Ludovico Geymonat (1908-1991) – Si sostiene oggi da varie parti che nel mondo attuale non vi è più posto per la filosofia. Io non sono affatto di questo parere. Le ricerche specialistiche non si rivelano in grado di generare un’autentica cultura.

Ludovico Geymonat 01
Contro il moderatismo

Contro il moderatismo

 

008[…] si sostiene oggi da varie parti che nel mondo attuale non vi è più posto per la filosofia. Io non sono affatto di questo parere. Le ricerche specialistiche hanno dei compiti via via più importanti, vero è però che esse non si rivelano in grado di generare un’autentica cultura.


«[…] si sostiene oggi da varie parti che nel mondo attuale non vi è più posto per la filosofia. Tutti sono disposti a riconoscere che in altre epoche essa rappresentò il grande tronco della cultura: tronco da cui si diramarono a poco a poco le singole branche del sapere (dalle scienze matematiche alle scienze fisiche, a quelle sociali) e che costituì per molti secoli la base ultima su cui esse si reggevano; oggi però – si aggiunge – tali discipline sono diventate maggiorenni, non hanno più bisogno di cercare fuori di sé il proprio fondamento, possono fare tranquillamente a meno della matrice da cui hanno tratto la loro prima origine. Oggi la cultura si concretizza nelle indagini specialistiche, le quali sole hanno i mezzi per accrescere sul serio le nostre conoscenze; al di là di queste indagini vi è unicamente il vuoto dei discorsi retorici, indegni di un qualsiasi studioso serio.

Se accettassimo tali argomentazioni, non ci resterebbe che proporre la chiusura di tutti gli Istituti di Filosofia o la loro trasformazione in Istituti di carattere specialistico, rivolti all’approfondimento di qualche settore particolare della cultura; per esempio dell’antropologia, della storia della filosofia, della metodologia delle scienze, o di qualche altro campo che possa apparire più in linea con la moda culturale del momento.

Desidero dichiarare subito, con molta franchezza, che io non sono affatto di questo parere.

Se è indubbiamente vero che oggi le ricerche specialistiche hanno dei compiti via via più importanti e danno prova di saperli assolvere con grande efficacia accrescendo di giorno in giorno il dominio dell’uomo sul mondo, vero è però che esse non si rivelano in grado di generare un’autentica cultura.

[…] Va poi osservato che non è neanche vero che l’impostazione rigorosamente specialistica risulti oggi del tutto soddisfacente per le stesse scienze particolari. Al contrario, sono proprio esse a dare segni manifesti di una esigenza antitetica: sono cioè gli stessi specialisti ad accorgersi di non poter approfondire oltre un certo limite le loro indagini senza impegnarsi in problemi che richiedono discussioni più ampie […]».

Ludovico Geymonat, Per un nuovo insegnamento della filosofia [1964], in Id., Contro il moderatismo. Interventi dal 1945 al 1978, a cura di Mario Quaranta, Feltrinelli, Milano 1978, pp. 137-138.

«Ludovico Geymonat, un intellettuale “indisciplinato” rispetto all’ortodossia dei partiti che per varie ragioni respingevano – spesso in modo sbigativo – atteggiamenti autonomi, proposte innovative e di critiche alla cultura […]». Mario Quaranta, in ibidem, p. 7.


Ludovico Geymonat

Nato a Torino l’11 maggio 1908, deceduto a Rho (Milano) il 29 novembre 1991, filosofo e matematico. È considerato uno dei più importanti filosofi italiani del Novecento. Di famiglia valdese, si era laureato in filosofia all’Università di Torino nel 1930 e, due anni dopo, aveva conseguito la laurea in matematica. Durante il ventennio, avendo rifiutato di iscriversi al PNF, gli fu preclusa la carriera accademica; si mantenne insegnando in scuole private.

geymonat1

Nel 1942, Geymonat aderì al Partito comunista clandestino e, dopo l’armistizio, fece della sua casa di Barge il centro organizzativo delle Brigate Garibaldi della zona.
I fascisti lo arrestarono nel novembre del 1943, ma il professore, incarcerato a Saluzzo, fu rilasciato per mancanza di prove. Prese così la strada dei monti e, con il nome di copertura di “Luca Ghersi”, divenne commissario politico della 55° Brigata “Carlo Pisacane”, operante nella valle del Po.
Dopo la Liberazione, Geymonat (che fu capo redattore dell’edizione piemontese de l’Unità e assessore al Comune di Torino), intraprese l’insegnamento universitario.
Dal 1956 al 1978, tenne all’Università di Milano la prima cattedra di Filosofia della scienza istituita in Italia. Partecipò anche alla fondazione del Centro di Studi metodologici di Torino e, nel 1963, cominciò a dirigere la collana di classici della Scienza, della Casa editrice UTET.
Negli ultimi anni della sua vita, Geymonat lasciò il PCI, si avvicinò a Democrazia Proletaria e aderì, infine, al Partito della Rifondazione Comunista. Grande divulgatore della storia della filosofia (molto diffuso nei Licei il suo manuale Storia del pensiero filosofico e scientifico), Geymonat ha lasciato molte importanti opere. Ricordiamo: Il problema della conoscenza nel positivismo (1931), La nuova filosofia della natura in Germania (1934), Studi per un nuovo razionalismo (1945), Saggi di filosofia neorazionalistica (1953), Galileo Galilei (1957), Filosofia e filosofia della scienza (1960), Scienza e realismo (1977). Di Geymonat sono anche i sette volumi della Storia del pensiero filosofico e scientifico, scritti tra il 1970 e il 1976. Del 1974 è Attualità del materialismo dialettico, in collaborazione con Bellone, Giorello e Tagliagambe e, del 1986 (con Giorello e Minazzi) Le ragioni della scienza.

