, Ordinary Vices, Harvard University Press, 1984; trad. it. S. Sabattini: Vizi comuni, il Mulino, Bologna 1986, p. 276.

[2] «Instaurare nell’anima la medietà è un compito difficile, poiché comporta un vero e proprio “raddrizzamento” di quelle tendenze naturali. All’inclinazione verso il piacere occorre contrapporre una spinta di segno contrario, uno sforzo che viene paragonato a coloro che tentano di far diventare diritti i legni sorti» (Silvia Gastaldi, Le immagini della virtù. Le strategie metaforiche nelle Etiche di Aristotele, Edizioni dell’Orso, Alessandria 1994, p. 89).

[3] «Infatti uno degli estremi è più sbagliato, mentre l’altro lo è meno; e dal momento che è arduo cogliere perfettamente il centro, con una seconda navigazione, come dicono, si devono scegliere i mali minori; e questo potrà avvenire soprattutto nel modo che diciamo. E quindi si deve esaminare quali sono le cose per cui siamo portati. Infatti persone diverse sono portate, per natura, a cose diverse. Questo, d’altra parte, risulterà chiaro dal piacere e dal dolore che nascono in noi. Dobbiamo dunque spingerci nella direzione opposta; infatti allontanandoci molto dall’errore arriveremo al giusto mezzo, come fanno coloro che raddrizzano i legni storti… Certo, è difficile, e lo è soprattutto nei casi particolari; infatti non è facile stabilire come, con chi, per quali motivi e per quanto tempo arrabbiarsi; infatti anche noi, talvolta, lodiamo coloro che lo fanno troppo poco, e li chiamiamo miti, a volte, invece, lodiamo coloro che hanno un carattere duro e li chiamiamo virili. Ma mentre non è biasimato chi si allontana solo in piccola misura dal bene, né se devia verso il difetto né se lo fa verso l’eccesso, il contrario accade per chi si allontana in misura maggiore; infatti costui non passa inosservato. Non è facile stabilire col ragionamento fino a che punto e in che misura è degno di biasimo; infatti non lo è neppure nessun’altra delle cose sensibili; esse, infatti, rientrano nei casi singoli e il giudizio su di esse spetta alla sensazione. Tutto ciò mostra, quindi, che lo stato abituale intermedio è lodevole in tutti i casi, ma che a volte si deve tendere maggiormente verso l’eccesso e a volte verso il difetto; in questo modo, infatti, conseguiremo nel modo più facile il giusto mezzo e il bene» (Aristotele, Etica Nicomachea, II, 9, 1109 a 33-1109 b 26).

[4] F.C. Papparo, in G. Alicandro, Atletismo della virtù. Sulla φιλα in Aristotele, Edizioni ETS, Pisa 2018, pp. 24-25.

[5] Platone, Carmide, 160 B 9-10.


Sommario



Quarta di copertina

L’αρετή di un individuo, come pure quella di un animale o di una realtà inanimata, è per un greco la sua migliore realizzazione, la perfetta esecuzione del proprio compito; la virtù di un qualsiasi essere è ciò per cui ne va del suo valore, ciò che realizza quel determinato essere proprio perché lo fa essere “ciò che è”. Il volume attraversa le ricchissime nozioni di αρετή e di virtus, nel lungo e stratificato arco storico che va da Omero a Proclo, intrecciandole a questioni, altrettanto complesse e appassionanti, quali quelle di responsabilità dell’agire, vizio, piacere e dolore, vita felice e così via. In un serrato “corpo a corpo” con i testi e con le riflessioni degli antichi – che oltre che a parlare a noi, su queste tematiche, più che mai, parlano di noi – il testo è impreziosito da due strumenti utili ad orientarsi nei diversi profili, storici e concettuali, del tema d’indagine: Lessico delle virtù e Glossario delle virtù.




Arianna Fermani è Professoressa Associata in Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Le sue ricerche vertono principalmente sull’etica antica e, più in particolare, aristotelica, e su alcuni snodi del pensiero politico e antropologico di Platone e di Aristotele. È Membro dell’Associazione Internazionale “Collegium Politicum” e dell’ “International Plato Society”. È membro del Consiglio Direttivo Nazionale della SISFA (Società Italiana di Storia della Filosofia Antica), e Direttrice della Scuola Invernale di Filosofia Roccella Scholé: Scuola di Alta Formazione in Filosofia “Mario Alcaro”. È Presidente della Sezione di Macerata della Società Filosofica Italiana.

Ecco, cliccando qui, l’elenco delle sue pubblicazioni.


e, tra le molte pubblicazioni di Arianna Fermani:

Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele

Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele

Editore: eum, 2006

Il saggio si propone di riflettere sul modello classico del bios teleios, cioè della felicità della vita nella sua totalità, cercando di mostrare come il dialogo con gli antichi fornisca ancora “utili” schemi concettuali. Più in particolare si cerca di mostrare come il confronto con le riflessioni etiche di Platone e Aristotele permetta di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana (come i dolori, i piaceri, l’ampia gamma di beni e di risorse che la costituiscono), e di individuare alcuni rilevanti nodi concettuali (tra cui, ad esempio, quello di “misura”) che costituiscono la semantica della nozione di eudaimonia. Il modello antico di eudaimonia come eu prattein, inoltre, cioè come capacità strategica di “giocar bene”, sembra risultare particolarmente fecondo, invitando ad interrogarsi sulle modalità di attuazione della vita felice e sulla gestione di tutto ciò che ad ogni esistenza si offre per una “prassi di felicità”.

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L'etica di Aristotele

L’etica di Aristotele: il mondo della vita umana

Editore:Morcelliana, 2012

Utilizzando tutte e tre le Etiche aristoteliche, Arianna Fermani, con questo volume, offre un’ulteriore prova dell’attualità e utilità dell’etica dello Stagirita e di un pensiero che, esplicitamente e costitutivamente, mostra che ogni realtà “si dice in molti modi”. Gli schemi che l’intelligenza umana elabora devono essere molteplici e vanno tenuti, per quanto possibile, “aperti”. Questo determina la presenza di “figure” concettuali estremamente mobili e intrinsecamente polimorfe, figure che il Filosofo attraversa lasciando che i loro profili, pur nella loro diversità e, talvolta, persino nella loro incompatibilità, convivano.
La verifica di questa metodologia passa attraverso l’approfondimento di alcune nozioni-chiave, dando vita ad un percorso che, con proposte innovative e valorizzazioni di elementi finora sottovalutati dagli studiosi, si snoda lungo tre linee direttrici fondamentali: quelle di vizio e virtù, quella di passione e, infine, quella di vita buona.

Sommario

Ringraziamenti
Premessa
I “Pensiero occidentale” vs “pensiero orientale”: alcune precisazioni
II “Essere” e “dirsi in molti modi”
Introduzione
I. Per un “approccio unitario” ad Aristotele
II. Autenticità delle tre Etiche
III. Obiettivi e struttura del lavoro

PRIMA PARTE Percorsi di attraversamento delle figure di vizio e virtù
Capitolo primo: Giustizia e giustizie
Capitolo secondo: La fierezza
Capitolo terzo: Sui molti modi di dire “amicizia
Capitolo quarto: Lungo i sentieri della continenza e dell’incontinenza
Capitolo quinto: La philautia: tra “egoismo” e “amor proprio”
Capitolo sesto: Modulazioni della nozione di vizio

SECONDA PARTE: Percorsi di attraversamento della nozione di passione
Capitolo primo: La passione come nozione “in molti modi polivoca”
Capitolo secondo: Le metamorfosi del piacere
Capitolo terzo: Articolazioni della nozione di pudore

TERZA PARTE: Percorsi di attraversamento della nozione di vita buona
Capitolo primo: Dio, il divino e l’essere umano: sui molti modi di essere virtuosi e felici
Capitolo secondo: La questione dell’autosufficienza
Capitolo terzo: Natura/nature, virtù, felicità
Capitolo quarto: Verso la felicitàlungo le molteplici rotte della phronesis
Capitolo quinto: La felicità si dice in molti modi
Conclusioni
Bibliografia
Indice dei nomi

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Le tre etiche

Le tre etiche. Testo greco a fronte

Editore:Bompiani, 2008

In un unico volume e con testo greco a fronte le tre grandi opere morali di Aristotele: l’”Etica niconomachea”, l”Etica eudemia” e la “Grande etica”. Questi tre scritti rappresentano tutta la riflessione etica dell’Occidente, e il punto di partenza di ogni discorso filosofico sul fine della vita umana e sui mezzi per raggiungerlo, sul bene e sul male, sulla libertà e sulla scelta morale, sul significato di virtù e di vizio. La raccolta costituisce un unicum, poichè contiene la prima traduzione in italiano moderno del trattato “Sulle virtù e sui vizi”. Un ampio indice ragionato dei concetti permette di individuare le articolazioni fondamentali delle nozioni e degli snodi più significativi della riflessione etica artistotelica. Tramite la presentazione, contenuta nel seggio introduttivo, dei principali problemi storico-ermeneutici legati alla composizione e alla trasmissione delle quattro opere, e di un quadro sinottico dei contenuti delle opere stesse, è possibile visualizzare la struttura complessiva degli scritti e le loro reciproche connessioni.

