Maurizio Schoepflin – «Presocratici»: e fu l’aurora. Il libro di Luca Grecchi è un utile strumento per studiare gli albori dell’affascinante cammino della filosofia occidentale.

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Maurizio Schoepflin
Presocratici: e fu l’aurora

Ha scritto Martin Heidegger: «Ogni grande cosa può avere solo un grande inizio. Il suo inizio è sempre la cosa più grande… Tale è la filosofia dei Greci». Si tratta di un’affermazione difficilmente contestabile, in quanto ben pochi saranno disposti a negare che l’eccezionale stagione del pensiero ellenico abbia prodotto risultati pressoché insuperabili. Ora, quello che Heidegger ha sostenuto a proposito della filosofia greca, vale anche per i suoi inizi, che sono stati essi stessi grandiosi. Non v’è dubbio che l’acme del pensiero classico sia rappresentata da Platone e Aristotele, ma è altrettanto certo che senza il formidabile contributo dei pensatori che li precedettero la loro produzione non sarebbe apprezzabile in tutto il suo valore.
Dunque, l’inizio dell’inizio, ovvero i primi passi della filosofia greca, riveste un’importanza fondamentale, oltre che un fascino straordinario. Coloro che hanno scritto le primissime pagine del sapere sono comunemente definiti “presocratici”, e proprio a loro ha dedicato un volume interessante e ben articolato Luca Grecchi (Leggere i Presocratici, Scholé, pagine 262, euro 22). Il libro si apre con una serie di considerazioni preliminari, nelle quali l’autore affronta questioni riguardanti la loro identità, la loro collocazione storica e teoretica, la bibliografia che li riguarda e, infine, le varie interpretazioni che di essi sono state proposte. Sino a oggi, annota Grecchi, le diverse letture che del pensiero presocratico sono state date, sono riconducibili a tre grandi filoni: quello scientifico-naturalistico, che vede la natura al centro, quello mistico aurorale, incentrato sul divino, e quello politico-umanistico, che fa perno sull’uomo. Secondo l’autore, sarebbe errato assolutizzare una di queste interpretazioni, le quali, invece, vanno poste fra loro «in maniera aperta ed includente, non chiusa ed escludente». Soltanto così sarà possibile avvicinarsi a una retta comprensione del composito universo presocratico, a cui si deve anche l’indicazione delle tre linee principali lungo le quali si muoverà tutta la filosofia posteriore, linee che, a giudizio di Grecchi, definiscono quello filosofico come «un sapere che si rivolge all’intero, coordinandone le varie parti; un sapere dialettico, ossia caratterizzato da argomentazioni e contro-argomentazioni; un sapere onto-assiologicamente orientato, assumente come fondamento di senso e valore l’uomo».
Una bella introduzione di Maurizio Migliori, un lessico essenziale dei termini greci utilizzati e una corposa bibliografia arricchiscono il libro: utile strumento per studiare gli albori dell’affascinante cammino della filosofia occidentale.

Maurizio Schoepflin, Presocratici: e fu l’aurora, «Avvenire», 06-02-2021, p. 20



Luca Grecchi – «Leggere i Presocratici». La cultura presocratica rappresenta tuttora una miniera in buona parte inesplorata.


Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di  Maurizio Schoepflin


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Copertine e schede editoriali (031-040) – Nicola Labanca, Pierluigi Venuta, Angelo Del Boca, Giorgio Rochat, Marco Francini, Daniela Belliti, Paolo Turi, Eric Weil, Carlo Carrara, Massimo Bontempelli, Maura Del Serra

031-040

031
AA. VV. [Angelo Del Boca, Giorgio Rochat, Nicola Labanca, Salah al-Din Hasan al-Suri, Salvatore Bono, Francesco Castro, Muhammad al-Tahir al-Jarari, Mahmud al-Dik, Michele Brondino, Federico Cresti, Marco Mozzati, Pierluigi Venuta, Mahmud al-Dik, Fabio Giannelli], Un colonialismo, due sponde del Mediterraneo. Atti del seminario di studi storici italo-libici (Siena-Pistoia, 13-14 gennaio 2000) a cura di Nicola Labanca e Pierluigi Venuta.
ISBN 88-87296-94-4, 2000, pp. 176, formato 170×240 mm., Euro 16 – Collana “Studi e ricerche” [4]. In copertina: Rielaborazione grafica da Italia meridionale e insulare – Libia, Guida Breve, Volume III, Consociazione Turistica Italiana, Milano MCMXL (XVIII), 1940.

032
Marco Francini – Gianpaolo Balli, Il “Gran Maestro” Domizio Torrigiani (1876-1932). ISBN 88-88172-26-2, 2000, pp. 144, formato 170×240 mm., Euro 15 – Collana “Studi e ricerche” [11]. In copertina: Domizio Torrigiani.

033
Daniela Belliti, Dopo il totalitarismo. Filosofia e politica nel pensiero di Hannah Arendt. ISBN 88-88172-24-2, 2000, pp. 80, formato 170×240 mm., Euro 10. In copertina: Una immagine di Hannah Arendt all’età di 23 anni.

 034
Paolo Turi, Émile Durkheim e il problema dell’ordine. Istituto di Sociologia Facoltà di Scienze Politiche «C. Alfieri» Università degli Studi di Firenze, 1997, pp. 64, formato 140×210 mm., Euro 7. In copertina: Disegno di George Grosz.

035
Paolo Turi, Il sistema universitario italiano: alcuni caratteri originali. Istituto di Sociologia Facoltà di Scienze Politiche «C. Alfieri» Università degli Studi di Firenze, 1997, pp. 32, formato 140×210 mm., Euro 7. In copertina: Disegno di M. Vulcanescu.

036
Paolo Turi, Identità e immagine: le biografie politiche. Istituto di Sociologia Facoltà di Scienze Politiche «C. Alfieri» Università degli Studi di Firenze, 1997, pp. 32, formato 140×210 mm., Euro 7. In copertina: Disegno di M. Vulcanescu.

037
Eric Weil, Pensare il mondo. Filosofia Dialettica Realtà.
ISBN 88-87296-72-3, 2000, pp. 152, formato 140×225 mm, Euro 12 – Collana “La ziqqurat” [2]. In copertina: Adele Plotkin, Senza titolo (1959); collezione privata.

 038
Carlo Carrara, La domanda del senso. Per una filosofia del “ri-trovamento” [Introduzione di Massimo Bontempelli. In appendice scritti di: Walter Kasper, Dario Antiseri, Luigi Giussani, Abraham J. Heschel, Juan Alfaro, Norbert Fischer, Bernhard Welte, Karl Rahner, Armando Rigobello, Günther Anders, Wolfhart Pannenberg, Norberto Bobbio].
ISBN 88-87296-74-X, 2000, pp. 176, formato 140×225 mm, Euro 10 – Collana “La ziqqurat” [3]. In copertina: Giorgio De Chirico, Il grande metafisico, (1917). Museo d’Arte Moderna di New York.

039
Massimo Bontempelli, Filosofia e Realtà. Saggio sul concetto di realtà in Hegel e sul nichilismo contemporaneo.
ISBN 88-87296-71-5, 2000, pp. 288, formato 140×225 mm, Euro 15 – Collana “La ziqqurat” [1]. In copertina: Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attesa (1959). Museo d’arte contemporanea di Milano.

040
Maura Del Serra, Di poesia e d’altro , I, [con scritti su M. Maddalena – Jacopone – L. Della Robbia – W. Shakespeare – G. Herbert – J. I. de la Cruz – G. B. Vico – U. Foscolo – C. Collodi – F. Nietzsche]. ISBN 88-87296-83-9, 2000, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 10,33 – Collana “Egeria” [5]. In copertina: Maître de Flore: Procri e Cefalo, New York, Collezione Germain Saligman.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Copertine e schede editoriali (021-030) – Nicola Lisi, Chiara Guarducci, Yria Haglund, Hjalmar Bergman, Anna Turi, Anna Paola Niccolai, Alberto Severi, Giorgio Spini, Angelo Passaleva, Arrigo Boldrini, Giovanni Amendola, Maura Del Serra, Paul Forman, Tito M. Tonietti, Francis Thompson, Margherita Guidacci.

