Ricardo Piglia (1941-2017) – Ernesto Che Guevara è colui che persevera nella decifrazione dei segni, è la pura espressione della costruzione del senso, sostenitore della pedagogia sempre, fino all’ultimo respiro: “Yo sé leer”, “Io so leggere”.
Una straordinaria immagine di Guevara in Bolivia:
si è arrampicato su un albero e legge.
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«Le mie fondamentali debolezze: il tabacco e la lettura».
E. Che Guevara
«Guevara non propone niente che non faccia lui stesso […] non comanda agli altri di fare ciò che egli sostiene. Questa è una differenza essenziale, la differenza che lo ha fatto diventare quello che è. Un uomo che paga con la vita la fedeltà a quello che pensa. […] E quello che propone come esempio, quello che trasmette come esperienza, è la propria vita.
Parallelamente, persiste in Guevara ciò che ho chiamato la figura del lettore. Colui che rimane isolato […], contrapposto al politico. Il lettore come colui che persevera, pacifico, nella decifrazione dei segni. Colui che costruisce il senso nell’isolamento e nella solitudine. Fuori da ogni contesto, in mezzo a ogni situazione, risoluto nella sua determinazione. Intransigente, pedagogo di se stesso e di tutti, non perde mai la convinzione assoluta della verità che ha decifrato. Una figura estrema dell’intellettuale come rappresentante puro della costruzione del senso (o, comunque sia, di un certo modo di costruire il senso).
E nell’ epilogo di Guevara le due figure tornano a unirsi, perché sono indissolubili sin dal principio. C’è una scena che costituisce quasi un’allegoria: l’ultima notte prima di essere assassinato, Guevara la trascorre nella scuoletta di La Higuera. L’unica persona ad avere un atteggiamento compassionevole nei suoi confronti è la maestra del posto, Julia Cortés, che gli porta un piatto di stufato preparato da sua madre. Quando entra, il Che è sdraiato, ferito, sul pavimento dell’aula. In quel momento – e queste sono le sue ultime parole – Guevara indica alla maestra una frase scritta alla lavagna, e le dice che è mal scritta, che c’è un errore […]: “Manca l’accento”. Fa questa piccola osservazione alla maestra. La pedagogia sempre, fino all’ultimo.
La frase (scritta sulla lavagna della scuoletta di La Higuera) è “Yo sé leer”, lo so leggere. Che sia questa la frase, che nell’epilogo della sua vita l’ultima cosa che Guevara nota sia una frase legata alla lettura, è come un oracolo […]» (pp. 122-123)
Ricardo Piglia, L’ultimo lettore, Feltrinelli, 2007.
Ernesto Che Guevara (1928-1967) – Ha più valore, un milione di volte, la vita di un solo essere umano che tutte le proprietà dell’uomo più ricco della terra.
Ernesto Che Guevara (1928-1967) – 1951 … adesso sapevo che io starò con il popolo. E preparo il mio essere come un tempio sacro in cui risuoni di nuove vibrazioni e nuove speranze il grido del proletariato.
Ernesto Che Guevara (1928-1967) – Non si può arrivare al comunismo con la facilità con cui si beve un bicchiere d’acqua. Ma noi dobbiamo tenere lo sguardo fisso a quella meta. L’uomo è l’attore cosciente della storia. Senza questa coscienza, che abbraccia anche quella del proprio essere sociale, non può esserci comunismo.
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