Geymonat e Dal Pra

Geymonat e Dal Pra

 



Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 05-02-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Werner Jaeger (1888-1961) – Assistiamo ad uno spezzettamento della vera paideia, che sempre era stata educazione dell’uomo alla «areté intera», in una quantità di capacità speciali senza un fine dominante. Restituire questo fine alla vita dell’uomo e così conferire, di nuovo, significato e unità a tutte le singole parti, ormai disgregate, dell’esistenza.

Werner Jaeger011

 

008Non è lecito in nessun caso dare poca importanza alla vera educazione: è dovere di ognuno dedicarsi a questo fine per tutta la vita e con tutte le forze. Assistiamo ad uno spezzettamento della vera paideia, che sempre era stata educazione dell’uomo alla «areté intera», in una quantità di capacità speciali senza un fine dominante. Restituire questo fine alla vita dell’uomo e così conferire, di nuovo, significato e unità a tutte le singole parti, ormai disgregate, dell’esistenza.


image_book


Sostiene Platone che «l’educazione degli educati» nel loro insieme è di altissima importanza per la polis, perché ne fa uomini di reale capacità che fanno tutto come si deve […]. Cultura (paideia) produce vittoria, ma non sempre la vittoria produce anche cultura: spesso anzi ne nasce incultura (apaideusìa).

[…] Nell’uso comune, spiega Platone, si suol chiamare paideia la formazione acquisita in ogni specie di attività, e si suol parlare di paideia o del suo contrario perfino nei mestieri di mercante o di padrone di nave o in qualsiasi altra simile attività.
Però se la paideia si considera dal nostro punto di vista, cioè da quello di un educatore, che vuol infondere nello stato un certo ethos, uno spirito che lo penetri in tutto, allora per cultura si deve intendere piuttosto una educazione alla virtù iniziata fin dalla prima fanciullezza, che ecciti nell’uomo il desiderio di divenire un compiuto cittadino […].

A tutte le altre specie di formazione riferentisi solo a qualcosa di particolare si dovrebbe, a rigore, rifiutare il nome di cultura, paideia, giacché sono banausiche, mirano al guadagno o a un’altra qualunque capacità o conoscenza, priva di principio spirituale che la governi e di fine retto, o sono puro mezzo e strumento. […] Giacché non c’è dubbio per lui che gli uomini educati bene, in generale, diventano uomini valenti. Non è lecito in nessun caso dare poca importanza alla vera educazione; essa è anzi, per i migliori tra gli uomini, il più alto di tutti i valori ideali […]. E quando questo valore venga a scadere e il restaurarlo appaia possibile, è dovere di ognuno dedicarsi a questo fine per tutta la vita e con tutte le forze.

Con queste parole Platone caratterizza se stesso e l’opera della sua vita. Come ai suoi occhi si presenti lo stato di fatto, egli lo dice qui chiaramente: si tratta dello spezzettamento della vera paideia, che sempre era stata educazione dell’uomo alla «areté intera», in una quantità di capacità speciali senza un fine dominante. La filosofia di Platone vuoi restituire questo fine alla vita dell’uomo e così conferire, di nuovo, significato e unità a tutte le singole parti, ormai disgregate, dell’esistenza. Egli dové accorgersi a fondo che la sua epoca, nonostante la mirabile ricchezza di capacità e conoscenze speciali, rappresentava in realtà una caduta di livello della cultura.

Quel che egli intenda per ricostruzione della paideia, lo rappresenta chiaramente con la contrapposizione della vera educazione umana, che egli cerca, alla formazione meramente speciale e professionale.

Riconquistare al suo tempo questa totalità dell’areté, e quindi dell’uomo e della vita, era il compito più duro e meritorio di tutti, non paragonabile con qualsiasi altro servizio che lo spirito filosofico potesse rendere in questo o quel campo di conoscenza.

La soluzione che di tal problema Platone concepisce si può meglio che altrove scorgere nella Repubblica, il cui edificio tutto si fonda sul fatto che l’idea del bene, principio primo di tutti i valori, è posta dominatrice nel centro del cosmo. La scoperta decisiva, per quel che spetta all’educazione, è che essa ha da prendere le mosse da questo quadro del cosmo, e deve volgersi intorno all’idea del bene, come intorno al suo sole. […]

Il suo ideale di paideia è, nella sua più intima essenza, autodominio, non dominio esercitato da altri, dal di fuori, con la forza […].

 

 

Werner Jaeger, Paideia. La formazione dell’uomo greco, 3 voll., La Nuova Italia, Firenze 1999, vol. III, pp. 387-395.


Werner Jaeger (1888-1961) – L’arte ha in sé una illimitata capacità di comunicazione spirituale, perché possiede ad un tempo quella universalità e quell’evidenza vitale immediata che sono le due condizioni più importanti dell’efficacia educativa. La poesia si trova così sempre in vantaggio, rispetto ad ogni ammaestramento meramente razionale e a tutte le verità di ragione universali. La poesia è più filosofica della vita reale, ma è anche più piena di vita che la conoscenza filosofica, mercé la sua concentrata realtà spirituale.

