Maurizio Migliori – Non c’è opera e non c’è argomento trattato in cui Aristotele non si misuri con i suoi predecessori.

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«L’atteggiamento di Aristotele nei confronti dei suoi predecessori

Si può dire che non c’è opera e non c’è argomento trattato in cui Aristotele non si misuri con i suoi predecessori. Ora una simile costanza va spiegata, e non può esserlo certamente con qualche motivazione estrinseca o occasionale. Noi non pretendiamo affrontare, in questa sede, tutto ilproblema nella sua vastità, ma offrire solamente spunti riflessione.

Quel che anzitutto deve essere chiaro è che «Aristotele non espone mai per se stessi i sistemi dei suoi predecessori. Egli li interroga su punti precisi, che sono problemi che lui stesso si pone … Non si trova in alcuna parte in lui una esposizione (né una critica) d’insieme della filosofia platonica».[1] Quel che lo spinge a confrontarsi con i contributi precedenti è la convinzione di un progresso nelle conoscenze e nelle tecniche: «nulla è dunque perduto nella storia della filosofia, poiché tutto contribuisce al suo compimento».[2]

Quello che egli cerca è quindi «una conferma delle sue proprie idee, sia positiva, scoprendo che la sua opinione si accorda con quella degli antichi, o anche che la sua teoria pone, ma in modo più completo, più chiaro o più sfumato, quel che essi avevano già supposto; sia negativa, mostrando a quali punti morti giungono i pensatori che non hanno ancora trovato la soluzione che lui stesso dà a tale o tal altro problema».[3] Da questo punto di vista, è anche interessante rilevare come spesso Aristotele contrapponga i vari autori l’uno all’altro: non è tanto e solo un artificio teorico, ma una formula eristica e dialettica che permette di individuare lo schematismo e/o l’unilateralità delle due posizioni antagoniste e quindi fornisce lo spunto per procedere oltre».

Maurizio Migliori, Introduzione a Aristotele, La generazione e la corruzione, a cura di Maurizio Migliori e Lucia Palpacelli, Bompiani, Milano 2013, pp. XLVII-XLVIII.

[1] A. Mansion, Introduction à la physique aristotélicienne, Paris 1913, p. 35.

[2] P. Aubenque, Le problème de l’étre chez Aristote, Paris 1962, p. 73; cfr. p. 71.

[3] A. Mansion, Introduction ... , pp. 38-39.

 


Alcuni dei suoi lavori

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Luigi Ruggiu – Tempo Coscienza e Essere nella filosofia di Aristotele. Saggio sulle origini del nichilismo.

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Coperta 283

Luigi Ruggiu

Tempo Coscienza e Essere nella filosofia di Aristotele

Saggio sulle origini del nichilismo.

Prefazione di Emanuele Severino

 

ISBN 978-88-7588-186-3, 2017, pp. 496, formato 170×240 mm., Euro 35

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Aion Ostia nuova

Mosaico dello zodiaco e delle Quattro Stagioni. Ostia Antica, Magazzini.
Dalla Necropoli di Porto all’Isola Sacra, Tomba 101.

 

L’attualità di un testo si riconosce dalla centralità del tema, dalla novità nell’impostazione, dalla fecondità dei risultati. Non si tratta solo della conoscenza storica dell’autore, Aristotele, ma della penetrazione di una ricerca resa nuovamente disponibile per la sua capacità di interloquire con i problemi di metodo e di merito. Anche sul versante non direttamente filosofico della scienza, in particolare della fisica moderna e contemporanea. Il tempo analizzato nella Fisica è stato indagato iuxta propria principia. È quindi capace di sprigionare tutta la forza sintetica di penetrazione di un tema così impenetrabile e sfuggente.

«La parte del testo relativa alla trattazione del tempo si presenta come lo svolgimento sistematico più profondo ed articolato della tesi per cui il tempo viene costituito dall’anima attraverso l’atto di numerazione che esercita in rapporto al divenire, ed è quindi necessariamente relato ad essa. Questa grande sintesi operata da Ruggiu, che ricomprende tutti i contributi precedenti sulla definizione del tempo secondo Aristotele costituisce, sia per il rigore dell’argomentare che per la consistenza dell’impianto teoretico che assume come presupposto un confronto critico indispensabile per ogni interpretazione che da essa si differenzia; in questo senso rappresenta, insieme al testo di Conen, l’interpretazione attuale più interessante della dottrina aristotelica del tempo» (A. Giordani).

Il filo nascosto della indagine aristotelica è costituito dal ruolo che l’anima dell’uomo riveste nella physis. Attraverso una magistrale fenomenologia della coscienza del tempo, nella quale si mostra l’unità inscindibile di tempo e movimento, Aristotele mostra l’irriducibilità del tempo al movimento, ma anche la necessità del suo rapporto. Il “numero” che quindi compare nella definizione del tempo, non è il numero astratto, il numero matematico, ma il numero concreto, il numero numerato. Attraverso un’analisi penetrante dell’ora (νῦν) lo Stagirita mostra la necessità dell’identità e permanenza e insieme la struttura del differenza che è propria dell’istante e quindi del tempo. È l’istante che costituisce l’unità e la continuità del tempo, ma insieme anche la sua distinzione. Il tempo non si dà senza l’anima, cioè senza la chiamata in causa della memoria, della presenza e dell’attesa.

Nella contemporaneità, a lungo questa problematica è parsa monopolio della fisica, con le sue esplorazioni nel mondo dell’infinitamente piccolo e della fisica dei quanti. Ma qui il tempo con i suoi caratteri di irreversibilità e di ekstaticità scompare. La fisica conclude infine che il tempo è nulla, il prodotto di una semplice illusione, come ebbe a dire Einstein in una celebre lettera inviata ai familiari del suo amico Michele Besso: «Per tutti coloro che credono nella fisica, la divisione tra presente, passato e futuro ha solo il valore di un’ostinata illusione».

