Dante Alighieri (1265-1321) – Io ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare. Movemi desiderio di dare dottrina. La filosofia è somma cosa. Coloro che vivono con intelletto e con ragione sono dotati di una certa divina libertà. Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco. Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze. Ho come maestro il Filosofo che, determinando i principi eterni della morale, ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.

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Io  ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare.
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 Movemi desiderio di dare dottrina.
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 La filosofia è somma cosa.
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 Coloro che vivono con intelletto e con ragione
 sono dotati di una certa divina libertà.
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 Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco.
Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze.
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 Ho come maestro il Filosofo che,
 determinando i principi eterni della morale,
 ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.

Movemi desiderio di dare dottrina

«Parlare alcuno di sé medesimo, pare non lecito. E ancora la propria lode e il proprio biasimo è da fuggire, sì come fare falsa testimonianza; però che non è uomo che sia di sé vero e giusto misuratore, tanto la propria carità ne inganna. [Tuttavia] dico che per necessarie cagioni parlare di sé è [talvolta] concesso. E tra le altre necessarie cagioni due sono le più manifeste. L’una è quando senza ragionare di sé grande infamia o pericolo non si può [far] cessare. L’altra è quando, per ragionare di sé, grandissima utilità ne segue altrui per via di dottrina. Movemi timore d’infamia, e movemi desiderio di dare dottrina».

Dante Alighieri, Convivio, I, 2.

La filosofia è somma cosa

«E sì come essere suole che l’uomo va cercando argento e fuori de la ‘ntenzione truova oro, lo quale occulta cagione presenta, non forse sanza divino imperio; io, che cercava di consolarme, trovai non solamente a le mie lagrime rimedio, ma vocabuli d’autori e di scienze e di libri: li quali considerando, giudicava bene che la filosofìa, che era donna di questi autori, di queste scienze e di questi libri, fosse somma cosa. E imaginava lei fatta come una donna gentile, e non la poteva imaginare in atto alcuno se non misericordioso; per che sì volentieri lo senso di vero la mirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo imaginare cominciai ad andare la dov’ella si dimostrava veracemente, cioè nelle scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti. Sì che in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire de la sua dolcezza, che lo suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero».

Dante Alighieri, Convivio, II, 12.

Io ho il mondo per patria

«Io che ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare, benché abbia bevuto all’Arno prima di mettere i denti e tanto ami Firenze da patire, per amor suo, ingiustamente l’esilio, appoggio le spalle del mio giudizio più alla ragione che al senso».

Dante Alighieri, De Vulgari Eloquentia, I, 6.

Coloro che vivono con intelletto e con ragione sono dotati di una certa divina libertà

«L’ignoranza del volgo non ha nel giudizio alcun discernimento; e come crede che il sole abbia il diametro di un piede, così riguardo ai costumi, è ingannata dalla stessa fallace credulità. Ma a noi cui è concesso di conoscere l’ottimo che è in noi, non conviene seguire le vestigia del gregge, anzi siamo tenuti a correggerne gli errori. Infatti coloro che vivono con intelletto e con ragione, e sono dotati di una certa divina libertà, non sono costretti da nessuna consuetudine; e non è meraviglia, poiché essi non sono diretti dalle leggi, ma piuttosto le leggi da essi».

Dante Alighieri, Ep. XIII, a Cangrande della Scala.

 

Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco.
A tutti gli amici bisogna anteporre la verità

«È vero, certo: io sono una delle ultime pecorelle dei pascoli di Cristo; è vero: non abuso di alcuna autorità pastorale, poiché non sono ricco. Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze, ma per grazia di Dio e amore della sua Casa.
Inoltre ho come maestro il Filosofo che, determinando i principi eterni della morale, ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.
[…] fra tanti che usurpano l’ufficio pastorale, fra tante pecore se non scacciate, per lo meno trascurate ed abbandonate sui pascoli, la mia è l’unica voce pietosa, voce di privato, che si faccia udire ora che la Chiesa è quasi sull’orlo dell’abisso».

Dante Alighieri, Ep. XII, ai cardinali italiani.


 

Dante Alighieri (1265-1321) – Nè si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade.
Dante Alighieri (1265-1321) – Io ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare. Movemi desiderio di dare dottrina. La filosofia è somma cosa. Coloro che vivono con intelletto e con ragione sono dotati di una certa divina libertà. Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco. Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze. Ho come maestro il Filosofo che, determinando i principi eterni della morale, ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.
Dante Alighieri (1265-1321) – Spetta agli uomini che sono tratti all’amore della verità trasmettere quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. È ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Dante Alighieri (1265-1321) – Spetta agli uomini che sono tratti all’amore della verità trasmettere quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. È ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

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«Si può ben dire che spetti soprattutto questo a tutti gli uomini, che dalla natura superiore sono tratti all’amore della verità: di trasmettere con la loro operosità ai posteri, perché ne siano arricchiti, quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. Stia pur certo infatti di essere ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

[…] Ripensando dunque spesso fra me e me queste cose, perché un giorno non mi si venga a rinfacciare la colpa di avere tenuto nascosto il mio talento, desidero non solo accrescerlo, ma farlo fruttare per la pubblica utilità, additando verità che altri non hanno ricercato».