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Platone e Aristotele

Platone e Aristotele. Dialettica e logica

Curatori: M. Migliori, A. Fermani

Editore:Morcelliana, 2008

Il confronto tra Platone ed Aristotele è stato interpretato, per lo più, come una opposizione tra modelli conoscitivi: da un lato la dialettica, intesa come il culmine del sapere, dall’altro la logica, intesa come l’insieme delle tecniche per ben argomentare, al di là delle pretese platoniche di una supremazia della dialettica. Ma ha ancora un fondamento filologico e storico questa contrapposizione? Un interrogativo che – nei saggi qui raccolti di alcuni dei più autorevoli interpreti del pensiero antico – mette capo a una pluralità di scavi, storiografici e teoretici. Scavi che invitano a una lettura dei testi platonici ed aristotelici nella loro complessità: emergono inaspettati intrecci e molteplici significati dei termini stessi di dialettica e logica in entrambi i pensatori. Non solo la dialettica platonica ha un suo rigore, ma la stessa logica aristotelica ha affinità, pur nelle differenze, con le procedure argomentative della dialettica. Una prospettiva ermeneutica che interessa non solo lo storico della filosofia antica, ma chiunque abbia a cuore le radici greche delle nostra immagine di ragione.

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Interiorità e animae

Interiorità e anima: la psychè in Platone

Maurizio Migliori, Linda M. Napolitano Valditara, Arianna Fermani

Vita e Pensiero, 2007

Il concetto di anima, una delle più grandi “invenzioni” del mondo greco, figura teorica che ha attraversato e segnato la storia dell’intero Occidente, trova in Platone il primo fondamentale inquadramento filosofico. Non si tratta solo di una tematica dal significato metafisico e religioso: nell’approfondire i molteplici temi che questo concetto attiva emergono naturalmente, già nel filosofo ateniese, tutte le questioni connesse alla spiritualità e allo psichismo umano, con le loro conseguenze etiche. In questo senso l’”anima” apre la strada a un infinito processo di approfondimento e di scoperta dell’interiorità del soggetto. Non a caso questo tema compare in molti testi platonici, in particolare nei dialoghi. Da questa prima elaborazione scaturirono luci e ombre, soluzioni di antichi problemi e nuove domande, di non meno difficile soluzione, anzi tanto complesse da essere ancora oggi messe a tema. Sui molteplici aspetti di queste tematiche filosofiche alcuni tra i maggiori studiosi di Platone si confrontano nel presente volume, avanzando proposte spesso assolutamente innovative, anche per quanto riguarda l’utilizzo di testi sottovalutati, o addirittura quasi ignorati dagli studi precedenti, con una dialettica che dà modo al lettore sia di verificare la capacità ermeneutica delle diverse impostazioni, sia di riscoprire la ricchezza del contributo platonico rispetto a problemi con cui lo stesso pensiero contemporaneo torna positivamente a misurarsi.

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Humanitas

Humanitas (2016). Vol. 1: L’inquietante verità nel pensiero antico.

Curatore: A. Fermani, M. Migliori

Editore: Morcelliana, 2016

Editoriale: I. BertolettI, “Humanitas” 1946-2016. Identità e trasformazioni di un’idea l’inquietante verità. La riflessione anticaa cura di Arianna Fermani e Maurizio Migliori M. Migliori, Presentazione F. Eustacchi, Vero-falso in Protagora e Gorgia. Una posizione aporetica ma non relativista M. Migliori, Platone e la dimensione umana del verol. Palpacelli, Vero e falso si apprendono insieme. Il vero e il falso filosofo nell’Eutidemo di Platonea. Fermani, Aristotele e le verità dell’etica G.A. Lucchetta, Dire il falso per conoscere il vero. Aristotele, Fisica ii 1, 193a7) F. Mié, Truth, Facts, and Demonstration in Aristotle. Revisiting Dialectical Art and Methoda. longo, I paradossi nell’Ippia minore di Platone. La critica di Aristotele, Alessandro di Afrodisia e Asclepioe. Spinelli, Sesto Empirico contro alcuni strumenti dogmatici del vero. Note e rassegne F. De Giorgi, Il dialogo nel pontificato di Paolo VI G. Cittadini, Filippo Neri. Una spiritualità per il nostro tempo.

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Il Simposio di Platone

Il ‘simposio’ di Platone

J. Rowe, Arianna Fermani

Academia Verlag, 1998

Cinque lezioni sul dialogo con un ulteriore contributo sul ‘Fedone’ e una breve discussione con Maurizio Migliori e Arianna Fermani; 27-29 marzo 1996, Università di Macerata, Dipartimento di filosofia e scienze umane, in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli studi filosofici.

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Arianna Fermani, “Brividi di bellezza” e desiderio di verità

Arianna Fermani, “Brividi di bellezza” e desiderio di verità

“Brividi di bellezza” e desiderio di verità in Bellezza e Verità;
Brescia, Morcelliana, 2017; pp. 195 – 203

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rivista di

ARISTOTELE E I PROFILI DEL PUDORE

Arianna Fermani

Vita e Pensiero

Rivista di Filosofia Neo-Scolastica

Vol. 100, No. 2/3 (Aprile-Settembre 2008), pp. 183-202

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Studi su ellenismo e filosofia romana

Studi su ellenismo e filosofia romana

Curatori: F. Alesse, A. Fermani, S. Maso

Editore: Storia e Letteratura, 2017

In questo volume vengono raccolti cinque saggi sul pensiero filosofico greco nell’età romana. Le linee di ricerca qui proposte toccano nello specifico questioni attinenti alla filosofia stoica, a quella epicurea, a quella cinico-sofistica e all’aristotelismo di epoca imperiale.

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Thaumazein cop

Arianna Fermani,
Essere “divorati dal pentimento”.
Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele

in THAUMÀZEIN; n. 2 (2014); Verona, pp. 225-246

Arianna Fermani,
Essere “divorati dal pentimento”. Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele


Arianna Fermani – L’educazione come cura e come piena fioritura dell’essere umano. Riflessioni sulla Paideia in Aristotele
Arianna Fermani – La nostra vita prende forma mediante il processo educativo, con una paideia profondamente attenta alla formazione armonica dell’intera personalità umana per renderla libera e felice.
Arianna Fermani – L’armonia è il punto in cui si incontra e si realizza la meraviglia. Da sempre armonia e bellezza vanno insieme.
Arianna Fermani – VITA FELICE UMANA. In dialogo con Platone e Aristotele. il confronto con le riflessioni etiche di Platone e Aristotele permette di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana
Arianna Fermani – Divorati dal pentimento. Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele
Arianna Fermani – Mino Ianne, Quando il vino e l’olio erano doni degli dèi. La filosofia della natura nel mondo antico
Arianna Fermani – Nel coraggio, nella capacità di vincere o di contenere il proprio dolore, l’uomo riacquisisce tutta la propria potenza, la propria forza, la propria dignità di uomo. Senza coraggio l’uomo non può salvarsi, non può garantirsi un’autentica salus.
Arianna Fermani – Fare di se stessi la propria opera significa realizzarsi, dar forma a ciò che si è solo in potenza. attraverso l’energeia, e nell’energeia, l’essere umano si realizza come ergon, si fa opera. Chi ama, nutrendosi di quell’energeia incessante che è l’amore, scrive la sua storia d’amore, realizza il suo ergon, la sua opera. È solo amando che un amore può essere realizzato, esattamente come è solo vivendo bene che la vita buona prende forma
Arianna Fermani – Recensione al volume di Enrico Berti, «Nuovi studi aristotelici. III – Filosofia pratica».
Arianna Fermani – «Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele». Si è felici perché la vita ha acquisito un orientamento, si è affrancata dalla sua nudità, dalla sua esposizione alla morte, dalla semplice sussistenza. Una vita dotata di senso. Felicità come pienezza, come attingimento pieno del ‘telos’ lungo tutto il tragitto della vita.
Arianna Fermani – «Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato». La speranza “antica”, tra páthos e areté.
Arianna Fermani – Aristotele e l’infinità del male. Patimenti, vizi e debolezze degli esseri umani
Arianna Fermani – Quando il rischio è bello. Strategie operative, gestione della complessità e “decision making” in dialogo con Aristotele. L’assunzione del rischio e la sua adeguata collocazione all’interno di una vita “riuscita” implica la continua individuazione di priorità in vista della costituzione il più possibile armonica dell’esistenza.
Arianna Fermani – «Il concetto di limite nella filosofia antica». L’uomo non è dio, ma la sua vita può essere divina. Divina è ogni vita buona, ogni vita che sia stata ben condotta. Ogni vita umana si costruisce entro lo scenario del quotidiano, è fatta delle piccole cose di ogni giorno e di questa quotidianità si nutre.
Maurizio Migliori e Arianna Fermani – «Filosofia antica. Una prospettyiva multifocale». Questo volume aiuta a tornare, con stupore e gratitudine, alle feconde origini del pensiero occidentale, per guardare finalmente, con occhi nuovi, il mondo e noi stessi.
Arianna Fermani – Il messaggio di Socrate è di una attualità straordinaria. La filosofia, con Socrate, si incarna in uno stile esistenziale, e si esplica in quella insaziabile – e, insieme, appagante – fame di vita e ricerca di senso, che accompagnano il filosofo fino all’ultimo istante dell’esistenza
Arianna Fermani, Giovanni Foresta – «Dalle sopracciglia folte al percorso inarcato dalla rotta superiore dello sguardo, il tempo esprime monumento del vissuto tingendolo di bianco». È un mirare avanti, un protendersi anima e corpo verso il futuro. Questo perché la vera vecchiaia, lungi dall’essere l’età anagrafica, è la mancanza di entusiasmo, è lo spegnersi dei sogni e dei desideri.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

