Gianluca Giachery – Recensione a «Esistenza, ragione, storia. Pietro Chiodi (1915-1970)». La radicalità etica e l’attualità della riflessione del filosofo e comandante partigiano.

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269 ISBN

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Giuseppe Cambiano, Cesare Pianciola (a cura di), Esistenza, ragione, storia. Pietro Chiodi (1915-1970), Pistoia, Editrice Petite Plaisance. 2017, pp. 160, ISBN 978-88-7588-195-5, euro 15,00.

«Tutti tacquero. Max riprese: – Conosci il tedesco? – Lo so leggere ma non saprei parlarlo. – Che libri leggi in tedesco? – Sto leggendo Heidegger. – Max si rivolse all’agente della Gestapo dicendo: – Dev’essere uno scrittore comunista. Vero? – L’altro guardò l’ufficiale italiano dicendo: Ja, ja –. Questi annuì col capo».

Si tratta dell’interrogatorio subito da Pietro Chiodi, filosofo e comandante partigiano (1915 -1970), nella caserma di Bra il 22 agosto del 1944, dopo la sua cattura, e riportato in Banditi, una delle testimonianze sulla guerra partigiana più rilevanti della nostra letteratura, in anni in cui sia la storia che la letteratura (non solo quelle insegnate nelle scuole) hanno perso gran parte del loro potenziale, appunto, educativo e progettuale. Ancora un’altra annotazione di Chiodi, tratta sempre da Banditi:

«Carcere di Bra, 22 agosto 1944:
– Come ti chiami?
– Chiodi Pietro.
– Che mestiere facevi?
– Il professore.
– Quanti anni hai?.
– Ventinove».

