«Prenderemo le mosse dal problema della misura in cui l’uomo greco, a prescindere da ogni altra considerazione, ha sicura coscienza della propria personalità e un chiaro sentimento dell’Io. Indagheremo quindi come questo Io impara a muoversi di fronte al Tu, in che rapporti si pone con le potenze soprasensibili, col destino e con la divinità, e poi con la comunità umana, nella quale soltanto l’individuo può esistere e svilupparsi compiutamente sia in senso fisico che spirituale. Vedremo allora come il cammino del Greco è illuminato da tre guide ideali: il vero, il bello, il bene; come egli, fondando la scienza e la filosofia, sottomette a sé teoreticamente il mondo che lo circonda; come, con la sua sensibilità estetica, organizza artisticamente quel mondo; come infine, sul piano pratico, cerca di realizzare in esso il destino che gli è additato dalla propria natura. La nostra indagine potrà concludersi ponendo questa domanda: che cosa significa per gli uomini questa civiltà greca, che cosa ha da dirci ancora oggi?
Il sentimento dell’incondizionata sudditanza gli è affatto sconosciuto.
L’uomo greco giunge alla dolorosa certezza che nessuno può sfuggire al fato specialmente in faccia alla morte. Tuttavia la morte non paralizza in lui la volontà e la forza di vivere. Fino all’ultimo respiro egli combatte per la sua vita, non c’è momento in cui smarrisca la consapevolezza di possedere nel suo intimo la forza di resistere a tutti i rovesci del destino e di avere il dovere di plasmare la sua vita a proprio modo, anche se il successo dei suoi sforzi potrà essere frustrato dall’esterno.
Rivolge preghiere agli dèi affinché lo assistano; ma nel caso che lo abbandonino, proprio ciò lo sprona a tendere al massimo le sue energie, mentre d’altro lato la persuasione di subire l’influenza degli dèi, un’influenza che arriva fin dentro la sua anima, non gli toglie la consapevolezza di essere personalmente responsabile delle proprie azioni. Per questo non si dà per lui un problema della libertà del volere, e quando i fondatori della Stoa, che erano di stirpe non greca, individuarono tale problema, erano già tanto profondamente compenetrati dallo spirito ellenico che cercarono di salvare ad ogni costo, nell’uomo, la libera decisione, la quale costituisce la sua specifica prerogativa e il presupposto per ogni azione e per ogni giudizio morale […]». [Continua a leggere]
Max Pohlenz, L’uomo greco, Saggio introduttivo di Giovanni reale, Bompiani, 2006, pp. 9, 831-833, 868-869.
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