021-030

021
AA.
VV. [Alfredo Capone, Giorgio Spini, Elio D’Auria, Cosimo Ceccuti, Luigi Lotti, Simona Colarizi, Ariane Landuyt, Pier Luigi Ballini, Sandro Rogari, Paolo Bagnoli, Umberto Sereni, prof. Gaetano Arfè, Corrado Messeri, Marcello Venier, Riccardo Cardelli, Aldo Morelli, Angelo Passaleva, Arrigo Boldrini, Rinaldo Bausi, Rineo Cirri], Giovanni Amendola tra etica e politica. Atti del Convegno di Studio nel cinquantesimo anniversario della Repubblica e della Costituzione (Montecatini Terme 25-26-27 Ottobre 1996. ISBN 88-87296-55-3, 1999, pp. 320, formato 170×240 mm., Euro 25 – Collana “Studi e ricerche” [1]. In copertina: foto di Giovanni Amendola nel suo studio.

022
Yria Haglund, Di storia in storia. La biblioteca italiana di Hjalmar Bergman.
[Traduzione dallo svedese a cura di Susanna Eneberg (Introduzione e La biblioteca di testi italiani di Hjalmar Bergman) e Elena Torrigiani (Osservazioni su “Savonarola. La storia di un frate” e Temi storici fiorentini in alcuni dei primi racconti). Questo volume è stato pubblicato in collaborazione con la Fondazione C. M. Lerici, Stoccolma]. ISBN 88-87296-91-X, 2001, pp. 144, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Egeria” [3]. In copertina: foto di Hjalmar Bergman (1908).

023
Chiara Guarducci, La neve in cambio [Lucifero, La Carogna, Camera ardente]. ISBN 88-87296-89-8, 2001, pp. 80, formato 110×170 mm., Euro 5,16 – Collana di teatro, “Antigone” [5]. In copertina: Fenditura nella neve. Foto di Sandra Nistri.

024
Anna Turi e Anna Paola Niccolai (a cura di), I detti delle donne. Una lettura al femminile del linguaggio familiare (modi di dire, proverbi, filastrocche … delle mamme, delle nonne, delle tate, delle zie). Postfazione di Elena Vannucchi: Una raccolta di detti, di proverbi. ISBN 978-88-7588-097-2, 2005, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15. In copertina: Silvestro Lega, L’educazione al lavoro, 1863; olio su tela, 91,5×67; firmato e datato in basso a destra: “S. Lega 1863”. Collezione privata.

025
Alberto Severi, Aracne. Con uno scritto di Alberto Pozzolini. ISBN 88-87296-06-8, 2001, pp. 48, formato 110×170 mm., Euro 5,16 – Collana di teatro, “Antigone” [7]. In copertina: Giuseppe Capogrossi,Superficie G. 5, 1950; tempera su carta intelata, 87×62,5 cm.

026
Maura Del Serra Eraclito. Due risvegli. Con uno scritto di Jacopo Manna.
ISBN 88-87296-93-6, 2001, pp. 64, formato 110×170 mm., Euro 5,16 – Collana di teatro, “Antigone” [3]. In copertina: Testa bronzea del IV sec. rappresentante il Sonno con i lineamenti di un fanciullo alato. Londra, British Museum.

027
Costanza Caglià L’amore con Erode. Con uno scritto di Isolina Baldi e Postfazione di Maura Del Serra.
ISBN 88-87296-41-3, 2001, pp. 116, formato 110×170 mm., Euro 7,75 – Collana di teatro, “Antigone” [8]. In copertina: Jean Cocteau, Lettera d’amore..

028
Paul Forman, Fisici a Weimar. La cultura di Weimar, la causalità e la teoria quantistica. A cura di Tito M. Tonietti.
ISBN 88-87296-47-2, 2002, pp. 200, formato 140×225 mm., Euro 18 – Collana di cultura scientifica “Mappe” [1]. In copertina: Disegno di M. Vulcanescu.

029
Francis Thompson, Il Segugio del Cielo e altre poesie. [Testo originale a fronte] Traduzione e Introduzione di Maura Del Serra. ISBN 88-87296-98-7, 2000, pp. 272, formato 140×210 mm., Euro 16 – Collana “Egeria” [10]. In copertina: foto di Francis Thompson negli anni dell’Owens College (1877-1885).

030
Nicola Lisi, Voci da una parlata e altri segni [con uno scritto di Margherita Guidacci, Lisi o la celestiale assenza].
ISBN 88-87296-43-X, 2002, pp. 192, formato 140×210 mm., Euro 15. In copertina: Venturino Venturi, Ritratto di Nicola Lisi, 1964; pietra serena, cm. 40x35x26. Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Copertine e schede editoriali (361-370) – Costanzo Preve, Massimo Bontempelli, Maura Del Serra, Luca Grecchi, Giulia Angelini, Diego Lanza, Gherardo Ugolini, Marco Gallo, Vincenzo Brandi, Alberto Giovanni Biuso, Salvatore A. Bravo, Michele Di Febo, Alessandro Dignös, Lorenzo Dorato, Arianna Fermani, Alessandra Filannino Indelicato, Marco Guastavigna, Claudio Lucchini, Fernanda Mazzoli, Giancarlo Paciello, Franco Toscani, Sergio Rinaldelli.

361-370

361
Costanzo Preve, La fine dell’URSS. Dalla transizione mancata alla dissoluzione reale. Seconda Edizione.
ISBN 978-88-7588-300-3, 2020, pp. 64, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Divergenze” [20]. In copertina: Disegno di M. Vulcanescu.

362
Massimo Bontempelli, Filosofia e Realtà. Saggio sul concetto di realtà in Hegel e sul nichilismo contemporaneo. Seconda Edizione.
ISBN 978–88–7588-301-0, 2020, pp. 288, formato 140×225 mm, Euro 25 – Collana “Il giogo” [124]. In copertina: Albrecht Dürer, Civetta, 1525.

363
Maura Del Serra, In voce. 55 poesie lette dall’autrice. Il libro è in vendita con CD allegato.
ISBN 978-88-7588-302-7, 2020, pp. 64, formato 130×200 mm., Euro 12. In copertina: Foto di Maura Del Serra.

364
Costanzo Preve, Luca Grecchi, Marx e gli antichi Greci. Dialogo sulla progettualità, ovvero su come cambiare il mondo. Introduzione di Giulia Angelini. Seconda Edizione riveduta e ampliata.
ISBN 978–88–7588-299-0, 2020, pp. 320, formato 140×210 mm, Euro 27 – Collana “Il giogo” [125]. In copertina: Rilevo votivo di Atena pensosa, 460 a.C., marmo pario. Atene, Museo dell’Acropoli.

365
Diego Lanza, Il tiranno e il suo pubblico. Introduzione di Gherardo Ugolini: La tirannide come “ideologia” secondo Diego Lanza. ISBN 978–88–7588-303-4, 2020, pp. 400, formato 140×210 mm, Euro 30 – Collana “Il giogo” [126]. In copertina: Frammento di vaso attico a figure nere di Sophilos, VI sec. a.C., Museo Archeologico Nazionale di Atene.

366
Marco Gallo, Santiago Express. Appunti di viaggio. A cura di Ilaria Rabatti.
ISBN 978–88–7588-304-1, 2020, pp. 120, formato 130×200 mm, Euro 10. In copertina: Verso Santiago.

367
Costanzo Preve, Il Bombardamento Etico. Saggio sull’Interventismo Umanitario, sull’Embargo Terapeutico e sulla Menzogna Evidente. Seconda Edizione ISBN 978-88-7588-265-5, 2020, pp. 240, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Divergenze” [70]. In copertina: Paul Klee, Maske der Furcht [Maschera di paura] (1932).

368
Vincenzo Brandi, Conoscenza, scienza e filosofia. Profili di scienziati e filosofi della scienzada Talete alla fisica contemporaneaISBN 978-88-7588-269-3, 2020, pp. 512, formato 170×240 mm., Euro 30 – Collana “Divergenze” [71]. In copertina: Costruttori di una cattedrale per l’uomo, metafora del lavoro di ricerca scientifica, rilievo in pietra (XII secolo) Santa Maria, Girona (Spagna).

