Antica esortazione irlandese – Trova il tempo per leggere, per giocare, per l’amicizia, per sognare, per amare ed essere amato, per aiutare gli altri, per ridere.

trifoglo irlandese

Trova tempo per leggere: è il fondamento della saggezza.
Trova tempo per giocare: è il segreto dell’eterna giovinezza.
Trova tempo per l’amicizia: è la strada della felicità.
Trova tempo per sognare: è attaccare il tuo carro ad una stella.
Trova tempo per amare ed essere amato: è il privilegio degli dèi.
Trova tempo per aiutare gli altri: la giornata è troppo breve per essere avari.
Trova tempo per ridere: è musica per l’anima.

stranezza_in_irlanda


Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Pablo Ruiz y Picasso (1881-1973) – Il senso della vita è quello di trovare il vosto dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo.

Scritti

P. Picasso, Scritti

 

 «Il senso della vita è quello di trovare il vosto dono.

Lo scopo della vita è quello di regalarlo».

Pablo Ruiz y Picasso
 


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cicogna petite

William Howitt (1792-1879) – Gli atti di barbarie e le infami atrocità delle razze cosiddette cristiane in ogni regione del mondo e contro ogni popolo non trovano parallelo in nessun’altra epoca della storia della terra.

William Howitt

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Colonization and christianity

«Gli atti di barbarie e le infami atrocità delle razze cosiddette cristiane in ogni regione del mondo e contro ogni popolo che sono riuscite a soggiogare, non trovano parallelo in nessun’altra epoca della storia della terra, in nessun’altra razza, per quanto selvaggia e incolta, spietata e spudorata».

William Howitt, Colonization and christianity. A popular history of the treatment of the natives by the europeans in all their colonies [Colonizzazione e cristianesimo. Storia popolare del trattamento riservato agli indigeni dagli europei in tutte le loro colonie], Londra, 1838, p. 9. Citato da Karl Marx in Il Capitale, Libro I, Tomo secondo, Newton Compton, 1974, p. 1000.

 


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Bertolt Brecht (1898-1956) – Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli indispensabili.

Bertolt Brecht 05

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bertolt-brecht76766   «Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli indispensabili».

Bertolt Brecht, In morte di Lenin,

in Poesie e Canzoni, Antologia dell’opera poetica di Bertolt Brecht, con una scelta di poesie postume. Versioni di Ruth Leiser e Franco Fortini. Prefazione di Franco Fortini, Einaudi, 1967.


Bertolt Brecht (1898-1956) – Gli amanti costruiscano il loro amore conferendogli alcunché di storico, come se contassero su una storiografia. L’attimo non vada perduto
Bertolt Brecht (1898-1956) – Il commercio non è mai pacifico. Parole come «commercio pacifico» nella storia non hanno un posto. I confini che le merci non possono superare, vengono superati dagli eserciti.

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Brian Selznick – Le bugie sono un abuso del linguaggio. Le bugie uccidono la bellezza. Le bugie uccidono il significato.

Brian Selznick
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Le bugie sono un abuso del linguaggio.

Le bugie uccidono la bellezza.

Le bugie uccidono il significato.

Brian Selznick

Traduzione di Martina Testa.

 

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Alceo (630 a.C.– 560 a.C.) – Da terra conviene progettare la rotta, se si riesce a farlo in modo corretto. Ma quando si è per mare, si deve andare con il vento che c’è.

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Lirici greci

«Da terra conviene progettare la rotta

se si riesce a farlo in modo corretto.

Ma quando si è per mare,

si deve andare con il vento che c’è».

 

 

Alceo, Canti conviviali [Συμποσιακά μέλη, symposiakà mèle], fr. 249, ed. Voigt.

 

Saffo e Alceo a Mitilene, Lawrence Alma-Tadema (1881).

Saffo e Alceo a Mitilene, Lawrence Alma-Tadema (1881).

 

Alceo

Alceo


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Salvatore Bravo – Aldo Capitini e la omnicrazia. L’apertura è sentire la compresenza dell’altro, sentire la propria vita fluire nell’altro, lasciarlo essere, amarlo per quello che è, liberarlo dalla paura del potere, della mercificazione.

