«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
La nostra civiltà è ancora in mezzo al guado, né del tutto bestiale perché non è più guidata dall’istinto, né del turto umana perché non è ancora interamente guidata dalla ragione. Theodore Dreiser, Nostra sorella Came
Una mente senza emozioni non è affatto una mente, è solo un’anima di ghiaccio, una creatura fredda, inerte, priva di desideri, di paure, di affanni, di dolori e di piaceri.
Il cervello emotivo è una rassegna delle mie idee su come le emozioni provengano dal cervello. Non è un trattato esaustivo su ogni aspetto dell’ argomento, ma si concentra sulle questioni che mi hanno interessato maggiormente: sul modo in cui il cervello percepisce gli stimoli emotivamente eccitanti e vi risponde, su come avviene l’apprendimento e si formano i ricordi emotivi, e sul modo in cui i nostri sentimenti coscienti emergono da processi inconsci.
[…]
La ricerca sulle emozioni si è interessata soprattutto alle esperienze emotive coscienti, […] non possono capire le emozioni se prima non si risolve il problema del rapporto tra mente e corpo, del come la coscienza emerga dal cervello: è il problema più difficile che abbiano mai affrontato.
Joseph Ledoux, Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, Baldini Castoldi, Milano 2018, pp. 9, 320.
«Le persone non sono preassemblate, ma tenute insieme dalla vita. E ogni volta che uno di noi viene costruito, si produce un diverso risultato. Una delle ragioni è che noi tutti veniamo al mondo con differenti apparati genici; un’altra è che abbiamo differenti esperienze. Ciò che è interessante di questa affermazione non è che natura e cultura contribuiscono a ciò che siamo, ma che in realtà parlano lo stesso linguaggio. Sostanzialmente entrambe raggiungono i loro effetti mentali e comportamentali incidendo sull’organizzazione sinaptica del cervello. I particolari pattern di connessioni sinaptiche nel cervello di un individuo, e l’informazione codificata da queste connessioni, sono le chiavi di ciò che quella persona è» (pp. 5-6).
«I geni determinano solo le linee generali del funzionamento mentale, spiegando al massimo il 50% di un dato tratto e, in alcune circostanze, di gran lunga di meno. L’ereditarietà ci può condizionare per certi versi, ma molti altri fattori definiscono in che modo i geni di una persona siano espressi» (p. 8).
«Molti sistemi cerebrali sono plastici, vale a dire modificabili attraverso l’esperienza, il che significa che le sinapsi implicate sono alterate dall’esperienza… La plasticità, in tutti i sistemi cerebrali, è innata. Questo può suonare come una contraddizione natura/cultura, ma non lo è. Una innata capacità delle sinapsi di registrare e conservare l’informazione è ciò che consente ai sistemi di codificare le esperienze… Ogni apprendimento dipende, in altre parole, dall’operare di capacità di apprendimento geneticamente programmate. L’apprendimento implica l’opera di Madre natura» (p. 13).
«I nostri geni possono condizionare la maniera in cui ci comportiamo, ma i sistemi di gran lunga responsabili di ciò che facciamo e di come lo facciamo sono plasmati dall’apprendimento» (p. 14).
«Quello che una persona è, ciò che pensa, sente e fa non è per nulla influenzato dalla sola coscienza. Molti dei nostri pensieri, sentimenti e azioni hanno luogo in maniera automatica, e solamente dopo che sono accaduti, forse, diventano accessibili alla coscienza. Scoprire il meccanismo della coscienza sarebbe indubbiamente una conquista scientifica importantissima, ma non spiegherebbe il funzionamento del cervello, o come i nostri cervelli fanno di noi ciò che siamo. La comprensione del mistero della personalità dipende in maniera cruciale dalla comprensione delle funzioni inconsce del cervello», vale a dire «le molte cose che il cervello fa, che non sono accessibili alla coscienza» (p.16); «Nella teoria contemporanea della personalità, come in filosofia, la nozione di Sé si riferisce tipicamente al Sé conscio, nel senso che esso possiede autoconoscenza, autorappresentazione e autostima; è consapevole di Sé, autocritico; avverte l’importanza della persona; s’impegna nella realizzazione delle proprie potenzialità… Nonostante questa lunga tradizione di enfasi sul Sé in quanto entità conscia, il Sé di cui siamo consapevoli, o di cui possiamo essere consapevoli, non rappresenta la totalità di ciò cui si riferisce il termine Sé… Le cose che consciamente sappiamo su chi o cosa siamo costituiscono gli aspetti espliciti del Sé. Questi costituiscono il tipo di realtà cui ci riferiamo con il termine autoconsapevole e quanto definiamo autorappresentazione; sono quelli di cui si interessano gli psicologi del Sé. Gli aspetti impliciti del Sé, di contro, sono tutti gli altri aspetti di ciò che siamo e che non sono immediatamente disponibili alla coscienza, o perché sono per loro natura inaccessibili, oppure perché sono accessibili ma non disponibili in un particolare momento» (pp. 38-39).
«Nella misura in cui le esperienze della vita contribuiscono a renderci quello che siamo, il processo di immagazzinamento implicito e quello esplicito della memoria rappresentano i meccanismi principali per mezzo dei quali il Sé è modellato e preservato. Quegli aspetti del Sé che sono appresi e memorizzati nel sistema esplicito rappresentano gli aspetti espliciti del Sé… Al contrario, quegli aspetti che sono appresi e memorizzati nel sistema implicito costituiscono gli elementi impliciti del Sé; utilizziamo quest’informazione su noi stessi continuamente, anche se possiamo non esserne pienamente consapevoli: i modi in cui tipicamente camminiamo e parliamo, e persino i modi in cui pensiamo e sentiamo riflettono tutti l’attività di sistemi che funzionano sulla base dell’esperienza pregressa, ma la loro azione si realizza fuori della consapevolezza» (pp. 40-41).
«Apprendimento e sviluppo sono due facce della stessa medaglia. Non possiamo apprendere prima di possedere delle sinapsi.E non appena le sinapsi cominciano a formarsi sulla base di istruzioni intrinseche, sono suscettibili di essere influenzate dalle nostre esperienze del mondo esterno. I geni, l’ambiente, la selezione, l’istruzione, l’apprendimento – tutto contribuisce alla strutturazione del cervello e alla formazione del Sé emergente attraverso la connessione delle sinapsi. Sebbene alla fine l’estesa plasticità presente in età precoce si arresti, le nostre sinapsi non cessano di modificarsi, ma restano impercettibilmente suscettibili di cambiamento per mezzo dell’esperienza» (p. 134).
Joseph LeDoux, Il Sé sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2020.
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