369
Giulia Angelini, Alberto Giovanni Biuso, Salvatore A. Bravo, Michele Di Febo, Alessandro Dignös, Lorenzo Dorato, Arianna Fermani, Alessandra Filannino Indelicato, Marco Guastavigna, Claudio Lucchini, Fernanda Mazzoli, Giancarlo Paciello, Franco Toscani, Tempi covid moderni. A cura di Alessandro Dignös.
ISBN 978–88–7588-273-0, 2020, pp. 256, formato 170×240 mm, Euro 25 – Collana “Il giogo” [127]. In copertina: René Magritte, Golgonde, olio su tela, 1953, The Menil Collection, Houston.

370
Sergio Rinaldelli, Solo l’irraggiungibile. Frammenti di cronaca interiore.
ISBN 978-88-7588-277-8, 2021, pp. 208, formato 130×200 mm., Euro 15. In copertina: Sergio Rinaldelli, I fiori del silenzio, 2006, olio su tavola, 97,5 x 67,5.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Hermann Hesse (1877-1962) – Dobbiamo fare assegnamento su quella fonte di energia che è la meditazione, sul sempre rinnovato accordo dello spirito e dell’anima.

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«[…] quanto più pretendiamo da noi o quanto più il nostro compito pretende da noi di volta in volta, tanto più dobbiamo fare assegnamento su quella fonte di energia che è la meditazione, sul sempre rinnovato accordo dello spirito e dell’anima. E quanto più intensamente […] un compito ci tiene occupati e ora ci sprona e incalza, ora ci stanca e deprime, con tanto maggior facilità trascuriamo questa fonte […]. I veri grandi della storia universale o sapevano meditare o conoscevano, sia pure inconsapevolmente, la via per giungere là dove ci porta la meditazione. Gli altri uomini, anche i più intelligenti e robusti, hanno finito col naufragare e soccombere perché il loro compito o il loro sogno ambizioso era giunto a dominarli […]».

Hermann Hesse, Il giuoco delle perle di vetro, trad. di E. Pocar, Introd. Di H. Mayer, Mondadori, Milano 1984, p. 105.



Hermann Hesse – I libri hanno valore soltanto se conducono alla vita
Hermann Hesse (1877-1962) – Perseguono con tutta la loro forza vitale un unico scopo: realizzare la legge che è insita in loro, portare alla perfezione la propria forma, rappresentare se stessi.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Fernanda Mazzoli – Quei nostri morti: Angelo Appiani, Arturo Chiappelli, Arturo Malagoli, Roberto Rovatti, Ennio Garagnani, Renzo Bersani. Modena 9 gennaio 1950

Fernanda Mazzoli - Modena 1950

Gianni Rodari, nel 1950 giovane cronista,
scrisse su «L’Unità» del 11/1/1950:
Un’azione di guerra condotta con fredda ferocia.
La polizia sparò dalle terrazze sugli operai che alzavano le mani
.

Fernanda Mazzoli

Quei nostri morti:

Angelo Appiani, Arturo Chiappelli, Arturo Malagoli, Roberto Rovatti, Ennio Garagnani, Renzo Bersani.

Modena 9 gennaio 1950

Dalla facciata del settecentesco Grande Spedale degli Infermi, poi a lungo Ospedale cittadino ed ora sede di un polo culturale, sei facce d’altri tempi guardano scorrere il traffico di passanti e biciclette sulla Via Emilia centro. Non molto lontano da lì, in una fredda mattina di gennaio di settantun anni fa, il loro tempo incrociò, davanti alle Fonderie Riunite di Modena, le fucilate tirate dalla polizia di Scelba e si arrestò bruscamente.
Certo, non passavano di là per caso, avevano scelto di esserci per portare la loro concreta solidarietà agli operai delle Fonderie che protestavano contro la serrata della fabbrica ed i 500 licenziamenti stabiliti dalla direzione, seguiti dalla decisione di assumere ex novo 250 dipendenti non sindacalizzati.
Erano là perché sapevano che la lotta dei lavoratori delle Riunite era la loro e che questa lotta era in continuità con quella che si era da poco conclusa contro gli occupanti tedeschi ed i loro alleati fascisti. Tre di loro avevano preso parte alla Resistenza, tutti erano comunisti con la determinazione, la generosità e l’ingenuità con la quale si poteva essere comunisti nel 1950 a Modena, città nella quale la lotta di liberazione aveva avuto una forte base di massa e aveva alimentato speranze e domande di radicali trasformazioni sociali, confluite poi negli anni immediatamente successivi in un deciso protagonismo operaio, forte di uno stretto legame con le campagne, percorse dalle agitazioni dei braccianti e dei mezzadri. È un’intera comunità politica e territoriale che non accetta di ritornare diligentemente ad occupare quei ruoli subordinati in cui pretendono di confinarla le nuove classi dirigenti dell’Italia repubblicana, in sostanziale continuità con il passato prefascista. Essa rivendica con orgoglio il proprio diritto ad occupare la scena pubblica, diritto che si è conquistata a duro prezzo durante gli anni della guerra di liberazione. Le fabbriche sono state salvate dai lavoratori, con le armi in pugno, e le sentono loro, rappresentano qualcosa di più di un semplice luogo di lavoro, devono diventare uno spazio di socialità aperto al quartiere e alla comunità.
Solo a Modena il PCI conta più di 70.000 iscritti e in Emilia la CGIL ne registra quasi un milione: il conflitto sociale e politico è alto, i rapporti di forza sono pericolosamente sbilanciati a favore di quella che fonti delle forze dell’ordine chiamano la parte cattiva della popolazione.

Serve una lezione che stronchi velleità democratiche di partecipazione e controllo operaio e mostri chi veramente comanda, tanto più che sul piano nazionale si è ormai avviata la normalizzazione con la sconfitta del Fronte popolare alle elezioni del 1948 e la formazione del governo De Gasperi.
Il padrone delle Fonderie Riunite, il commendatore Orsi – un passato fascista che ha consentito alle sue aziende di prosperare ed un presente da uomo d’ordine – alle prese con la necessità di riconversione industriale del dopoguerra, vuole imporre la riduzione della mano d’opera, il ritorno al cottimo individuale e l’attribuzione ai lavoratori dei costi della mensa. Si apre così una dura vertenza sindacale che porterà il proprietario alla serrata della fabbrica e all’assunzione di nuovi operai e la FIOM ad organizzare scioperi e picchetti.
Il 9 gennaio è il giorno previsto per la riapertura dello stabilimento voluta da Orsi; quel mattino, la Camera del Lavoro proclama lo sciopero generale e una dimostrazione davanti alle Fonderie – presidiate da consistenti forze di polizia, così come tutto il quartiere – per impedire l’accesso ai “crumiri”. È probabile che l’apertura non sia veramente in programma: all’interno della fabbrica ci sono solo una cinquantina fra poliziotti e carabinieri, molti altri sono disposti all’ingresso e sui tetti, mentre la città è disseminata di posti di blocco. Verso le 10, un corteo di oltre 10.000 manifestanti, provenienti da tutta la provincia, si avvicina alle officine, aggirando i posti di blocco attraverso i campi, oppure facendo pressione sui cordoni di polizia disposti in modo frammentato.
Quando un gruppetto di scioperanti riesce ad attraversare il passaggio a livello ferroviario che li separa dalla fabbrica, la polizia inizia a sparare: tre lavoratori restano uccisi, diversi feriti. Questore e prefetto – raggiunti da una delegazione composta da due parlamentari comunisti e da un sindacalista – intimano di sciogliere la manifestazione, avvertendo che «sarà un macello», perché «abbiamo tanta forza da sterminarvi tutti».