Filosofo impegnato, allievo di Abbagnano, fraterno amico di Leonardo Cocito (il geniale professore di letteratura del Liceo di Alba, antifascista e impiccato dai nazi-fascisti), professore e Maestro di Beppe Fenoglio, primo traduttore italiano di Heidegger (la sua traduzione di Esse e Tempo rimane, tutt’ora, ineguagliata), fine studioso di Kant ma anche dell’esistenzialismo di matrice sartreana, Pietro Chiodi è una di quelle figure di intellettuale che poco si adatta a qualsiasi etichetta specialistica. Piuttosto, pur nell’approfondimento di alcune tematiche di carattere squisitamente filosofico-teoretico, egli non ha mai perso di vista la dimensione dell’impegno politico-culturale nella società, trasformando lo studio e l’insegnamento in materia viva, nel pieno rigore del pensiero critico kantiano.
La dimensione dell’impegno, l’amore per il dibattito, il polemos e la discussione, oltreché una appassionata dedizione alla ricerca, allo studio e all’analisi dei testi filosofici caratterizza la figura complessiva del filosofo di Corteno Golgi, nel volume curato da Giuseppe Cambiano e Cesare Pianciola. Volume che, oltre a contenere saggi di studiosi che si soffermano sulle differenti direzioni del pensiero di Chiodi, ci consegna una preziosa testimonianza di Aida Ribero, compagna del filosofo, e un saggio dello stesso Chiodi, del 1957, dal titolo “Alcune riflessioni a proposito dello scritto di Antonio Giolitti, Riforme e rivoluzione, a voler ribadire la sua costante attenzione al tema dell’impegno civile.
Chiodi è stato anche un instancabile traduttore di opere filosofiche: dalla Critica della ragion pura agli Scritti morali di Kant, a testi di Heidegger, Jaspers, Löwith, Carnap, Weber, Tatarchiewicz. Tutto ciò a dimostrare – come viene evidenziato nel saggio di Gianluca Garelli, Filosofia e traduzione in Pietro Chiodi – che, per il filosofo, il confronto diretto con il testo costituiva un vero e proprio lavoro intellettuale di comprensione e di esplicazione ermeneutica.
È Cambiano a delineare un profilo attento e critico di Chiodi, ripercorrendo i temi centrali (tutti uniti da un rigore teoretico) della sua ricerca: dall’influenza e dialogo continuo con Abbagnano (grande ed esemplare figura di riferimento della scuola filosofica torinese), fino agli studi centrali dedicati ad Heidegger, in un confronto serrato con la fenomenologia husserliana; dal “rirorno a Kant” (Chiodi aveva dedicato la propria tesi di laurea – andata dispersa – al filosofo di Königsberg), agli studi su Sartre e il tema dell’alienazione, per immergersi, poi, nel “dibattito sull’esistenzialismo” che, tra la metà degli anni ‘50 e gli anni ‘70, coinvolse personaggi eminenti del panorama culturale e filosofico italiano, tra cui Anronio Banfi, Remo Cantoni, Enzo Paci, Abbagnano e lo stesso Chiodi.
Come Abbagnano, scrive Cambiano, anche Chiodi cerca l’anti-Hegel, e lo trova in Heidegger. «Per Chiodi, come del resto per Abbagnano, Hegel rimarrà sempre l’eroe negativo. Per valutare gli aspetti positivi o i limiti di qualsiasi filosofia il confronto con Hegel apparirà sempre determinante. Ciò vale anche per il pensiero di Heidegger» (p. 9).
L’Heidegger di Essere e Tempo costituisce per Chiodi un punto di apertura e, contemporaneamente, di differenziazione rispetto alla Lebensphilosophie, poiché restituisce al Dasein la centralità dell’esistenza, quindi, al suo carattere fondamentalmente ontologico. Tuttavia, rileva Chiodi, assolutizzando la struttura stessa del Dasein, Heidegger non può che fallire nel progetto iniziale di Essere Tempo, avvitandosi continuamente nel tentativo di esplicare le forme attraverso cui si rivela lo stesso Dasein. Per questo, nonostante l’attenzione a quella prima, fondamentale opera heideggeriana, Chiodi dedicherà negli anni ‘50 saggi penetranti sul pensiero del “secondo Heidegger”, in quel percorso che da Sentieri interrotti (Holzwege) , tradotto dallo stesso Chiodi, porta a definire la “Svolta” (Kehre) heideggeriana. Si tratta, tuttavia, effettivamente di una “svolta”? È il problema posto da Chiodi.
Lo studio di Heidegger è strettamente connesso all’emergere del confronto di Chiodi con l’esistenzialismo e, in particolare, con Sartre. A questa tematica, Pianciola dedica un saggio accurato e approfondito, che ripercorre la genesi dell’attenzione da parte di Chiodi al pensiero sartreano. Per Chiodi, scrive Pianciola, «Sartre ha avuto il merito di aver tentato un incontro tra esistezialismo e marxismo come critica della ragione dialettica, cioè come analisi delle condizioni di un uso valido e non mistificato dei concetti marxistici di prassi, dialettica, alienazione» (p. 72). In tal senso, come per Heidegger e per altri pensatori, Chiodi propone sempre una disamina attenta e critica dell’opera del filosofo francese, rilevando, nella scrittura filosofica sartreana, alcune cesure che contraddistinguono il passaggio da L’essere e il nulla alla Critica della ragione dialettica. Pianciola sottolinea come, da un lato, per Chiodi la categoria di “progetto” viene ripresa ne L’essere e il nulla da Heidegger in una prospettiva coscienzialista, mentre nella Critica della ragione dialettica, «il progetto è prassi in situazione» (p. 73); d’altro canto, la categoria stessa di relazione assume una duplice valenza nelle due opere: nella prima viene ripreso il Mit-Sein heideggeriano come costitutivo dell’essere, mentre nella Critica la reciprocità diviene la «struttura formale originaria dell’esistenza» (ivi). È evidente, in questo caso, la trasformazione del pensiero sartreano in direzione di una maggiore attenzione alle dinamiche dei gruppi (il “collettivo”), in quanto espressione delle modalità politiche del soggetto di agire nella società, per prendere consapevolezza della propria condizione di sfruttamento e alienazione.
Tra prassi, dunque, alienazione e permanenza del primato della coscienza nel pensiero sartreano, Chiodi, rifacendosi a Kierkegaard, fa emergere la categoria della «possibilità», proprio perché, secondo il filosofo, non è possibile scardinare completamente il negativo che rimane costantemente come un’ombra nella radicalità dei processi umani. Qui, per Chiodi, rileva ancora Pianciola, si chiarifica e puntualizza il ruolo della filosofia (e del filosofo): «La filosofia delinea campi di significati, di valori, di possibilità, deve indicare ciò che minaccia l’umanità dell’uomo, invitare all’azione per combattere le condizioni che lo degradano» (p. 78). Una direzione, questa, decisa e trasparente anche nei confronti dei limiti dello stesso ruolo euristico della filosofia, che fa emergere la radicalità etica e l’attualità della riflessione di Pietro Chiodi.