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Il potere di tutti

La censura agisce con l’espulsione dall’orizzonte dialogico di autori disfunzionali rispetto alle logiche di potere sempre più escludenti. Non sono solo le persone ad essere espulse, rese invisibili, ridotte a merce e come tali vendute in quanto forza lavoro a basso prezzo nell’occidente, ma anche gli autori che fungono da rottura critica per il sistema vigente.
Aldo Capitini è tra gli autori scomparsi, resi invisibili dal ‘panorama culturale’ mediatico e chiassoso. L’occidente dei leaders, del potere consegnato agli uomini ed alle donne forti al comando, che chiamano con la solita fascinazione delle parole, responsabilità politica, trasparenza, efficienza della decisione. La realtà immanente ci parla invece di infeudamento del potere: leaders, longa manus dei poteri finanziari e il popolo divenuto materiale inerte nelle mani di improbabili demiurghi che in nome di interessi lobbistici sono divenuti gli esattori dei diritti sociali. Il decremento dei diritti sociali obnubilato dalla concessione dei diritti individuali. Questi ultimi divengono operativi per coloro che ne possono usufruire materialmente, per i restanti il diritto individuale è solo potenziale senza atto.
Aldo Capitini, scomparso nel 1968, contrapponeva al sistema del potere di pochi, del partito, dei molti contro le minoranze un’altra visione, un’altra prospettiva del potere. Per Capitini il potere che si struttura secondo forme escludenti, o che si autolegittima mediante l’uso della forza è ancora natura nella natura, ‘il pesce grande mangia il pesce piccolo’; affinché l’essere umano possa divenire umano deve spezzare tale meccanicismo per sostituire ad esso l’apertura. Essa è umanizzazione dei rapporti, infinita inclusione nell’amore. L’apertura è sentire la compresenza dell’altro, sentire la propria vita fluire nell’altro, lasciarlo essere, amarlo per quello che è, liberarlo dalla paura del potere, della mercificazione perché possa fiorire nelle sue potenzialità. Aristotele affermava che l’uomo dev’essere come un albero, deve fiorire, vi dev’essere il passaggio dalla potenza all’atto. Per Capitini solo l’apertura riporta gli uomini all’incontro con il ‘tu’, nell’empatia, nello scambio, la meraviglia che stimola la crescita nell’incontro. La compresenza dell’altro, è uno dei capisaldi del pensiero di Capitini: compresenza significa sguardo che incontra l’alterità e non lo distoglie, significa parola che si fa dialogo e non termina, perché l’apertura è infinita e sospende ogni forma di naturalizzazione del sistema. Il potere si naturalizza non solo nella sua intrasformabilità ideologica, ma specialmente – fa notare Capitini – nella sua pratica violenta ed escludente, nel suo omologarsi alle forze della natura. Bisogna rompere il meccanicismo dell’azione con l’apertura e la compresenza dell’altro perché la vita diventi il centro del fare politica. La Resurrezione, secondo Capitini, era il simbolo della vittoria sulla morte ovvero la chiusura della natura quale modello di adesione acritico del potere. Oggi nel sistema del selfie e delle mercificazioni, assistiamo all’operazione di trasformare l’apertura mediatica, tutto è fluido e pubblico per essere fonte di guadagno, l’altro è sempre un mezzo, ci si intristisce in una chiusura senza feritoie, se tutto passa e pare permesso, resta celata la persona, che è invisibile mentre tutto sembra controllato dallo sguardo del nuovo potere disciplinare, del nuovo Panopticon. La persona non dev’esserci, perché dove c’è l’umano c’è il tu che nel logos dell’incontro è una variabile che può scomporre i poteri. Il tu è censurato, alienato dalle logiche permissiviste che, in cambio del tutto lecito, vogliono l’abbandono della speranza, dell’uscire fuori da sé per entrare in una nuova vita. Alla chiusura attuale, di questi anni, una cortina di cemento sembra il nostro futuro, si contrappone l’apertura, la compresenza che divengono omnicrazia .. [Leggi tutto nel PDF]

Salvatore Bravo


Aldo Capitini e la omnicrazia

 


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Nell’agosto 1968, due mesi prima dell’operazione chirurgica che ne provocherà la morte il 19 ottobre, Capitini affida allo scritto autobiografico Attraverso due terzi del secolo la sintetica ricostruzione del suo percorso esistenziale, intellettuale e politico. Tra la primavera e l’estate dello stesso anno ha tentato una sintesi del suo pensiero politico nello scritto Omnicrazia: il potere di tutti, riproponendosi di lavorarci ulteriormente dopo l’operazione; non potrà farlo, ma lascerà un testo tutt’altro che incompiuto che è il risultato di un’esperienza quasi quarantennale di elaborazione teorica e di organizzazione politica, dall’antifascismo «liberalsocialista» degli anni trenta agli esperimenti di democrazia dal basso nell’immediato dopoguerra, alla decostruzione dell’ideologia cattolica, alla «rivoluzione nonviolenta» negli anni cinquanta, alla teorizzazione della «compresenza», della democrazia diretta e dell’«omnicrazia» negli anni sessanta.