Intanto, nelle vie adiacenti alle Fonderie si è scatenato il panico, molti cercano scampo dalla sparatoria in una fuga disordinata o bussando ai portoni delle case vicine, tanti finiscono accerchiati dai poliziotti e malmenati con i calci dei fucili. La mattinata si conclude con altri tre morti e centinaia di feriti, tutti dalla parte dei dimostranti, qualche contuso fra le forze dell’ordine.
Nel corso degli scontri 93 persone vengono arrestate e rilasciate nel giro di tre giorni, per mancanza di concreti elementi a loro carico; il 20 marzo si avvia un procedimento penale nei confronti del responsabile della commissione interna delle Fonderie Riunite e di altri 33 lavoratori (che si concluderà dopo un lungo e travagliato iter processuale con l’assoluzione degli imputati ed un risarcimento ai familiari delle vittime), mentre una veloce indagine condotta dagli stessi funzionari di polizia in servizio il 9 gennaio ha come esito il non luogo a procedere nei confronti di prefetto e questore.[1]

Settanta anni dopo, nell’ambito di un nutrito e meritorio calendario di iniziative commemorative,[2] le gigantografie in bianco e nero dei sei caduti hanno sovrastato per tutto il 2020 il Largo Sant’Agostino dove l’11 gennaio passò, percorrendo la Via Emilia, l’imponente corteo funebre, hanno ricoperto la facciata contro la quale si accalcarono quel giorno centinaia di persone venute a salutare per l’ultima volta i loro morti.

Gianni Rodari, Un’azione di guerra condotta con fredda ferocia. La polizia sparò dalle terrazze sugli operai che alzavano le mani, «L’Unità», 11/1/1950.

Le loro fotografie furono scagliate contro i banchi del Governo – come un’arma di denuncia, di sdegno e di rivendicazione di giustizia brandita a nome dei disarmati – dove sedevano De Gasperi e Scelba dalla deputata comunista modenese Gina Borellini, medaglia d’oro della Resistenza, che accompagnò il gesto con un’accusa precisa: in quel banco siedono degli assassini.

Sono le fotografie di quelli che il Presidente del Consiglio, appena un mese dopo, chiamerà sprezzantemente i vostri morti, dimostrando sicuramente scarsa sensibilità umana, ma una precisa coscienza del carattere antagonistico insito nelle agitazioni operaie e contadine dell’Emilia rossa di quegli anni.

Questi nostri morti hanno facce serie e vere che parlano di lavoro, fatica, stenti, guerra, dignità, non sorridono, guardano l’obiettivo con la fissità un po’ stupita di chi non è abituato a farsi fotografare, ci parlano di un Paese non ancora investito dalla mutazione antropologica degli anni Sessanta, così lontano dallo scintillio dei salotti televisivi, dal vociare compiaciuto dei social, dall’arroganza e dalla volgarità del self made man di successo, dall’opaca rassegnazione dei vinti.[3]

Angelo Appiani ha ventinove anni, una moglie e un figlio, lavora presso le Officine meccaniche Martinelli, è stato nella Resistenza ed è un attivista comunista. La fronte alta sormontata dai capelli gettati all’indietro suggerisce una certa fiducia nell’avvenire. Viene raggiunto per primo da un colpo sparato dal tetto delle Fonderie Riunite occupato dalla polizia che continua a sparare sulla folla dei dimostranti, uccidendone due e ferendone altri.
Arturo Chiappelli ha 42 anni, è stato partigiano, è attivista comunista, ha lavorato come spazzino, ora è disoccupato, ha tre figli. La bocca è una linea sottile che gli taglia il viso magro, la vita non deve essere stata tenera con lui.
Arturo Malagoli ha 20 anni, è figlio di contadini, è il primo della famiglia ad essere andato a lavorare in città come operaio; malgrado la giovane età, si è già dato da fare nel 1948 per il Fronte popolare ed un mese prima di morire ha fatto conoscenza con la galera per avere partecipato ad una manifestazione.[4] Sulla foto sembra un bambino; come gli altri due ventenni uccisi poco dopo ha nello sguardo una luce quasi infantile, come scrisse il giorno dei funerali Gianni Rodari, allora giovane cronista dell’Unità.[5] Allo scrittore i tre ragazzi sembrano ancora vivi e la terribile espressione dei loro volti pare dovuta «ad un sogno angoscioso e passeggero».
Trenta minuti dopo l’inizio della sparatoria, Roberto Rovatti, 35 anni, operaio, partigiano e militante comunista, con un cartello in mano e la sua solita sciarpa rossa al collo, a cinquecento metri di distanza dalle Fonderie viene circondato da un gruppo di carabinieri, picchiato con il calcio dei fucili, buttato in un fosso e poi freddato da un colpo sparato a bruciapelo. Ha uno sguardo fiero che deve avere indispettito i suoi aguzzini, forse non potevano reggerlo, forse smuoveva qualcosa nel fondo del loro animo che era meglio lasciare perdere.
Le ore passano, già due ne sono trascorse dall’inizio della strage, la Camera del lavoro ha già annunziato un comizio per il pomeriggio ed è anche arrivata l’autorizzazione, ma le forze dell’ordine continuano a sparare.
Ennio Garagnani ha vent’anni, lavora come carrettiere con il padre che gli ha consigliato di starsene in casa per quel giorno, ma lui non lo ascolta, è un attivista comunista e con i suoi amici va alla manifestazione. Si sta allontanando dalla zona degli scontri, ma non abbastanza in fretta da evitare la mitragliatrice dell’autoblindo della compagnia autocarrata dei carabinieri di Bologna. È un bel ragazzo, l’aria vagamente sognante, un po’ malinconica. Viene colpito, di spalle, alla testa.
Anche Renzo Bersani si sta allontanando, ma incrocia un carabiniere che si inginocchia nel mezzo della strada, lo prende di mira e lo colpisce mortalmente, alle spalle. Ha ventun anni, è un militante comunista, lavora in fabbrica, prima ha fatto il calzolaio. I tratti del volto lasciano trasparire una sorta di caparbietà fanciullesca, fatica e disillusione hanno risparmiato per sempre il suo volto di ragazzo del dopoguerra, quando si cresceva in fretta.
Le loro fotografie vennero appese dappertutto a Modena e in provincia, in quei giorni, e continuarono a circolare a lungo. Dovevano fare paura, tanto che ancora tre anni dopo una nota dell’Ufficio politico si rivolge al Prefetto, informandolo che la parte sana della popolazione di Spilamberto (paese distante una ventina di chilometri dal capoluogo) lamentava che le autorità non avessero ancora tolto dai portici del comune il quadro con le foto dei sei operai uccisi il 9 gennaio.[6]

La loro memoria è sopravvissuta come un torrentello carsico che scorre sotto le arterie dell’opulenta città, storica vetrina del modello emiliano, un po’ appannato ora dai perversi intrecci affaristici all’ombra delle cooperative.[7] Chi allora era giovane non ha dimenticato quei giorni di stupore, (sembrava di essere tornati in guerra, a detta dei testimoni), di rabbia e di paura e continua a raccontare a figli e nipoti; a scuola, qualche professore di storia vi accenna; ogni anno, attorno al cippo eretto a memoria, si tiene una manifestazione promossa da quei sindacati che così poco hanno saputo e voluto difendere i lavoratori dal massacro sociale neoliberista.
L’episodio, che ebbe rilevanza nazionale, in quanto segnò una svolta nella storia sindacale e politica della giovane repubblica italiana in direzione di una progressiva normalizzazione del conflitto sociale e della carica rivoluzionaria della base e dei quadri intermedi del PCI, non trova generalmente posto nei manuali scolastici di storia ed è ancora oggi insufficientemente oggetto di studio da parte della storiografia. L’acceso dibattito interno a sindacato e partito che seguì i fatti di Modena rappresenta una tappa importante nell’approdo del PCI verso le sponde della socialdemocrazia e dovrebbe, dunque, essere materia di analisi e riflessione non solo per gli storici di professione, ma per quanti cercano di comprendere, da una prospettiva di parte, come furono assorbite e neutralizzate le potenzialità rivoluzionarie e antagonistiche di una parte significativa della
Quel mondo – in cui una tradizionale cultura del lavoro aveva incrociato istanze politiche di radicale cambiamento sociale – non c’è più da tempo, spazzato via da pesanti processi di ristrutturazione capitalistica, dal trionfo della società dei consumi, dal crollo del comunismo storico novecentesco, dalla deregolamentazione e frammentazione del lavoro. Quelle facce non si incontrano più nelle nostre strade, percorse da una folla anonima, uniformata da mode e parametri estetici democraticamente imposti dallo spettacolo mediatico, dalla pubblicità, dagli influencer.
Di fronte a tali e tanti sconvolgimenti, la nostalgia non è che una tentazione meramente consolatoria, una fragile ancora sballottata dalle ondate violente e capricciose della società liquida che non conosce pensiero forte ed identità strutturate.
Eppure, a settant’anni di distanza, quei volti si impongono con la forza di uno schiaffo, o di un sasso lanciato nella palude dell’assuefazione e della rassegnazione che accompagnano come un’ombra anche noi, che di quella storia continuiamo a sentire nel profondo il cuore vivo, pulsante, noi che sappiamo che le loro ragioni sono, oggi più che mai in un regime di sfruttamento capitalistico sicuramente diverso, ma non meno brutale, l’humus in cui cresce una vita umana degna di essere vissuta. È simpatia che essi chiedono, soffrire, sperare e trepidare con loro per ciò che è stato e ciò che non è stato.

