Nel mio paese nessuno è straniero
Platone
«Le relazioni con gli stranieri sono atti di particolare sacralità […] non c’è colpa peggiore per un uomo che un torto fatto ai supplici». Platone, V, 729 e -730 b
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Le leggi
Esiodo
La principale condizione di prosperità, per una città, è che una rigorosa giustizia regni «per gli stranieri e per i membri della comunità», in quanto «il delitto di chi maltratta un mendico (iketen), un ospite […], è colpa ripugnante», paragonabile a quella di chi fa torto ad un orfano, o di chi offende il proprio padre anziano. Esiodo, Opere e giorni, (225-227, 327 ss.).
Opere e giorni
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Pindaro
Con riferimento alla Grecia Pindaro afferma che «un decreto degli immortali ha eretto, come una tenda divina, per gli stranieri di qualsiasi stirpe questa terra, in cui vengono ad infrangersi i flutti». Pindaro, Olimpiche (VIII, 28)
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Olimpiche
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Euripide
«È una legge per i mortali […] accogliere i mendicanti che il mare ha danneggiato, far loro il dono dell’ospitalità, soccorrerli e vestirli». Euripide, Ciclope, (vv. 299-303).
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«Le relazioni con gli stranieri sono atti di particolare sacralità, perché si può dire che non ci siano colpe […] di nostri concittadini a danno di stranieri, che non comportino la riprovazione di un dio, molto più che le ingiustizie nei confronti dei concittadini. E questo è ovvio, perché lo straniero si trova ad essere privo di amici e parenti, e quindi è affidato in modo particolare alla solidarietà degli dei e degli uomini […]. Un uomo che sia almeno un po’ assennato dovrà mettere ogni cura per giungere alla fine dei suoi giorni, senza avere commesso errori nei rapporti con gli stranieri. Inoltre […] non c’è colpa peggiore per un uomo che un torto fatto ai supplici, giacché il supplice, nel momento in cui invoca aiuto, ha un dio come garante delle sue richieste, e questo dio diventa un invincibile protettore».
Platone, Leggi, V, 729 e -730 b.
Platone, «Filebo» – Senza possedere né intelletto né memoria né scienza né opinione vera, tu saresti vuoto di ogni elemento di coscienza
Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Coloro che sono privi della conoscenza di ogni cosa che è, e che non hanno nell’anima alcun chiaro modello, non possono rivolgere lo sguardo verso ciò che è più vero e non possono istituire norme relative alle cose belle e giuste e buone.
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