 

Dante Alighieri, De Monarchia, I, 1.



Dante Alighieri (1265-1321) – Nè si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade.
Dante Alighieri (1265-1321) – Io ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare. Movemi desiderio di dare dottrina. La filosofia è somma cosa. Coloro che vivono con intelletto e con ragione sono dotati di una certa divina libertà. Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco. Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze. Ho come maestro il Filosofo che, determinando i principi eterni della morale, ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.

Antonio Gramsci (1891-1937) – Odio gli indifferenti. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. Vivere vuol dire essere partigiani. L’indifferenza non è vita.

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Odio gli indifferenti

Odio gli indifferenti

«E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?".
Ed elli a me: "Questo misero modo
tengon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli".
E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ti curar di lor, ma guarda e passa"».

Dante Alighieri, Inferno, III, 31-51

Antonio-Gramsci

Antonio Gramsci

«Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovesc ia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti».
Antonio Gramsci, Indifferenti, 11 febbraio 1917

 

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Dante Alighieri (1265-1321) – Nè si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade.

Alighieri Dante

Alighieri Dante

«Nè si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade, sì come sono li legisti, [li] medici e quasi tutti li religiosi, che non per sapere studiano ma per acquistare moneta o dignitade; e chi desse loro quello che acquistare intendono, non sovrastarebbero a lo studio».

Convivio

Dante Alighieri, Convivio, III, XI, 10.

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Intervista a Maura Del Serra. A cura di Nuria Kanzian. «Mantenersi fedeli alla propria vocazione e all’onestà intellettuale, senza cedere alle lusinghe di un facile successo massmediatico»

Maura Del Serra

INTERVISTA A MAURA DEL SERRA
SCRITTRICE, CRITICA, TRADUTTRICE, POETESSA.
QUALCHE RIGA PER AVVICINARCI AL SUO PENSIERO
DEL TESTO SCRITTO E LETTO

A cura di Nuria Kanzian

La Gazzetta di Istambul

 Intervista pubblicata su:
«La Gazzetta di Istambul» – Ottobre 2015 – Anno X – Rubrica “Scrittori & Scritti”

 

 

Quali sono gli autori (libri, scrittori o poeti) a cui si sente più affezionata?

Dovrei fare un elenco lunghissimo, ma posso rispondere in sintesi: i classici della tradizione occidentale, dai lirici greci a Dante agli Elisabettiani ai Romantici e ai Simbolisti, da Eliot a Proust a Simone Weill alla Szymborka … e a molti della tradizione orientale, specialmente quella sufi e taoista.


Preferisce gli autori italiani o quelli stranieri e perché?

È una distinzione che non mi corrisponde, mi è sempre stato naturale ricercare le voci salienti ed empatiche al di là di ogni barriera geografica o linguistica.


Quali sono i principali problemi che si incontrano nella traduzione e come risolverli?

Caratteristica fondamentale ne è appunto la sintonia, l’empatia con l’autore tradotto, nel senso che sia lui/lei a “sceglierti” come “pontifex” verso la tua lingua madre; i molti e complessi problemi tecnici si possono condensare nello sforzo di raggiungere una ossimorica “fedeltà infedele”, cioè nella capacità di restituire il senso e il ritmo profondo dell’originale trasponendolo in uno parallelo.


Cosa consiglierebbe a un giovane critico letterario per affermarsi oggi?

Più che consigliare, auguro ad un giovane studioso (critico o scrittore) di mantenersi fedele alla propria vocazione (parola insostituibile) e all’onestà intellettuale, senza cedere alle lusinghe di un facile successo massmediatico o alla rassicurante ma snaturante appartenenza a consorterie di potere. Per fortuna – come rovescio della medaglia – gli strumenti informatici attuali consentono anche ad autori “fuori dal coro” di far sentire la loro voce.


Quale è la poesia di Clemente Rebora che preferisce?

La grandezza complessa della poesia di Rebora mi rende difficile estrapolare una singola poesia: tutti i Frammenti lirici e i Canti anonimi sono per me di vitale eccellenza spirituale e originalità linguistica.


Della sua carriera quale ricordo le rimane più impresso?