Werner Jaeger (1888-1961) – L’importanza storica dei Greci quali educatori deriva dalla nuova e consapevole concezione della posizione dell’individuo nella comunità. La loro scoperta dell’uomo non è la scoperta dell’Io soggettivo, ma l’acquistar coscienza delle leggi universali della natura umana.

Werner Jaeger (1888-1961) – Stato non è mai mera potenza, ma è sempre la struttura spirituale del portatore di questa potenza, dell’uomo. L’incultura è la causa per cui gli stati vanno in rovina. È chiaro allora che bisogna togliere agl’incolti la possibilità d’influire sull’azione del governare.

Werner Jaeger (1888-1961) – Assistiamo ad uno spezzettamento della vera paideia, che sempre era stata educazione dell’uomo alla «areté intera», in una quantità di capacità speciali senza un fine dominante. Restituire questo fine alla vita dell’uomo e così conferire, di nuovo, significato e unità a tutte le singole parti, ormai disgregate, dell’esistenza.


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 03-02-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Werner Jaeger (1888-1961) – Stato non è mai mera potenza, ma è sempre la struttura spirituale del portatore di questa potenza, dell’uomo. L’incultura è la causa per cui gli stati vanno in rovina. È chiaro allora che bisogna togliere agl’incolti la possibilità d’influire sull’azione del governare.

Werner Jaeger010

 

008Ed ecco ormai venire al centro della considerazione questo problema: chi deve governare?


image_book


 

«Per parlare con le parole di Platone nella Repubblica, il disfacimento dello stato nell’intimo animo del reggitore (591e; 592b) suggellava quella caduta che si compiva esteriormente, nei fatti. Stato non è mai mera potenza, ma è sempre la struttura spirituale del portatore di questa potenza, dell’uomo.
Se dunque è l’incultura la causa per cui gli stati vanno in rovina, cioè il difetto di accordo tra sentimenti e ragione nell’anima del reggitore, sia questi uno o più, è chiaro allora che bisogna togliere agl’incolti la possibilità d’influire sull’azione del governare. Incolto, in questo senso profondo, può essere proprio colui che la comune opinione considera come il tipico uomo colto: il calcolatore oculato, l’uomo di pronte reazioni intellettuali, il parlatore brillante: in quest’ultima qualità, anzi, sembra che Platone veda un sintomo specifico della prevalenza delle passioni sulla ragione (689 c-d). Ed ecco ormai venire al centro della considerazione questo problema: chi deve governare?»

Werner Jaeger, Paideia. La formazione dell’uomo greco, 3 voll., La Nuova Italia, Firenze 1999, vol. III, p. 412.


Werner Jaeger (1888-1961) – L’arte ha in sé una illimitata capacità di comunicazione spirituale, perché possiede ad un tempo quella universalità e quell’evidenza vitale immediata che sono le due condizioni più importanti dell’efficacia educativa. La poesia si trova così sempre in vantaggio, rispetto ad ogni ammaestramento meramente razionale e a tutte le verità di ragione universali. La poesia è più filosofica della vita reale, ma è anche più piena di vita che la conoscenza filosofica, mercé la sua concentrata realtà spirituale.

Werner Jaeger (1888-1961) – L’importanza storica dei Greci quali educatori deriva dalla nuova e consapevole concezione della posizione dell’individuo nella comunità. La loro scoperta dell’uomo non è la scoperta dell’Io soggettivo, ma l’acquistar coscienza delle leggi universali della natura umana.


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 03-02-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Salvatore Antonio Bravo – Il mercato e l’asservimento della Scuola: il mito dell’orientamento consapevole. Ciò che occorre invece è tempo per un’educazione da esseri umani, per lo sviluppo intellettuale, per l’adempimento di funzioni sociali, per rapporti socievoli, per il libero gioco delle energie vitali fisiche e mentali.

Karl Marx 300

Stele funeraria di Proclo

Stele funeraria di Proclo

Πρόκλος ἐγὼ γενόμην Λύκιος γένος, ὃν Συριανὸς
ἐνθάδ’ ἀμοιβὸν ἑῆς θρέψε διδασκαλίης.
ξυνὸς δ᾽ ἀμφοτέρων ὅδε σώματα δέξατο τύμβος·
αἴθε δὲ καὶ ψυχὰς χῶρος ἕεις λελάχοι

Io, Proclo, fui Licio di stirpe, e Siriano mi formò qui per succedergli nell’insegnamento. Questa tomba comune accolse il corpo d’entrambi; oh, se un solo luogo ricevesse anche le anime!


 

Salvatore Antonio Bravo

Il mercato e l’asservimento della Scuola:
il mito dell’orientamento consapevole


Versione per la stampa

Salvatore Antonio Bravo
Il mercato e l’asservimento della Scuola- il mito dell’orientamento consapevole


Miseria della contemporaneità, miseria del capitale che si erge ad unica legge della vita di ciascuno, fino ad assumere la forma di una insostanza perversa, parcellizzante – mentre la vera sostanza rimanda all’universale, alla Koinè, e rende immensi i pensatori del passato.
Si rifletta sulla modalità con cui si effettua l’orientamento universitario nelle scuole superiori. Platone nella Repubblica (libro IV), ci consegna un criterio per la scelta, sicuramente valido anche nella contemporaneità: seguire la propria indole affinché possa esserci armonia nella vita della persona e della comunità:

013«Allora», ripresi, «ascolta se le mie parole hanno un senso. A mio parere la giustizia è ciò che abbiamo posto come dovere assoluto sin dall’inizio, quando abbiamo fondato la città, o comunque una forma di questo dovere; se ti ricordi, abbiamo stabilito e ripetuto più volte che nella città ciascuno deve svolgere una sola attività, quella a cui la sua natura è più consona».

