Mario Brunello
«Silenzio, parola controtempo: il silenzio sta fuori del tempo, fuori dal suo gioco, fuori dal sopravvenire del tempo. Il controtempo viene a sorprendere il tempo nella sua inerzia, che lo spinge verso un’unica direzione. Il silenzio prende controtempo il tempo. In musica il controtempo si prende lo spazio cosiddetto “debole” della battuta, ma è lo spazio che dà la libertà all’esecuzione, che dà la libertà di un “rubato”, sia con il suono sia con il silenzio.
Anche nella scansione del tempo data dal ticchettio dell’orologio, il silenzio è in controtempo, e se la scansione è lenta il silenzio che intercorre può essere infinito. Il battere del tempo riporta alla realtà, il silenzio controtempo lascia spazio al sogno.
Il silenzio, per prendere in controtempo il tempo, si presenta in ogni momento del giorno, ma il succedersi frettoloso degli eventi lo pone in ombra.
Scrivo la parola “silenzio” per metterlo in controtempo, per ascoltarlo, come questo libro che è più da ascoltare che da leggere. Nel silenzio.
Lo stesso silenzio, che assomiglia di più alla “cura” con cui si preparava l’ascolto di un trentatré giri, un LP, su un giradischi. Non so quanti lo ricordano. Provo a ripassare mentalmente i passaggi e i gesti di quell’ascoltare privilegiato, la possibilità di ascoltare la musica in casa, preceduta da un rituale in un certo senso silenzioso. Dedicarsi a una sola cosa, senza preoccuparsi del tempo richiesto.
Senza pretendere che quell’atto abbia più di un risultato, nessun collegamento a link, playlist, siti senza luogo nel mondo o condivisioni di “mi piace” con sconosciuti.
L’ascoltare è da molto tempo ormai collegato al vedere o, peggio, al fare; l’ascoltare è strettamente collegato a un’altra azione.
Il vinile prevedeva prima di tutto un tempo per una scelta, ponderata, molto spesso premeditata e pregustata, in quanto si era consapevoli del tempo e della quantità di azioni che l’ascolto del disco metteva in moto. Era previsto anche uno spazio fisico ben preciso in casa, una specie di rifugio musicale dove, oltre alla postazione di ascolto, c’era anche il posto fisso per il giradischi e per stivare i dischi. Ora lo spazio musicale è trasportabile facilmente, ricreabile direttamente intorno o dentro le nostre orecchie, e la scelta passa attraverso un touch screen dalle infinite possibilità di collegamenti. Era prevista anche la cura dell’oggetto, la pulizia dei solchi entro i quali magicamente la musica veniva scritta e letta poi dalla puntina, delicatissima estremità di un ancora più delicato braccio. Con gesto lento e calibrato bisognava accompagnare il braccio del giradischi a posarsi sul vinile in movimento e soprattutto c’era, una volta messo in pista, l’invito implicito a non assentarsi ma ad aspettare la fine del disco e perciò stare ad ascoltare. Prendersi volutamente uno spazio e un tempo per ascoltare.
Tra ciò che mi ha spinto a scrivere sul silenzio vi è proprio il ricordo di questi gesti. Il silenzio è un tema talmente sconfinato e profondo: il mio sguardo è certo parziale, ma privilegiato. È quello di chi il silenzio lo usa e vive quotidianamente come materia prima. Circoscritto nell’ambito musicale, mi è sembrato un tema di grande stimolo.
Prendermi cura del silenzio che incontro ogni giorno nella musica che faccio, cercare di descriverlo e comprenderlo, mi ha riportato ai gesti e alla considerazione necessari all’ ascolto di un vinile, come ricordato sopra. Ho immaginato di offrire un momento di “ascolto” più che una lettura. Una serie di riflessioni “lente” che, come la musica, hanno bisogno di tempo.
Il libro è suddiviso in quattro movimenti, da “ascoltare” come una Sonata: il primo movimento in forma sonata nella sua tipica struttura di esposizione, sviluppo, ripresa e coda, il secondo in forma di Lied, il terzo uno Scherzo, e un Finale con Tema e Variazioni.
Come dire “il silenzio non si legge, si ascolta”».
Mario Brunello, Silenzio, Il Mulino, 2014: Premessa, pp. 7-11.
Recensioni:
Oliviero La Stella, Il suono del silenzio