 

Luca Grecchi – La dolcezza rappresenta una disposizione del carattere volta a configurare in maniera eccellente la propria umanità, nei rapporti con gli altri uomini e con la natura, per favorire la realizzazione di una vita felice.

Luca Grecchi - Dolcezza - Silvia Vegetti Finzi

Luca Grecchi

Dolcezza

Introduzione di Silvia Vegetti Finzi


«La dolcezza rappresenta una disposizione del carattere volta a configurare in maniera eccellente la propria umanità, nei rapporti con gli altri uomini e con la natura, per favorire la realizzazione di una vita felice».

L. G.



Quarta di copertina

La dolcezza è una virtù fondamentale che rende migliori le relazioni umane, e mai come in questo periodo di grandi incertezze se ne sente il bisogno. Questo saggio di Luca Grecchi analizza dapprima, alla luce della filosofia greca classica, alcuni dei contenuti essenziali per la comprensione della dolcezza, come la verità, il bene, la virtù. In un secondo momento, descrive le principali strutture etiche affini alla dolcezza, ma che dalla stessa si differenziano, costituendone talvolta semplicemente delle componenti: la gentilezza, la tenerezza, l’umiltà, la misericordia, la gratuità, la forza, la semplicità e la finezza. Di queste qualità, che il nostro tempo spesso altera, la dolcezza costituisce il coronamento e la compiuta realizzazione.

Luca Grecchi (Codogno, 1972) insegna per le cattedre di Filosofia Morale e di Storia della Filosofia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Fra i suoi libri più recenti, Leggere i Presocratici (2020) e tre volumi della collana «Questioni di filosofia antica» delle Edizioni Unicopli, ossia Natura, Uomo e Ricchezza (rispettivamente 2018, 2019 e 2021). Ha scritto inoltre Conoscenza della felicità (Petite Plaisance, 2005).

Pagine 170 – Euro 17,00


Indice

Introduzione di Silvia Vegetti Finzi

PRIMO CAPITOLO:
Per introdurre il discorso

La dolcezza come virtù

L’uomo: un ente da definire

Il bene: un concetto da definire

Il rispetto e la cura come relazioni costitutive del bene

Per una definizione della dolcezza

La dolcezza come giusta misura

La dolcezza come virtù filosofica

 

SECONDO CAPITOLO:
Cosa non è e cosa è la dolcezza

La dolcezza non è gentilezza

La dolcezza non è tenerezza

La dolcezza non è umiltà

La dolcezza non è misericordia

La dolcezza è (anche) gratuità

La dolcezza è (anche) forza

La dolcezza è (anche) semplicità

La dolcezza è (anche) finezza

Bibliografia


Luca Grecchi – i suoi libri


Luca Grecchi – Quando il più non è meglio. Pochi insegnamenti, ma buoni: avere chiari i fondamenti, ovvero quei contenuti culturali cardinali che faranno dei nostri giovani degli uomini, in grado di avere rispetto e cura di se stessi e del mondo.
Luca Grecchi – A cosa non servono le “riforme” di stampo renziano e qual è la vera riforma da realizzare
Luca Grecchi – Cosa direbbe oggi Aristotele a un elettore (deluso) del PD
Luca Grecchi – Platone e il piacere: la felicità nell’era del consumismo
Luca Grecchi – Un mondo migliore è possibile. Ma per immaginarlo ci vuole filosofia
Luca Grecchi – «L’umanesimo nella cultura medioevale» (IV-XIII secolo) e «L’umanesimo nella cultura rinascimentale» (XIV-XV secolo), Diogene Multimedia.
Luca Grecchi – Il mito del “fare esperienza”: sulla alternanza scuola-lavoro.
Luca Grecchi – In filosofia parlate o scrivete, purché tocchiate l’anima.
Luca Grecchi – L’assoluto di Platone? Sostituito dal mercato e dalle sue leggi.
Luca Grecchi – L’Italia che corre di Renzi, ed il «Motore immobile» di Aristotele
Luca Grecchi – La natura politica della filosofia, tra verità e felicità
Luca Grecchi – Socrate in Tv. Quando il “sapere di non sapere” diventa un alibi per il disimpegno
Luca Grecchi – Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari.
Luca Grecchi – La virtù è nell’esempio, non nelle parole. Chi ha contenuti filosofici importanti da trasmettere, che potrebbero favorire la realizzazione di buoni progetti comunitari, li rende credibili solo vivendo coerentemente in modo conforme a quei contenuti: ogni scissione tra il “detto” e il “vissuto” pregiudica l’affidabilità della comunicazione e non contribuisce in nulla alla persuasione.
Luca Grecchi – Aristotele: la rivoluzione è nel progetto. La «critica» rinvia alla «decisione» di delineare un progetto di modo di produzione alternativo. Se non conosciamo il fine da raggiungere, dove tiriamo la freccia, ossia dove orientiamo le nostre energie, come organizziamo i nostri strumenti?
Luca Grecchi – Sulla progettualità
Luca Grecchi – Perché la progettualità?
 
Luca Grecchi – «Commenti» [Nel merito dei commenti di Giacomo Pezzano]
Luca Grecchi – Aristotele, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – Platone, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – La metafisica umanistica non vuole limitarsi a descrivere come le cose sono e nemmeno a valutare negativamente l’attuale stato di cose. Deve dire come un modo di produzione sociale ha da strutturarsi per essere conforme al fondamento onto-assiologico.
Luca Grecchi – Scuola “elementare”? Dalla filosofia antica ai giorni nostri
Luca Grecchi – La metafisica umanistica è soprattutto importante nella nostra epoca, la più antiumanistica e filo-crematistica che sia mai esistita.
Luca Grecchi – Logos, pathos, ethos. La “Retorica” di Aristotele e la retorica… di oggi. È credibile solo quel filosofo che si comporta, nella vita, in maniera conforme a quello che argomenta essere il giusto modo di vivere.
Luca Grecchi – Educazione classica: educazione conservatrice? Il fine della formazione classica è dare ai giovani la “forma” della compiuta umanità, ossia aiutarli a realizzare, a porre in atto, le proprie migliori potenzialità, la loro natura di uomini
Luca Grecchi – Mario Vegetti: un ricordo personale e filosofico
Luca Grecchi – «Natura». Ogni mancanza di conoscenza, di rispetto e di cura verso la natura si traduce in una mancanza di rispetto e di cura verso la vita tutta. L’attuale modo di produzione sociale, avente come fine unico il profitto, tratta ogni ente naturale – compreso l’uomo – come mezzo, e dunque in maniera innaturale.
Luca Grecchi – Scritti brevi su politica, scuola e società
Luca Grecchi – i suoi libri (2002-2019)
Luca Grecchi – L’UMANESIMO GRECO CLASSICO DI SPINOZA. Lo scopo della filosofia non è altro che la verità.
Luca Grecchi – «Uomo» – L’uomo è il solo ente immanente in grado di attribuire senso e valore alla realtà e di porsi in rapporto ad essa con rispetto e cura.
Luca Grecchi – Insegnare Aristotele nell’Università
Luca Grecchi – L’etica di Aristotele e l’etica di Democrito: un confronto
Maurizio Migliori, Luca Grecchi – Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli
Luca Grecchi – Multifocal approach. Una contestualizzazione storico-sociale. Occorre porsi con critica consapevolezza progettuale all’interno della totalità sociale.
Luca Grecchi – «Leggere i Presocratici». La cultura presocratica rappresenta tuttora una miniera in buona parte inesplorata.
Luca Grecchi – Questo volume cerca di colmare un vuoto, almeno nella letteratura specialistica in lingua italiana. Mancava infatti, ad oggi, un volume complessivo sul tema della ricchezza nella filosofia antica.
Luca Grecchi – La dolcezza rappresenta una disposizione del carattere volta a configurare in maniera eccellente la propria umanità, nei rapporti con gli altri uomini e con la natura, per favorire la realizzazione di una vita felice.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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María Zambrano (1904-1991) – Il compiuto riconoscimento di ciò che siamo è sempre preceduto dal sofferto confronto con l’altro.