Oggi tuttavia assistiamo ad un ribaltamento di queste tesi. «La sintesi fra il tempo di Aristotele e quello di Newton è il gioiello dei pensieri di Einstein» (C. Rovelli). Se al livello più fondamentale “non c’è variabile tempo” e quindi non esiste differenza tra passato e futuro, esiste anche un movimento di ritorno (Nostos!) per comprendere come da questo mondo senza tempo possa emergere il tempo a noi familiare. Alla nostra scala, esiste anche la variabile tempo. Con una espressione alla Borges, si conclude che «il tempo siamo noi».

Ma quale Aristotele e soprattutto: quale tempo?

A questo interrogativo, il volume di Ruggiu fornisce una risposta convincente. Perciò oggi viene qui riproposto nella sua piena attualità.



Luigi Ruggiu è professore emerito di storia della filosofia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Già consigliere di amministrazione della Biennale di Venezia (1978-1986) e direttore della rivista di cultura e politica Il Progetto (1982-1992), a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta è stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Venezia. Nel 2000 è stato insignito della medaglia d’oro del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi dei “Benemeriti della scienza e della cultura”.

Le principali linee della sua ricerca sono:

I.

La problematica della temporalità nella storia della filosofia

Tempo Coscienza Essere nella filosofia di Aristotele. Saggio sulle origini del nichi-lismo, Brescia 1970; Il tempo in questione. Paradigmi della temporalità nel pensiero occidentale, a cura di L. Ruggiu, Guerini e Associati editore, Milano 1997; Filosofia del tempo, a cura di L. Ruggiu, Bruno Mondadori Editore, Milano 1998; Tempo della fisica e tempo dell’uomo: Parmenide, Aristotele, Agostino, Editrice Cafoscarina, Venezia 2006. Aristotele, Fisica. Testo greco a fronte. Saggio introduttivo, traduzione, note e apparati di L. Ruggiu, nuova edizione, Mimesis, Milano 2007; Tempo delle scienze, tempo della filosofia, in Pensare il tempo. Tra scienza e filosofia, a cura di U. Curi, Mimesis, Milano-Udine 2013, pp. 101-135; Lo spirito è tempo. Saggi su Hegel, Mimesis, Milano 2013; Parmenide e il tempo, in Parmenide. Nostos, L’essere e gli enti, Edizione rivista e ampliata, con testo e traduzione dei frammenti, e con un saggio: Mimesis, Milano-Udine 2014, pp. 455-512.

II.

Il problema dell’agire pratico e poietico

Teoria e prassi in Aristotele, Napoli 1973; La scienza ricercata. Economia politica e filosofia. Studi su Aristotele e Marx, Treviso 1978.

III.

Filosofia e economia

Genesi dello spazio economico. Il labirinto della ragione sociale: filosofia societá e autonomia dell’economia, Guida, Napoli 1982.

IV.

Parmenide e la genesi dell’ontologia

Parmenide, Venezia-Padova 1975; Parmenide, Il Poema sulla natura, introd., traduzione di G. Reale; saggio introduttivo e commento di L. Ruggiu, Rusconi, Milano 1991; Parmenide di Elea, in Le radici del pensiero filosofico. I – La filosofia greca: dai presocratici ad Aristotele, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1993; Parmenide. Nostos, L’essere e gli enti, Edizione rivista e ampliata, con testo e traduzione dei frammenti, e con un saggio: Mimesis, Milano-Udine 2014.

V.

La filosofia di Hegel

L. Ruggiu – I. Testa (a cura), Hegel contemporaneo. La ricezione americana di Hegel a confronto con la tradizione europea, Guerini e Associati, Milano 2003; L. Ruggiu – J. M. Cordon (cura), La crisi dell’ontologia. Dall’idealismo tedesco alla filosofia contemporanea, Guerini e Associati, Milano 2004; L’assoluto come nulla e la ragione come negare: Hegel a Jena, in Hegel e il nichilismo, a cura di F. Michelini e R. Morani, Franco Angeli editore, Milano 2003, pp. 21-40; Intersoggettività e universale della comunicazione, in L’Universale ermeneutico, a cura di G. Nicolacci e L. Samonà, Biblioteca del Giornale di Metafisica, Tilgher, Genova 2003, pp. 13-28; Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione, «Giornale di Metafisica», nuova serie, XXV (2003), pp. 393-418; Lo spirito è tempo. Saggi su Hegel, Mimesis, Milano 2013.

 

VI.

Questioni di storia della storiografia

Il presente del passato. La ripresa del pensiero classico nella filosofia contemporanea, in L’oggetto della storia della filosofia. Storia della filosofia e filosofie contemporanee, a cura di R. Racinaro, La Città del Sole Editore, Napoli 1998, pp. 173-222; La ripresa dell’antico in Giordano Bruno, in Giordano Bruno: destino e verità, a cura di D. Goldoni – L. Ruggiu, Marsilio, Venezia 2002, pp. 185-224.