Come è naturale, l’intensa e quasi meravigliata emozione avuta alla pubblicazione del mio primo libro su Campana, L’immagine aperta, uscito nel 1973 nella prestigiosa “Biblioteca di Cultura” della Nuova Italia di Firenze; ero ancora fresca di laurea, e l’emozione era accentuata dalla presenza, in quella stessa collana, di opere dei più autorevoli critici e studiosi del tempo. Nei decenni successivi sono state numerose le occasioni che ricordo con gioia, come quando nel 1992 ricevetti il Premio Internazionale “Flaiano” per la scrittura teatrale; in quella stessa edizione furono premiati anche José Saramago e Peter Handke per la narrativa, Alberto Sordi per il cinema e Tino Carraro come attore scenico. Mi sentii molto onorata dal Premio della Cultura conferitomi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2000; anche a Barcellona nel 1997 fu un’esperienza molto emozionante leggere i miei versi nel Palau de la Mùsica Catalana, davanti a un pubblico attento di 1800 spettatori, un’emozione condivisa con poeti di tutto il mondo. Ma fu tale anche la lettura più “privata” che tenni in quei giorni in un piccolo centro della Catalogna insieme al poeta polacco Adam Zagajewski. L’ultimo evento particolarmente intenso è stata l’uscita, nel 2014, dell’antologia poetica Canti e pietre (Sanger och Stenar) nell’edizione bilingue italiano-svedese, presso l’editore Tranan di Stoccolma, con le belle immagini delle sculture di Staffan Nihlén, gli interventi critici di Olle Granath e di André Ughetto e l’altrettanto bella traduzione di Julian Birbrajer.


Come è riuscita a conciliare lavoro e famiglia e a costo di quali rinunce?

È una domanda ancora inevitabile, topica, rivolta all”’altra metà del cielo” impegnata nella creazione artistica. La conciliazione mi ha richiesto ovviamente il massimo impegno e l’uso della nota capacità “simultanea” femminile. Fortunatamente non mi appartiene l’idea di “tempo libero” o mondano, perciò le rinunce (viaggi o “presenzialismi”, specie quando mia figlia era piccola) sono state accettabili, ed ampiamente compensate in seguito.


Sta lavorando a qualche nuovo progetto? Se sì quale?

Ho vari progetti in corso; adesso sto terminando la revisione del mio ultimo testo teatrale, la tragicommedia La torre di Iperione, che chiuderà il ponderoso volume collettaneo del mio Teatro di imminente pubblicazione (le accludo la copertina). Sto anche concludendo la revisione del mio libro di poesie Scala dei giuramenti, che uscirà ne 2016 presso l’ed. Contra Mundum Press (New York-Berlino) in edizione bilingue italiano-inglese, tradotto da Dominic Siracusa.


Dato che è sensibile ai diritti umani, cosa ne pensa del transito di tanti migranti in Turchia?

Le drammatiche, spesso tragiche, grandi migrazioni di questi ultimi anni sono un fenomeno umano, culturale e socio-politico molto grave e preoccupante, giacché sono migrazioni forzate, causate per lo più da guerre, dittature, carestie o comunque da condizioni di sopravvivenza disperanti. La Turchia, cruciale paese-ponte fra l’Europa e le zone “calde” del Medio Oriente, ha le sue peculiarità etniche, culturali e religiose, che costituiscono una ricchezza anti-omologante, ma anche un aspetto che può acuire le problematiche nel far fronte a questo imponente fenomeno che coinvolge tutta la zona del Mediterraneo fino al Nord Europa. È importante, direi vitale, che ogni artista e ogni persona di buona volontà si senta coinvolta eticamente e che, al di là delle forze istituzionali, si adoperi per perseguire la pace, il rispetto dei diritti umani e di tutti i viventi.

MAURA DEL SERRA
È nata il 2 Giugno del 1948. Ha una figlia e due nipotini. Sostiene le cause per la difesa delle libertà della persona umana ed è attiva anche in iniziative ambientaliste e per la difesa degli animali. Ha pubblicato nove raccolte poetiche, l’antologia Corale. Ha dedicato volumi critici a Dino Campana, Giovanni Pascoli, Giuseppe Ungaretti, Clemente Rebora, Piero Jahier, Margherita Guidacci e saggi a numerosi poeti e scrittori italiani ed europei.
Ha curato alcune antologie, fra le quali: Kore. Iniziazioni femminili. Antologia di racconti contemporanei, Firenze, Le Lettere, 1997; Margherita Guidacci, Le poesie, Firenze, Le Lettere, 1999; Egle Marini. La parola scolpita, Pistoia; Artout, Maschietto e Musolino, 2001; Poesia e lavoro nella cultura occidentale, Roma, Edizione del Giano, 2007.
Ha pubblicato venti testi teatrali e fra gli autori da lei tradotti dal latino, tedesco, inglese, francese e spagnolo: Quinto Tullio Cicerone, William Shakespeare, George Herbert, Francis Thompson, Virginia Woolf, Katherine Mansfield, Dorothy Parker, Rabindranath Tagore, Marcel Proust, Simone Weil, Victoria Ocampo, Jorge Luis Borges.
Per la sua attività ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, fra i quali: il premio “Montale” per la poesia, il premio “Flaiano” per il teatro e il premio “Betocchi” per la traduzione.
Nell’anno 2000 le è stato assegnato il premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