Maria Zambrano 040

«Il compiuto riconoscimento di ciò che siamo,
è sempre preceduto dal sofferto confronto con l’altro,
avvertito insieme fuori di noi e in noi,
per effetto di quella sorta di compartecipazione,
anteriore alla definizione dell’individuo,
di cui la tragedia è espressione»..

M. Zambrano, El hombre y lo divino, F.C.E., México 1995. In versione italiana: L’uomo e il divino, intr. di V. Vitiello, Lavoro, Roma 2001, p. 247.


Maria Zambrano – La virtù della delicatezza
Maria Zambrano (1904-1991) – Il silenzio che accoglie la parola assoluta del pensiero umano diventa il dialogo silenzioso dell’anima con se stessa.
Maria Zambrano (1904-1991) – Saper guardare un’icona significa liberarne l’essenza, portarla alla nostra vita
María Zambrano (1904-1991 – Il punto dolente della cultura moderna è la sua mancanza di trasformazione della conoscenza pura in conoscenza attiva, che possa alimentare la vita dell’uomo di ciò che necessita.
María Zambrano (1904-1991) – L’amore è l’elemento della trascendenza umana. Originariamente fecondo, quindi, se persiste, creatore di luce, di vita, di coscienza. È l’amore a illuminare la nascita della coscienza.
María Zambrano (1904-1991) – La vita ha bisogno di rivelarsi, di esprimersi: se la ragione si allontana troppo, la lascia sola, se assume i suoi caratteri, la soffoca.
María Zambrano (1904-1991) – Vivere come figli è qualcosa di specificatamente umano; solo l’uomo si sente vivere a partire dalle sue origini e a queste si rivolge con rispetto. Se è così, non dovremmo temere che, smettendo di essere figli, smetteremo anche di essere uomini?
María Zambrano (1904-1991) – La cosa più umiliante per un essere umano è sentirsi portato, trascinato, senza possibilità di scelta, senza poter prendere alcuna decisione.
María Zambrano (1904-1991) – La violenza vuole, mentre la meraviglia non vuole nulla, le è estraneo e perfino nemico tutto quanto non persegue il suo inestinguibile stupore estatico.
María Zambrano (1904-1991) – Sogno e destino della pittura. Dal sogno la pittura ha la sua nascita. Perché essa è nata nelle caverne. I sogni hanno bisogno di salvarsi. E un sogno salvato è un sogno visibile.
María Zambrano (1904-1991) – L’esperienza precede ogni metodo. Ma il metodo si dà fin dal principio in una determinata esperienza, che proprio in virtù di ciò arriva ad acquistare corpo e forma, figura.
María Zambrano (1904-1991) – La vera musica non può essere trovata in un dogma, ma in un uomo concreto che percepisce con la sua armonia interiore l’armonia del mondo.
María Zambrano (1904-1991) – La finalità si sveglia, e quando arriva così è un tipico risveglio: da uno stato di abulia o dal lasciarsi vivere, ci svegliamo facendoci sentire che dobbiamo agire.
María Zambrano (1904-1991) – Vivere come figli è qualcosa di specificatamente umano; solo l’uomo si sente vivere a partire dalle sue origini e a queste si rivolge con rispetto.
María Zambrano (1904-1991) – Persona è colui che nella vita lascia intravedere, con la sua stessa vita, che un senso superiore ai fatti fa acquisire ad essi significato configurandoli in un’immagine: affermazione di una libertà imperitura pur nell’imporsi delle circostanze.
María Zambrano (1904-1991) – Il pensiero filosofico ci permette di osare sentire. La Filosofia nasce dalla necessità che la vita umana ha di trasparenza e di visibilità. È intimità che aspira a farsi visibile, solitudine che vuole essere comunità nella luce.
María Zambrano (1904-1991) – La delicatezza è una virtù eminentemente sociale, è un frutto ultimo dello spirito umano. Là dove appare, è imperitura.
María Zambrano (1904-1991) – La vita ha bisogno della parola. Se si pensa è perché la vita ha bisogno della parola che la rischiari, della parola che la potenzi, che la innalzi.
María Zambrano (1904-1991) – Il passato in quanto tale, appare e al tempo stesso si integra, emergono da esso nuove possibilità, poiché il passato feconda al tempo stesso in cui è fecondato, crea un piano temporale nuovo è più complesso. Più complesso e più prossimo all’unità.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Günter Anders (1902-1992) – Quando la libertà si muta in delirio d’onnipotenza, in odio contro ogni limite

Günter Anders 08

Salvatore Bravo

Günther Anders e il male di vivere.
Quando la libertà si muta in delirio d’onnipotenza, in odio contro ogni limite

 

Se dovessimo cercare il fondamento della nostra epoca non potremmo che constatare che il male è il suo fondamento. La libertà si è tramutata in male, sta divorando se stessa. L’anarchia individualista e la menzogna dominano, sono la struttura che tutto muove. Si assiste al consolidarsi di personalità che trasformano il loro desiderio in legge universale, il corpo pulsionale è oggetto di un’idolatria socialmente accettata ed esaltata. Il limite è vilipeso, il logos è negato, ogni discussione sul male di vivere è portata all’interno di argomentazioni in cui si rileva che il “male” è ineluttabile, quindi è inemendabile. Non resta che adattarsi e sopravvivere alla violenza quotidiana, non resta che negare se stessi per conformarsi al male nella nuova forma di male di massa. Il nuovo totalitarismo – con i suoi dispositivi perennemente in azione – plasma i popoli, li rende laboratori dove saggiare la potenza dei nuovi mezzi di manipolazione e formazione di una nuova antropologia del negativo come normalità. Il soggetto non osa porre il problema del bene e del male, ma semplicemente è parte di un’immensa zona grigia dove l’esperienza dell’identità è costruita in “laboratorio”, il cui scopo è occupare “spazio vitale e consumare “il mondo” da cui ci si ritrae. La libertà diviene cambiamento continuo, il progresso che coincide con la libertà è consumo di ogni forma di vita; il cannibalismo libertario è la verità dell’Occidente. Günther Anders ha tematizzato il male, ha tentato di razionalizzarlo, ha mostrato che il “male” è insediato nella libertà, la quale consente agli esseri umani di fuggire la contingenza, in cui sono inchiodati per diventare “creatore” di mondi:

 

«L’uomo fa esperienza di sé come qualcosa di contingente, come qualunque, come “proprio io” (che non si è scelto); come uomo che è precisamente così come è (per quanto possa essere tutt’altro); come proveniente da un’origine di cui non risponde e con la quale deve tuttavia identificarsi; come “qui” e come “ora”. Questo paradosso fondamentale dell’appartenenza reciproca della libertà e della contingenza, questo paradosso che è un’impostura, il dono fatale della libertà, si chiarisce come segue. Essere libero significa: essere straniero; non essere legato a niente di preciso, non essere tagliato per niente di preciso; trovarsi nell’orizzonte del qualunque; in una postura tale per cui il qualunque può anche essere incontrato in altri qualunque. Nel qualunque, che posso trovare grazie alla mia libertà, è anche il mio proprio io che incontro; questo, pur appartenendo al mondo, è straniero a se stesso. Incontrato come contingente, l’io è per così dire vittima della propria libertà. Ecco perché il termine “contingente” deve indicare questi due caratteri: “la non costituzione di sé” dell’io e la sua “esistenza in quanto tale”. Questo vale per tutto ciò che segue».[1]

Straniero al mondo ed a se stesso, il rischio che la libertà si muti in delirio d’onnipotenza, in odio contro ogni limite pregresso è il gravoso problema etico ed ontologico che l’essere umano deve vivere e risolvere. Se il male alligna nella forma parossistica e nichilistica dell’io ipertrofico e consumante, è nella struttura economica che bisogna individuare la causa efficiente che perverte la libertà in tracotanza, in dispersione della soggettività nel ritmo frenetico e funebre del ciclo consumo e distruzione. Il male si espande, trova in ogni soggetto il punto ottico che si spazializza per occupare ogni tempo ed ambiente in frenetica attività di produzione-creazione che prontamente e velocemente deve annichilire.