In poche razionali battute, Platone evidenzia l’assurda irrazionalità, la violenza con cui i giovani sono indotti a scegliere la facoltà universitaria: la negazione di sé in nome di una vita anonima, in cui la qualità del vivere è associata solo alle merci, ma mai alle persone. Il capitalismo assoluto negli ultimi decenni ha sferrato il suo attacco all’istituzione, che nella prassi democratica, dovrebbe consolidare la partecipazione alla vita democratica e formare alla metariflessione: la scuola.

Le controriforme espresse come riforme irrinunciabili per il progresso della nazione sono espressione di ciò che Marx definiva ideologia, ovvero una falsa rappresentazione del reale, in cui si spaccia per universale e necessario ciò che corrisponde agli interessi particolari. L’alternanza scuola lavoro in realtà rende manifesta un’operazione ormai decennale di colonizzazione delle menti. In primis i documenti scolastici riportano, con sempre più esplicita incisività, l’educazione all’imprenditorialità di cui l’alternanza dovrebbe essere la sua concretizzazione. Tale educazione ha l’obiettivo di formare alla competizione, all’atomismo sociale, proponendo nell’insegnamento in classe quella estrema frammentarietà del sapere che non porterà mai alla formazione di una cultura. Si vorrebbe che i docenti e l’istituzione scolastica, ora azienda, fossero complici di una mutazione antropologica.

La merce è la vera protagonista e il suo sostrato è il mercato con i suoi imperativi naturalisticamente resi indiscutibili. La formazione, l’educare, il trarre in luce le potenzialità inespresse di un alunno, tutto questo è eroso dalla spinta alla competizione, alla massimizzazione dei risultati.

Naturalmente manca il coraggio di rendere esplicito, e in modo trasparente, ciò che è veramente in opera. Anzi, l’operazione è parzialmente occultata dietro la facciata del dettato costituzionale. La scuola – per la Costituzione – dovrebbe formare l’uomo ed il cittadino solidale, e limitare gli effetti, non certo positivi, delle disuguaglianze sociali: scuola anche come argine al mercato. Malgrado tali principi non siano stati cancellati in modo esplicito, in questi decenni li si è svuotati di senso, rendendoli un guscio vuoto dove impiantare i germi nefasti dei peggiori principi neoliberisti. Si è cominciato col trasformare la scuola in una azienda per decreto (non discusso con i suoi operatori). Naturalmente i legislatori ben sanno che la scuola non potrà mai essere un’azienda (essa vive della relazione umana solidale), ma ciò malgrado si può depotenziare la comunità scolastica, la quale risulta trasgressiva rispetto ai processi economici e politici in corso d’opera, in modo da spezzare – letteralmente – ogni “luogo” dove sia possibile la resistenza ed il pensiero critico. Per rendere la comunità scolastica cellula del capitale si è introdotto un osceno linguaggio che per le nuove generazioni è davvero profondamente diseducativo: nei luoghi dove, al centro, dovrebbe essere la persona, nella sua irrinunciabile identità, gli alunni si esprimono con: credito, debito, offerta formativa, educazione all’imprenditorialità, flessibilità, ecc.
Le parole costruiscono mondi e relazioni umane, per cui il diffondersi della violenza nella scuola e fuori di essa è letta in astratto, ovvero come un evento accaduto a causa dell’irrefrenabile violenza naturale di taluni.
In verità un sistema competitivo è già violenza; nella competizione c’è chi perde; e chi vince, spesso, non è il migliore a vincere, ma chi ha avuto, in un mondo di diseguaglianze crescenti, maggiori opportunità rispetto ad altri. La violenza è ormai capillare: dalla violenza linguistica a quella materiale nelle nostre scuole e comunità la violenza è divenuta endemica perché il sistema è divenuto violento.
Si continua con ipocrisia a sorprendersi dinanzi ad episodi sempre più diffusi e trasversali, ma è palese che ovunque regna la legge del più forte: le aziende hanno ormai a capo i padroni che ricattano i dipendenti, in TV la parolaccia e l’insulto è d’obbligo per attrarre spettatori e quote di pubblicità, i telegiornali danno ampio spazio al lusso in un momento in cui la povertà è sempre più diffusa, il mercato entra con violenza nella vita di tutti, i consumatori sono perseguitati dalle merci. Ovunque ed in ogni contesto le persone subiscono l’offesa di essere considerati solo ed unicamente consumatori.[1] Si pensi all’orientamento scolastico con la presenza di università pubbliche e private a caccia di clienti. Le prime ricevendo pochi finanziamenti dallo Stato e sono costrette a competere con le private le cui rette sono proibitive. Entrambe utilizzano lo stesso linguaggio, inducono ad iscriversi facendo appello a numeri e statistiche. Pare che il successo formativo e lavorativo passi unicamente per taluni corsi universitari. L’università è ormai un’agenzia del lavoro, che invita ad iscriversi con la promessa di mirabilanti pseudoprospettive. La formazione ed i suoi luoghi esprimono pienamente le tragedie di un mondo di piazzisti. Le facoltà umanistiche hanno inoltre uno spazio minimale come le facoltà scientifiche che producono poco reddito e che non sono funzionali ai bisogni immediati del mercati. Si tagliano le informazioni, si determina la scelta e nel contempo i trombettieri della nuova pedagogia alzano inni alla scuola che, si dice, informa e che sarebbe di ausilio alla scelta dello studente (cliente-consumatore).
L’effetto è un clima di insopportabile manipolazione che la scuola subisce. Anche questa è violenza: negare ad una istituzione la sua identità, costringerla su binari che non le appartengono. Le nuove generazioni sono oggetto delle attenzioni sempre più precoci del mercato anche negli spazi dove dovrebbero crescere e maturare, pensando il mondo, e non subendolo. In questi anni l’orientamento avviene in tempi sempre più accelerati; anche alunni del quarto e del terzo anno della scuola secondaria superiore sono oggetto di tali particolari informazioni. Il mercato deve precocemente controllare il suo cliente, accompagnarlo «ad una scelta consapevole».