L'opera del vento

Tentativi di certezza

Maura Del Serra, Teatro

 

Il teatro di Maura Del Serra, qui riunito nella molteplice complessità del suo arco cronologico trentennale, abbraccia una pluralità di forme sceniche, ora corali ora dialogiche ora monologanti, che spaziano con incisiva e vivace profondità dall’“affresco” epocale alla fulminea microcellula drammatica e a forme singolari di teatro-danza sempre sorrette da un inventivo simbolismo di luci, colori, voci fuoriscena e suggestioni scenografiche. L’organon di questa scrittura – in versi e in prosa – fonde il nitore visionario con un senso vivace e concreto del phatos quotidiano, spesso nutrito da uno humour tipicamente affidato a personaggi “terrestri” fino al farsesco, secondo la tradizione della commedia antica. Il teatro decisamente anti-minimalista della Del Serra mostra infatti il suo grato debito creativo verso i classici della tradizione drammaturgica e poetico-letteraria europea, dai tragici e lirici greci al barocco inglese e ispanico, al decandentismo e alle avanguardie artistiche del Novecento.
I suoi personaggi, a vario titolo esemplari fino all’archetipo, sono scolpiti e dominati da una solitudine “eroica” non astratta bensì coerentemente testimoniale, tormentati e salvati dalla grandezza antistorica e metastorica del loro dono “eretico” che si oppone geneticamente alla forza oppressiva del potere nelle sue varie espressioni, da quelle canoniche politico-sociali a quelle suasive dell’intelletto, fino a quelle della “sapienza senza nome” della vita. Ed è perciò sempre agonico il rapporto fra la certezza di una verità ultima e inattingibile e l’illusione soggettiva, mediante l’utopia salvifica affidata all’ardore dei protagonisti. Motore e forma privilegiata di queste compresenze è l’eros generatore e multiforme, espresso in tutte le sue pulsioni, dall’amicizia alle polarità maschili e femminili, fino ad una complessa androginia psicologica e spirituale.
In questa straordinaria galleria evocativa di presenze, che spaziano dall’ellenismo alla contemporaneità al futuro, le voci interiori dell’autrice si incarnano di volta in volta, come la poesia ed ogni arte, per “sognare la verità del mondo”.

Maura Del Serra – Wikipedia

Pagine di Maura Del Serra

ANTOLOGIA POETICA

Maura Del Serra, aforismi

Parole in coincidenza 8: Maura Del Serra tradotta da Dominique Sorrente

Maura Del Serra e Cristina Campo

Maura Del Serra, “Tentativi di certezza. Poesie 1999-2009”

Silvio Ramat: L’opera del vento, di Maura del Serra

 

Autori, e loro scritti

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AA.VV. – «Multifocal Approach» – LA REALTÀ AMA NASCONDERSI? DOES REALITY LIKE HIDING? – Il multifocal approach come valorizzazione dei profili “visibili” e “invisibili” di una realtà complessa – PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE

AA.VV., Macerata (5-6 dicembre 2018) – AL DI QUA DEL BENE E DEL MALE. Gli Antichi e la complessità del reale alla luce del Multifocal Approach *(Maurizio MIGLIORI – Paola Rosalba CAMACHO GARCIA – Lucia PALPACELLI – Mino IANNE – Federica PIANGERELLI – Luca GRECCHI – Arianna FERMANI – G. Angelini – R. Di Stefano – E. Napoletani – G. Teti)

AA.VV.  – «Immanenza e trascendenza in Aristotele». Scritti di: Giampaolo Abbate, Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Annabella D’Atri, Andrea Falcon, Arianna Fermani, Luca Grecchi, Alberto Jori, Diana Quarantotto, Monica Ugaglia, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta.

AA.VV. Ricerche Aristoteliche. Etica e politica in questione. Introduzione e cura di Giulia Angelini. Saggi di Claudia Baracchi, Manuel Berrón, Enrico Berti, Michele Di Febo, Silvia Gullino, Alberto Jori, Pietro Li Causi, Giovanni Battista Magnoli Bocchi, Francesca Masi, Marcello Zanatta.

Claudio Abbado (1933-2014) – Nell’arte e nella letteratura di un paese ho imparato a comprenderne meglio anche la musica.

Giampaolo Abbate – Ne «Il luogo in Aristotele» ho tentato di mostrare come Fisica Δ 1-5 contenga una dottrina unica e coerente svolta secondo certe premesse metodologiche che saranno mantenute pressoché costantemente dal primo al quinto capitolo.

Raffaele Accarino – Albert Steiner, il fotografo dei paesaggi alpini.

Fabio Acerbi, Riflessi condizionali.

Fabio Acerbi – È importante cercare di capire le origini storiche del concetto di modello. Il presente contributo intende fornire i risultati di una prima ricognizione nel campo della scienza greca antica.

Mario Vegetti e Francesco Ademollo – Incontro con Aristotele: la potenza del suo pensiero è ancora in grado di parlarci.