 

Vergogna
L’io rifiuta il limite, ogni limitazione è vissuta con vergogna, come negazione della libertà che abita l’essere umano, che lo struttura ontologicamente. Per fuggire alla vergogna dell’origine che rammenta all’essere umano che non è un creatore assoluto, è necessario affermare la libertà che annichilisce, che crea mondi per distruggerli. La creatura compensa la vergogna della contingenza con la distruzione, diventando homo faber, fino a produrre mezzi e ordigni che non controlla e di cui resta vittima. Lo sviluppo tecnologico, il dominio delle merci che dominano come zombie sugli esseri umani che li hanno prodotti e creati è l’esito della libertà patologica dell’essere umano. La libertà e la non identificazione divengono il percorso che porta alla distruzione, a produrre strumenti che potrebbero cancellare l’essere umano, ed a fondare un mondo “senza l’essere umano”. L’essere umano nell’opera giovanile Patologia della libertà del filosofo è destinato alla distruzione, ad annichilire i mondi che pone, per vivere l’ebbrezza del creatore, ma svelandosi impotente, poiché la creazione non è che annichilimento della vita. L’annichilimento di ogni forma-mondo permette di “curare” la vergogna distruggendo, non più “pastore dell’essere”, ma “pastore dei consumi distruttivi”, così si svela il fondo nichilistico e minaccioso della libertà umana. La libertà diviene la tragica terapia di un essere fragile, all’incapacità di accettare la contingenza, ma che ambisce all’onnipotenza:

 

«All’origine la vergogna non è vergogna di aver fatto questo o quello, anche se questa forma di vergogna già significa che io non mi identifico con qualcosa che viene da me, la mia azione, e con la quale tuttavia dovrei, nel senso che vi sono costretto, identificarmi. Proprio il fatto di essere capace di questa particolare vergogna morale richiede come condizione formale che io sia identico e, insieme, non identico con me stesso; il fatto che io non possa uscire dalla mia pelle e al tempo stesso possa considerarla tale; che incontri me stesso nella libertà dell’esperienza di me – ma in quanto non-libero. La vergogna non nasce da questa incongruenza, ma è quest’ultima ad essere già vergogna. Nella vergogna l’io vuole liberarsi, nella misura in cui si sente esposto a se stesso in maniera definitiva e irrevocabile, ma, ovunque si nasconda, esso rimane nell’impasse, resta alla mercé dell’irrevocabile, dunque di se stesso. E tuttavia l’uomo fa così una scoperta: proprio esperendosi come non posto da sé, per la prima volta sente di provenire da qualcosa che non è lui; per la prima volta avverte il passato, ma non quello che di solito chiamiamo il “passato”: non il proprio passato familiare, storico, ma il passato totalmente estraneo, irrevocabile, trascendente; quello dell’origine. L’uomo avverte il mondo da cui proviene ma al quale non appartiene più come io. Così, la vergogna è soprattutto vergogna dell’origine. Pensiamo ai primi esempi biblici della vergogna: alla coincidenza della vergogna e della caduta, e all’esempio dei figli di Noè che, “girando la faccia per la vergogna”, coprono le nudità di loro padre».[2]

La spinta alla libertà distruttiva, alla compensazione per la vergogna del limite e della gettatezza non necessariamente deve portare alla distruzione, alla bomba atomica come descritto da Günther Anders, le possibilità con cui la libertà si può concretizzare sono plurali: la libertà come delirio d’onnipotenza, come fuga dalla vergogna è il modello pervasivo del capitalismo assoluto non iscritto nella natura umana. La libertà può umanizzare, se vive il limite con il logos e come soglia in cui incontrare l’alterità, e identificarsi in essa, la libertà è distruzione, se è orientata alla creazione aggressiva, a divorare il mondo, perché il limite è vissuto con vergogna. Senza la soglia del limite si entra nella violenza, nell’io che usa se stesso come alabarda per abbattere ogni ostacolo allo scopo di dimostrare di essere creatore e non creatura.

 

Solitudine ed eternità
Per eternizzarsi l’essere umano deve trascendere la contingenza temporale, in cui è prigioniero, con l’eternità deve superare lo spazio ed il tempo e proiettarsi verso un infinito frustrante, perché resta creatura ed ogni tentativo di elevarsi a divinità ricade su di lui nella forma della vergogna, del limite da cui si fugge e che puntualmente riappare nella rappresentazione e nella realtà effettuale. Tale condizione potrebbe essere letta in modo differente rispetto al filosofo de L’uomo è antiquato, ovvero l’essere umano è tale, perché consapevole del limite, ed ogni abbattimento dello stesso non è che negazione della sua natura e dunque “tragedia collettiva”:

 

«Così, l’uomo vuole essere ora e sempre. Tenta, cioè, di immortalarsi nel tempo, così come si affannava a glorificarsi nello spazio; tenta di negare ulteriormente la contingenza dell’ora al quale si è trovato abbandonato. E si sforza di costruire il suo essere autentico sotto la forma di una statua permanente, nella Memoria e nella Fama, rispetto alla quale la sua forma attuale e incompleta è come il fenomeno in relazione all’Idea. Di questa statua gloriosa egli non è che la copia infedele e temporale; ed ecco il paradosso: più la sua gloria aumenta, meno “lui stesso” sembra avere a che fare con la sua statua; questa ha usurpato il suo nome; ed è tale statua che raccoglierà la gloria al posto dell’uomo, molto a lungo, anche dopo la morte; schiacciato e abbattuto, eccolo invidioso del suo grande nome».[3]

L’essere umano con relazioni emotive soddisfacenti, che conosce se stesso e vive la profondità della sua indole si radica nel presente per avere cura del futuro, se tale condizione manca, se il presente è solo un immenso vuoto senza legami, fugge dalla solitudine accarezzando sogni di eternità che compensino la solitudine e lo squallore dello sradicamento da sé e dalle alterità.

 

L’animale non umano
Per comprendere l’essere umano lo sguardo teoretico di Günther Anders ha analizzato gli animali non umani, essi non sono liberi, le loro risposte sono precostituite e sono parte integrante dell’ambiente. Gli animali non hanno mondo, perché non hanno rappresentazioni. Dal contrasto fenomenologico tra l’essere umano e gli animali non umani il filosofo trae elementi per definire il fondamento ontologico dell’essere umano:

 

«Ma la materia a priori dell’animale gioca allo stesso tempo il ruolo di sbarramento. Infatti, l’animale non raggiunge e non trova altro che ciò di cui porta in sé il messaggio. Le sue percezioni non vanno al di là del contenuto già anticipato. La forza dei legami che lo vincolano a un mondo determinato, tradotta nella prescienza pre-sperimentale che ne ha, gli impedisce di rompere liberamente i suoi vincoli. A dirla tutta, l’animale non apprende nulla di veramente nuovo. È preso nella rete di legami che lo ricollegano al mondo, è schiavo delle sue anticipazioni. Tutto ciò che gli resta estraneo sfugge totalmente alla sua presa (come attestano incontestabilmente gli esperimenti di psicologia animale) o lo spiazza come la sorpresa di una materia refrattaria all’elaborazione e che non costituisce esattamente il suo mondo».[4]

La condizione umana è apparentemente opposta alla condizione animale, in quanto l’essere umano crea mondi, ma la libertà lo spinge a distruggere i mondi che crea fino a minacciare la vita nella sua totalità. La libertà patologica rende l’umanità “forma di vita” qualitativamente peggiore dell’animale non umano per la sua capacità annichilente.

 

Pessimismo
L’analisi di Günther Anders pone il problema della libertà e della sua qualità e specialmente della struttura ontologica dell’essere umano, ma rischia di eternizzare il presente con la tecnocrazia, di indurre a negare la prassi, poiché la constatazione della potenza distruttiva che si annida nell’essere dell’umanità, non può che condurre al pessimismo più paralizzante. Necessitiamo di riportare la condizione umana attuale al sistema che lo abita e lo muove per poter comprendere che ciò che si constata e verifica nel quotidiano e nelle cronache non è che il riflesso della funerea quantificazione della vita all’interno della società dello spettacolo. Senza la deduzione sociale delle categorie, vi è il “rischio” di cadere nella trappola dell’astratto, ovvero si ipostatizza il presente, come Hobbes ha trasformato le sanguinarie lotte di religione, non in un caso storico, ma in natura umana perennemente in lotta. La deduzione sociale delle categorie ed il materialismo sono categorie interpretative senza le quali il presente rischia non solo di eternizzarsi, ma specialmente si paralizza ogni critica implicante la prassi. Abbiamo bisogno di strutture concettuali per capire il presente, mentre il sistema ci inonda di tecnologie per renderci dipendenti e sempre più simili ad esse nelle procedure di ragionamento.

