Antonio De Curtis – Totò (1898-1967) – I caporali sono coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla sempre al posto di comando.
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«L’umanità io l’ho divisa in due categorie di persone: uomini e caporali. La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali per fortuna è la minoranza.
Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare tutta la vita come bestie senza vedere mai un raggio di sole, senza mai la minima soddisfazione, sempre nell’ombra grigia di un’esistenza grama.
I caporali sono coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla sempre al posto di comando spesso senza averne l’abilità o l’intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque».
Antonio De Curtis, Uomini o caporali (1955), regia di Camillo Mastrocinque, soggetto di Antonio de Curtis, sceneggiatura di Vittorio Metz, Mario Mangini, Nelli, Camillo Mastrocinque, Antonio de Curtis.
Così nel 1955.
Nel 1963 Totò precisa:
«Quella mia battuta “siamo uomini o caporali” non è affatto un gioco. Il mondo io lo divido così, in uomini e caporali. E più vado avanti, più scopro che di caporali ce ne son tanti, di uomini ce ne sono pochissimi; i caporali sono quelli che vogliono essere capi. C’è un partito e sono capi. Cambia il partito e sono capi. C’è la guerra e sono capi. C’è la pace e sono capi. Sempre gli stessi. Io odio i capi come le dittature».
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Totò spiega la differenza tra uomini e caporali
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
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