Mortimer Jerome Adler (1902-2001) – La lettura dei grandi libri non avrebbe alcun significato, se non ci proponessimo di rendere migliore la società.

Adonis, Alī Ahmad Sa’īd Isbir – L’uomo è conoscenza e “conoscenza reciproca”. L’io, in quanto conoscenza, non si può comprendere se non a partire dall’esplorazione dell’altro in quanto conoscenza.

Theodor Ludwig Adorno (1903-1969) – L’idea di un fare scatenato, di un produrre ininterrotto attinge a quel concetto che è servito sempre a sancire la violenza sociale come immodificabile.

Theodor Ludwig Adorno (1903-1969) – Una società emancipata è la realizzazione dell’universale nella conciliazione delle differenze. Una politica a cui questo stesse veramente a cuore dovrebbe richiamare l’attenzione sulla cattiva eguaglianza di oggi […] e concepire uno stato di cose migliore come quello in cui si potrà essere diversi senza paura.

Theodor L. W. Adorno (1903-1969) – È fondamentale compiere esperienze personali, non delegate dall’apparato sociale. La felicità si dà soltanto dove c’è il sogno, ed è preclusa a chi non sa più sognare, incapace di concepire scopi.

Theodor L. Adorno (1903-1969) – Il fatto che a filosofia metafisica, quale storicamente coincide in sostanza coi grandi sistemi, abbia più splendore di quella empiristica e positivistica non è un elemento meramente estetico.

Theodor L. Adorno (1903-1969) – L’ontologia di Heidegger finisce in una terra di nessuno. In ciò si manifesta la miseria del pensiero che vuoI giungere al suo altro, e non può permettersi nulla senza timore di perdervi ciò che afferma. La filosofia diventa tendenzialmente gesto rituale. In esso però c’è anche qualcosa di vero: il suo ammutolirsi.

Theodor L. Adorno (1903-1969) – … quando il tempo si contrae e scorre infruttuosamente fra le dita … ciò che si rivela in questa contrazione delle ore è esattamente l’opposto del tempo realizzato … Il corpo registra questa angoscia nella fuga delle ore. Il tempo vola.

Max Horkheimer, Theodor W. Adorno – Kant ha anticipato intuitivamente ciò che è stato realizzato consapevolmente solo da Hollywood: le immagini sono censurate in anticipo, nell’atto stesso della loro produzione. Lo spettatore non deve lavorare di testa propria. Ogni connessione logica, che richieda fiato intellettuale, viene scrupolosamente evitata.

Uliano Lucas – Tatiana Agliani – La realtà e lo sguardo. Storia del fotogiornalismo in Italia.

Vincenzo Agnetti (1926-1981) – Le parole e gli oggetti venduti dal sistema ci offrono sempre due significati: uno vero, che per vanità non vogliamo leggere, e uno falso, indolore, che accettiamo con voluta complicità per sentirci storicamente validi.

Julián Marías Aguilera (1914-2005) – Si può “scivolare” attraverso la vita senza dedicarsi ad essa con energia. Spesso si tratta dell’avarizia vitale, dell’incapacità di dare, che è principalmente darsi.

Leon Battista Alberti (1404-1472) – L’animo degli studiosi sia acceso di virtù e di sapienza.

Leon Battista Alberti (1404-1472) – Sempre meco stanno uomini periti, eloquentissimi, apresso di quali io posso tradurmi a sera e occuparmi a molta notte ragionando. Non a me mancano i filosofi, apresso de’ quali io d’ora in ora me senta divenire più dotto anche e migliore.

Alberto Magno di Bollstädt (1206-1280) – La perseveranza è un atto compreso nella fortezza e consiste nell’essere saldi nel proposito di rimanere nella difficoltà fino a vincerla e nel non voler cedere per il permanere e il prolungarsi delle difficoltà.

Alceo (630 a.C.– 560 a.C.) – Da terra conviene progettare la rotta, se si riesce a farlo in modo corretto. Ma quando si è per mare, si deve andare con il vento che c’è.

Alessandro Alfieri – Dal simulacro alla Storia. Estetica ed etica in Quentin Tarantino.

Vittorio Alfieri (1749-1803) – L’ambizione d’arricchire è la più universale delle tirannidi. Ogni società che lo ammetta è tirannide, ogni popolo che lo sopporta è schiavo.

Dante Alighieri (1265-1321) – Nè si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade.

Dante Alighieri (1265-1321) – Io ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare. Movemi desiderio di dare dottrina. La filosofia è somma cosa. Coloro che vivono con intelletto e con ragione sono dotati di una certa divina libertà. Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco. Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze. Ho come maestro il Filosofo che, determinando i principi eterni della morale, ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.

Dante Alighieri (1265-1321) – Spetta agli uomini che sono tratti all’amore della verità trasmettere quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. È ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

Alicia Alonso (1921-2019) – È stato facile decidere di dedicarsi al balletto classico, perché la vita altro non è che un continuo movimento che assomiglia alla danza.