Siamo alla manipolazione più impensabile del linguaggio, belle parole che nascondono il nichilismo. Ad un semplice esame più attento, tale incultura empirista si mostra fragilissima, poiché se il mercato è globale, dinamico, veloce, le previsioni occupazionali che spesso documentano le università, per la libera scelta degli alunni, possono essere smentite dalla flessibilità e precarietà dello stesso sistema. Inoltre la linearità tra facoltà e lavoro è ormai saltata, per cui spessissimo anche laureati in facoltà scientifiche si ritrovano a vivere “una vita da precari”. La vera differenza è data dal privilegio sociale più che dal merito. I destini personali sono sempre più determinati dalla classe di appartenenza più che dal merito o dalla facoltà scelta. Vige l’eterogenesi dei fini. La scuola – per Costituzione – ha il compito di limitare tali derive. Si potrebbe allora definire incostituzionale l’attuale assetto pedagogico della scuola. Ora, un clima del genere spinge alla violenza, poiché si diffonde un senso di frustrazione nella comunità scolastica: i più fragili esprimono il loro male di vivere attraverso la violenza; dietro la cortina delle belle parole si cela una dura verità che in molti conoscono, e non pochi hanno deciso di ignorare. L’identità negata spinge ad una violenza incompresa. L’alternanza scuola lavoro è da inserire come termine finale di un lungo processo di svuotamento del fine costituzionale della formazione. È bene ricordare la Costituzione ed i suoi articoli fondamentali sulla scuola:

 

056Art. 33. L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

 

 

Art. 34. La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso».

L’alternanza scuola lavoro – vero ossimoro, perché la scuola è luogo di formazione e non di lavoro – è il cavallo di Troia da cui i guerrieri del mercato escono per l’assalto del nemico già indebolito dalle riforme. Educa al lavoro coatto senza retribuzione, ma specialmente ha il fine di erodere il tempo della formazione e di educare al “fare” e mai al “pensare”. È la scuola del “fare”, in cui i clienti tra alternanza, certificazioni in lingua inglese, progetti, pause didattiche sono formati alla stimolazione, al movimento decerebrato, poiché il mercato necessita di lavoratori disponibili allo sradicamento non solo geografico, ma specialmente da se stessi. Lo sradicamento geografico, la vita consumata come una monade alla ricerca delle opportunità del mercato, non è il soggetto ma l’oggetto di una conseguenza: l’io sempre più vuoto, più colonizzato dallo stimolo continuo, ormai disabitato di affetti, di appartenenze e da se stesso, insegue ogni qualsivoglia accattivante stimolazione, e si rende disponibile al mercato. Contribuisce a ciò il ridimensionamento della lingua italiana, sempre più minacciata dall’inglese commerciale. Le circolari ministeriali spesso riportano titoli in lingua inglese. Pare che il vocabolario della nostra lingua sia davvero minimale se dobbiamo utilizzare lingue altre per esprimere concetti che nella nostra lingua potrebbero essere perfettamente espressi e chiari negli intenti.
La società dove tutto dev’essere mostrato, fino alla pornografica mostra di sé, non ama la chiarezza concettuale, e sembra vergognarsi delle sue finalità al punto che deve occultare dietro la fumisteria della lingua inglese, a scuola come nella politica, le intenzioni esiziali e controriformistiche. Togliere ad una comunità l’uso della sua lingua significa togliere “la patria”, la comune d’origine. La distruzione della lingua nazionale serve allo sradicamento, a tagliare ogni senso di appartenenza, per creare l’uomo astratto, appartenente al mercato globale.

È l’epoca dei cosmopoliti delle mercificazioni. Dev’essere uomo astratto senza comunità, uomo astratto senza famiglia. L’istituzione scolastica è attaccata anche dalla “mostruosizzazione” dei docenti “molestatori”: singoli casi sono amplificati e, iperpresenti sui media, occupano spazi pruriginosi. Dovremmo domandarci se tutto ciò contribuisce a chiarire, a capire o se vi sono altre finalità: vendere un nuovo prodotto e delegittimare un’istituzione che malgrado le sue debolezze e contraddizioni in grandissima parte resiste e non condivide la strumentalizzazione della scuola, la sua riduzione a serva del mercato.