Gianluca Giachery

 


Testo già pubblicato su “Paideutika”. Quaderni di formazione e cultura, 27, Nuova serie, Anno XIV, 2018.


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Cosa vuol dire Paideutika?

Letteralmente essa è la menzione al plurale dell’aggettivo verbale derivato dal greco paideuo (istruisco, educo, formo), da cui anche paideia (educazione, cultura, istruzione, conoscenza). cui Paideutika nomina tutto ciò che ha a che fare con la formazione dell’uomo.
Così Paideutika intende sviluppare una critica serrata delle pratiche di assoggettamento formativo a partire esattamente dal nesso formazione/cultura. E di farlo nel segno di una tradizione fenomenologica che, con accentuata attenzione esistenziale, non potrà che immergersi nelle infinite forme della vita di cultura – dalla filosofia alle scienze umane, dall’arte alla letteratura, dalle scienze sociali e politiche a quelle dell’educazione – per rivendicare, oggi, l’urgenza di un pensiero radicale. Un pensiero capace di reagire, con metodo decostruttivo, alla confortevole e levigata illibertà che sempre si annida nelle formule retoriche ed edificanti del pedagogismo corrente.


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Maria Grazia Dalla Valle – Recensione al libro di G. Cambiano e C. Pianciola, a cura di, “Esistenza, ragione, storia. Pietro Chiodi (1915-1970)”

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Locandina del libro

G. Cambiano e C. Pianciola, a cura di, “Esistenza, ragione, storia. Pietro Chiodi (1915-1970)”

 

di Maria Grazia Dalla Valle

Questo è un libro per chi ha conosciuto Chiodi per le sue opere di filosofia e  le sue traduzioni di Kant e di Heidegger, ma pure un libro per chi non lo conosce. Definisce bene la complessità di un filosofo, mancato troppo presto al dibattito filosofico, di un insegnante che fu anche partigiano, come appare nel ricordo del suo allievo più famoso, Beppe Fenoglio.
Il partigiano Chiodi scriveva nel 1952:

“ L’orgoglio non è una virtù. Non si dovrebbe essere orgogliosi. Tanto meno di aver fatto qualcosa, come il partigiano, che mirava proprio a ricostruire l’uguaglianza morale tra gli uomini… Ma  sono soprattutto orgoglioso di aver fatto il partigiano quando qualcuno mi dice che non dovrei esserne orgoglioso, perché penso che sono io che, combattendo per la libertà, gli ho conferito il dritto di dirmelo.”

Alcuni capitoli del volume – affidati a Giuseppe Cambiano, Cesare Pianciola  e Gianluca Garelli – delineano l’attività di Chiodi come filosofo e traduttore, la scelta per un esistenzialismo positivo, il dibattito con Abbagnano e Paci, il  rapporto con Sarte e il marxismo, la fondamentale traduzione di “Essere e tempo”  di Heidegger del 1953 e  il costante confronto con Kant  sia con lo scritto del 1961 “ La deduzione nell’opera di Kant” sia con la traduzione della “Critica della ragione pura”.
Per un insegnante di filosofia la lettura è un ottimo esercizio critico perché le posizioni di Chiodi non sono mai datate o scontate, aiutano a ricostruire alcune tappe importanti del dibattito filosofico  tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni ‘70. Ma non si limitano a questo, per esempio la traduzione di opere come “Holzwege-Sentieri interrotti”, appartenenti alla seconda fase del pensiero di Heidegger,  e gli scritti dedicati da Chiodi al filosofo tedesco, “L’esistenzialismo di Heidegger” e “L’ultimo Heidegger”, sono ancora utili  oggi nel dibattito su questo controverso filosofo, la validità del suo pensiero, il rapporto tra l’evoluzione del suo pensiero e l’adesione al nazismo.
Ma  il volume presenta due capitoli – “Pietro e Beppe” di Gabriele Pedullà e “ “Accendere dei fuochi. Rileggendo Banditi di Pietro Chiodi”, di Andrea Mecacci – che da soli ne consiglierebbero la lettura, e possono catturare l’attenzione anche di chi non vuole farsi coinvolgere in controversie filosofiche.
“Pietro e Beppe” delinea il sodalizio tra Chiodi e Fenoglio durato un quarto di secolo e lo affronta in quattro prospettive diverse. L’uomo Chiodi ricostruisce l’amicizia tra un insegnante e il suo allievo separati da soli sette anni di età, la comune partecipazione alla Resistenza anche se in bande partigiane diverse, la comune passione politica, che li vede schierati in una sinistra non comunista.
Il filosofo Chiodi sottolinea come il rapporto di Fenoglio con l’esistenzialismo attraverso Chiodi sia fondamentale per la scrittura dei suoi testi. Chiodi il personaggio analizza la presenza di Chiodi nei romanzi di Fenoglio, con lo pseudonimo Monti o con il proprio nome, e soprattutto mette in risalto come la scelta di Johnny di partire partigiano avvenga dopo un colloquio con il personaggio Chiodi.
Il lettore Chiodi, infine, mostra la capacità del Chiodi lettore di Fenoglio di cogliere per esempio il rapporto tra la estrema stilizzazione della pagina e la stilizzazione dei propri comportamenti, in modo tale che “non è possibile parlare dei suoi libri senza giudicarli anche a paragone della sua biografia”.
“Accendere dei fuochi” è un invito a rileggere Banditi, il diario partigiano di Pietro Chiodi, perché si tratta del libro o meglio dell’esperienza  senza la quale non ci sarebbe stato tutto il resto del suo magistero umano.
Banditi colpisce per l’assoluta assenza di retorica  e proprio per questo riesce a trasmettere l’essenziale della scelta e della lotta partigiana. Andrea Mecacci  riporta alcun passaggi chiave del testo e mostra come questo diario si possa considerare anche la testimonianza di chi è sopravvissuto ed è ritornato per ricordare  quelli che sono morti.