Aristotele, Fisica. A cura di L. Ruggiu

Aristotele, Fisica. A cura di L. Ruggiu

 

Aristotele, Fisica. Nuova edizione

Aristotele, Fisica. Nuova edizione

Genesi dello spazio economico

Genesi dello spazio economico

 

Il tempo in questione occidentale Paradigmi sulla temporalità nel pensiero occidentale

Il tempo in questione. Paradigmi sulla temporalità nel pensiero occidentale

 

Lo spazio sociale della ragione. Da Hegel in avanti

Lo spazio sociale della ragione. Da Hegel in avanti

 

Lo spirito è tempo. Saggi su Hegel

Lo spirito è tempo. Saggi su Hegel

 

Logica Metafisica Politica. Hegel a Jena

Logica Metafisica Politica. Hegel a Jena

 

Parmenide. Nostos. L'essere degli enti

Parmenide. Nostos. L’essere degli enti

 

Parmenide. Poema sulla Natura

Parmenide. Poema sulla Natura

 

Parmenide

Parmenide

 

Tempo della fisica e tempo dell'uomo. Parmenide, Aristotele, Agostino

Tempo della fisica e tempo dell’uomo. Parmenide, Aristotele, Agostino

 

Teoria e prassi in Aristotele

Teoria e prassi in Aristotele


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Diana Quarantotto – Causa finale, sostanza, essenza in Aristotele: saggio sulla struttura dei processi teleologici naturali e sulla funzione del telos.

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Causa finale, sostanza, essenza in Aristotele:
saggio sulla struttura dei processi teleologici naturali e sulla funzione del telos

Bibliopolis, 2005 – 372 pagine

Il concetto di “causa finale” svolge un ruolo centrale nell’ambito della filosofia aristotelica. Scopo di questo saggio è avanzare l’ipotesi che la definizione di “natura” come principio interno del movimento e della quiete, formulata in “Physica” B 1, sia allo stesso tempo una definizione della teleologia naturale e che fornisca significative informazioni circa la struttura dei processi finalistici e la funzione ontologica ed epistemologica del telos.


L’Universo senza spazio. Aristotele e la teoria del luogo

L’Universo senza spazio. Aristotele e la teoria del luogo

Bibliopolis, 2017 – 290 pagine

 

La teoria del luogo di Aristotele è stata discussa e criticata sin dall’antichità, già dai primi allievi e collaboratori di Aristotele. Questo volume mira a mostrarne le ragioni e l’efficacia. È relativo principalmente a Physica IV 1-5, dove Aristotele espone il nucleo della teoria. L’analisi di questo testo è condotta con una particolare attenzione agli aspetti euristici dell’indagine di Aristotele. L’obiettivo è di evidenziare la costruzione progressiva della teoria e i mezzi con cui questa costruzione è svolta: le procedure di scoperta, la raccolta e la selezione dei dati, la formulazione e il confronto tra ipotesi diverse. Inoltre, l’obiettivo è di ricostruire le assunzioni di fondo che orientano l’intera ricerca e che sono alla base della teoria che ne risulta. L’esito di questo lavoro di analisi e di ricostruzione è un’interpretazione, sostanzialmente nuova, della definizione di luogo come “primo limite del corpo contenente” (o “primo limite immobile del corpo contenente”) e una proposta di soluzione del discusso problema dell’immobilità del luogo.


Carlo Rovelli, Monica Ugaglia, Diana Quarantotto – ‘La Fisica e Aristotele’

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Diana Quarantotto

 

Aristotele: la psicofisiologia delle emozioni e l’ilemorfismo

Aristotle’s Way away from Parmenides’ Way. A Case of Scientific Controversy and Ancient Humour

Aristotele sulla naturalità e convenzionalità del linguaggio

Ontologia della causa finale aristotelica

Aristotele, Metafisica Iota 8-10

Aristotle’s natural teleology seen from above: A ‘cosmogony’ of the means-goal relation

A Dynamic Ontology: on How Aristotle Arrived at the Conclusion that Eternal Change Accomplishes Ousia

Il dialogo dell’anima (di Aristotele) con se stessa. Problemata: l’indagine e l’opera

Aristotle and Galen on the Epistemic Status of Medicine: a Reply to R. Chiaradonna

Aristotle on the Soul as a Principle of Biological Unity

New Perspectives on Aristotelianism and its Critics

By Sara Heinämaa, Miira Tuominen e Diana Quarantotto

 



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Aristotele (384-322 a.C.) – In tutte le cose naturali si trova qualcosa di meraviglioso.

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Le parti degli animali

Le parti degli animali

«In tutte le cose naturali si trova qualcosa di meraviglioso (Ἐν πᾶσι γὰρ τοῖς φυσικοῖς ἔνεστί τι θαυμαστόν): e come si racconta che Eraclito abbia detto agli stranieri che volevano incontrarsi con lui, poiché mentre si avvicinavano si erano fermati, avendolo visto scaldarsi presso il focolare (li esortò ad entrare con fiducia perché anche lì vi erano dèi) (ἐν ἅπασιν ὄντος τινὸς φυσικοῦ καὶ καλοῦ), così pure bisogna avviarsi alla ricerca su ciascuno degli animali […] perché in tutte le cose naturali c’è qualcosa di naturale e di bello (ἐν ἅπασιν ὄντος τινὸς φυσικοῦ καὶ καλοῦ)».

Aristotele, Le parti degli animali, 645 a 16-23; traduzione, nota bibliografica, traduzione e commento di A.L.Carbone, BUR, Milano 2002.

 


Aristotele – Questa è la vita secondo intelletto: vivere secondo la parte più nobile che è in noi
Aristotele (384-322 a.C.) – La «crematistica»: la polis e la logica del profitto. Il commercio è un’arte più scaltrita per realizzare un profitto maggiore. Il denaro è l’oggetto del commercio e della crematistica. Ma il denaro è una mera convenzione, priva di valore naturale.
Aristotele (384-322 a.C.) – La mano di Aristotele: più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; la mano costituisce non uno ma più strumenti, è uno strumento preposto ad altri strumenti.
Aristotele (384-322 a.C.) – Da ciascun seme non si forma a caso una creatura qualunque. La nascita viene dal seme.