La scuola è rimasta sola, e comunque la percezione che hanno i docenti è di essere soli: i genitori hanno abbracciato in modo frettoloso e dogmatico il modernismo. Progresso coincide con l’innovazione tecnologica e con la destrutturazione del gruppo classe: fin quando tali dogmi saranno religione suffragata da liturgie lessicali, non si riuscirà a porre il tema della scuola a cui è legata la comunità tutta in modo profondo e serio. Dobbiamo uscire dal linguaggio economicistico aziendale per ritrovarci. Vorrei concludere citando Karl Marx (Capitale, libro primo, cap. VIII):

«Tempo per un’educazione da esseri umani, per lo sviluppo intellettuale, per l’adempimento di funzioni sociali, per rapporti socievoli, per il libero gioco delle energie vitali fisiche e mentali, perfino il tempo festivo domenicale e sia pure nella terra dei sabbatari: fronzoli puri e semplici! Ma il capitale, nel suo smisurato e cieco impulso, nella sua voracità da lupo mannaro di pluslavoro, scavalca non soltanto i limiti massimi morali della giornata lavorativa, ma anche quelli puramente fisici. Usurpa il tempo necessario per la crescita, lo sviluppo e la sana conservazione del corpo».

La formazione e soprattutto l’educazione sono dunque divenute «fronzoli», mentre il capitale si sta prendendo tutto: sonno, pensiero, vita.

Siamo chiamati a porci il problema.

 

Salvatore Antonio Bravo

[1] «Persone oltre le cose», recita lo slogan Conad. quando i clienti Conad vanno al supermercato, trovano ad attenderli un cartello con su scritto: «Siamo persone autentiche e disponibili, persone capaci di dare un senso a ciò che si vende e a ciò che non ha prezzo».

 

 


Salvatore Antonio Bravo – Una morale per M. Foucault?
Salvatore Bravo – Aldo Capitini e la omnicrazia. L’apertura è sentire la compresenza dell’altro, sentire la propria vita fluire nell’altro, lasciarlo essere, amarlo per quello che è, liberarlo dalla paura del potere, della mercificazione.
Salvatore Bravo – L’abitudine alla mera sopravvivenza diviene abitudine a subire. Ma possiamo scoprire, con il pensiero filosofico, che “oltre”, defatalizzando l’esistente, c’è la buona vita.
Salvatore Bravo – La filosofia è nella domanda di chi ha deciso di guardare il dolore del mondo. Responsabilità della filosofia è il riposizionarsi epistemico per mostrare la realtà della caverna e rimettere in azione la storia.
Salvatore Antonio Bravo – L’epoca del PILinguaggio. Il depotenziamento del linguaggio è attuato dalla globalizzazione capitalistica, nel suo allontanamento dalla persona e dalla comunità.
Salvatore Bravo – Sentire se stessi è possibile attraverso l’uscita dalla caverna dei cattivi pensieri quotidianamente inoculati assumendo la libertà di vivere i poliedrici colori del possibile.
Salvatore Bravo – La tolleranza è parola invocata nel quotidiano terrore dei giorni. La tolleranza nasconde il volto aggressivo della globalizzazione. È la concessione della legge del più forte, il diritto di vivere concesso dal potere.
Salvatore Antonio Bravo – Il tempo che ha la sua base nella produzione delle merci è esso stesso una merce consumabile. Ogni resistenza dev’essere svuotata della sua temporalità e colonizzata dalle immagini dello spettacolo globale.
Salvatore Antonio Bravo – Le miserie della società dell’abbondanza. La verità del consumo è che essa è in funzione non del godimento, bensì della produzione.
Salvatore Antonio Bravo – La società dei cacciatori. L’atomismo sociale e la deriva individualista dei nostri giorni, trovano la loro sostanza in un’immagine esplicativa della condizione umana postmoderna: il cacciatore.
Salvatore Antonio Bravo – «Le vespe di Panama» di Z. Bauman. La filosofia perde la sua credibilità e la sua natura critica e costruttiva se vive nel mondo temperato delle accademie e degli studi televisivi e mediatici, dove campeggia l’uomo economico: turista della vita, vagabondo tra le mercificazioni.
Salvatore Antonio Bravo – Il comunista è un pensatore militante, consapevole dunque che la sua azione è perenne: non vi sono sistemi o regimi che concludono la storia e pacificano gli animi. In Marx l’idea del comunismo si concretizza anzitutto nell’immagine di una società in cui l’individuo, liberato dall’alienazione, diventa un uomo totale, universale, cioè capace di dar pieno sviluppo alla sua personalità.
Salvatore Antonio Bravo – Theodor L. Adorno, in «Minima moralia. Meditazioni sulla vita offesa», ci comunica l’urgenza di un nuovo esserci. Chi vuol apprendere la verità sulla vita immediata, deve scrutare la sua forma alienata, le potenze oggettive che determinano l’esistenza individuale fin negli anditi più riposti. Colui che non vede e non ha più nient’altro da amare, finisce per amare le mura e le inferriate. In entrambi i casi trionfa la stessa ignominia dell’adattamento.
Salvatore Antonio Bravo – «Viva la Revoluciòn» di E. Hobsbawm.
Salvatore Antonio Bravo – Evald Ilyenkov e la logica dialettica. Occorre studiare il pensiero come un’attività collettiva, in cooperazione. Il capitalismo è profondamente anticomunitario, trasforma tutto in merce, disintegra le comunità, smantella la vita nella sua forma più alta: il pensiero comunitario consapevole.
Salvatore Antonio Bravo – «Il giovane Marx», di György Lukács. L’intera opera di Marx è finalizzata dall’amore per l’umanità che si fa pensiero consapevole della disumanità di ogni condizione di alienazione, e di ogni reificazione negatrice della libertà.

Salvatore Antonio Bravo – Il libro di Norman G. Finkelstein, «L’industria dell’olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei».