Fernanda Mazzoli

***

[1] Per un’accurata ricostruzione della vicenda ed una approfondita analisi del contesto locale e nazionale in cui essa si inserisce, cfr. L. Bertucelli, All’alba della Repubblica. Modena, 9 gennaio 1950. L’eccidio delle Fonderie Riunite, Ed. Unicopli, Milano, 2012 e F. Tinelli, Era il vento non era la folla. Eccidio di Modena, 9 gennaio 1950, Bébert edizioni, Bologna, 2015, che fornisce un’interessante documentazione prodotta dalla magistratura.
[2] L’iniziativa, promossa, in occasione del settantesimo dall’eccidio, dai sindacati, dall’Istituto storico, dal Centro documentazione Donna e dal Comitato comunale per la storia e la memoria del Novecento, ha proposto una ricca mostra fotografica, un concerto ed una bella narrazione ad opera di Carlo Lucarelli che si può seguire su «youtube»: Fonderie, 9 gennaio 1950. Un racconto di Carlo Lucarelli.
[3] Con buona pace delle vestali del politicamente corretto e della nuova narrazione del capitalismo inclusivo, il miliardario statunitense Warren Buffet, con onesto cinismo, ha riconosciuto che la lotta di classe esiste, ma che è la classe ricca che sta facendo la guerra e che la sta vincendo.
[4] Lo ricorda la sorella Marisa, all’epoca bambina di sei anni, che fu poi adottata da Togliatti: https://sites.google.com/site/sentileranechecantano/schede/morire-per-il-lavoro/l-eccidio-di-modena-nei-ricordi-di-marisa-malagoli.
[5] G. Rodari, 300.000 lavoratori ai funerali delle 6 vittime, «L’Unità», 11/1/1950.
[6] La nota è riportata in F. Tinelli, op. cit., p. 28.
[7] Uno scorcio sulla realtà sociale, fatta di sfruttamento, precariato, connivenza tra imprese ed istituzioni, che si nasconde dietro il mito del miracolo emiliano è proposta da Giovanni Iozzoli in https://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/18651-giovanni-iozzoli-maxiprocessi-zamponi-e-tortellini.html


Fonderie 9 gennaio 1950.
Un racconto di Carlo Lucarelli


Fernanda Mazzoli – Il problema non è chi taglia il traguardo: il problema è il traguardo. Nella Scuola  si vuole imporre come traguardo il passaggio dalla formazione della personalità umana alla formazione del capitale umano
Fernanda Mazzoli – Intorno alla scuola si gioca una partita decisiva che è quella della società futura che abbiamo in mente. La scuola può riservarsi un ruolo attivo, oppure scegliere la capitolazione di fronte al modello sociale neoliberista.
Fernanda Mazzoli – Alcune considerazioni intorno al libro «L’AGONIA DELLA SCUOLA ITALIANA» di Massimo Bontempelli
Farnanda Mazzoli – Il libro «No alla globalizzazione dell’indifferenza» di Giancarlo Paciello. Un’agguerrita strumentazione intellettuale capace di affrontare e dissolvere le nebbie ideologiche. Rivendicazione di un «universalismo universale» fondato su una comune natura umana. Rivendicazione di una «ecologia integrale». Defatalizzazione del mito del progresso.
Fernanda Mazzoli – Una voce poetica dimenticata: Isaak Ėmmanuilovič Babel’. Fondare la rivoluzione sull’anima umana, sulla sua aspirazione al bene, alla verità, al pieno dispiegarsi delle sue facoltà. La rivoluzione non può negare la spiritualità, l’esperienza interiore dell’uomo, i suoi fondamenti morali.
Fernanza Mazzoli, Javier Heraud (1942-1963) – Non rido mai della morte. Semplicemente succede che non ho paura di morire tra uccelli e alberi. Vado a combattere per amore dei poveri della mia terra, in una pioggia di parole silenziose, in un bosco di palpiti e di speranze, con il canto dei popoli oppressi, il nuovo canto dei popoli liberi.
Fernanda Mazzoli – Per una seria cultura generale comune: una proposta di Lucio Russo.
Fernanda Mazzoli – Leggendo il libro di Giancarlo Paciello «Elogio sì, ma di quale democrazia?».
Fernanda Mazzoli Attila József (1905-1937) – Con libera mente non recito la parte sciocca e volgare del servo. Il capitalismo ha spezzato il suo fragile corpo.
Fernanda Mazzoli – René Char (1907-1988) – Résistance n’est qu’espérance. Speranza indomabile di un umanesimo cosciente dei suoi doveri, discreto sulle sue virtù, desideroso di riservare l’inaccessibile campo libero alla fantasia dei suoi soli, e deciso a pagarne il prezzo. Les mots qui vont surgir savent de nous de choses que nous ignorons d’eux.
Fernanda Mazzoli – Ripensare la scuola per mantenere aperta, all’interno dell’istituzione scolastica, quella dimensione “utopica” così intimamente legata all’idea stessa di educazione, idea che comporta una tensione intrinseca verso “un altrove” che nulla ha a che vedere con l’adattamento al presente.
Fernanda Mazzoli – Jules Vallès (1832-1885), Jules l’«insurgé», aveva scelto di essere un réfractaire e tale rimase per tutto il corso della sua vita. Prima, durante e dopo la Comune di Parigi.
Fernanda Mazzoli – Un libro per chiunque avverta la necessità di aprirsi una strada fra le brume del presente e voglia farlo con onestà e coraggio intellettuali e morali. È di un pensiero forte che necessitiamo.
Fernanda Mazzoli – La poesia di Xu Lizhi nella fabbrica globale del capitalismo assoluto. La gioventù chinata sulle macchine muore prima del suo tempo. Senza il tempo per esprimersi, il sentimento si sgretola in polvere.
Fernanda Mazzoli – Il romanzo di Georges Perec «Les choses» è di una attualità sconcertante. I libri, quando cercano con onestà intellettuale la verità, dicono molto di più di quel che dicono i loro autori.
Fernanda Mazzoli – Il libro di Antonio Fiocco «Ideare il futuro comunitario per viverne l’essenza nel presente». L’inesausta tensione progettuale per il bene comune, mai da considerarsi come acquisizione definitiva
Fernanda Mazzoli – La ripresa, finalmente! Ma chi guida la task force incaricata di traghettare il Paese fuori dell’emergenza da Covid 19? La mitologia del cambiamento e la sua necessaria demistificazione
Fernanda Mazzoli – L’io minimo ai tempi dell’epidemia. Lo spiritello esangue e pervicace della mentalità di sopravvivenza. Sopravvivere diviene preferibile a vivere nella consapevolezza.
Fernanda Mazzoli – La speranza, nel libro di Arianna Fermani, forte della sua fragilità,  è apertura e rischio, si oppone alla paura, si accompagna alla fiducia e alla perseveranza, abita il campo della libertà, si confronta con la scelta, osa pensare il possibile (quando appare ancora impossibile) cercando di rendere realizzabile lo sperabile,  è slancio verso il futuro, immaginazione creatrice, fiducia in un avvenire migliore costruito con pazienza e talento. È scommessa educativa, paideia, «speranza di seminare semi e di veder nascere fiori».
Fernanda Mazzoli – La colpevolizzazione delle condotte individuali non conformi ai corretti stili di vita è assurta a dispositivo ideologico tanto semplice quanto efficace, perfetto per tempi come i nostri, allergici al ragionamento complesso e al pensiero dialettico.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Albertine Sarrazin (1937-1967) – Un fiammifero controvento. Non conoscevo Albertine. Ho letto «L’astragalo», seguendo il consiglio di Patti Smith, che ne firma la prefazione.

