Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) – Se vi sembra inconcepibile che si possa mostrare la forza del pensiero in un’altra parte del corpo, che non sia la testa, imparate qui come la mano d’un artista creatore abbia il potere di spiritualizzare la materia.

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Torso arcaico di Apollo

Non conoscemmo il suo capo inaudito,
e le iridi che vi maturavano. Ma il torso
tuttavia arde come un candelabro
dove il suo sguardo, solo indietro volto,

resta e splende. Altrimenti non potrebbe abbagliarti
la curva del suo petto e lungo il volgere
lieve dei lombi scorrere un sorriso
fino a quel centro dove l’uomo genera.

E questa pietra sfigurata e tozza
vedresti sotto il diafano architrave delle spalle,
e non scintillerebbe come pelle di belva,

e non eromperebbe da ogni orlo come un astro:
perché là non c’è punto che non veda
te, la tua vita. Tu devi mutarla.

Rainer Maria Rilke

 

 

Il bello nell'arte

Il bello nell’arte

 

 

Torso di Mileto

«Ti conduco davanti al tanto celebre e mai abbastanza lodato Torso d’Ercole, davanti a un’opera che, nel suo genere, tocca il culmine delle perfezione e deve annoverarsi tra le maggiori creazioni artistiche giunte fino ai tempi nostri. Ma come potrò descriverlo, se gli mancano le parti più belle e più importanti che la natura ha date all’uomo! Come d’una meravigliosa quercia abbattuta e spogliata dei rami e delle fronde non rimane che il nudo tronco, così, deturpata e mutilata si vede l’immagine dell’eroe: gli mancano la testa, le braccia, le gambe e la parte superiore del petto. Al primo sguardo forse non scorgerai altro che un sasso informe: ma se hai la forza di penetrare nei segreti dell’arte, osservando quest’opera con occhio tranquillo, vi scorgerai un prodigio: Ercole ti apparirà allora come circondato da tutte le sue imprese, ed in quella pietra vedrai insieme l’eroe e il dio […]. Se vi sembra inconcepibile che si possa mostrare la forza del pensiero in un’altra parte del corpo, che non sia la testa, imparate qui come la mano d’un artista creatore abbia il potere di spiritualizzare la materia. Mi pare di veder sorgere dal dorso, curvo in profonda riflessione, una testa che con letizia ricorda le sue prodigiose gesta. E mentre una simile testa, piena di maestà e di sapienza, appare al mio sguardo, anche le altre membra mancanti incominciano a formarsi nel mio pensiero».

Johann Joachim Winckelmann, Il bello nell’arte, Torino, Einaudi 1973, pp. 75-78).

Quarta di copertina
Pochi studiosi hanno inciso sul pensiero e sulla cultura artistica del proprio tempo come Johann Joachim Winckelmann; ma il suo lascito va ben oltre il Settecento, se è vero che da allora e anche oggi lo si riconosce come fondatore dell'archeologia classica e della storia dell'arte. Proprio l'unanimità di questo riconoscimento ha portato spesso a guardare alla sua opera come a una sorta di monumento, ingessandone il contenuto in rigide formule, oppure identificandola completamente con l'esperienza neoclassica. In realtà i Pensieri del 1755 e i brevi scritti degli anni successivi, come poi le opere della maturità - la Storia dell'arte nell'antichità e i Monumenti antichi inediti - mostrano continuamente la ricchezza e la vivacità del suo pensiero, l'acutezza delle osservazioni sull'arte degli antichi e su quella dei moderni, la capacità di proporre ampie visioni storiche, ma anche di decifrare il minimo dettaglio. Nel frattempo la modernità viene come posta di fronte al mondo classico e costretta a confrontarsi con quello, da una parte sul piano dell'arte, dall'altra secondo la prospettiva della vita culturale, dei comportamenti, delle strutture politiche. L'antologia di scritti, apparsa da Einaudi già nel 1943, viene ora riproposta con testi recuperati nella loro integrità, una nuova scelta di passi, una bibliografia aggiornata e un apparato di note di commento.

 

 

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Museo del Louvre


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Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) – La generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità e una quieta grandezza.

Johann Joachim Winckelmann
I greci, secondo Winckelmann,
furono la civiltà che più di ogni altra
riuscì nel realizzare un’arte caratterizzata
da purezza formale, armonia, equilibrio e assenza di turbamento:
e questo, proprio in virtù della loro elevatissima libertà.
Ed è pertanto qui che si inserisce la definizione dei capolavori dell’arte greca
come capolavori caratterizzati da nobile semplicità e quieta grandezza.



 

winckelmann

testataE

«La generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell’espressione. Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l’espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima grande e posata».

 

Johann Joachim Winckelmann,
Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura
, Dresda 1763.

 

 

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Anton Raphael Mengs, Johann Joachim Winckelmann (1755 circa);
olio su tela, 63,5×49,2 cm, Metropolitan Museum of Art, New York.

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Anonimo, Ritratto di Johann Joachim Winckelmann su paesaggio classico (dopo il 1760); olio su tela, 71×85 cm, castello Reale di Varsavia.

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Anton von Maron, Ritratto di Johann Joachim Winckelmann (1768);
olio su tela, 136×99 cm, castello di Weimar

Nel giugno del 1755 un oscuro bibliotecario di provincia, Johann Joachim Winckelmann (1717-1768), pubblicò a Dresda a proprie spese, in una tiratura di appena 50 esemplari, un anonimo e minuscolo libretto dal titolo Pensieri sull'Imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura. Questo breve testo incontrò subito un'enorme fortuna, tanto da circolare addirittura in copie manoscritte, e divenne in breve famoso in tutta Europa. Darà impulso alle più potenti speculazioni dell'epoca: Mendelssohn, Lessing, Herder e Goethe lo idolatreranno come un classico; e persino gli acerrimi nemici del classicismo weimariano, come Heinse o Hirt, non poterono fare a meno di confrontarsi con Winckelmann. Né si sottrassero ad un doveroso omaggio i grandi del Romanticismo e dell'Idealismo filosofico, da Moritz a Schelling, da Schlegel a Hegel. Ma cosa rese - e rende tutt'ora - tanto ammaliante la minuscola "opera prima" di Winckelmann? Il fatto che nei Pensieri sull'Imitazione, e ancor più nel Commento che ad esso Winckelmann fece seguire a distanza di un anno, parla il "grecista" e il filosofo che impostava il modello di un'utopia estetica cui faranno riferimento intere generazioni successive; l'antiquario raffinato; lo storico dell'arte che ha saputo trapiantare in Germania la trattatistica italiana, francese e inglese, inventando la storia dell'arte in senso moderno; e infine il dilettante, amico del pittore Adam Friedrich Oeser, studioso attento alle tecniche degli artisti. Queste molteplici componenti, che fecero definire opera "bizzarra e barocca" (Goethe) i Pensieri di Winckelmann, contribuirono in realtà a creare l'humus teorico per la grande stagione del Classicismo tedesco e più in generale dell'epoca Neoclassica. Già presentati per la prima volta in italiano da Aesthetica Edizioni di Palermo (1992) insieme all'indispensabile Commento, e corredati da un esaustivo apparato esegetico, critico e bibliografico magistralmente curato da Michele Cometa, i Pensieri sull'Imitazione sono ora riproposti in una riedizione che migliora e aggiorna la prima.

Nell’immagine in evidenza: Bertel Thorvaldsen, Zeus e Ganimede, 1817, Copenaghen, Thorvaldsens Museum



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