I temi di Capitini, rimossi e deformati già nell’immediato dopoguerra, sono oggi attuali, da conoscere, da studiare e da sviluppare. Sono da riprendere le sue ricerche sulla «complessità» della realtà, sulla «compresenza» delle molte dimensioni del reale (il presente e il passato, la vita e la morte) in ogni singola esistenza; i suoi esperimenti di «nuova socialità» per una società di massimo socialismo e massima libertà, oltre le derive stataliste-staliniste e le imposture liberal-proprietarie; la sua puntuale polemica anticattolica per liberare la dimensione spirituale-mentale dai poteri confessionali; la sua prospettiva del «potere di tutti» come orientamento politico per il presente, contro i poteri oligarchici, politici, economici e culturali.


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Pubblicati nel 1937 presso l’editore Laterza per interessamento di Benedetto Croce, gli Elementi di un’esperienza religiosa di Capitini sfuggirono alla censura fascista per un fatto assai significativo: essendo per il regime la religione naturalmente conservatrice – e certo tale era la religione cattolica -, nulla v’era da temere da un libro che parlasse di religione. Il libro di Capitini esprimeva, invece, una visione del mondo radicalmente antifascista. Partendo da una persuasione liberamente religiosa, né cattolica né cristiana, Capitini affermava i valori della nonviolenza, della nonmenzogna, della responsabilità, del “farsi centro” in un momento storico che vedeva il trionfo della violenza e dell’assenza di scrupoli.

Gli Elementi, prima opera filosofica di Capitini, sono il punto di partenza ideale per studiare la complessa filosofia di uno dei teorici più rigorosi e profondi della nonviolenza.

 

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Giorgio Morandi (1890-1964) – Ritrovare il significato delle cose per ricominciare a guardare le cose. Quello che importa è toccare il fondo, l’essenza delle cose.

Morandi Giorgio 01

La città di Morandi

La città di Morandi

***

«Esprimere ciò che è nella natura, cioè nel mondo visibile, è la cosa che maggiormente mi interessa. […] Ciò che noi vediamo, credo sia creazione, invenzione dell’artista, qualora egli sia capace di far cadere quei diaframmi, cioè quelle immagini convenzionali che si frappongono tra lui e le cose. […] Ritrovare le ragioni per riguardare le cose da un punto di vista formale, ritrovare il significato delle cose per ricominciare a guardare le cose. […] Quello che importa è toccare il fondo, l’essenza delle cose».

Giorgio Morandi, intervista per The Voice of America, 25 aprile 1957, cit. in R. Renzi, La città di Morandi, Cappelli, Bologna 1989, pp. 113-114.

***

Giorgio Morandi, Autoritratto, 1925

Giorgio Morandi, Autoritratto, 1925

 

 

Fiori

Fiori

 

Natura morta, 1941

Natura morta, 1941


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Claudio Parmiggiani – Occorre proteggere, salvare tutto ciò che resta, tutto ciò che resiste del mondo spirituale. La memoria non significa passato, ma pensiero. Nessuna opera regge se dentro di sé non ha tutto il pathos e tutta la sofferenza dell’autore.

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«Come non mai oggi occorre proteggere,
salvare tutto ciò che resta,
tutto ciò che resiste del mondo spirituale.
Nell'infanzia del tempo l'arte fu preghiera.
Poco è rimasto di quella infinita bellezza.
Oggi non crediamo più in niente:
questo è il nostro terribile oggi».

