Chimamanda Ngozi Adichie – Le ragazze diventano donne che non sanno di avere dei desideri. Crescono e diventano donne che si reprimono. Crescono e diventano donne che non possono dire ciò che pensano. Crescono – ed questa è la cosa peggiore – e diventano donne che fanno della finzione un’arte.

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Questa è la versione rivista di un intervento che ho tenuto nel dicembre del 2012 alla TEDxEuston Conference, un incontro annuale dedicato all’Africa in cui oratori provenienti da varie discipline pronunciano brevi discorsi con l’obiettivo di scuotere e ispirare un pubblico formato da africani e amici dell’Africa. Qualche anno prima avevo partecipato a un’altra TED Conference con un intervento intitolato The danger of the single story, in cui mostravo come gli stereotipi limitano e plasmano il nostro modo di pensare, soprattutto riguardo all’Africa. Ho l’impressione che la parola «femminista», e l’idea stessa di femminismo, siano altrettanto limitate dagli stereotipi. Quando mio fratello Chuks e il mio migliore amico Ike, entrambi organizzatori della TEDxEuston Conference, hanno insistito perché partecipassi, non ho potuto rifiutare. Ho deciso di parlare di femminismo perché è una cosa che mi tocca da vicino. Avevo il sospetto che non fosse un tema molto popolare, ma speravo di avviare un confronto necessario. E cosí quella sera, sul palco, mi sembrava di avere di fronte dei parenti: un pubblico benevolo e attento, ma che avrebbe potuto non apprezzare l’argomento del mio discorso. Alla fine, la loro standing ovation mi ha dato speranza.


In questo saggio molto personale, scritto con grande eloquenza – frutto dell’adattamento di una conferenza TEDx dal medesimo titolo di straordinario successo – Chimamanda Ngozi Adichie offre ai lettori una definizione originale del femminismo per il XXI secolo. Attingendo in grande misura dalle proprie esperienze e riflessioni sull’attualità, Adichie presenta qui un’eccezionale indagine d’autore su ciò che significa essere una donna oggi, un appello di grande attualità sulle ragioni per cui dovremmo essere tutti femministi. In un contesto in cui il femminismo era considerato un ingombrante retaggio del secolo scorso, la posizione di Adichie ha cambiato i termini della questione. Alcuni brani della sua conferenza sono stati campionati da Beyoncé nel brano Flawless e hanno fatto il giro del mondo. La scritta FEMINIST a caratteri cubitali come sfondo della performance dell’artista agli Mtv Video Music Awards e il famoso discorso dell’attrice Emma Watson alle Nazioni Unite in cui si dichiara femminista sono segni evidenti del fatto che c’è un prima e un dopo “Dovremmo essere tutti femministi”.
 
Ecco alcuni stralci di un intervento di questa scrittrice nigeriana al TED X talk
 

Ma la cosa di gran lunga peggiore che facciamo agli uomini, è costringerli a pensare di dover essere dei duri e il lasciarli con un ego molto fragile. Più gli uomini sentono di dover essere degli “uomini duri” più il loro ego è debole. Facciamo un danno anche più grande alle ragazze perché le educhiamo a compiacere il fragile ego degli uomini. Insegniamo loro a limitarsi, a farsi più piccole, diciamo alle ragazze: “Puoi essere ambiziosa, ma non troppo.”
“Dovresti ambire ad avere successo, ma non troppo, altrimenti minaccerai l’uomo.” Se sei colei che porta i soldi a casa in una relazione devi far finta di non esserlo, specialmente in pubblico, altrimenti lo castreresti.

E se rimettessimo in discussione la premessa? Perché il successo di una donna deve essere una minaccia per un uomo? Se decidessimo di liberarci semplicemente di questa parola, non c’è parola in inglese che io detesti di più di “castrazione”. Un conoscente nigeriano mi ha chiesto una volta se non avessi paura di intimidire gli uomini. Non ero per niente preoccupata. Non ho mai avuto questa preoccupazione perché un uomo che si sente intimidito da me è proprio il tipo di uomo che non mi interessa affatto.

Tuttavia questa domanda mi ha colpita. Dato che sono una donna, ci si aspetta che aspiri al matrimonio. Ci si aspetta che prenda le mie decisioni tenendo sempre in mente che il matrimonio è la più importante. Il matrimonio può essere una buona cosa: una fonte di gioia, di amore e di supporto reciproco. Ma perché insegniamo alle ragazze ad aspirare al matrimonio e non lo insegniamo ai ragazzi?

Conosco una donna che ha deciso di vendere casa perché non voleva intimidire l’uomo che avrebbe potuto sposarla. Conosco una donna non sposata in Nigeria che, quando va alle conferenze, porta una fede al dito perché in questo modo vuole che gli altri partecipanti le “diano rispetto”. Conosco molte donne giovani che subiscono la pressione della famiglia, degli amici, anche al lavoro perché si sposino e sono spinte a fare delle scelte terribili. A una certa età una donna che non è sposata è spinta dalla società a sentire un enorme senso di fallimento personale. Di un uomo che a una certa età non è ancora sposato, pensiamo solo che non si sia ancora deciso a scegliere. È facile dire: “Le donne sono libere di dire no a tutto questo”. La realtà è più difficile e più complessa di così. Siamo tutti esseri sociali. Assimiliamo le idee dalla nostra società. Persino il linguaggio che usiamo quando parliamo di matrimonio e relazioni lo dimostra. Il linguaggio del matrimonio è spesso la lingua della proprietà piuttosto che della collaborazione. Usiamo la parola “rispetto” per descrivere qualcosa che una donna mostra a un uomo ma spesso non ciò che un uomo mostra a una donna.

Così le ragazze diventano donne che non sanno di avere dei desideri. Crescono e diventano donne che si reprimono. Crescono e diventano donne che non possono dire ciò che pensano. Crescono – ed questa è la cosa peggiore – e diventano donne che fanno della finzione un’arte.