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Luca Grecchi – La metafisica umanistica non vuole limitarsi a descrivere come le cose sono e nemmeno a valutare negativamente l’attuale stato di cose. Deve dire come un modo di produzione sociale ha da strutturarsi per essere conforme al fondamento onto-assiologico.

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Compendio di metafisica umanistica

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«L’anima è, in certo modo, tutte le cose».
Aristotele, De anima, 431 b 21

Pubblico in questa sede il testo, lievemente modificato, della relazione da me tenuta, il giorno 1 dicembre 2016, all’Università degli studi di Macerata, all’interno del convegno intitolato Sistema, sistematico, asistematico. Chiarimenti per un concetto ambiguo, organizzato dai professori Arianna Fermani e Maurizio Migliori. Si tratta della sintesi di ciò che in questi anni ho definito più volte “metafisica umanistica”, struttura teoretica che costituisce l’oggetto di un libro che annunciai già nel 2003, ma che sono continuamente costretto a rimandare per il problema, ben noto a chi fa ricerca, che più si studia e più si comprende di essere ignoranti (ossia che mancano ancora – ad oggi: spero non per sempre – alcuni necessari elementi per poter costituire compiutamente il discorso). In ogni caso, poiché diversi amici mi hanno da tempo richiesto di esporre quanto meno una sintesi della metafisica umanistica, ossia di quella che ritengo essere la struttura sistematica meglio in grado di descrivere fondatamente la realtà sul piano onto-assiologico, ho colto l’occasione di questo convegno per effettuarne una esposizione, non sapendo ancora quanto tempo mi ci vorrà per concludere la sistematizzazione complessiva.

[…] Ritengo necessario affrontare il tema veritativo anche sul piano politico-sociale. Come può infatti la metafisica, il sapere dell’intero e del fondamento, trascurare quanto più caratterizza oggi l’intero (la crematistica impone ovunque le proprie modalità: non solo alla società, ma anche alla natura), e quanto più nega il fondamento (la natura razionale e morale dell’uomo)? Come detto, per essere coerente con il proprio carattere onto-assiologico, l’approccio veritativo della metafisica umanistica non può limitarsi a descrivere come le cose sono (sul piano sociale, descrivere il modo di produzione capitalistico), e nemmeno a valutare l’attuale stato di cose (valutarlo negativamente, come poc’anzi fatto). Deve fare di più, ossia deve dire come, almeno nelle sue linee generali, un modo di produzione sociale dovrebbe strutturarsi per essere conforme al fondamento onto-assiologico, ossia per realizzare le potenzialità razionali e morali presenti negli uomini, consentendo loro la felicità. Dato che la natura umana è determinata, ossia dotata di stabili caratteristiche costitutive (e non di qualsiasi caratteristica), è normale che essa possa realizzarsi solo in una totalità sociale determinata, ossia dotata di conformi caratteristiche (e non in qualsiasi totalità sociale): da qui la necessità anche teoretica della progettualità.

Luca Grecchi

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In copertina:
Paul Klee, Der Seiltänzer [Il funambolo], 1923.

Il funambolo di Klee cerca di trovare un nuovo equilibrio sospeso a mezz’aria su una corda tesa, nel suo essere uomo in uno spazio di-segnato in basso da strutture leggere, tra loro correlate in profondità, ma protese nella comune tensione verso l’alto. L’artista e il funambolo anelano ad un distacco smaterializzante, ma non perdono il contatto necessario e insieme vincolante con la realtà e con il mondo terreno, senza comunque soccombervi, e cercando invece di elevarsi alla compiuta umanità dell’esser uomo, proprio perché l’Uomo è l’unico ente in grado di pensare l’essere.


Luca Grecchi – Quando il più non è meglio. Pochi insegnamenti, ma buoni: avere chiari i fondamenti, ovvero quei contenuti culturali cardinali che faranno dei nostri giovani degli uomini, in grado di avere rispetto e cura di se stessi e del mondo.
Luca Grecchi – A cosa non servono le “riforme” di stampo renziano e qual è la vera riforma da realizzare
Luca Grecchi – Cosa direbbe oggi Aristotele a un elettore (deluso) del PD
Luca Grecchi – Platone e il piacere: la felicità nell’era del consumismo
Luca Grecchi – Un mondo migliore è possibile. Ma per immaginarlo ci vuole filosofia
Luca Grecchi – «L’umanesimo nella cultura medioevale» (IV-XIII secolo) e «L’umanesimo nella cultura rinascimentale» (XIV-XV secolo), Diogene Multimedia.
Luca Grecchi – Il mito del “fare esperienza”: sulla alternanza scuola-lavoro.
Luca Grecchi – In filosofia parlate o scrivete, purché tocchiate l’anima.
Luca Grecchi – L’assoluto di Platone? Sostituito dal mercato e dalle sue leggi.
Luca Grecchi – L’Italia che corre di Renzi, ed il «Motore immobile» di Aristotele
Luca Grecchi – La natura politica della filosofia, tra verità e felicità
Luca Grecchi – Socrate in Tv. Quando il “sapere di non sapere” diventa un alibi per il disimpegno
Luca Grecchi – Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari.
Luca Grecchi – La virtù è nell’esempio, non nelle parole. Chi ha contenuti filosofici importanti da trasmettere, che potrebbero favorire la realizzazione di buoni progetti comunitari, li rende credibili solo vivendo coerentemente in modo conforme a quei contenuti: ogni scissione tra il “detto” e il “vissuto” pregiudica l’affidabilità della comunicazione e non contribuisce in nulla alla persuasione.
Luca Grecchi – Aristotele: la rivoluzione è nel progetto. La «critica» rinvia alla «decisione» di delineare un progetto di modo di produzione alternativo. Se non conosciamo il fine da raggiungere, dove tiriamo la freccia, ossia dove orientiamo le nostre energie, come organizziamo i nostri strumenti?
Luca Grecchi – Sulla progettualità
Luca Grecchi – Perché la progettualità?
Luca Grecchi – «Commenti» [Nel merito dei commenti di Giacomo Pezzano]
Luca Grecchi – Aristotele, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – Platone, la democrazia e la riforma costituzionale.


