Ugo Mattei – La moneta, la proprietà privata sulla terra e il lavoro salariato, sono invenzioni umane che hanno il fine di astrarre a scopo di commercio valori qualitativi di per sé unici e non riproducibili.
«[…] il processo di accumulazione necessita della mercificazione, i cui presupposti sono la moneta, la proprietà privata sulla terra e il lavoro salariato, invenzioni umane che hanno il fine di astrarre a scopo di commercio valori qualitativi di per sé unici e non riproducibili (terra, tempo della vita e scambio qualitativo sono in natura unici e irriproducibili. In questo quadro teorico, che risulta assai nitido se si pone al centro la prospettiva del comune e non quella dell’individuo, l’accumulazione originaria su cui si fonda il capitalismo non può ridursi alla recinzione dei beni comuni in Inghilterra, contro cui già si scagliava Tommaso Moro scrivendo la sua Utopia all’inizio del XVI secolo. Né essa è soltanto l’assoggettamento violento di luoghi e persone (il saccheggio) nel corso della conquista dell’Africa o delle Americhe, cui l’Occidente deve la sua primazia (oggi messa in discussione per la prima volta nella modernità). L’accumulazione individualizzata dei beni comuni è prima di tutto un processo ideologico di costruzione, naturalizzazione, conservazione e allargamento di un immaginario individualizzato capace di conquistare sempre nuovi spazi, “luoghi comuni” di cui si è progressivamente cancellata la coscienza. La stessa locuzione “luogo comune” lo fa coincidere con una banalità, così denigrandolo e rendendolo ideologicamente debole di fronte all’”idea originale” che può essere soltanto individuale e privata secondo i dettami (che non a caso conquistano sempre nuovi luoghi comuni) del diritto della proprietà intellettuale. In questo quadro, accumulazione originaria attraverso la conquista di beni – o se si preferisce luoghi – comuni è oggi anche la privatizzazione di quanto realizzato in comune con la fiscalità generale (frutto del lavoro di tutti), come i sistemi di trasporto pubblico, le reti delle utilities e delle telecomunicazioni, lo sviluppo urbanistico, i beni culturali e paesaggistici, le scuole (intese in senso ampio come cultura e conoscenza), gli ospedali e in generale le strutture che fondano la convivenza civile (compresi la difesa, le carceri, i sistemi di disposizione dei rifiuti e molti altri). Il processo di sviluppo contemporaneo dunque, al centro come in periferia, è ancor oggi – e non certo solo all’ origine – il frutto di un processo di accumulazione sotto forma di trasferimento ad interessi privati, sempre più spesso sotto forma di grandi corporations, di beni comuni. È compito della cultura critica svelare, storicizzandolo, questo immaginario colonizzato dalla “scienza economica” che inconsapevolmente ci consegna immagini rovesciate della realtà, facendo compiere all’umanità passi forse irreversibili verso il baratro».
Ugo Mattei, Beni comuni. Un manifesto, Laterza, 2011, pp. XVI-XVII.
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