Albertine Sarrazin - Patti Smith

«Per la prima volta non ho voglia di conoscere il seguito e nemmeno la fine di quest’avventura. Sono lì, nuda, sulla poltrona, a guardare Julien che dorme; vorrei rimanere così, stagnante, tiepida, nel silenzio rotto soltanto dal nostro respiro regolare, senza più dover fare i gesti, dire le parole che ci trasformano e ci tradiscono; quel minuto è vero e vivo, e lo faccio diventare eterno».

Albertine Sarrazin, L’astragalo


Ilaria Rabatti

Un fiammifero controvento

Non conoscevo Albertine. Incuriosita dal titolo, ho letto L’astragalo, seguendo il consiglio di Patti Smith che ne firma la prefazione nella quasi nuova edizione Bompiani (2016), curata da Fabrizio Ascari. Albertine Sarrazin (1937-1967) è un “personaggio” splendido e straziante. Se nel nome è scritto il destino, tra Proust e Balzac, Albertine fa bene la propria parte. Dolorosamente, maledettamente bene. La vita breve non le risparmia i graffi più feroci, i colpi più duri. Lascio a chi vorrà incontrarla leggendone i libri e le poesie (divenute canzoni, bellissime, ma quasi intraducibili) scoprire la sua storia. Stregata dallo sguardo, ho osservato a lungo il suo volto in copertina tra le volute di fumo di una Gauloise. Accennando un sorriso, Albertine sembra così consapevole del vuoto che le si spalanca intorno. Un’immensità di speranza e di nulla. In fuga sempre, dalla prigione e dalla vita…

«Il cielo si era allontanato di almeno dieci metri. Rimanevo seduta, tranquilla. L’urto doveva aver rotto le pietre, nel buio la mia mano destra sentiva dei frammenti. Via via che riprendevo fiato, il silenzio attenuava l’esplosione di stelle le cui cascate mi crepitavano ancora nella testa. Gli spigoli bianchi delle pietre illuminavano debolmente l’oscurità: la mia mano, staccandosi dal suolo, passò sul braccio sinistro, risalì fino alla spalla, scese lungo le costole fino al bacino: niente. Ero intatta, potevo continuare» (incipit de L’astragalo).


Leggi l’estratto ↓


Può forse sembrare disdicevole parlare di se stessi scrivendo di un’altra persona, ma mi chiedo proprio che ne sarebbe stato di me senza Albertine. Senza la sua guida, avrei fatto la sbruffona nello stesso modo, avrei fronteggiato le avversità con la stessa tenacia? Senza I.’astragalo come libro prediletto, le mie poesie giovanili sarebbero state così mordaci?
L’ho scoperta per caso girando per il Greenwich Village il giorno di Ognissanti del 1968, come ho annotato poi nel mio diario. Benché avessi fame e voglia di un caffè, ero andata prima a dare un’occhiata alle promozioni della libreria sull’Ottava Strada. Sui tavoli si accatastavano copie dell’ Evergreen Review e traduzioni oscure pubblicate dall’Olympia e dalla Grove Press, nuovi testi sacri rifiutati dalla plebaglia. Cercavo qualcosa che avrei dovuto assolutamente possedere: un libro che fosse più di un libro, pieno di indizi in grado di orientarmi verso un cammino ignoto. Fui attirata dal volto singolare (un’ombra viola su uno sfondo nero) sulla copertina polverosa del romanzo di questo “Genet al femminile”. Costava 99 centesimi, il prezzo di un toast con prosciutto e formaggio e un caffè al Waverly Diner, sulla Sesta Avenue, di fronte. Avevo in tasca un dollaro e un biglietto della metropolitana, ma mi bastò leggere le prime righe per innamorarmi … una fame ne scacciò un’altra e comprai il libro.
Il libro s’intitolava L’astragalo, e il volto sulla copertina apparteneva ad Albertine Sarrazin. Aprendo la mia copia sciupata nella metro che mi riportava a Brooklyn, ho appreso che era nata ad Algeri, che era orfana, era stata in prigione, aveva scritto tre libri, due dietro le sbarre e uno in libertà, ed era morta di recente, a pochi mesi dal suo trentesimo compleanno nel 1967. Perdere una potenziale sorella nel momento stesso in cui la trovavo mi ha profondamente colpita. Stavo per compiere ventidue anni, ero abbandonata a me stessa, lontano da Robert Mapplethorpe. L’inverno si preannunciava duro, avevo lasciato il calore di un abbraccio per altri, più incerti. Il mio nuovo amore era un pittore, che arrivava senza avvertire, mi leggeva dei brani di Nostra Signora dei Fiori, mi scopava e poi spariva per settimane.
Tutte quelle notti tumultuose, passate ad attendere la mia musa e lui, mi procuravano un tormento delizioso. Caduta nella mia stessa trappola, non trovavo nulla che riuscisse a placare la mia agitazione. Le mie parole non bastavano, solo quelle di un’altra potevano trasformare il mio sgomento in fonte d’ispirazione.
Le parole le ho trovate ne L’astragalo, un romanzo scritto da una ragazza più grande di me di otto anni e già morta. Il suo nome non figurava nei dizionari di letteratura, toccava dunque a me rincollare i pezzi della sua vita attraverso ogni sua sillaba (come avevo fatto per Genet), ben consapevole che la verità di un poeta si scopre al di là delle sue menzogne. Mi sono preparata del caffè, ho sprimacciato i cuscini del mio letto e ho iniziato la lettura. Con L’astragalo, la realtà e la finzione finalmente si fondevano.

[…]

Un giorno mi recherò sulla sua tomba con un thermos di caffè nero. Mi siederò accanto a lei e cospargerò di profumo di mughetto la sua lapide a forma di astragalo, come aveva voluto Julien. Quanto l’amavo, la mia Albertine! I suoi occhi scintillanti mi hanno permesso di superare i tormenti della mia giovinezza. È stata la mia guida in quelle notti tumultuose.

Patti Smith, Prefazione a: Albertine Sarrazin, L’astragalo, Bompiani, Milano 2016, pp. 5-6 e 11.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Koiné – «Tempi covid moderni». Siamo chiamati a defatalizzare quanto, nel filtro del pensiero “mainstream”, appare “normale”, “destinale”, “irreversibile”. Occorre riaprire lo spazio ad una critica trasformatrice che ponga le basi per una nuova progettualità umana.

Tempi covid moderni

Giulia Angelini, Alberto Giovanni Biuso, Salvatore A. Bravo,  Michele Di Febo, Alessandro Dignös, Lorenzo Dorato,

Arianna Fermani, Alessandra Filannino Indelicato, Marco Guastavigna, Claudio Lucchini, Fernanda Mazzoli,

Giancarlo Paciello, Franco Toscani

Tempi covid moderni

indicepresentazioneautoresintesi


La pandemia ha mutato le modalità di relazione, di insegnamento, di lavoro, di consumo. Si offre in queste pagine una riflessione critica a più voci con i contributi di: Alessandro Dignös, Introduzione / Fernanda Mazzoli , La scuola ai tempi del Covid: prove generali di colonizzazione digitale / Arianna Fermani, Esperienze di didattica universitaria, tra luoghi non-luoghi, alla ricerca di una “virtuosità del virtuale” / Claudio Lucchini, La didattica della merce e le esigenze della libera individualità / Michele Di Febo, Università e lezioni a distanza: minaccia o opportunità? / Alberto Giovanni Biuso, Epidemie barbariche / Salvatore A. Bravo, Didatticismo e Covid-19. La pandemia ha soltanto accelerato un processo già in atto da anni / Alessandra Filannino Indelicato, Ermeneutica della distanza. Contributi di filosofia del tragico sull’ospitalità inquietante / Giulia Angelini, L’isola di Filottete / Franco Toscani, Un pianeta malato. Umanità e socialità nel tempo della pandemia / Marco Guastavigna, A distanza, ma dal pensiero e dalle pratiche mainstream / Lorenzo Dorato, Le lezioni economiche della pandemia Fernanda Mazzoli Giancarlo Paciello, La trappola della rete: una lettura dell’indagine di Renato Curcio sulla realtà virtuale, o meglio, sulla specificità del capitalismo attuale.


