Henri-Irénée Marrou (1904-1977) – Tutte le nostre idee sull’uomo si collegano a una certa filosofia dell’uomo. Conoscere storicamente, significa sostituire a un dato, di per se stesso incomprensibile, un sistema di concetti elaborati dallo spirito

Marrou, La conoscenza storica
La conoscenza storica

La conoscenza storica

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«Ricerca, comprensione, utilizzazione dei documenti: in tal modo lo storico elabora una risposta alla domanda che lo ha mosso a scoprire e ad incontrare il passato. Ora, riprendendo l’analisi su di un piano più astratto, occorre precisare, secondo una prospettiva logica, in che modo e con quali strumenti si realizzi questo processo di elaborazione: la cosa ha una sua importanza, perché tutto il problema della verità storica è condizionato dalla validità di queste operazioni mentali che consentono la trasformazione e il passaggio dal “numero” alla conoscenza, dalla “realtà” umana, che si evolveva nel passato, alla storia.
A questo fine, strumento essenziale sembra essere il concetto; conoscere, nel nostro caso conoscere storicamente, significa sostituire a un dato, di per se stesso incomprensibile, un sistema di concetti elaborati dallo spirito. E questo avviene fin dall’istante in cui la conoscenza storica si realizza nello studioso, prima ancora che si manifesti una qualsiasi esigenza di formulazione, cioè di una espressione letteraria diretta al pubblico dei lettori. Come il Croce ha ben intuito, lo storico nulla può apprendere dal passato, nemmeno il «fatto» più elementare, più semplice, più oggettivo (la morte di Cesare, ad esempio), senza «qualificarlo»: non ci si può limitare a dire che esso è stato, senza in qualche modo precisare che cosa sia stato. […]
Ma come qualificare il passato senza dargli una forma accessibile all’intelligenza, un volto percepibile dalla coscienza, un nome? come qualificarlo, insomma, senza l’intervento mediatore di un concetto appositamente elaborato dalla intelligenza umana? […] Per rifletterne la ricchezza in maniera più ampia e precisa, senza peraltro mai illuderci di poterla esaurire, sarà necessario completare i concetti scientifici con altri più specificamente umani, i quali, oltre a permetterci di comprendere meglio la realtà storica, le conferiranno una struttura molto più facilmente intelligibile. […] II problema è di determinare la validità di questi concetti, la loro aderenza al reale, la loro verità da cui, in definitiva, dipende la verità della storia.[…]
La storia utilizza concetti che ambiscono all’universale, suscettibili di essere applicati a ogni uomo, qualunque sia l’epoca o l’ambiente in cui è vissuto; a questo punto i sostenitori del relativismo storico (e tra gli storici, coscienti o meno di questa loro posizione, ve ne sono parecchi) alzano le spalle sdegnosamente, manifestando soltanto disprezzo per il “cliché dell’uomo sempre usuale a se stesso attraverso i secoli”, questa “sorta di uomo astratto, eterno, fondamentalmente immutabile, e sempre identico a se stesso”. […] L’universalità o la generalità, la validità dei concetti di cui si serve lo storico, sono […] dipendenti non dalla personalità dello storico, dalla sua mentalità e dal tempo in cui vive, ma piuttosto dalla verità della filosofia implicita e – bisogna augurarselo – esplicita, che gli ha permesso di elaborarli. Tutte le nostre idee sull’uomo, che costituiscono i mezzi di cui ci serviamo quando ci proviamo a comprendere il passato, si collegano a una certa filosofia dell’uomo. E la verità di questi concetti, che implica i limiti della loro validità, condiziona la stessa verità della conoscenza storica; accertare, precisare e verificare questa validità non spetta tanto allo storico, quanto al filosofo come tale e all’antropologo. La storia non è qualcosa di autonomo, come lo sognavano i positivisti, ma partecipa di un tutto, di un organIsmo culturale in cui la filosofia è come la spina dorsale, lo scheletro, il sistema nervoso; in questo organismo essa si regge e con esso cade; bisogna avere il coraggio di riconoscere questo carattere fortemente strutturato della conoscenza e l’unità delle diverse manifestazioni dello spirito umano».

 

Henri-Irénée Marrou, La conoscenza storica, Il Mulino, 1997, pp. 131-137.

 

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Immagine in evidenza:

La Torre di Babele è il soggetto di due dipinti di Pieter Brueghel il Vecchio
entrambi a olio su tavola. Il primo e più celebre è la ”Grande Torre” è firmato e datato
e custodito al Kunsthistorisches Museum di Vienna


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