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Aristotele (384-322 a.C.) – Da ciascun seme non si forma a caso una creatura qualunque. La nascita viene dal seme.

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«[…] vi è più finalità e perfezione nelle opere della natura
che in quelle della tecnica».
Aristotele, Le parti degli animali, 639 b20.

 

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«Invero da ciascun seme non si forma a caso una creatura qualunque, ma questa particolare creatura da questo seme particolare, né un seme deriva a caso da un corpo qualsiasi. Il seme è dunque principio di formazione di ciò che da esso deriva. Per natura ciò avviene: perché la nascita viene dal seme».

Aristotele, Le parti degli animali, 641 b 26-29.

 

 

Le parti degli animali

Le parti degli animali

 

 

Immagine in evidenza: V. Van Gogh, Il seminatore.

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Aristotele – Questa è la vita secondo intelletto: vivere secondo la parte più nobile che è in noi
Aristotele (384-322 a.C.) – La «crematistica»: la polis e la logica del profitto. Il commercio è un’arte più scaltrita per realizzare un profitto maggiore. Il denaro è l’oggetto del commercio e della crematistica. Ma il denaro è una mera convenzione, priva di valore naturale.
Aristotele (384-322 a.C.) – La mano di Aristotele: più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; la mano costituisce non uno ma più strumenti, è uno strumento preposto ad altri strumenti.

 



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Luigina Mortari – “Pensare” risponde alla necessità di stare alla ricerca di orizzonti di senso. A muovere il pensare è il desiderio di significato. Il non pensare liberamente è segno di una vita non vissuta nella sua essenza.

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A scuola di libertà

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«Gli esseri umani […] sono innanzitutto esseri pensanti, nel senso che disegnano il cammino del proprio esistere con il pensiero, perché il pensare risponde alla necessità di stare alla ricerca di orizzonti di senso alla luce dei quali rischiarare il cammino esistenziale.
Ne consegue che la libertà ha una necessità irrevocabile del pensare, così come, reciprocamente, il pensare ha bisogno di libertà. Il filosofo, la figura che rappresenta chi ama pensare, è infatti colui che è “allevato davvero nella libertà”, perché solo chi ha esperienza della libertà può apprezzarla e averne cura. L’arte del pensare è, dunque, quella che si apprende per essere liberi cittadini.
[…] La ragione calcolante è mossa dall’ansia di dominio, dal desiderio di tenere sotto controllo gli eventi, da una volontà di potenza che deve far presa sulle cose. È rispetto a questo tipo di ragione che tutte le cose, viventi e non viventi, sono ridotte a mera risorsa, dal momento che non sarebbero di alcun valore se non per quello che noi possiamo fare di loro.
A muovere il pensare, invece, non è l’ansia di dominio, ma il desiderio di significato, ossia la tensione a cercare modi esistentivi capaci di inverare l’esistenza. In questo senso, pensare è “l’assoluto essere desti”, cioè stare con consapevolezza radicati nel presente per dare un’impronta originale al proprio esserci.
La mancanza di pensiero si rende evidente in un linguaggio dominato dai cliché, dalle frasi consumate, dall’adesione a codici di espressione e di condotta convenzionali e standardizzati, nell’incurante superficialità con cui si affrontano molte questioni decisive per la qualità dell’esistenza umana. Quando il pensiero manca, la mente diviene preda delle mezze verità, che altro non sono se non mere opinioni messe a lucido. Affidarsi a unità standardizzate di pensiero risponde al bisogno di difendersi dall’intensa problematicità dell’ esperienza umana […].
Usare pensieri già pensati e affidarsi a regole routinarie non può esaurire l’intera vita cognitiva, perché il male si compie non solo quando ci si lascia muovere da motivi abietti, ma anche, semplicemente, lasciando che le cose accadano così come stanno per accadere, poiché ci si astiene dal prestare attenzione al reale, dall’interrogarlo per comprenderlo.
Quando il processo di decisione relativo all’ agire si affida alle regole date, senza avvertire la necessità di interrogare il senso di ciò che si fa, si finisce per dismettere la responsabilità dell’esercizio della propria libertà di decidere consapevolmente.
Se l’essere umano è l’ente chiamato a decidere il possibile, allora il non pensare liberamente è segno di una vita non vissuta nella sua essenza: una situazione, questa, decisamente problematica, perché fa dipendere il nostro agire dalle decisioni di altri. La storia dimostra come tutte le volte che, in un contesto nel quale il pensare fatica a essere coltivato, arriva qualcuno che con forza intende modificare le regole di condotta vigenti sostituendole con altre senza passare attraverso un processo di negoziazione condivisa […]; infatti, chi tende a restare nel non-pensare si adegua passivamente ai nuovi codici senza avvertire la necessità di un’interrogazione etica sulla sensatezza o meno di quanto sta accadendo.
[…] È in atto una grave erosione della libertà individuale di pensare da sé per decidere da sé, e poiché questa è la qualità che definisce l’essenza dell’ essere umano rispetto agli altri viventi, allora è in atto anche una mancanza di rispetto dell’umanità dell’altro. Nel momento in cui si legittima l’azione di sottrarre all’altro la facoltà di decidere, si presuppone che il volere non appartenga più alla persona come sua disposizione sostanziale […]. Sottrarre all’altro la responsabilità di decidere significa, invece, decurtarlo della possibilità di rispondere alla chiamata a esistere, che consiste nel rispondere alla chiamata di scegliere di scegliere.
Arroganza e mancanza di rispetto sono due tra i fenomeni più gravi che ogni coscienza dovrebbe combattere, perché […] allora c’è il rischio del proliferare della crudeltà e dove c’è crudeltà viene meno la condizione di una buona qualità della vita, quel “vivere e fare bene” in cui consiste l’eudaimonia, cioè una vita buona per l’essere umano [Aristotele, Etica Nicomachea, I, 3, 1095a 19]» (pp. XI-XVIII).