Ogni epoca svela la natura umana nelle sue potenzialità, innanzi a noi vi è la possibilità della scelta etica e filosofica, senza le quali non siamo che “enti” consegnati ad un infausto destino. La natura umana è libera, perché generica (Gattungswesen), ma tale libertà si può vivere nella fuga dell’onnipotenza, o può essere oggetto del limite che la determina nella relazione. Non vi può essere libertà che nella relazione, poiché solo essa consente di conoscere e conoscersi, ogni rifugio nel sogno distopico dell’onnipotenza non è che patologia socialmente indotta, di cui constatiamo gli effetti a livello antropologico ed ambientale al limite dell’irreversibile, e che ci invocano ad una metafisica umanistica. Senza tale postura non vi è futuro, ma solo l’annientamento di ogni umanità, per poter scuotere le coscienze intorbidite è necessario mostrare che l’essere umano come lo constatiamo “oggi” non è tutto, ma una delle sue possibilità più perniciose, che invocano una trasformazione dell’assetto socio-economico, perché l’umanità può essere molto di più che un distopico incubo della ragione. L’immaginazione ampliata come nuova capacità teoretica pensata dal filosofo per abbandonare gli effetti funesti della tecnocrazia non può bastare per trascendere le distruttività del presente. Senza una pubblica razionalità che sveli e riveli la verità del presente e la sua ideologia si resta prigionieri all’interno dell’onnipotenza. L’immaginazione descritta da Günther Anders è organica all’onnipotenza, è l’altro volto di un’impossibile fuga dal presente per rifondare il presente. La scommessa sul futuro si regge in modo fondamentale sugli uomini e le donne di cultura che, malgrado i tempi terribili attuali continuano ad impegnarsi perché la barbarie non sia definitiva. Le contraddizioni sempre più macroscopiche possono farci ipotizzare che esse nel corso dei tempi attuali mostreranno i loro effetti insanabili e dialettici, pertanto le idee e le resistenze disseminate potranno ritrovare il loro senso.

Salvatore Bravo

[1] Günther Anders, Patologia della libertà. Saggio sulla non-identificazione, Orthotes, Napoli-Salerno 2015, pag. 40.

[2] Ibidem, pag. 45.

[3] Ibidem, pag. 52.

[4] Ibidem, pag. 25.


Günter Anders (1902-1992) – L’Apprendista stregone è invidiabile perché fa ancora il tentativo di fermare ciò che ha provocato o che è sul punto di provocare. Oggi viviamo in una foresta di manici di scopa che diventa sempre più fitta
Günter Anders (1902-1992) – Il conformista ottimale non è solo conformista, ma anche “congruista”. Costui si assimila ai contenuti che gli sono forniti, e rende il contenuto della sua vita psichica coincidente con tali contenuti. Nella società conformistica la mancanza di pudore passa per franchezza, dunque per virtù, e questa virtù per un attestato di lealtà.
Günter Anders (1902-1992) – La metamorfosi dell’«Apprendista stregone». Oggi viviamo in una foresta di manici di scopa che diventa sempre più fitta.
Günter Anders (1902-1992) – L’odio è sì negazione dell’altro, ma è anche l’autoaffermazione e l’autocostituzione attraverso la negazione e l’eliminazione dell’altro.
Günter Anders (1902-1992) – Abbiamo rinunciato a considerare noi stessi come i soggetti della storia. ci siamo detronizzati e al nostro posto abbiamo collocato un solo altro soggetto della storia: la tecnica. Cambiare il mondo non basta. Nostro compito è anche interpretarlo.
Günter Anders (1902-1992) – Non sono disposto a rinunciare alla visione della smisuratezza che noi esseri umani siamo in grado di provocare e che abbiamo effettivamente provocato.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Maurizio Schoepflin – Il problema della filosofia moderna secondo Marino Gentile.

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Marino Gentile
Il problema della filosofia moderna

Nonostante sia riconosciuto come il maggiore esponente della “scuola padovana di filosofia”, Marino Gentile (1906-1991), che proprio nell’Ateneo patavino insegnò per oltre vent’anni, formando una generazione di studiosi di notevole vaglia, non è molto noto. In realtà, egli è stato una delle menti più acute nel panorama del pensiero italiano novecentesco, e davvero paradigmatico appare il suo percorso speculativo che, dopo aver preso le mosse dall’attualismo di Giovanni Gentile, si indirizzò, sulla scia dell’insegnamento di Armando Carlini, nella direzione della metafisica di ispirazione cristiana. In questo contesto si situano gli importanti studi storiografici che Gentile condusse al fine di comprendere a fondo il cammino compiuto dalla filosofia occidentale dall’antichità ai nostri giorni. Tra i lavori da lui dedicati al confronto con la speculazione del passato spicca Il problema della filosofia moderna, pubblicato per la prima volta precisamente settant’ anni fa, nel 1950. Due sono le grandi questioni affrontate dall’autore in questo libro: la prima concerne la possibilità o meno di reperire nel pensiero moderno una sostanziale unità dottrinale; la seconda riguarda la valutazione dell’indole critica che lo caratterizzerebbe. Gentile sintetizza le sue risposte ai problemi sopra accennati affermando che “l’unità del pensiero moderno si debba ritrovare nell’accoglimento, più o meno coerente, del matematismo e che l’intento della ricerca critica si sia venuto componendo con esso, avendone a volte stimolo e sostegno, ma più spesso limite e arresto”. Gentile, dunque, concorda con coloro che hanno individuato la cifra principale della filosofia moderna nel primato attribuito alla conoscenza matematica ai fini della comprensione e del dominio della realtà. Ha scritto Enrico Berti, allievo del nostro autore e a lungo docente nell’Università di Padova: “Il Gentile andava sviluppando anche una sua interpretazione della filosofia moderna come caratterizzata dall’intento pratico di realizzare il dominio dell’uomo sulla natura (quello che F. Bacone chiamava il regnum hominis) per mezzo di una concezione meccanicistica della natura stessa, fondata su una concezione matematistica della conoscenza. Tale interpretazione, annunciata nei volumi su Umanesimo e tecnica (Milano 1943) e Bacone (Brescia 1945), trovò la sua espressione più completa nel volume Il problema della filosofia moderna (ibid. 1950), dove il Gentile pervenne a risultati convergenti con quelli, allora sconosciuti, di E. Husserl e dell’ultimo M. Heidegger, nonché di M. Horkheimer e di altri critici della filosofia moderna, che avevano individuato nel pragmatismo e nel matematicismo il limite della criticità di quest’ultima”. Secondo Gentile, dunque, il primato della matematica esaltato dalla modernità ha precluso a essa di portare sino in fondo l’istanza critica che starebbe alla sua base, dando luogo a una sorta di cortocircuito speculativo che ha condizionato a fondo i successivi sviluppi del pensiero.

Maurizio Schoepflin, Il problema della filosofia moderna secondo Marino Gentile, “Il Foglio” del 23.9.2020.


Marino Gentile

Il problema della filosofia moderna

ISBN 978-88-7588-260-0, 2020, pp. 14.

indicepresentazioneautoresintesi

I temi discussi da Marino Gentile in questo libro

 

Regno dell’uomo, matematismo e meccanicismo (Galilei, Bacone e Cartesio)

Il disegno umanistico del «regnum hominis» / La caratteristica della concezione moderna del «regnum hominis» / Il matematismo del Galilei / Regno dell’uomo e meccanicismo nel pensiero di F. Bacone / L’atteggiamento di Bacone verso la matematica / R. Descartes come fondatore della filosofia moderna / Regno dell’uomo e meccanicismo nel pensiero cartesiano / La funzione del matematismo nel sistema cartesiano / La matematica e il dubbio universale / I due centri di certezza nel sistema cartesiano / Matematismo e meccanicismo / Le aporie del cartesianesimo.

Le difficoltà del matematismo. Il problema della «res extensa». Cartesio e Spinoza

Le condizioni per un cartesianesimo integrale / Sua incompatibilità con il concetto di anima-forma / Risoluzione del cartesianesimo nello spinozismo / Spinoza e Cartesio /Le caratteristiche del razionalismo spinoziano / Il matematismo nel pensiero spinoziano / Matematismo e meccanicismo / Occasionalismo e pascalismo.

Esteriorità e interiorità nella conoscenza (Locke e Leibniz)

Gli elementi della «modernità» nel pensiero del Locke: «regnum hominis» e meccanici­smo / Come nel pensiero del Locke vi sia presente anche il matematismo / Il rapporto del Locke con la distinzione fra qualità primarie e qualità secondarie / Conseguente critica del concetto di sostanza da parte del Locke / Inadeguatezza del nominalismo tradizionale alla critica del Locke / Il matematismo come limite dommatico della ricerca lockiana / Il dualismo d’interiorità ed esteriorità / Leibniz e la sua ripresa al matema­tismo antico / Matematismo antico e matematismo moderno / La polemica vichiana e la prevalenza del matematismo nella cultura illuministica.

 

Il superamento kantiano del matematismo e i suoi limiti

La filosofia kantiana come ricerca assoluta / Condizioni della ricerca e funzione esercitata in essa dalla matematica e dalla meccanica / Raporto della dottrina dell’Io tra­scendentale con la funzione esercitata nella ricerca dalla matematica e dalla meccanica / Dall’estetica e dall’analitica alla dialettica / Il matematismo e le aporie della dialettica / Il matematismo come limite della ricerca kantiana.