“No, quei mesi non erano riempiti dalla mia salvezza, dalle mie lacrime, dalla vittoria, dalla libertà, erano riempiti dalla loro morte. La differenza fra allora e adesso era questa che allora Noi c’eravamo ed ora Noi non c’eravamo più.”

Si può ancora ricordare per invitare alla lettura del saggio in ricordo di Chiodi e, per chi non lo conosca, anche del suo diario partigiano Banditi, un passo del necrologio di Nicola Abbagnano:

“… fu filosofo per la stessa ragione per cui fu partigiano. Si trattava di realizzare con mezzi diversi uno stesso scopo quello di contribuire ad emancipare l’individuo  e ad affermarne in modo completo l’umanità”.

Maria Grazia Dalla Valle

 

Recensione pubblicata già il 21-04-2017 sulla Rivista Telematica Insegnare, Rivista del centro di iniziativa democratica degli insegnanti.

 



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Giuseppe Cambiano, Cesare Pianciola – Esistenza, ragione, storia. Pietro Chiodi (1915-1970)

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Coperta 269

Giuseppe CambianoCesare Pianciola (a cura di), Esistenza, ragione, storia. Pietro Chiodi (1915-1970). Hanno inoltre collaborato a questo volume: Gianluca Garelli, Pino Marchetti, Andrea Mecacci, Gabriele Pedullà, Cesare Pianciola, Aida Ribero, Francesco Remotti.

ISBN 978-88-7588-195-5, 2017, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [73]. In copertina: foto di Pietro Chiodi, di Aldo Agnelli, Alba (Archivio Aida Ribero).

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Banditi

Sartre and Marxism

L'esistenzialismo

L'esistenzialismo di Heidegger

Il pensiero di Immanuel Kant

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Hanno collaborato a questo volume

Giuseppe Cambiano (Torino, 1941)

dopo la laurea in Filosofia, sotto la guida di Nicola Abbagnano, nel 1965 presso l’Università di Torino, ha lavorato con Chiodi come assistente presso la cattedra di Filosofia della Storia. Ha insegnato Storia della filosofia e poi Storia della filosofia antica, all’Università di Torino dal 1975 al 2002 e dal 2003 al 2011 presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, di cui è ora professore emerito. È socio nazionale dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Tra le sue pubblicazioni: Platone e le tecniche, Laterza, 1991; Storia della filosofia antica, Laterza, 2009; Perché leggere i classici. Interpretazione e scrittura, il Mulino, 2010, Come nave in tempesta. Il governo della città in Platone e Aristotele, Laterza, 2016.