Luigina Mortari,
A scuola di libertà. Formazione e pensiero autonomo, Raffaello Cortina Editore, 2008.

 

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Luigina Mortari – Non è possibile pensare la ricerca di una buona qualità della vita in modo solipsistico. Tutto quanto rispetto al bene non sia frutto di un investimento personale di pensiero non diventa orizzonte. Quando si evita la fatica della ricerca rigorosa, si possono vedere solo idee storte, mentre solo la ricerca seria consente di “udire cose luminose e belle”.

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«Ciascuno di noi cerca il bene, cioè una vita buona. Ma, poiché il tessuto ontologico è tutt’uno, il divenire di ciascuno di noi è profondamente intrecciato con quello dell’ altro, e dal momento che la mia esistenza è intimamente connessa con quella dell’altro non è possibile pensare la ricerca di una buona qualità della vita in modo solipsistico. Non esiste il bene al singolare, ma esiste un bene al plurale, di conseguenza la ricerca del bene non può che essere concepita come prassi relazionale. Aver cura dell’esserci è aver cura di cercare fili di bene con cui tessere il tempo della vita, e poiché esserci è con-esserci cercare il bene è cercare ciò che è bene-con-gli-altri. Dal momento che cercare il bene è il cuore dell’etica, se si considera la dimensione intimamente relazionale della condizione umana non ci può essere un’ etica del singolare, ma del singolare-plurale» (p. 97).

«Più una domanda è importante per la vita più diventa difficile; più si profila come domanda che mette fuori squadra le capacità della ragione, mostrando il nostro mancare la possibilità di afferrare precise misure per il nostro agire, più rivela la qualità densamente problematica dell’esperienza umana. Molte, fortunatamente, sono le domande con cui la ragione si confronta e che hanno risposta, ma quelle che toccano l’essenziale per l’esistenza sono destinate a rimanere non chiaramente definite. Il poeta Quasimodo parla per questo di una condizione umana “sconfitta da domande ancora aperte”; ma è proprio in questa apertura che può esserci libertà, una libertà amara, difficile sempre, ma che consente la libertà di essere.
Meditare su cosa sia il bene risponde alla necessità di una vita piena di significato e al bisogno di trovare criteri di orientamento pratico. Anche se alla domanda prima non c’è risposta definitiva, il bisogno per la vita di sapere in che cosa consista il bene è tale che non è possibile evitare di porre questa domanda. Anche se è destinata a rimanere una discrepanza inaggirabile tra il bisogno di sapere in che cosa consista il bene e la possibilità di guadagnare una conoscenza certa, chiara, cioè capace di illuminare il cammino dell’esistenza, non si può evitare di interrogarsi su tale questione.
Il problema consiste nel trovare il modo per stare con senso dentro la domanda. Quando ci si avvicina alle questioni che sono per l’esserci della massima importanza, è necessaria prudenza, cautela, nel senso che si deve aver cura che il ragionare si snodi nella forma più misurata e rigorosa possibile, perché quando si arriva alla terra del pensare, cioè la terra delle questioni decisive, i pensieri superficiali sono da evitare. Quando Glaucone, consapevole di quanto ripida sia la domanda sul bene, azzarda l’ipotesi che, pur sapendo il limite del proprio pensare, ciascuno comunque possa dire ciò che pensa, Socrate garbatamente lo rimprovera, dichiarando che “le opinioni senza vera scienza sono tutte brutte” (Platone, Repubblica, 506c).
Piuttosto che confezionare affermazioni non attendibili è meglio tacere e perseverare nella ricerca accettando lo scarto fra il proprio desiderio e quanto possiamo raggiungere.
Quando si evita la fatica della ricerca rigorosa, si possono vedere solo idee storte, mentre solo la ricerca seria consente di “udire cose luminose e belle” (ibidem, 506d).
Stare con la giusta misura nelle domande difficili significa mantenerle aperte, evitare di accanirsi nel cercare soluzioni definitive che non appartengono al potere della ragione umana. Come afferma Eraclito (framm. 45), “non tiriamo conclusioni sulle cose più grandi”.
La questione prima per la vita, e per l’etica che del senso della vita si occupa, va posta mantenendo viva la consapevolezza dell’eccedenza della domanda sul bene e insieme della limitatezza della nostra operatività sia cognitiva sia pratica. Sapere darsi la giusta misura di quello che si può cercare è un principio aristotelico […] (Aristotele, Etica Nicomachea, I, 3, 1094b 12-13; 19-21; 23 -25)
Si tratta di impegnarsi in una disamina quanto più possibile larga e profonda per cercare di pervenire a un’idea (non uso il termine risposta perché la risposta soddisfa il pensiero, mentre l’idea può essere qualcosa di germinale, non compiuto) che per quanto fragile e provvisoria possa costituire l’orizzonte alla luce del quale prendere le decisioni sulla direzione e sul ritmo del proprio camminare nella vita.
Nel mondo esistono molte idee di bene pronte all’uso, e sono molte le occasioni in cui in modo irriflessivo facciamo nostra una concezione della vita buona che non viene da una nostra autonoma riflessione, ma dall’adesione a un preciso contesto culturale. La ragione umana conosce forme di pigrizia che le fanno preferire quelle forme di chiarezza che trova già disponibili rispetto alla fatica dell’ andarle a cercare. Accade così di esperire che nei momenti cruciali, quando ci troviamo a compiere una scelta, la maggior parte della decisione è già data. Sta nell’economia necessaria della vita della mente utilizzare artefatti culturali dati, ma tutto quanto rispetto al bene non sia frutto di un investimento personale di pensiero non diventa orizzonte, non ci mette al chiaro, ci tiene nell’opacità, e nell’opaco il tempo della nostra vita non si rischiara.
Assumere la domanda sul bene come oggetto continuo del pensare, sul quale mai ci si prende la vacanza dalla responsabilità dell’esaminare con cura, significa entrare nell’esistenza, fare del tempo della vita un tempo vivo. È come accedere a un altro livello dell’essere. Come dice Socrate, una vita senza ricerca del bene non vale la pena di essere vissuta.
Si tratta di dedicare il tempo del pensare a un domandare che si sa essere mai finito. Ma questa infinitività del domandare non toglie valore al pensare intorno al bene, perché ogni idea di bene cui si perviene, meditandola nel profondo, costituisce un punto di appoggio; l’importante è assumerla come qualcosa di provvisorio, un provvisorio punto fermo. Questa provvisorietà del sapere sul bene va accettata come una necessità, perché noi siamo esseri mancanti, mancanti del perfetto compimento del desiderabile; è questa mancanza che chiama inesorabilmente alla ricerca dei modi “giusti e buoni” per dare forma al proprio essere. […]
Da qui l’inaggirabilità della domanda sul bene. Rimane tuttora valida la teoria platonica della paideia (Platone, Repubblica, VII, 518b-c)j, secondo la quale la formazione si realizza autenticamente proprio quando, anziché essere concepita come una trasmissione di idee dal docente a chi apprende, si occupa di coltivare una precisa postura della mente, che consiste nello stare impegnata a interrogare le questioni essenziali dalla cui disamina dipende il fare chiaro sui problemi del vivere.
Si tratta di apprendere a tenere la mente “voltata dalla parte giusta” (ibidem, VII, 518d) e la parte giusta è costituita dalle domande essenziali, quelle che hanno a che fare con la ricerca del bene, cioè di ciò che è giusto, buono e bello fare per dare forma a una vita buona. È con il tenere la mente salda in questa ricerca che si possono coltivare quelle “virtù dell’anima” (ibidem) necessarie per mantenere viva la ricerca di ciò che più vale, delle cose” degne di valore”» (pp. 104-107).