Maurizio Schoepflin – «Presocratici»: e fu l’aurora. il libro di Luca Grecchi è un utile strumento per studiare gli albori dell’affascinante cammino della filosofia occidentale.

Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di  Maurizio Schoepflin

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Maurizio Schoepflin – «Presocratici»: e fu l’aurora. Il libro di Luca Grecchi è un utile strumento per studiare gli albori dell’affascinante cammino della filosofia occidentale.

Schoepflin Maurizio01
Maurizio Schoepflin
Presocratici: e fu l’aurora

Ha scritto Martin Heidegger: «Ogni grande cosa può avere solo un grande inizio. Il suo inizio è sempre la cosa più grande… Tale è la filosofia dei Greci». Si tratta di un’affermazione difficilmente contestabile, in quanto ben pochi saranno disposti a negare che l’eccezionale stagione del pensiero ellenico abbia prodotto risultati pressoché insuperabili. Ora, quello che Heidegger ha sostenuto a proposito della filosofia greca, vale anche per i suoi inizi, che sono stati essi stessi grandiosi. Non v’è dubbio che l’acme del pensiero classico sia rappresentata da Platone e Aristotele, ma è altrettanto certo che senza il formidabile contributo dei pensatori che li precedettero la loro produzione non sarebbe apprezzabile in tutto il suo valore.
Dunque, l’inizio dell’inizio, ovvero i primi passi della filosofia greca, riveste un’importanza fondamentale, oltre che un fascino straordinario. Coloro che hanno scritto le primissime pagine del sapere sono comunemente definiti “presocratici”, e proprio a loro ha dedicato un volume interessante e ben articolato Luca Grecchi (Leggere i Presocratici, Scholé, pagine 262, euro 22). Il libro si apre con una serie di considerazioni preliminari, nelle quali l’autore affronta questioni riguardanti la loro identità, la loro collocazione storica e teoretica, la bibliografia che li riguarda e, infine, le varie interpretazioni che di essi sono state proposte. Sino a oggi, annota Grecchi, le diverse letture che del pensiero presocratico sono state date, sono riconducibili a tre grandi filoni: quello scientifico-naturalistico, che vede la natura al centro, quello mistico aurorale, incentrato sul divino, e quello politico-umanistico, che fa perno sull’uomo. Secondo l’autore, sarebbe errato assolutizzare una di queste interpretazioni, le quali, invece, vanno poste fra loro «in maniera aperta ed includente, non chiusa ed escludente». Soltanto così sarà possibile avvicinarsi a una retta comprensione del composito universo presocratico, a cui si deve anche l’indicazione delle tre linee principali lungo le quali si muoverà tutta la filosofia posteriore, linee che, a giudizio di Grecchi, definiscono quello filosofico come «un sapere che si rivolge all’intero, coordinandone le varie parti; un sapere dialettico, ossia caratterizzato da argomentazioni e contro-argomentazioni; un sapere onto-assiologicamente orientato, assumente come fondamento di senso e valore l’uomo».
Una bella introduzione di Maurizio Migliori, un lessico essenziale dei termini greci utilizzati e una corposa bibliografia arricchiscono il libro: utile strumento per studiare gli albori dell’affascinante cammino della filosofia occidentale.

Maurizio Schoepflin, Presocratici: e fu l’aurora, «Avvenire», 06-02-2021, p. 20



Luca Grecchi – «Leggere i Presocratici». La cultura presocratica rappresenta tuttora una miniera in buona parte inesplorata.


Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di  Maurizio Schoepflin


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Koiné – «Tempi covid moderni». Siamo chiamati a defatalizzare quanto, nel filtro del pensiero “mainstream”, appare “normale”, “destinale”, “irreversibile”. Occorre riaprire lo spazio ad una critica trasformatrice che ponga le basi per una nuova progettualità umana.

Tempi covid moderni

Giulia Angelini, Alberto Giovanni Biuso, Salvatore A. Bravo,  Michele Di Febo, Alessandro Dignös, Lorenzo Dorato,

Arianna Fermani, Alessandra Filannino Indelicato, Marco Guastavigna, Claudio Lucchini, Fernanda Mazzoli,

Giancarlo Paciello, Franco Toscani

Tempi covid moderni

indicepresentazioneautoresintesi


La pandemia ha mutato le modalità di relazione, di insegnamento, di lavoro, di consumo. Si offre in queste pagine una riflessione critica a più voci con i contributi di: Alessandro Dignös, Introduzione / Fernanda Mazzoli , La scuola ai tempi del Covid: prove generali di colonizzazione digitale / Arianna Fermani, Esperienze di didattica universitaria, tra luoghi non-luoghi, alla ricerca di una “virtuosità del virtuale” / Claudio Lucchini, La didattica della merce e le esigenze della libera individualità / Michele Di Febo, Università e lezioni a distanza: minaccia o opportunità? / Alberto Giovanni Biuso, Epidemie barbariche / Salvatore A. Bravo, Didatticismo e Covid-19. La pandemia ha soltanto accelerato un processo già in atto da anni / Alessandra Filannino Indelicato, Ermeneutica della distanza. Contributi di filosofia del tragico sull’ospitalità inquietante / Giulia Angelini, L’isola di Filottete / Franco Toscani, Un pianeta malato. Umanità e socialità nel tempo della pandemia / Marco Guastavigna, A distanza, ma dal pensiero e dalle pratiche mainstream / Lorenzo Dorato, Le lezioni economiche della pandemia Fernanda Mazzoli Giancarlo Paciello, La trappola della rete: una lettura dell’indagine di Renato Curcio sulla realtà virtuale, o meglio, sulla specificità del capitalismo attuale.


Il sistema dominante non ha creato il virus, né ha favorito la sua diffusione: esso si è “limitato” a trarre cinicamente profitto da un’epidemia di cui nessuno può dirsi artefice, proponendo come rimedio ciò che, per sua natura, è funzionale al proprio “benessere” anziché a quello dell’uomo e della comunità. Le diverse misure poste in essere nel 2020 non fanno che accelerare processi e tendenze in atto dagli ultimi decenni del Novecento, ragione per cui molti tra coloro che studiano la società e le sue strutture vedono nelle nuove modalità e nelle nuove pratiche di vita «fenomeni» tutt’altro che imprevedibili.
Il presente numero di Koinè vuole costituire un invito a ripensare il nostro tempo, ponendosi come un vero e proprio esercizio di defatalizzazione di quanto, nel filtro del pensiero mainstream, appare “normale”, “destinale”, “irreversibile”. Solo distinguendo ciò che è ontologicamente “inevitabile” da ciò che, invece, si presenta come tale, è possibile riaprire lo spazio ad una critica trasformatrice che ponga le basi per una nuova progettualità umana. In tal senso, il presente invito a ripensare l’attuale è, al contempo, un’esortazione a ripensare ciò che trascende la semplice presenza: l’uomo. È solo a partire dalla comprensione della sua essenza che è infatti possibile individuare dei nuovi modi di vivere che siano veramente conformi ai suoi bisogni e alle sue aspirazioni, mostrando, in tal modo, quale sia il modello di società a cui tendere affinché costui possa autenticamente “fiorire” e realizzarsi.

A. Dignös






M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Luca Grecchi – Questo volume cerca di colmare un vuoto, almeno nella letteratura specialistica in lingua italiana. Mancava infatti, ad oggi, un volume complessivo sul tema della ricchezza nella filosofia antica.

