Aristotele (384-322 a.C.) – La mano di Aristotele: più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; la mano costituisce non uno ma più strumenti, è uno strumento preposto ad altri strumenti.

Aristotele - La mano

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«La specializzazione della mano significa lo strumento:
e strumento significa l’attività umana specifica.
La mano dell'uomo è altamente perfezionata
dal lavoro di centinaia di migliaia di anni...
Nessuna mano di scimmia ha mai prodotto il più rozzo coltello di pietra...
La mano dell'uomo ha raggiunto quell'alto grado di perfezione...
solo attraverso il lavoro...
E l’uomo ha fatto tutto ciò, innanzitutto ed essenzialmente,
per mezzo della mano».

F. Engels,
Dialettica della natura,
Editori Riuniti, Roma, 19713, pagg. 49-50

«Anassagora afferma che l’uomo è il più intelligente degli animali grazie all’aver mani; è invece ragionevole dire che ha ottenuto le mani perché è il più intelligente. Le mani sono infatti uno strumento, e la natura, come farebbe una persona intelligente, attribuisce sempre ciascuno di essi a chi può servirsene; giacché è più conveniente dare flauti a chi è già flautista, che non attribuire l’arte del flauto a chi possiede flauti. La natura attribuisce ciò che è minore a ciò che è maggiore e più importante, non il più nobile e il maggiore al minore. Se dunque questa è la via migliore, e la natura nel campo delle possibilità realizza quella migliore, allora non è che l’uomo sia il più intelligente grazie alle mani, ma ha le mani grazie all’esser il più intelligente degli animali. E il più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; ora la mano sembra costituire non uno ma più strumenti: in un certo senso essa è uno strumento preposto ad altri strumenti. A colui dunque che è in grado di impadronirsi del maggior numero di tecniche la natura ha dato, con la mano, lo strumento in grado di utilizzare il più gran numero di altri strumenti.
Quanto a coloro che sostengono che l’uomo non è costituito bene, anzi peggio di tutti gli altri animali (dicono infatti che non ha protezione per i piedi, è nudo e sprovvisto di armi da combattimento), il loro discorso non è corretto. Gli altri animali hanno un solo mezzo di difesa, e non è loro concesso di sostituirlo con un altro, anzi devono dormire e fare qualsiasi altra cosa tenendo sempre, per cosÌ dire, le scarpe ai piedi, cioè senza deporre la corazza che hanno sul corpo, né possono cambiare l’arma che gli è toccata in sorte.
All’uomo, invece, sono concessi molti mezzi di difesa, ed egli può sempre mutarli, adottando inoltre l’arma che vuole e quando la vuole. La mano infatti può diventare artiglio, chela, corno, o anche lancia, spada e ogni altra arma o strumento: tutto ciò può essere perché tutto può afferrare e impugnare.
Anche la forma della mano è stata dalla natura congegnata in questo senso. Essa è articolabile e divisa in più parti, perché nella divisione è implicita anche la capacità di coesione, mentre la prima non è implicita nella seconda. Ed è possibile servirsene come di un sol organo, di due o di molti»

Aristotele,
Opere biologiche, Le parti degli animali, Libro IV, 687a-687b,
a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti
Utet, 1971, pp. 710-711.


 

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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La mano è azione: afferra, crea, a volte si direbbe che pensi. La mano ha fatto l’uomo, è l’uomo stesso, è lo strumento degli strumenti. In verità il pensiero si impone come artigianale così come la mano.

La mano
A. Rodin, La Cattedrale.

«Noi conosciamo solo ciò che facciamo».
G.B. Vico

 

«La mano è l’uomo stesso».
Anassagora

«Anassagora afferma che l’uomo è il più intelligente degli animali grazie all’aver mani; è invece ragionevole dire che ha ottenuto le mani perché è il più intelligente. Le mani sono infatti uno strumento, e la natura, come farebbe una persona intelligente, attribuisce sempre ciascuno di essi a chi può servirsene; giacché è più conveniente dare flauti a chi è già flautista, che non attribuire l’arte del flauto a chi possiede flauti. La natura attribuisce ciò che è minore a ciò che è maggiore e più importante, non il più nobile e il maggiore al minore. Se dunque questa è la via migliore, e la natura nel campo delle possibilità realizza quella migliore, allora non è che l’uomo sia il più intelligente grazie alle mani, ma ha le mani grazie all’esser il più intelligente degli animali. E il più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; ora la mano sembra costituire non uno ma più strumenti: in un certo senso essa è uno strumento preposto ad altri strumenti. A colui dunque che è in grado di impadronirsi del maggior numero di tecniche la natura ha dato, con la mano, lo strumento in grado di utilizzare il più gran numero di altri strumenti.
Quanto a coloro che sostengono che l’uomo non è costituito bene, anzi peggio di tutti gli altri animali (dicono infatti che non ha protezione per i piedi, è nudo e sprovvisto di armi da combattimento), il loro discorso non è corretto. Gli altri animali hanno un solo mezzo di difesa, e non è loro concesso di sostituirlo con un altro, anzi devono dormire e fare qualsiasi altra cosa tenendo sempre, per cosÌ dire, le scarpe ai piedi, cioè senza deporre la corazza che hanno sul corpo, né possono cambiare l’arma che gli è toccata in sorte.
All’uomo, invece, sono concessi molti mezzi di difesa, ed egli può sempre mutarli, adottando inoltre l’arma che vuole e quando la vuole. La mano infatti può diventare artiglio, chela, corno, o anche lancia, spada e ogni altra arma o strumento: tutto ciò può essere perché tutto può afferrare e impugnare.
Anche la forma della mano è stata dalla natura congegnata in questo senso. Essa è articolabile e divisa in più parti, perché nella divisione è implicita anche la capacità di coesione, mentre la prima non è implicita nella seconda. Ed è possibile servirsene come di un sol organo, di due o di molti»

Aristotele,
Opere biologiche, Le parti degli animali, Libro IV, 687a-687b,
a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti
Utet, 1971, pp. 710-711.


