Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) – Le relazioni con gli stranieri sono atti di particolare sacralità. Lo straniero si trova ad essere privo di amici e parenti, e quindi è affidato in modo particolare alla solidarietà degli dei e degli uomini. Non c’è colpa peggiore per un uomo che un torto fatto ai supplici
«Le relazioni con gli stranieri sono atti di particolare sacralità […] non c’è colpa peggiore per un uomo che un torto fatto ai supplici». Platone, V, 729 e -730 b
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La principale condizione di prosperità, per una città, è che una rigorosa giustizia regni «per gli stranieri e per i membri della comunità», in quanto «il delitto di chi maltratta un mendico (iketen), un ospite […], è colpa ripugnante», paragonabile a quella di chi fa torto ad un orfano, o di chi offende il proprio padre anziano. Esiodo, Opere e giorni, (225-227, 327 ss.).
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Con riferimento alla Grecia Pindaro afferma che «un decreto degli immortali ha eretto, come una tenda divina, per gli stranieri di qualsiasi stirpe questa terra, in cui vengono ad infrangersi i flutti». Pindaro, Olimpiche (VIII, 28)
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«È una legge per i mortali […] accogliere i mendicanti che il mare ha danneggiato, far loro il dono dell’ospitalità, soccorrerli e vestirli». Euripide, Ciclope, (vv. 299-303).
«Le relazioni con gli stranieri sono atti di particolare sacralità, perché si può dire che non ci siano colpe […] di nostri concittadini a danno di stranieri, che non comportino la riprovazione di un dio, molto più che le ingiustizie nei confronti dei concittadini. E questo è ovvio, perché lo straniero si trova ad essere privo di amici e parenti, e quindi è affidato in modo particolare alla solidarietà degli dei e degli uomini […]. Un uomo che sia almeno un po’ assennato dovrà mettere ogni cura per giungere alla fine dei suoi giorni, senza avere commesso errori nei rapporti con gli stranieri. Inoltre […] non c’è colpa peggiore per un uomo che un torto fatto ai supplici, giacché il supplice, nel momento in cui invoca aiuto, ha un dio come garante delle sue richieste, e questo dio diventa un invincibile protettore».
Platone, Leggi, V, 729 e -730 b.
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