Massimo Ammaniti – Forse si invecchia veramente solo quando non ci si stupisce più, quando si dà tutto per scontato e la vita sembra non riservare più sorprese. Si può mantenere il gusto della conoscenza e sapersi ancora meravigliare di un fiore che si schiude o di una bambina che ti sorride.

Günter Anders (1902-1992) – L’Apprendista stregone è invidiabile perché fa ancora il tentativo di fermare ciò che ha provocato o che è sul punto di provocare. Oggi viviamo in una foresta di manici di scopa che diventa sempre più fitta.

Günter Anders (1902-1992) – Il conformista ottimale non è solo conformista, ma anche “congruista”. Costui si assimila ai contenuti che gli sono forniti, e rende il contenuto della sua vita psichica coincidente con tali contenuti. Nella società conformistica la mancanza di pudore passa per franchezza, dunque per virtù, e questa virtù per un attestato di lealtà.

Günter Anders (1902-1992) – La metamorfosi dell’«Apprendista stregone». Oggi viviamo in una foresta di manici di scopa che diventa sempre più fitta.

Günter Anders (1902-1992) – L’odio è sì negazione dell’altro, ma è anche l’autoaffermazione e l’autocostituzione attraverso la negazione e l’eliminazione dell’altro.

Günter Anders (1902-1992) – Abbiamo rinunciato a considerare noi stessi come i soggetti della storia. ci siamo detronizzati e al nostro posto abbiamo collocato un solo altro soggetto della storia: la tecnica. Cambiare il mondo non basta. Nostro compito è anche interpretarlo.

Günter Anders (1902-1992) – Non sono disposto a rinunciare alla visione della smisuratezza che noi esseri umani siamo in grado di provocare e che abbiamo effettivamente provocato.

Günter Anders (1902-1992) – Quando la libertà si muta in delirio d’onnipotenza, in odio contro ogni limite

Günter Anders (1902-1992) – «Lo sguardo dalla torre». I racconti di G. Anders palesano agli occhi della mente ciò che di solito rifiutiamo di problematizzare e di tematizzare, offuscando noi stessi la visione della verità.

Roberto Andreotti – Esiste un altro modello di rappresentazione nel quale la memoria è concepita come corredo funzionale in grado di interferire nel profondo con il nostro vissuto, con il nostro modo di concepire e organizzare il mondo hic et nunc.

Amedeo Anelli – «Quartetti». Tempi sospesi e riflessioni filosofiche giocate con un linguaggio all’apparenza semplice, con i ritmi della filastrocca. Amedeo Anelli scrive di sogni sognati e il pennello di Guido Conti cerca un segno che diventi senso.

Amedeo Anelli – Occidente e oriente a confronto nella voce poetica di Maura Del Serra.

Amedeo Anelli – È in stampa il sessantesimo numero (n. 59, giugno 2021) della rivista internazionale di Poesia e Filosofia «Kamen’», il numero del suo trentesimo anno.

Giulia Angelini – Gli uomini si costituiscono in una koinonía solo se c’è un «télos» che soggiace, costituisce e precede la loro unione. non bisogna assolutamente ridurre questo télos alla mera sopravvivenza di un insieme. Senza un télos si può dare solo un raggruppamento casuale di uomini e non già un insieme.

Giulia Angelini – Il nodo dell’èthos. A margine del libro di Claudia Baracchi, «L’architettura dell’umano: Aristotele e l’etica come filosofia prima».

Massimo Angelini – Ripristinare un’economia morale fondata sul dono potrebbe essere contagioso, certamente incomprensibile, come espressione di follia per chi confida solo sul denaro e al denaro affida l’ultima parola nelle proprie scelte e sull’altare del denaro brucia, idolatra, la propria vita, ma sarebbe rivoluzionario.

Massimo Angelini – Cultura significa innanzitutto coltivare, avere cura, trattare con attenzione, far crescere, onorare, e non va confusa con erudizione, che ha il proprio fine in sé stessa, nell’accumulazione dei dati, nella loro ostentazione sociale o accademica, guscio di un sapere ridotto alla sua apparenza.

Giulio Angioni (1939-2017) – Quando non si saprà … tu forse lo saprai che qui e ora sei.

Antica esortazione irlandese – Trova il tempo per leggere, per giocare, per l’amicizia, per sognare, per amare ed essere amato, per aiutare gli altri, per ridere.

Antifonte (480 a.C. circa – 410 a.C. circa) – Nell’effimera vigilia della vita nessuno di noi può esser definito né come barbaro, né come greco. Tutti infatti respiriamo l’aria con la bocca e con le narici, poiché di natura tutti siamo assolutamente uguali. Se violentiamo le norme poste in noi da natura si offende non l’opinione, ma la verità.