C. Parmiggiani

***

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Incipit

C. Parmiggiani, Incipit.

«Ho imparato a conoscere il colore del sangue prima che i colori a olio. Sono nato a Luzzara, in una casa di via Lino Soragna. Molta parte della mia infanzia è trascorsa nella lontananza della campagna, in una casa rossa, isolatissima. Una casa politica, una sorta di direzione strategica del Partito comunista dove, nell’immediato dopoguerra, al lume di lampade a petrolio, si organizzavano interminabili riunioni notturne. […] Da quel luogo ho ricevuto il miglior insegnamento in pittura. Di notte, lungo i canali stellati, l’acqua lenta, cullando la malinconica luna, alimentava il fuoco assoluto. [ … ] Conservo di quei luoghi il ricordo di lente e nere barche e uomini come ombre che trasportavano sabbia e nebbia. Quelle ombre sono il mio simbolo, gli spiriti fluttuanti che hanno assunto nella mente l’immutabile aspetto dell’anima. Ombre così lontane da trasmutarsi in tutto e in nulla. Altro
non ho fatto, nel corso degli anni, nel cercare di dare un senso e un’immagine a quel nulla. Tutto quello che in seguito è apparso nelle mie opere proviene da quelle prime, decisive, incancellabili immagini che sono poi, davvero, le sole che contino e che nascono dall’emozione, vera sorgente dell’arte».

C. Parmiggiani, Incipit, Umberto Allemandi & C., Torino 2008, pp. IX.X.

Quarta di copertina

Un percorso a ritroso nel tempo, fino ad arrivare agli anni cinquanta del Novecento, quando il fotografo Paul Strand giunge a Luzzara, dove Claudio Parmiggiani è nato, per scattare fotografie che documentano la vita del paese, gli scorci, i volti, i mestieri. Immagini apparse nel libro Un paese, con il commento di Cesare Zavattini, edito da Einaudi nel 1955. Nella Didascalia Parmiggiani racconta con prosa poetica ed evocativa i suoi ricordi e spiega: «unicamente in ragione di una loro autentica comunione, senza alcun ordine né cronologia, come materia fluente, ho così accostato immagini di mie opere nate nel tempo, ad altre di quel libro, osservandole controluce, in filigrana, fino ad intravedere riflessa nel fondo di ognuna la luce dell’altra»


Stella sangue spirito

Stella sangue spirito

«Prerisco il silenzio al suono, alle parole e ai suoni preferisco le immagini perché sono silenziose.
[…] Un’opera deve essere come un pugno nello stomaco. Silenziosa ma dura, dura ma silenziosa, come un fuoco sotto la cenere. […] Il silenzio per me è un materiale dell’opera, una materia. Il silenzio è una forma di eloquenza. Un’opera non vive di silenzio ma dentro il suo silenzio.
[…] Personalmente provo quel fastidio che si ha di fronte a un qualcosa di troppo ideologizzato e che sembra scambiare la vita per un processo logico. Una pratica dove è bandita una delle parole che danno senso all’arte: Pathos, vena sotterranea che non si estingue.
[…] La memoria non significa passato ma pensiero. Mettere a contatto forme lontane, nel tempo e nella mente, far incontrare un tempo con un altro tempo, creare dei cortocircuiti; un’altra idea di tempo
[…] L’alfabeto della pittura non appartiene né alla parola né al pensiero logico. L’arte non ha bisogno di alcuna risposta: è una domanda che vuol restare tale.
[…] Tutta l’arte è in relazione con il tragico, con la morte. Vita e morte. È dentro questa circolarità, dentro questa essenza, che si costituisce qualsia pensiero umano, qualsiasi opera. Il tragico è in sentimento, una presenza che non può, non dovrebbe mai venir meno in un’opera»

C. Parmiggiani, Stella sangue spirito,
Nuova Pratiche, Parma 1995, p. 38, 108, 170, 174, 192.



Lettere a Luisa

Lettere a Luisa

«Tutta l’arte vera è tragica e si nutre di questo sentimento. Nessuna opera regge se dentro di sé non ha tutto il pathos e tutta la sofferenza dell’autore».

C. Parmiggiani, Lettere a Luisa,
Magonza, Arezzo 2016, pp. 76.


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Jannis Kounellis – La ripetizione coatta di uno stile porta alla distruzione dell’arte. Occorre trovare dei mezzi per aprire più possibilità di cominicazione.

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[no title] 1999 Jannis Kounellis born 1936 Purchased 2001 http://www.tate.org.uk/art/work/P78427

«[…] la ripetizione coatta di uno stile porta alla distruzione dell’arte. […] Occorre cercare di aprire una cosa fuori da questi muri ossessivi della convenzione. […] Cerchiamo di aprire al linguaggio una via non convenzionale, perché il linguaggio è stereotipato e si stereotipa continuamente con l’uso; allora il nostro compito è questo: trovare dei mezzi per aprire più possibilità di cominicazione.

Jannis Kounellis,
in Odissea lagunare, Sellerio, Palermo 1993, pp. 34, 59.

 

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