«La specializzazione della mano significa lo strumento: e strumento significa l’attività umana specifica. La mano dell’uomo è altamente perfezionata dal lavoro di centinaia di migliaia di anni… Nessuna mano di scimmia ha mai prodotto il più rozzo coltello di pietra… La mano dell’uomo ha raggiunto quell’alto grado di perfezione… solo attraverso il lavoro… E l’uomo ha fatto tutto ciò, innanzitutto ed essenzialmente, per mezzo della mano».

F. Engels, Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma, 19713, pp. 49-50.


«Nella mano umana viene per così dire trattenuto l’immenso potenziale morfogenetico contenuto nell’estremità anteriore dei mammiferi».

D. Nani, Sincronicità e dinamica de!la forma, Il Capitello Del Sole, Bologna 2001, p. 52.


 

«Gli uomini fattivi che lavorano manualmente, che afferrano la materia inerte e vivente, che la migliorano o la trasformano vengono opposti abitualmente agli uomini che fanno della parola il loro mestiere. […] In verità il pensiero si impone come artigianale così come la mano […]. E gli scultori che hanno tagliato le pietre delle cattedrali non pensavano meno profondamente dei loici della scolastica».

L. Benoist, Segni simboli e miti, Garzanti, Milano 1976, p. 93.


 

«L’attività della mano è in stretto rapporto con lo sviluppo e l’equilibrio delle zone cerebrali che l’interessano […]. Non saper fare nulla con le proprie mani … non avere da pensare con le proprie dita equivale a fare a meno di una parte del pensiero filogeneticamente umano».

L. Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola, Jaca Book, Milano 1993, p. 300.


«La mano è azione: afferra, crea, a volte si direbbe che pensi. In stato di quiete non è un utensile senz’anima […]. In essa permangono, in fase di riflessione, l’istinto e la volontà di azione […] La mano ha fatto l’uomo. Alta nel vento, aperta e spartita come un ramo lo ha spinto a dominare i fluidi […]. Pare di vedere l’uomo dell’antichità respirare il mondo attraverso le mani, tendere le dita per farne una rete atta ad afferrare l’imponderabile».

H. Focillon, Vita delle forme seguito da Elogio della mano, Einaudi, Torino 1990, p. 109.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Karl Marx (1818-1883) – Noi non siamo dei comunisti che vogliono abolire la libertà personale. In nessuna società la libertà personale può essere più grande che in quella fondata sulla comunità.

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Manifesto dei comunisti

«Noi non siamo dei comunisti che vogliono abolire la libertà personale e fare del mondo una grande caserma o una grande officina. Vi sono comunisti che se la prendono comoda e che negano e vogliono sopprimere la libertà personale, che secondo loro ostacola la via all’armonia; ma  noi non abbiamo nessuna voglia di comprare l’eguaglianza a prezzo della libertà. Siamo convinti [..] che in nessuna società la libertà personale può essere più grande che in quella fondata sulla comunità».

K. MarxF. Engels,
Manifest der Kommunistischen Partei,
tr. it. di D. Fusaro, Manifesto e principi del comunismo,
Bompiani, Milano 2009,  p. 265.

 

 

Risvolto di copertina
Pubblicato nel febbraio del 1848, sotto un cielo oscurato dalle nubi della rivoluzione, il Manifesto del partito comunista nasce dall’esigenza di spiegare al proletariato il vero movimento della storia per indurlo così ad abbracciare la missione di “seppellitore” del moderno mondo borghese, stregone ormai incapace di controllare le forze infere da lui stesso evocate. In questo modo, il terrifico «spettro del comunismo» poteva materializzarsi, trasformandosi in “forza oggettiva” capace di eseguire gli ordini della storia. Nelle pagine di questa breve ma densissima opera che non fa pace con il mondo, oltre le facili speranze e gli indubbi errori di valutazione, batte il cuore del progetto marxiano di redenzione dell’umanità: la speranza in un mondo senza classi né sfruttamento e la critica radicale del “modo di produzione capitalistico”, hegelianamente inteso come totalità contraddittoria e in movimento verso il proprio “superamento”. Grazie alla “buona novella” installata nel corso stesso degli eventi della storia umana, ed enunciata con un rigore scientifico pari solo al tono profetico, questa “Bibbia politica” andò incontro a un successo strepitoso che la rese il testo politico più diffuso e famoso di tutti i tempi. Un testo che racchiude tutt’ora schegge capaci di identificare e di colpire al cuore l’odierno “spirito del capitalismo”, contraddittoriamente in bilico – oggi come ieri – tra ricchezza e povertà, tra magnificenza e miseria, tra libertà e asservimento. La presente edizione offre al lettore italiano anche i Princìpi del comunismo di Engels, bozza originaria a partire dalla quale Marx compose il Manifesto del partito comunista, successivamente firmato a doppio nome dai due autori.

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  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 11-07-2016


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