Wim Wenders – Il senso della vista è cambiato con il passaggio al digitale, che ha reso l’atto stesso del vedere meno prezioso, e non un atto misterioso, sacro.

Wim Wenders 01

«Il senso della vista è cambiato con il passaggio al digitale. Prendiamo la storia della fotografia: è finita con la scomparsa dei negativi. Poi è cominciato qualcos’altro: quella rivoluzione digitale che è tutt’ora in atto. Ci siamo ancora troppo dentro per comprenderne realmente la portata. La disponibilità del mezzo fotografico sempre e in ogni luogo ha reso l’atto stesso del vedere meno prezioso. La fotografia è diventata un’attività casuale. Non importa più l’azione del vedere, ma il suo risultato digitale. E il risultato non è mai stato interessante per uno che di immagini se ne intendeva come Cartier-Bresson. Per lui guardare era un atto misterioso, sacro. Lo sviluppo di una fotografia arrivava molto tempo dopo».

Wim Wenders, I pixel di Cézanne e altri sguardi su artisti, Contrasto, 2017.


Quarta di copertina

Alcuni incontri sono stati fatali per Wim Wenders. Affinità artistiche, rapporti personali o professionali lo hanno legato a grandi pittori come Edward Hopper, Andrew Wyeth e, naturalmente, Cézanne; fotografi come Peter Lindbergh, James Nachtwey e Barbara Klemm e registi come Ingmar Bergman, Michelangelo Antonioni, Anthony Mann, Douglas Sirk, Samuel Fuller, Manoel de Oliveira e Yasujiro Ozu, o personalità come Pina Bausch e lo stilista giapponese Yohij Yamamoto. “I pixel di Cézanne” raccoglie i testi, in parte ancora inediti, scritti da Wenders negli ultimi 25 anni su questi personaggi. Ma il filo rosso che unisce le riflessioni del regista tedesco è il suo sguardo e l’inesauribile interesse per “l’atto del vedere”, in un rapporto indissolubile fra pensiero, scrittura, arte visiva e cinema.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Bruno Ganz (1941-2019) – Per ricordare Bruno Ganz. Sì, è magnifico vivere di solo spirito, ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa. Vorrei sentire un peso dentro di me, che mi levi questa infinitezza legandomi in qualche modo alla terra. Vorrei poter dire: “ora”, “ora”, e “ora”. E non più “da sempre”, “in eterno”… Io ora so ciò che nessun angelo sa.

Bruno Ganz

Per ricordare Bruno Ganz

cielosopraberlino

Damiel (Bruno Ganz)

 

Damiel (Bruno Ganz) e Cassiel (Otto Sander)

Sì è magnifico vivere di solo spirito, e giorno dopo giorno testimoniare alla gente, per l’eternità, soltanto ciò che è spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa. E allora non vorrei più fluttuare così, in eterno: vorrei sentire un peso dentro di me, che mi levi questa infinitezza legandomi in qualche modo alla terra, a ogni passo, a ogni colpo di vento. Vorrei poter dire: “ora”, “ora”, e “ora”. E non più “da sempre”, “in eterno”.

Il cielo sopra Berlino-1

Il cielo sopra Berlino

Damiel (Bruno Ganz)

… io ora so ciò che nessun angelo sa …

 

Il cielo sopra Berlino-1

Il cielo sopra Berlino

 

 

Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin) è un film del 1987 diretto da Wim Wenders. Le poesie di Rainer Maria Rilke hanno parzialmente ispirato il film: Wenders ha dichiarato che gli angeli vivono nelle poesie di Rilke. Il regista ha chiesto la collaborazione di Peter Handke per scrivere molti dei dialoghi, e nel film ricorre spesso la sua poesia Lied vom Kindsein.

 

La poesia è uno sguardo indietro verso gli anni in cui la purezza dello sguardo, la semplicità delle ambizioni e la voglia di vivere non conoscevano limiti e condizionamenti. Purtroppo non siamo riusciti a risalire al nome di chi ha firmato la traduzione italiana che trascriviamo qui sotto.

 

 

Peter Handke, Lied Vom Kindsein, Elogio dell’infanzia

Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.

Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.

Quando il bambino era bambino
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.

Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?

Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.

Quando il bambino era bambino,
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.

Si immaginava chiaramente il Paradiso,
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.

Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.

Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.

Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.

Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare.

 


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