Antifonte (480 – 410 a.C.) – Nell’indugio spesso il tempo frapposto distoglie la mente dall’intenzione: il che a cosa fatta non è più possibile, nell’indugio invece può accadere.

Giovanni Antonucci – Il Teatro poetico di Maura Del Serra vive sul palcoscenico e nel corpo dell’interprete.

Sergio Arecco – La durevole passione per il cinema con i miei libri in questi ultimi cinquanta anni.

Sergio Arecco – Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale.

Sergio Arecco – Quando il cinema era giovane. I fantasmi dell’opera, i fantasmi all’opera.

Hannah Arendt (1906-1975) – L’amore è in primo luogo la potenza della vita, è il principio creativo che oltrepassa il semplice fatto di essere vivi, poiché dalla sua amondanità nasce un nuovo mondo. In quanto tale, «supera» la morte.

Daniela Ariano – Recensione a «Teatro» di Maura del Serra – Pagine intrise di teatro allo stato puro.

György Lukács (1885-1971) – Considerazioni su «Marx, il cinema e la critica del film», un libro di Guido Aristarco (1918-1996). La tendenza generale è il dominio della manipolazione, a cui in misura sempre più vasta si va assoggettando anche, e tutt’intero, il campo dell’arte.

Aristofane (450 a.C.-385 a.C.) – I politicanti, finché restano poveri hanno a cuore il paese. Fattisi ricchi col denaro pubblico, eccoli a minacciare la democrazia.

Aristosseno (375-322 a.C.) – Il vero amore del bello sta nelle attività pratiche e nelle scienze, perché l’amare e il voler bene hanno inizio dalle buone usanze e occupazioni.

Aristotele – Questa è la vita secondo intelletto: vivere secondo la parte più nobile che è in noi.

Aristotele (384-322 a.C.) – La «crematistica»: la polis e la logica del profitto. Il commercio è un’arte più scaltrita per realizzare un profitto maggiore. Il denaro è l’oggetto del commercio e della crematistica. Ma il denaro è una mera convenzione, priva di valore naturale.

Aristotele (384-322 a.C.) – La mano di Aristotele: più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; la mano costituisce non uno ma più strumenti, è uno strumento preposto ad altri strumenti.

Aristotele (384-322 a.C.) – Da ciascun seme non si forma a caso una creatura qualunque. La nascita viene dal seme.

Aristotele (384-322 a.C.) – Se l’intelletto costituisce qualcosa di divino rispetto all’essere umano, anche la vita secondo l’intelletto sarà divina rispetto alla vita umana. Per quanto è possibile, ci si deve immortalare e fare di tutto per vivere secondo la parte migliore che è in noi.

Aristotele (384-322 a.C.) – Se uno possiede la teoria senza l’esperienza e conosce l’universale ma non conosce il particolare che vi è contenuto, più volte sbaglierà la cura, perché ciò cui è diretta la cura è, appunto, l’individuo particolare.

Aristotele (384-322 a.C.) – In tutte le cose naturali si trova qualcosa di meraviglioso.

Aristotele (384-322 a.C.) – Diventiamo giusti facendo ciò che è giusto. Nessuno che vuol diventare buono lo diventerà senza fare cose buone. Il fine deve essere ipotizzato come un inizio perché il fine è l’inizio del pensiero, e il completamento del pensiero è l’inizio di azione. ⇒ Una Trilogia su Aristotele: «Sistema e sistematicità in Aristotele». «Immanenza e trascendenza in Aristotele». «Teoria e prassi in Aristotele».

Aristotele (384-322 a.C.) – Le radici della ‘paideia’ sono amare, ma i frutti sono dolci. Il modello più razionale di ‘paideia’ abbisogna di tre condizioni: natura, apprendimento, esercizio.

Aristotele (384-322 a.C.) – La virtù è uno stato abituale che orienta la scelta, individua il giusto mezzo e lo sceglie. Il male ha la caratteristica dell’illimitato, mentre il bene ha la caratteristica di ciò che è limitato.

Aristotele (384-322 a.C.) – Tutti gli uomini per natura tendono al sapere. L’intelletto è quanto di più elevato si possa pensare, è il «toccare» il vero, rappresenta la realtà più divina ed eccellente che c’è in noi.

Aristotele, La mano è azione: afferra, crea, a volte si direbbe che pensi. La mano ha fatto l’uomo, è l’uomo stesso, è lo strumento degli strumenti. In verità il pensiero si impone come artigianale così come la mano.

Aristotele (384-322 a.C.) – La poesia è qualche cosa di più filosofico e di più elevato della storia. La poesia tende piuttosto a rappresentare l’universale, la storia il particolare

Aristotele (384-322 a.C.) – In qualunque campo si raggiungerebbe la migliore visione della realtà, se si guardassero le cose nel loro processo di sviluppo e fin dalla prima origine.