Luigina Mortari,
Filosofia della cura, Raffaello Cortina Editore, 2007.

 

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Monica Ugaglia – «Incroci obbligati». Filosofia aristotelica, medicina rinascimentale, matematica, fisica, erudizione secentesca e tradizione letteraria.

Monica Ugaglia

Incroci obbligati

«Dice Aristotele nel sesto capitolo del Secondo della Fisica l’invano esser quando una certa azione, pur intrapresa in vista eli un certo preciso scopo, non pervenga però a tale debita conclusione, o compimento. Supponiamo che uno passeggi onde di poi meglio cacare; supponiamo altresì che ciò non venga ad essere; allora eliciamo ch’egli ha passeggiato invano, e che la passeggiata è stata vana. Ora, non essendo la nostra buona filosofia se non un’immensissima chiosa al detto Aristotele, un’operosa esegesi completiva, una perpetua postilla perfezionatrice, appare quanto meno curioso che non uno dei pur lodevolissimi scoliasti, glossografi, impiastratori di margini, disaccentatori di lemmi, apponitori di punti e giuntatori di virgole, non uno degl’innumerabili esprimitori d’inespressi, dicitori di non detti e compitori d’incompiuti abbia sentito il bisogno di dichiarare, con pur minima clausola, l’aristotelica esposizione dell’invano. Vuoi per la chiarezza dell’esempio – exemplum perspicuum, dice Tommaso – vuoi per pudicizia delle cose di sotto, in luogo d’illustrare l’esponitore glissa, non sviscera ma espertamente aggira, temporeggia, indietreggia, esita ed evita: l’imbarazzo è reciproco, lo stallo condiviso. Ed è in fin dei conti lo stesso Aristotele ad istigarlo a ciò: lapaxis, dice, il passeggiare è a scopo di lapaxis, ed è come se dicesse: vedi, al commentatore, vedi che quasi ti avevo messo nella merda, quasi, e poi invece t’offro, inatteso, l’agio di sortirtene, netto, nettissimo, tu e la tua penna pudibonda di sagrestano, qual certo sarai, solo che tu sappia impiegarla ammodo; a modo di vergare, sulla tua carta di pecora, il ieroglifìco del medico, che tempo che il paziente lettore lo decifri, tu ti sei già fugato, in altro impiccio, in altra notevolissima nota. Ed esso, paziente, a seguirti…».

Monica Ugaglia, Incroci obbligati, Castelvecchi, 2016, p.35.

 

Risvolto di copertina
Otto testi narrativi, di lunghezza, struttura e argomento variabili, accomunati da una particolare attenzione alla lingua e insieme da una costante vena ironica. Filosofia aristotelica, medicina rinascimentale, matematica, fisica, erudizione secentesca e tradizione letteraria si fondono in una miscela espressiva di programmatica discontinuità nel panorama letterario contemporaneo. Alcuni testi sono in forma di saggio (Kaloskagathos, Gaibbi Foco, Il nulla è lungo), altri di dialogo (Divagazione, Basso Ostinato), altri ancora di narrazione (Basso Continuo, Forse per giuoco, Orizzontale), ma tutti costantemente a rischio di dissolversi nell’artificio letterario, quando non di precipitare nell’ossessione linguistica.