Luca Grecchi - Ricchezza

Questo volume cerca di colmare un vuoto, almeno nella letteratura specialistica in lingua italiana. Mancava infatti, ad oggi, un volume complessivo sul tema della ricchezza nella filosofia antica, negli oltre dieci secoli del suo sviluppo.
Il concetto che dà il titolo al volume, ossia appunto Ricchezza, possiede una pluralità di determinazioni. Esso, infatti, non si presenta con riferimento solo ai contenuti materiali, ma anche ai contenuti spirituali, sicché deve essere analizzato con un approccio poliedrico, come del resto pressoché tutti i concetti principali della filosofia antica.
Per questo motivo, pur essendo la filosofia la bussola che orienterà la nostra esplorazione, come nel precedente volume sull’Uomo3 dovremo fare spesso riferimento anche alla cultura letteraria, ed in alcuni casi alla cultura scientifica. La partizione fra filosofia, letteratura e scienza era del resto, come noto, assai meno marcata nel pensiero antico rispetto a oggi. Molte tematiche, che nell’attuale mondo universitario si studiano in Corsi di laurea e Dipartimenti differenti, erano infatti affrontate, nelle opere dei Greci e dei Latini, in maniera unitaria. Questo in quanto l’approccio filosofico, per sua essenza generale, era molto più presente nel mondo antico rispetto al mondo moderno, in cui è più presente invece l’approccio scientifico, per sua essenza particolare.
Per quanto concerne specificamente la ricchezza materiale, dunque in certa misura l’economia, va aggiunto che questa tematica era nel pensiero antico incorporata nella più generale tematica sociale, sicché non risulta analizzabile come un campo autonomo. La nascita della economia come scienza specialistica avvenne solo, come noto, parecchi secoli più tardi.
Un primo punto da mettere a fuoco, in questa introduzione, è che la ricchezza, per gli antichi, è costituita da tutto ciò che ha valore, ossia da tutto ciò che ha importanza per la vita. Dato che l’uomo, per il pensiero antico, si costituisce generalmente come una unità psicofisica, ossia come un composto di corpo e anima, la ricchezza non si presenta solo come di natura materiale, ma anzi soprattutto – per il maggiore valore attribuito generalmente, da tale pensiero, all’anima rispetto al corpo – come di natura spirituale. In effetti, come mostrano in maniera emblematica gli studi di medicina antica, che pure dovrebbero occuparsi principalmente del corpo, la componente spirituale, o meglio psichica (dell’anima, psyche), risulta determinante per far sì che un determinato bene materiale (chrema) possa porsi come una effettiva ricchezza, ossia appuntocome un bene…



Luca Grecchi – Quando il più non è meglio. Pochi insegnamenti, ma buoni: avere chiari i fondamenti, ovvero quei contenuti culturali cardinali che faranno dei nostri giovani degli uomini, in grado di avere rispetto e cura di se stessi e del mondo.
Luca Grecchi – A cosa non servono le “riforme” di stampo renziano e qual è la vera riforma da realizzare
Luca Grecchi – Cosa direbbe oggi Aristotele a un elettore (deluso) del PD
Luca Grecchi – Platone e il piacere: la felicità nell’era del consumismo
Luca Grecchi – Un mondo migliore è possibile. Ma per immaginarlo ci vuole filosofia
Luca Grecchi – «L’umanesimo nella cultura medioevale» (IV-XIII secolo) e «L’umanesimo nella cultura rinascimentale» (XIV-XV secolo), Diogene Multimedia.
Luca Grecchi – Il mito del “fare esperienza”: sulla alternanza scuola-lavoro.
Luca Grecchi – In filosofia parlate o scrivete, purché tocchiate l’anima.
Luca Grecchi – L’assoluto di Platone? Sostituito dal mercato e dalle sue leggi.
Luca Grecchi – L’Italia che corre di Renzi, ed il «Motore immobile» di Aristotele
Luca Grecchi – La natura politica della filosofia, tra verità e felicità
Luca Grecchi – Socrate in Tv. Quando il “sapere di non sapere” diventa un alibi per il disimpegno
Luca Grecchi – Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari.
Luca Grecchi – La virtù è nell’esempio, non nelle parole. Chi ha contenuti filosofici importanti da trasmettere, che potrebbero favorire la realizzazione di buoni progetti comunitari, li rende credibili solo vivendo coerentemente in modo conforme a quei contenuti: ogni scissione tra il “detto” e il “vissuto” pregiudica l’affidabilità della comunicazione e non contribuisce in nulla alla persuasione.
Luca Grecchi – Aristotele: la rivoluzione è nel progetto. La «critica» rinvia alla «decisione» di delineare un progetto di modo di produzione alternativo. Se non conosciamo il fine da raggiungere, dove tiriamo la freccia, ossia dove orientiamo le nostre energie, come organizziamo i nostri strumenti?
Luca Grecchi – Sulla progettualità
Luca Grecchi – Perché la progettualità?
Luca Grecchi – Aristotele, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – Platone, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – La metafisica umanistica non vuole limitarsi a descrivere come le cose sono e nemmeno a valutare negativamente l’attuale stato di cose. Deve dire come un modo di produzione sociale ha da strutturarsi per essere conforme al fondamento onto-assiologico.
Luca Grecchi – Scuola “elementare”? Dalla filosofia antica ai giorni nostri
Luca Grecchi – La metafisica umanistica è soprattutto importante nella nostra epoca, la più antiumanistica e filo-crematistica che sia mai esistita.
Luca Grecchi – Logos, pathos, ethos. La “Retorica” di Aristotele e la retorica… di oggi. È credibile solo quel filosofo che si comporta, nella vita, in maniera conforme a quello che argomenta essere il giusto modo di vivere.
Luca Grecchi – Educazione classica: educazione conservatrice? Il fine della formazione classica è dare ai giovani la “forma” della compiuta umanità, ossia aiutarli a realizzare, a porre in atto, le proprie migliori potenzialità, la loro natura di uomini
Luca Grecchi – Mario Vegetti: un ricordo personale e filosofico
Luca Grecchi – «Natura». Ogni mancanza di conoscenza, di rispetto e di cura verso la natura si traduce in una mancanza di rispetto e di cura verso la vita tutta. L’attuale modo di produzione sociale, avente come fine unico il profitto, tratta ogni ente naturale – compreso l’uomo – come mezzo, e dunque in maniera innaturale.
Luca Grecchi – Scritti brevi su politica, scuola e società
Luca Grecchi – i suoi libri (2002-2019)
Luca Grecchi – L’UMANESIMO GRECO CLASSICO DI SPINOZA. Lo scopo della filosofia non è altro che la verità.
Luca Grecchi – «Uomo» – L’uomo è il solo ente immanente in grado di attribuire senso e valore alla realtà e di porsi in rapporto ad essa con rispetto e cura.
Luca Grecchi – Insegnare Aristotele nell’Università
Luca Grecchi – L’etica di Aristotele e l’etica di Democrito: un confronto
Maurizio Migliori, Luca Grecchi – Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli
Luca Grecchi – Multifocal approach. Una contestualizzazione storico-sociale. Occorre porsi con critica consapevolezza progettuale all’interno della totalità sociale.
Luca Grecchi – «Leggere i Presocratici». La cultura presocratica rappresenta tuttora una miniera in buona parte inesplorata.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Rob Riemen – «La nobiltà di spirito. Elogio di una virtù perduta»: La cultura, come l’amore, non ha il potere di costringerre. Non offre garanzie. L’unica possibilità di conquistare e difendere la nostra dignità di uomini ce la offrono la cultura e una educazione libera.

Rob Riemen - La nobiltà dello spirito

«La cultura, come l’amore, non ha il potere di costringerre.
Non offre  garanzie.
Ciò nonostante, l’unica possibilità di conquistare e difendere la nostra dignità di uomini
ce la offrono proprio la cultura e una educazione libera».
Rob Riemen

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Rob Riemen

La nobiltà di spirito.

Elogio di una virtù perduta

189 pagine, Rizzoli, 2010

“I valori umanistici classici implicano una fondamentale fiducia nel potere, sempre imperfetto ma costantemente corroborato, dello spirito umano” afferma George Steiner. Portavoci, spesso incarnazioni di questi valori furono grandi figure come Socrate, Baruch Spinoza, Walt Whitman, Thomas Mann e Leone Ginzburg. La consapevolezza di vivere un’epoca di crisi, segnata dalla guerra o dall’abbrutimento, ma soprattutto la strenua volontà di opporsi alle derive del loro tempo ne accomuna il lascito umano e intellettuale: la determinazione a non perdere di vista la destinazione morale dell’essere umano, anche nelle tenebre della storia, anche nel fondo di un carcere. In “La nobiltà di spirito” Rob Riemen si sforza di mettere in salvo il messaggio di queste grandi figure “inattuali” per legarle al nostro travagliato presente, ricostruendo una genealogia spirituale che va dall’Atene di Pericle all’Europa dei totalitarismi. Ripercorre una catena di esistenze esemplari spese alla ricerca di una libertà che non sia arbitrio, ma aspirazione a una vita giusta; di una saggezza che non sia erudizione, ma inseguimento dell’assoluto pur nell’imperfezione della conditio humana; di un coraggio che non sia vanagloria, ma forza di lottare per gli ideali intramontabili dell’umanesimo occidentale. (Prefazione di George Steiner)

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Paul Hazard (1878-1944) – La scienza sta già diventando un idolo, un mito. Si comincia a confondere insieme scienza e felicità, progresso materiale e progresso morale; a credere che la scienza prenderà il posto della filosofia, della religione, e che basterà a soddisfare tutte le esigenze dello spirito umano.

Paul Hazard 01

«La scienza sta già diventando un idolo, un mito. Si comincia a confondere insieme scienza e felicità, progresso materiale e progresso morale; a credere che la scienza prenderà il posto della filosofia, della religione, e che basterà a soddisfare tutte le esigenze dello spirito umano.».

Paul Hazard, [La Crise de la conscience européenne : 1680-1715 (1935)] La crisi della coscienza europea,  2 voll., II, il Saggiatore, Milano 1968, p. 398.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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