Il sistema dominante non ha creato il virus, né ha favorito la sua diffusione: esso si è “limitato” a trarre cinicamente profitto da un’epidemia di cui nessuno può dirsi artefice, proponendo come rimedio ciò che, per sua natura, è funzionale al proprio “benessere” anziché a quello dell’uomo e della comunità. Le diverse misure poste in essere nel 2020 non fanno che accelerare processi e tendenze in atto dagli ultimi decenni del Novecento, ragione per cui molti tra coloro che studiano la società e le sue strutture vedono nelle nuove modalità e nelle nuove pratiche di vita «fenomeni» tutt’altro che imprevedibili.
Il presente numero di Koinè vuole costituire un invito a ripensare il nostro tempo, ponendosi come un vero e proprio esercizio di defatalizzazione di quanto, nel filtro del pensiero mainstream, appare “normale”, “destinale”, “irreversibile”. Solo distinguendo ciò che è ontologicamente “inevitabile” da ciò che, invece, si presenta come tale, è possibile riaprire lo spazio ad una critica trasformatrice che ponga le basi per una nuova progettualità umana. In tal senso, il presente invito a ripensare l’attuale è, al contempo, un’esortazione a ripensare ciò che trascende la semplice presenza: l’uomo. È solo a partire dalla comprensione della sua essenza che è infatti possibile individuare dei nuovi modi di vivere che siano veramente conformi ai suoi bisogni e alle sue aspirazioni, mostrando, in tal modo, quale sia il modello di società a cui tendere affinché costui possa autenticamente “fiorire” e realizzarsi.

A. Dignös






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Luca Grecchi – Questo volume cerca di colmare un vuoto, almeno nella letteratura specialistica in lingua italiana. Mancava infatti, ad oggi, un volume complessivo sul tema della ricchezza nella filosofia antica.

Luca Grecchi - Ricchezza

Questo volume cerca di colmare un vuoto, almeno nella letteratura specialistica in lingua italiana. Mancava infatti, ad oggi, un volume complessivo sul tema della ricchezza nella filosofia antica, negli oltre dieci secoli del suo sviluppo.
Il concetto che dà il titolo al volume, ossia appunto Ricchezza, possiede una pluralità di determinazioni. Esso, infatti, non si presenta con riferimento solo ai contenuti materiali, ma anche ai contenuti spirituali, sicché deve essere analizzato con un approccio poliedrico, come del resto pressoché tutti i concetti principali della filosofia antica.
Per questo motivo, pur essendo la filosofia la bussola che orienterà la nostra esplorazione, come nel precedente volume sull’Uomo3 dovremo fare spesso riferimento anche alla cultura letteraria, ed in alcuni casi alla cultura scientifica. La partizione fra filosofia, letteratura e scienza era del resto, come noto, assai meno marcata nel pensiero antico rispetto a oggi. Molte tematiche, che nell’attuale mondo universitario si studiano in Corsi di laurea e Dipartimenti differenti, erano infatti affrontate, nelle opere dei Greci e dei Latini, in maniera unitaria. Questo in quanto l’approccio filosofico, per sua essenza generale, era molto più presente nel mondo antico rispetto al mondo moderno, in cui è più presente invece l’approccio scientifico, per sua essenza particolare.
Per quanto concerne specificamente la ricchezza materiale, dunque in certa misura l’economia, va aggiunto che questa tematica era nel pensiero antico incorporata nella più generale tematica sociale, sicché non risulta analizzabile come un campo autonomo. La nascita della economia come scienza specialistica avvenne solo, come noto, parecchi secoli più tardi.
Un primo punto da mettere a fuoco, in questa introduzione, è che la ricchezza, per gli antichi, è costituita da tutto ciò che ha valore, ossia da tutto ciò che ha importanza per la vita. Dato che l’uomo, per il pensiero antico, si costituisce generalmente come una unità psicofisica, ossia come un composto di corpo e anima, la ricchezza non si presenta solo come di natura materiale, ma anzi soprattutto – per il maggiore valore attribuito generalmente, da tale pensiero, all’anima rispetto al corpo – come di natura spirituale. In effetti, come mostrano in maniera emblematica gli studi di medicina antica, che pure dovrebbero occuparsi principalmente del corpo, la componente spirituale, o meglio psichica (dell’anima, psyche), risulta determinante per far sì che un determinato bene materiale (chrema) possa porsi come una effettiva ricchezza, ossia appuntocome un bene…



Luca Grecchi – Quando il più non è meglio. Pochi insegnamenti, ma buoni: avere chiari i fondamenti, ovvero quei contenuti culturali cardinali che faranno dei nostri giovani degli uomini, in grado di avere rispetto e cura di se stessi e del mondo.
Luca Grecchi – A cosa non servono le “riforme” di stampo renziano e qual è la vera riforma da realizzare
Luca Grecchi – Cosa direbbe oggi Aristotele a un elettore (deluso) del PD
Luca Grecchi – Platone e il piacere: la felicità nell’era del consumismo
Luca Grecchi – Un mondo migliore è possibile. Ma per immaginarlo ci vuole filosofia
Luca Grecchi – «L’umanesimo nella cultura medioevale» (IV-XIII secolo) e «L’umanesimo nella cultura rinascimentale» (XIV-XV secolo), Diogene Multimedia.
Luca Grecchi – Il mito del “fare esperienza”: sulla alternanza scuola-lavoro.
Luca Grecchi – In filosofia parlate o scrivete, purché tocchiate l’anima.
Luca Grecchi – L’assoluto di Platone? Sostituito dal mercato e dalle sue leggi.
Luca Grecchi – L’Italia che corre di Renzi, ed il «Motore immobile» di Aristotele
Luca Grecchi – La natura politica della filosofia, tra verità e felicità
Luca Grecchi – Socrate in Tv. Quando il “sapere di non sapere” diventa un alibi per il disimpegno
Luca Grecchi – Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari.
Luca Grecchi – La virtù è nell’esempio, non nelle parole. Chi ha contenuti filosofici importanti da trasmettere, che potrebbero favorire la realizzazione di buoni progetti comunitari, li rende credibili solo vivendo coerentemente in modo conforme a quei contenuti: ogni scissione tra il “detto” e il “vissuto” pregiudica l’affidabilità della comunicazione e non contribuisce in nulla alla persuasione.
Luca Grecchi – Aristotele: la rivoluzione è nel progetto. La «critica» rinvia alla «decisione» di delineare un progetto di modo di produzione alternativo. Se non conosciamo il fine da raggiungere, dove tiriamo la freccia, ossia dove orientiamo le nostre energie, come organizziamo i nostri strumenti?
Luca Grecchi – Sulla progettualità
Luca Grecchi – Perché la progettualità?
Luca Grecchi – Aristotele, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – Platone, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – La metafisica umanistica non vuole limitarsi a descrivere come le cose sono e nemmeno a valutare negativamente l’attuale stato di cose. Deve dire come un modo di produzione sociale ha da strutturarsi per essere conforme al fondamento onto-assiologico.
Luca Grecchi – Scuola “elementare”? Dalla filosofia antica ai giorni nostri
Luca Grecchi – La metafisica umanistica è soprattutto importante nella nostra epoca, la più antiumanistica e filo-crematistica che sia mai esistita.
Luca Grecchi – Logos, pathos, ethos. La “Retorica” di Aristotele e la retorica… di oggi. È credibile solo quel filosofo che si comporta, nella vita, in maniera conforme a quello che argomenta essere il giusto modo di vivere.
Luca Grecchi – Educazione classica: educazione conservatrice? Il fine della formazione classica è dare ai giovani la “forma” della compiuta umanità, ossia aiutarli a realizzare, a porre in atto, le proprie migliori potenzialità, la loro natura di uomini
Luca Grecchi – Mario Vegetti: un ricordo personale e filosofico
Luca Grecchi – «Natura». Ogni mancanza di conoscenza, di rispetto e di cura verso la natura si traduce in una mancanza di rispetto e di cura verso la vita tutta. L’attuale modo di produzione sociale, avente come fine unico il profitto, tratta ogni ente naturale – compreso l’uomo – come mezzo, e dunque in maniera innaturale.
Luca Grecchi – Scritti brevi su politica, scuola e società
Luca Grecchi – i suoi libri (2002-2019)
Luca Grecchi – L’UMANESIMO GRECO CLASSICO DI SPINOZA. Lo scopo della filosofia non è altro che la verità.
Luca Grecchi – «Uomo» – L’uomo è il solo ente immanente in grado di attribuire senso e valore alla realtà e di porsi in rapporto ad essa con rispetto e cura.
Luca Grecchi – Insegnare Aristotele nell’Università
Luca Grecchi – L’etica di Aristotele e l’etica di Democrito: un confronto
Maurizio Migliori, Luca Grecchi – Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli
Luca Grecchi – Multifocal approach. Una contestualizzazione storico-sociale. Occorre porsi con critica consapevolezza progettuale all’interno della totalità sociale.
Luca Grecchi – «Leggere i Presocratici». La cultura presocratica rappresenta tuttora una miniera in buona parte inesplorata.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Massimo Cultraro – Tra le civiltà protostoriche del Mediterraneo, quella micenea è forse tra le poche a suscitare ancora oggi fascino e curiosità e a stimolare un vivace dibattito tra studiosi di diverse discipline. Comprendere il mondo miceneo significa offrire alcune chiavi di lettura per chiarire i numerosi interrogativi che ancora oggi dominano il tema delle origini della Grecia antica.

