Paul-Ludwig Landsberg (1901-1944) – In Heidegger il “con-essere” è e rimane una categoria estremamente formale. La sua filosofia non contiene l’amore.
È stato pubblicato il prezioso piccolo libro sulla morte di Landsberg, volume di apertura di una nuova collana della casa editrice trentina «Il Margine», “Piccola biblioteca”. Il testo, ritenuto da molti il più intenso lavoro filosofico sulla morte uscito nel Novecento, ha conosciuto una storia travagliata legata alle vicende drammatiche della biografia dell’autore in fuga dalla persecuzione nazista (uscirà nel ’35 in spagnolo, nel ’36 in francese e – finalmente – nel ’37; su quest’ultima versione si basa la traduzione a cura di Fabio Olivetti). Paul-Ludwig Landsberg, filosofo tedesco di origine ebraica approdato al cattolicesimo ed esponente di punta del personalismo francese (Mounier lo riteneva l’intellettuale più brillante del circolo di “Esprit”), nasce a Bonn nel 1901 e muore nel campo di sterminio nazista di Sachsenhausen nel 1944. Allievo di Scheler e di Husserl, Landsberg era destinato ad una brillante carriera accademica stroncata dall’avvento del nazismo. Nel ’33 gli viene negata la possibilità di continuare a insegnare all’Università di Bonn dove aveva una cattedra dal ’28; riparò a Barcellona e poi a Parigi. Di lui rimangono molte opere, ora sistematiche ora frammentarie, ma certamente quella sulla morte è la più celebre e tradotta.
In essa si cerca di superare le tesi del maestro Scheler e di replicare ad Heidegger.
Tutto, nella visione di Landsberg, ruota intorno al concetto di “esperienza della morte”. Non è vero, come sosteneva Epicuro, che la morte è al di fuori del nostro esperire, che finché viviamo essa per noi non esiste. Per Landsberg, sulla scia di Agostino, è la morte dell’altro cui sono relazionato, il momento davvero rivelatore della mia stessa morte. Il cuore della sua tanatologia è una filosofia dialogica della morte. A monte vi è la sua concezione di persona: l’uomo non è una monade isolata, ma si attua solo nella sua relazione con l’altro, nella rete di rapporti vitali entro una comunità. In connessione con una profonda filosofia dell’amore: «L’amore è l’esperienza di una realtà fondamentale: Io e Tu, diversi, legati nella differenza e diversi nel legame». Landsberg applica la metodica dialogica all’evento in apparenza radicalmente antidialogico: la morte. In realtà la morte dell’altro è sempre ed essenzialmente anche la mia morte poiché determina una lacerazione in radice dell’originaria realtà spirituale costitutiva del mio Io nella sua relazione con un Tu. Relazione non accidentale per l’Io ma ontologicamente auto-costituente.
Landsberg rileva in Heidegger un limite insuperabile: «In lui il con-essere è e rimane una categoria estremamente formale. La sua filosofia non contiene l’amore». Il silenzio dell’altro che si è consegnato alla morte evoca e anticipa l’orrore dell’analogo silenzio mortale che io consegnerò a chi mi è prossima. La desolazione che io provo nel suo inaccettabile abbandonarmi nella morte anticipa anche il mio sempre possibile «non-esser più risposta» alle parole che l’altro mi rivolgerà, il mio futuro silenzio mortale. Diversamente da Heidegger, è questa la vera “anticipazione” della morte. In un passaggio fulminante Landsberg illumina questa nuova prospettiva: «Una chiara coscienza della necessità della morte si desta solo attraverso la partecipazione e attraverso l’amore personale in cui questa esperienza era completamente immersa. Noi abbiamo stretto un patto con colui che muore, abbiamo costituito un noi con il morente. In questo noi, tramite la forza di questo nuovo essere d’ordine personale, siamo condotti alla conoscenza vissuta del nostro proprio dover morre . Seguiamo il “noi” che spezza, vivendo tale spezzarsi fino agli estremi confini dell’aldilà; sì, per un istante approdiamo al paese della morte e siamo investiti proprio dall’atmosfera che da lì proviene, entriamo nell’estremo estraniamento che subito porta via la persona amata dal mondo conosciuto del rapporto con noi. Subito dopo siamo già rientrati dal regno delle tenebre. Ma in quell’istante il gran freddo non ci ha forse colpiti? Siamo ancora gli stessi? Potremo essere ancora gli stessi dopo averlo provato?».
Silvano Zucal, Landsberg, l’anti Heidegger. Recensione al libro di Paul-Ludwig Landsberg, L’esperienza della morte, Il Margine, Trento 2011, recensione pubblicata su Avvenire, 21-05-2011, p. 29.