Aristotele (384-322 a.C.) – Il fatto di vivere è comune anche alle piante. Ciò di cui andiamo in cerca per l’uomo è qualcosa di specifico. Il bene umano risulta essere l’attività dell’anima secondo virtù in una vita umana compiuta, in atto nel senso più proprio. un solo giorno o un breve periodo di tempo non rendono beato e felice nessuno.

Aristotele (384-322 a.C.) – L’individuo moralmente retto è in accordo con se stesso, impegnandosi per il bene. La sua mente è ricca di pensieri e piacevoli sono i ricordi delle azioni compiute e buone sono le speranze di ciò che accadrà nel futuro.

Aristotele (384-322 a.C.) – Non si deve nutrire un infantile disgusto verso lo studio dei viventi più umili: in tutte le realtà naturali v’è qualcosa di meraviglioso che offre grandissime gioie a chi sappia comprenderne le cause, cioè sia autenticamente filosofo.

Aristotele (384-322 a.C.) – Moralmente bello significa fare il bene senza mirare al contraccambio. L’uomo moralmente retto ricerca per sé il bello morale e antepone il bello a tutto il resto.

Aristotele (384-322 a.C.) – Tra tutti i beni quelli scelti in vista di se stessi sono fini. Tra questi, poi, sono belli tutti quelli che sono degni di lode. Infatti questi sono quelli da cui derivano azioni che sono degne di lode ed essi stessi sono degni di lode.

Aristotele (384-322 a.C.) – La moneta è nata per convenzione. Essa ha il nome di moneta (nomisma), perché non esiste per natura ma per legge (nomos), e dipende da noi cambiarne il valore e porla fuori corso.

Aristotele (384-322 a.C.) – «Protreptico. Esortazione alla filosofia». La felicità della vita non consiste nel possesso di grandi sostanze, quanto piuttosto nel trovarsi in una buona condizione dell’anima. La conoscenza e il pensiero filosofico costituiscono il compito proprio dell’anima. Questa è la cosa più desiderabile per noi.

Aristotele (384-322 a.C.) – La natura dell’equità è proprio quella di correggere la legge laddove essa, a causa della sua formulazione universale, è difettosa. Ciò che è giusto e ciò che è equo sono la stessa cosa e, pur costituendo entrambe realtà eccellenti, l’equità è superiore.

Aristotele (384-322 a.C.) – Chi è davvero virtuoso sopporta in modo estremamente dignitoso le vicende della sorte, in ogni occasione. In lui risplende il bello morale se è capace di sopportare molte e grandi sventure con animo sereno, non perché è insensibile ma perché è nobile e fiero. Mai potrà diventare misero, incostante e volubile, chi è felice.

Aristotele (384-322 a.C.) – Conoscere se stessi è la cosa più difficile e non è possibile conoscersi senza un altro che ci sia amico. Dunque l’individuo autosufficiente avrà bisogno dell’amicizia per conoscere se stesso.

Aristotele (384-322 a.C.) – Il vivere è desiderabile, aver consapevolezza di sentire o di pensare significa aver consapevolezza di esistere. allo stesso modo è desiderabile e si deve sentire insieme anche l’esistenza dell’amico, condividendo ragionamenti e pensieri. L’individuo moralmente retto è disposto verso gli amici come si comporta verso se stesso e avrà bisogno di amici moralmente retti .

Franco Arminio – Un uomo che arriva in ospedale è un mondo. Curare un uomo significa prendersi cura del tutto che è in tutti. Un ospedale è un osservatorio astronomico.

Franco Arminio – Abbiamo bisogno di gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento. Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, significa rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, al buio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza.

Nadeem Aslam – Qualcuno, da qualche parte, ha sempre bisogno di aiuto. Per questo scrivo. Se vogliono costruire un muro non possiamo fermarli. ma saremo i Frida Kahlo in piedi su quel muro, ribelli.

Margaret Atwood – Considerando gli animali in sparizione, il proliferare di fogne e di paure, l’addensarsi del mare, l’aria prossima a estinguersi, dovremmo essere gentili, dovremmo sentire l’allarme, Invece siamo contro.

Pierre Aubenque – L’uomo non richiede di essere superato ma di essere protetto, prima di tutto da se stesso. Il sovrumano è a un passo dal disumano.

Wystan Hugh Auden (1907-1973) – Udii un innamorato che cantava: «L’amore non ha fine. Io ti amerò finché l’oceano sia ripiegato e steso ad asciugare. Io tengo stretto fra le braccia il Fiore delle Età, e il primo amore al mondo».

Aulo Gellio (125-180) – Humanitas è paidéia. Coloro che con sincerità aspirano ad esse, sono di gran lunga i più umani (“vel maxime humanissimi).

Paul Auster – Ciascun libro è un’immagine di solitudine, le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un individuo. Ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine.

Paul Auster – Un giorno c’è la vita. Poi, d’improvviso, capita la morte. Come dire: la vita si interrompe. E può interrompersi in qualunque momento.

Stefano G. Azzarà – Domenico Losurdo (1941-2018), in memoriam.