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 03-02-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Punti Critici N° 10-11 (Dicembre 2004) – Scritti di M. Badiale – P. Francini – R. Sartori – P. Sensi – G. Stelli – T. Tonietti

Punti Critici nn. 10+11

Punti critici 10-11 pic

Comitato di direzione: Franco Ghione, Sandro Graffi, Paolo Maddalena, Angela Martini, Lucio Russo, Giovanni Stelli.
Comitato scientifico: Alberto Giovanni Biuso (Liceo Beccaria di Milano), Laura Catastini (Istituto Statale d’Arte, Pisa), Antonio Gargano (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), Franco Ghione (Università di Roma Tor Vergata), Sandro Graffi (Università di Bologna), Antonio La Penna (Università di Firenze), Paolo Maddalena (Corte dei Conti per il Lazio e Università di Viterbo), Emanuele Narducci (Università di Firenze), Lucio Russo (Università di Roma Tor Vergata), Paolo Serafini (Università di Udine), Augusto Schianchi (Università di Parma), Giovanni Stelli (IRRSAE dell’Umbria, Perugia).

Segretaria di redazione: Carla Russo.


Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa  In questo numero

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 9-25

Marino Badiale,
Nuove consolazioni. Riflessioni critiche sulla filosofia della scienza

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 29-72

Giovanni Stelli,
Avventure del Postmoderno, II e III

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 75-102

Tito Tonietti,
Disegnare la natura. I modelli matematici di Piero, Leonardo e Galileo
per tacer di Luca

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 105-146

Piergiorgio Sensi,
Il venerdì santo della professione docente

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 147-155

Ruggero Sartori,

Un posto un po’ peggiore dove vivere


    Logo Adobe Acrobat  Freccia rossa  pp. 157-179

Paolo Francini,

Due passi indietro per andare avanti. Perché riprostinare l’esame di riparazione e la Commissione esterna alla Maturità


Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa

Notizie sugli autori

***


 

tutti


Per leggere le pagine

del n° 1.

coperta 01_pic

Punti Critici N° 1 (Maggio 1999) – Scritti di Fabio Acerbi, Giovanni Gallavotti, Sandro Graffi, Giovanni Lombardi, Paolo Radiciotti, Lucio Russo, Maria Sepe, Giovanni Stelli.

Per leggere le pagine

del n° 2.

Coperta N- 2

Punti Critici N° 2 (Settembre/Dicembre 1999) – Scritti di Paolo Maddalena, Alberto Giovanni Biuso, Giovanni Gallavotti, Sandro Graffi, Lucio Russo, Stefano Isola, Marco Mamone Capria, Angela Martini.

Per leggere le pagine

del n° 3.

Punti Critici N_3 g

Punti Critici N° 3 (Maggio 2000) – Scritti di Vladimir I. Arnold, Laura Catastini, Franco Ghione, Sandro Graffi, Pietro Greco, Giovanni Lombardi, Angela Martini, Emanuele Narducci, Lucio Russo.

Per leggere le pagine

del n° 4.

img385

Punti Critici N° 4 (Febbraio 2001) – Scritti di Fabio Acerbi, Piero Brunori, Giovanni Lombardi, Angela Martini, Paolo Maddalena, Lucio Russo, Ledo Stefanini, Mauro Zennaro.

Per leggere le pagine

del nn° 5-6.

 

Punti Critici 05-06 pic

Punti Critici N° 5/6 (Dicembre 2001) – Scritti di A.G. Biuso, A. Martini, R.E. Proctor, L. Stefanini, G. Stelli, F. Vieri, L. Russo.

 


Per leggere le pagine

del n° 7.

Punti Critici_7 pic

Punti Critici N° 7 (Novembre 2002) – Scritti di M. Badiale – S. Graffi – D.F. Labaree – A. Martini – P. Radiciotti – F. Senatore

Per leggere le pagine

del n° 8.

Punti Critici_8 pic

Punti Critici N° 8 (Ottobre 2003) – Scritti di F. Acerbi – A.G. Biuso – L. Catastini – F. Ghione – C. Gini – S. Graffi – G. Lolli – Piero della Francesca

Per leggere le pagine

del n° 9

Punti critici 09 pic

Punti Critici N° 9 (Marzo 2004) – Scritti di M. Badiale – A.G. Biuso – F. Ghione – A. Martini – G. Stelli – M. Tei – G. Salvemini

 


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 31-01-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


Seguici sul sito web 

cicogna petite

Perché «Petite Plaisance»

00 Biblioteca


 

Gaetano Salvemini (1873-1957) – Le riforme scolastiche benefiche non producono i loro effetti benefici che a lunga scadenza; le situazioni malefiche producono risultati immediati: rendere meno efficiente che sia possibile la scuola pubblica, e creare sulle sue rovine un sistema di scuole private.

Gaetano Salvemini 001

014  «Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere». Gaetano Salvemini

 

Scritti sulla scuola, Feltrinelli, Milano 1966

Scritti sulla scuola, Feltrinelli, Milano 1966

 

«Le riforme scolastiche benefiche non producono i loro effetti benefici che a lunga scadenza; le situazioni malefiche producono risultati immediati. Noi assistiamo oggi in Italia a uno sforzo metodico per rendere meno efficiente che sia possibile la scuola pubblica, e creare sulle sue rovine un sistema di scuole private».