MONICA UGAGLIA
Ha conseguito il dottorato in Fisica matematica alla SISSA di Trieste. Le sue ultime ricerche riguardano la Filosofia della fisica antica, con particolare riferimento ad Aristotele, e la Storia della fisica moderna da una prospettiva epistemologica. Attualmente ha un contratto di ricerca con la Scuola Normale Superiore di Pisa sulla ripresa di temi aristotelici in Leibniz.


Fisica - Libro III

Aristotele

Fisica – Libro III

a cura di: Monica Ugaglia

Edizione: Carocci, 2012

Collana: Classici (16)

ISBN: 9788843062508

In breve
«Movimento è l’atto di ciò che è in potenza, in quanto tale». «Illimitato è ciò di cui, per chi prenda secondo il “quanto”, continua ad esserci qualcosa da prendere oltre». Al lettore – sia egli un filosofo, un fisico o un matematico – che intenda avventurarsi nella non facile impresa di penetrare il senso di simili definizioni è dedicata questa edizione del libro III della Physica, la quale affronta, accanto alle questioni testuali e filosofiche, anche gli aspetti più tecnici della trattazione aristotelica.

Monica Ugaglia
Modelli idrostatici del moto da Aristotele a Galileo

Lateran University Press

 Modelli idrostatici

Carlo Rovelli, Monica Ugaglia, Diana Quarantotto – ‘La Fisica e Aristotele’

 



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Luigina Mortari – L’utopia che orienta il presente discorso è l’«utopia ragionevole» di una società che coltiva il massimo di sensatezza relazionale possibile.

Mortari Luigina 01

Fra i sentimenti che qualificano l’amicizia non meno importante della fiducia e della tenerezza è la generosità, intesa come la disponibilità a mettere a disposizione ciò che è proprio, sia in termini materiali sia di competenze, per aiutare l’altro. Come afferma Socrate: «I beni degli amici sono un loro comune possesso, si dice, così che tra voi non vi è disparità alcuna» (Platone, Liside, 207c). Il vero amico è capace sia della cura riparativa, che interviene per aiutare l’altro a superare momenti di difficoltà fisica o spirituale, sia di promozione dell’essere dell’altro: in entrambi i casi è decisiva la generosità, che fa dell’amico colui che mette le sue risorse a disposizione dell’altro affinché questi possa agire per il bene (Aristotele, Etica Nicomachea, VIII, 1155 a 13-14).
Avendo configurato l’amicizia in questi termini, non si può non essere d’accordo con Aristotele quando afferma che l’amicizia è «assolutamente necessaria alla vita. Infatti, senza amici nessuno sceglierebbe di vivere anche se possedesse tutti gli altri beni» (ivi, VIII, 1155 a 4-6). Quest’affermazione fa eco a quanto dichiara Socrate: «[…] fin da bambino, c’è qualche cosa che io desidero possedere, come altri aspira al possesso di altre cose. […] Uno, infatti, vorrebbe avere dei cavalli, un altro dei cani, uno dell’oro, l’altro onori; io, mentre resto indifferente davanti a questi beni, ardo invece dal desiderio di avere degli amici» (Platone, Liside, 211d-e).
[…] Anche se è indubitabile che l’amicizia costituisca una relazione rara, comunque rappresenta un archetipo della relazione di cura […], quella amicale non rimane chiusa nel privato; essa presenta, infatti, una forte valenza politica, perché se venisse a mancare «dal mondo il legame basato sulla benevolenza nessuna casa e nessuna città potrà rimanere salda» (Cicerone, Lelio, VII, 23). Aristotele afferma che è «l’amicizia a tenere insieme le città» (Etica Nicomachea, VIII, 1155 a 22-23) e ritiene che il suo valore politico sia tale da superare o almeno eguagliare quello della giustizia, perché «quando si è amici non c’è alcun bisogno di giustizia, mentre quando si è giusti c’è ancora bisogno di amicizia ed il più alto livello della giustizia si ritiene che consista in un atteggiamento di amicizia» (ivi, VIIl, 1155 a 26-27). Il vivere con altri, in modo che ciascuno possa trovare occasioni esperienziali per fiorire in tutto il suo essere, ha bisogno infatti non solo di giustizia ma anche di concordia, un sentimento che prende forma dalla presenza di relazioni amicali. Si può pertanto ipotizzare che più diffuse saranno le reti amicali più si rafforzerà il tessuto solidale del vivere insieme.
L’utopia che orienta il presente discorso è quella di una società che non si limita a perseguire una sorta di minimalismo etico e di minima garanzia di vita democratica; è l’«utopia ragionevole» di una società che coltiva il massimo di sensatezza relazionale possibile. Affinché una comunità possa fiorire, essa ha bisogno di cittadini disposti a collaborare, nel rispetto e nella valorizzazione delle reciproche differenze, per raggiungere il bene comune; questa disposizione è appunto l’«amicizia politica» (Enrico Berti, Politica e amicizia, in E. Berti e S. Veca, La politica e l’amicizia, Edizioni lavoro, Roma, 1998, p. 32). Una società in cui ciascuno possa sperimentare contesti di vita in cui sia possibile realizzare pienamente il proprio poter essere secondo la propria differenza ha dunque necessità che l’educazione assuma fra le sue priorità quella di sviluppare la disposizione all’amicizia.

Luigina Mortari,
La pratica dell’aver cura, Bruno Mondadori, 2006, pp. 78-80

 

 

 



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