Massimo Cultraro

Massimo Cultraro, I micenei. Archeologia, storia, società dei Greci prima di Omero, Carocci, 2017.

Tra le civiltà protostoriche del Mediterraneo, quella micenea è forse tra le poche a suscitare ancora oggi fascino e curiosità e a stimolare un vivace dibattito tra studiosi di diverse discipline. Chi erano i Micenei? Quali erano i rapporti tra il mondo miceneo e le coeve civiltà del Mediterraneo? Settecento anni di storia (1700-1000 a.C.) sono ripercorsi per la prima volta in modo unitario in un libro che rappresenta una guida analitica, completa e scientificamente documentata sulla civiltà elladica che segnò l’apogeo della Grecia prima dell’età del Ferro. Il volume, mettendo insieme l’intera documentazione disponibile e le più recenti scoperte, intende ricostruire in chiave storica, e non più in una dimensione ora prevalentemente filologica ora archeologica, una delle pagine più interessanti e affascinanti del mondo greco. Per la prima volta al lettore italiano viene proposto un quadro storico della Grecia alla fine del II millennio a.C., costruito sull’analisi delle forme economiche, della struttura politica e di quella religiosa. Comprendere il mondo miceneo, in altri termini, significa offrire alcune interessanti chiavi di lettura per chiarire i numerosi interrogativi che ancora oggi dominano il tema delle origini della Grecia antica.

Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di Massimo Cultraro …


L’ anello di Minosse. Archeologia della regalità nell’Egeo minoico, Longanesi, 2001

Attraverso l’analisi della documentazione archeologica e basandosi sui più aggiornati modelli antropologici, Cultraro presenta il quadro dell’organizzazione politica della società minoica: il lettore viene guidato lungo il percorso che porta al superamento delle comunità tribali e alla nascita delle prime organizzazioni palatine di Creta, in cui l’emergere di un’amministrazione burocratica, di una complessa stratificazione sociale e di una sempre più alta specializzazione nel lavoro determina il formarsi di una struttura politica fortemente gerarchica, dominata dal sovrano minoico.


Troia e le sue guerre, Carocci, 2009

Il mondo degli eroi omerici che combatterono sotto le mura di Troia continua a suscitare forti emozioni presso il grande pubblico. In questo libro uno dei massimi esperti di civiltà antiche ci conduce per mano alla scoperta della città scavata oltre un secolo fa da Schliemann, illustrando alla luce delle più recenti acquisizioni archeologiche le battaglie di cui – nella storia e nel mito – la capitale del regno di Priamo descritta nell'”Iliade” fu protagonista.



L’ ultimo sogno dello scopritore di Troia. Heinrich Schliemann e l’Italia (1858-1890), Ediz. Storia e Studi Sociali, 2018

Nel 1858 Heinrich Schliemann (1822-1890) compie il suo primo viaggio in Italia da turista ed uomo di affari. Non è ancora il personaggio famoso che il mondo celebrerà come lo scopritore di Troia. Tornerà negli anni successivi girando per tutta la penisola, dall’Emilia fino alla Sicilia e Sardegna, forte della gloria che l’ambiente scientifico gli tributava e con le ricchezze accumulate grazie alle proficue attività commerciali in Russia e negli Stati Uniti. Quale è stato il rapporto tra lo studioso tedesco e l’Italia? Quali i suoi contatti con gli ambienti accademici nazionali, ma anche con personalità del mondo della politica e della cultura? Il libro ricostruisce, attraverso lo studio delle lettere e diari personali conservati nel Fondo Schliemann della Biblioteca Gennadius di Atene, insieme con altre fonti archivistiche italiane presentate per la prima volta, il trentennale sistema di relazioni tra lo scopritore di Troia e l’Italia.


Storia dei Mediterranei. Popoli, culture materiali e immaginario dall’età antica al Medioevo, Edizioni di storia e studi sociali, 2018

Un progetto di ricognizione storica, già annunciato e molto atteso in Italia e all’estero, va finalmente in porto. Al centro di esso è il Mediterraneo, perlustrato con strumenti analitici mirati, allo scopo di coglierne in maniera nuova le ricche pluralità, le differenze, il policentrismo etnico e culturale, e sottolinearne tuttavia, oltre le parzialità degli approcci eurocentrici, le comunanze, le contaminazioni e i fondamentali punti di contatto e di confluenza. È questo il senso che definisce la “Storia dei Mediterranei” di Edizioni di storia e studi sociali, cui hanno lavorato, ognuno da una particolare prospettiva, tredici studiosi di alto profilo, italiani ed esteri: Franco Cardini, Massimo Cultraro, Flavio Enei, Massimo Frasca, Jean Guilaine, Stefano Medas, Antonio Musarra, Patrice Pomey, Carlo Ruta, Alberto Salas Romero, Laura Sanna, Francesco Tiboni, Alessandro Vanoli.
L’esito è quello di un’indagine plurale e sfaccettata ma allo stesso tempo coesa, che in circa 500 pagine ripercorre, attraverso un ordito che è stato voluto multidisciplinare, le fasi più emblematiche di una vicenda lunga, dalla protostoria al Medioevo, con l’adozione di metodologie affinate e innovative, allo scopo di identificare le ragioni e i progetti di vita sociale e civile di un Mediterraneo che è la somma sorprendente di tanti Mediterranei, di un mondo che è in realtà un insieme di mondi, ognuno con propri caratteri ma tutti portatori di una naturale disposizione a relazionarsi.
Si tratta allora di tante storie, che però finiscono inevitabilmente con il convergere e l’intrecciarsi. È la storia, ad esempio, di un Oriente che in alcuni tratti nodali riesce a supportare le trame civili dell’Occidente. È la vicenda di un Nord che finisce con il condividere i propri destini con quelli del Sud, ancora attraverso contagi, materiali e culturali. È la storia, ancora, del sacro, lacerato e attraversato da chiusure identitarie, e che tuttavia, in maniera sorprendente, si ritrova a dialogare e a coesistere, nel concreto della vita materiale e nelle vicissitudini intellettuali. È la storia, in definitiva, di popoli distanti che, indotti dal bisogno e dalle ricorrenti migrazioni, finiscono però con il ritrovarsi, su piani fondamentali, in un ethos accomunante, fatto di tradizioni, conoscenze e tecniche condivise, di leggi del mare, di contagi artistici, cultuali e culturali. È la storia, anche, di conflitti accesi e devastanti, che non frustrano tuttavia la volontà dei popoli che circondano il Mediterraneo, da nord a sud, da oriente a occidente, nella ricerca, in realtà inesauribile, del contatto.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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