Gianluca Garelli (Torino, 1969)

ha studiato a Torino, Bologna, Heidelberg e Berlino; è professore associato presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze. Si è occupato principalmente di filosofia classica tedesca e sua ricezione nel pensiero contem­poraneo; storia dell’estetica; ermeneutica filosofica; teoria del tragico. È autore fra l’altro di traduzioni italiane di scritti di Peter Szondi (Saggio sul tragico, 1996), Hegel (La fenomenologia dello spirito, 2008) e Kant (Lezioni di enciclopedia filosofica, 2002; Antropologia dal punto di vista pragmatico, 2010). L’ultimo libro che ha pubblicato è La questione della bellezza. Dialettica e storia di un’idea filosofica (Einaudi, 2016).

Pino Marchetti (Pontoglio, 1955) insegna filosofia e storia al Liceo “Veronica Gambara” di Brescia. Ha curato Pietro Chiodi. Bibliografia per la mostra documentaria presso la Biblioteca Queriniana di Brescia (2015) e P. Chiodi, Lettere (1955-1970), Corteno Golgi 2015.

Andrea Mecacci (Roma, 1972) è professore associato di Estetica presso l’Università degli Studi di Firenze. L’estetizzazione della contemporaneità, le sue declinazioni teoriche e operative e l’analisi di alcune categorie (il pop, il kitsch) compongono l’orizzonte delle sue ricerche attuali. Tra le sue pubblicazioni: Introduzione a Andy Warhol (Laterza, 2008); L’estetica del pop (Donzelli, 2011); Estetica e design (il Mulino, 2012); Il kitsch (il Mulino, 2014).

Gabriele Pedullà (Roma, 1972) insegna Letteratura italiana presso l’università di Roma 3 ed è stato visiting professor a Stanford e UCLA. Ha pubblicato monografie su Beppe Fenoglio (La strada più lunga, Donzelli, 2001), sul cinema e le altre arti (In piena luce, Bompiani, 2008) e su Machiavelli (Machiavelli in tumulto, Bulzoni, 2011). Ha curato: Aa. Vv., Racconti della Resistenza (Einaudi, 2005); Aa. Vv., Parole al potere. Discorsi politici italiani (Bur. 2011); Niccolò Machiavelli, Il principe (Donzelli. 2011); Beppe Fenoglio, Il libro di Johnny (Einaudi. 2015) e, assieme a Sergio Luzzatto, l’Atlante della letteratura italiana (Einaudi. 2010-12). Presso Einaudi ha pubblicato anche i racconti Lo spagnolo senza sforzo (2009) e il romanzo Lame (2017). Collabora con il supplemento culturale della domenica del «Sole 24 Ore».

Cesare Pianciola (Torino, 1939) è stato assistente presso la cattedra di Filosofia della storia dell’Università di Torino, docente di storia e filosofia nella Secondaria superiore fino al 1994 e di Analisi di testi filosofici dal 2001 al 2008 presso la S.I.S. di Torino. Fa parte del comitato editoriale de «L’Indice dei libri del mese» e del consiglio direttivo del Centro studi Piero Gobetti (al quale ha dedicato vari saggi, tra cui Piero Gobetti. Biografia per immagini, Gribaudo, 2001). Ha pubblicato lavori su Hannah Arendt, sulla filosofia contemporanea italiana e francese, su Marx e il marxismo. Con Franco Sbarberi ha curato e introdotto la raccolta di inediti di N. Bobbio, Scritti su Marx. Dialettica, stato, società civile, Donzelli, 2014.

Aida Ribero (Buenos Aires, 1935) è stata insegnante; ha fondato il Telefono Rosa e il Centro Studi e Documentazione Pensiero Femminile di Torino. Ha organizzato mostre sulla storia del percorso di libertà delle donne del secolo scorso e scritto saggi sul femminismo (tra cui Una questione di libertà. Il femminismo degli anni settanta, Rosenberg & Sellier, 1999). Ha curato Glossario-Lessico della differenza, Regione Piemonte, Torino, 2007, e Procreare la vita filosofare la morte. Maternità e femminismo, Il Poligrafo, 2011.

Francesco Remotti (Pozzolo Formigaro, 1943) si è laureato con Chiodi con una tesi su Lévi-Strauss (su cui ha pubblicato Lévi-Strauss. Struttura e storia, Einaudi, 1972). È stato professore ordinario di Antropo­logia culturale, insegnando anche Etnologia dell’Africa, ed è professore emerito dell’Università di Torino. Dal 2002 è socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino. Tra i suoi ultimi libri: Fare umanità. I drammi dell’antropo-poiesi, Laterza, 2013; Per un’antropologia inattuale, Elèuthera, 2014.


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