Gaetano Salvemini


Il testo integrale

Gaetano Salvemini, Scuola e società


Gaetano Salvemini, Scuola e società,  Pubblicato come articolo sulla rivista «Scuola e città» (La Nuova Italia), Firenze 1952, poi in Id., Scritti sulla scuola, a cura di Lamberto Borghi e Beniamino Finocchiaro, Feltrinelli, Milano 1966. Lo si può leggere anche in «Punti Critici» n° 9, marzo 2004, pp. 113-139, con una presentazione di Angela Martini.


 

md18148565613Il libro da cui prende le mosse Salvemini è:

Lamberto Borghi, Educazione e autorità nell’Italia moderna, La Nuova Italia, Firenze 1951.

Ristampa del 1975

Ristampa del 1975


Un buon riferimento:

Antonio Gramsci, La formazione dell'uomo, Roma 1969

Antonio Gramsci, La formazione dell’uomo, Roma 1969


Gaetano Salvemini (1873-1957) – Siate non conformisti di fronte alla cultura ufficiale.

Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 30-01-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


Seguici sul sito web 

cicogna petite

Perché «Petite Plaisance»

00 Biblioteca


 

Punti Critici N° 9 (Marzo 2004) – Scritti di M. Badiale – A.G. Biuso – F. Ghione – A. Martini – G. Stelli – M. Tei – G. Salvemini

Punti Critici n. 9

Punti critici 09 pic

Comitato di direzione: Franco Ghione, Sandro Graffi, Paolo Maddalena, Angela Martini, Lucio Russo, Giovanni Stelli.
Comitato scientifico: Alberto Giovanni Biuso (Liceo Beccaria di Milano), Laura Catastini (Istituto Statale d’Arte, Pisa), Antonio Gargano (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), Franco Ghione (Università di Roma Tor Vergata), Sandro Graffi (Università di Bologna), Antonio La Penna (Università di Firenze), Paolo Maddalena (Corte dei Conti per il Lazio e Università di Viterbo), Emanuele Narducci (Università di Firenze), Lucio Russo (Università di Roma Tor Vergata), Paolo Serafini (Università di Udine), Augusto Schianchi (Università di Parma), Giovanni Stelli (IRRSAE dell’Umbria, Perugia).

Segretaria di redazione: Carla Russo.


Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa  In questo numero

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 9-55

Giovanni Stelli,
Avventure del Postmoderno, I

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 57-83

Alberto Giovanni Biuso,
Filosofia, intelligenza artificiale e apprendimento

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 87-90

Franco Ghione,
Numeri chilometrici

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 93-106

Angela Martini,
Il liceo e la riforma «Berlinguer-Moratti»

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 107-109

Mario Tei,

Prima che l’insegnante scompaia


    Logo Adobe Acrobat  Freccia rossa  pp. 113-139

Gaetano Salvemini,

Scuola e società


Logo Adobe Acrobat   Freccia rossa   pp. 143-146

Marino Badiale,
Università riformata o demolita?

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa

Notizie sugli autori

***


 

tutti


Per leggere le pagine

del n° 1.

coperta 01_pic

Punti Critici N° 1 (Maggio 1999) – Scritti di Fabio Acerbi, Giovanni Gallavotti, Sandro Graffi, Giovanni Lombardi, Paolo Radiciotti, Lucio Russo, Maria Sepe, Giovanni Stelli.

Per leggere le pagine

del n° 2.

Coperta N- 2

Punti Critici N° 2 (Settembre/Dicembre 1999) – Scritti di Paolo Maddalena, Alberto Giovanni Biuso, Giovanni Gallavotti, Sandro Graffi, Lucio Russo, Stefano Isola, Marco Mamone Capria, Angela Martini.

Per leggere le pagine

del n° 3.

Punti Critici N_3 g

Punti Critici N° 3 (Maggio 2000) – Scritti di Vladimir I. Arnold, Laura Catastini, Franco Ghione, Sandro Graffi, Pietro Greco, Giovanni Lombardi, Angela Martini, Emanuele Narducci, Lucio Russo.

Per leggere le pagine

del n° 4.

img385

Punti Critici N° 4 (Febbraio 2001) – Scritti di Fabio Acerbi, Piero Brunori, Giovanni Lombardi, Angela Martini, Paolo Maddalena, Lucio Russo, Ledo Stefanini, Mauro Zennaro.

Per leggere le pagine

del nn° 5-6.

 

Punti Critici 05-06 pic

Punti Critici N° 5/6 (Dicembre 2001) – Scritti di A.G. Biuso, A. Martini, R.E. Proctor, L. Stefanini, G. Stelli, F. Vieri, L. Russo.

 


Per leggere le pagine

del n° 7.

Punti Critici_7 pic

Punti Critici N° 7 (Novembre 2002) – Scritti di M. Badiale – S. Graffi – D.F. Labaree – A. Martini – P. Radiciotti – F. Senatore

Per leggere le pagine

del n° 8.

Punti Critici_8 pic

Punti Critici N° 8 (Ottobre 2003) – Scritti di F. Acerbi – A.G. Biuso – L. Catastini – F. Ghione – C. Gini – S. Graffi – G. Lolli – Piero della Francesca

Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 27-01-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


Seguici sul sito web 

cicogna petite

Perché «Petite Plaisance»

00 Biblioteca


 

Alberto Giovanni Biuso – Quei labirinti temporali che redimono il dolore. Recensione del libro «Fenomenologia e patografia del ricordo» di Pio Colonnello.

Pio Colonnello01

9788857543772_0_0_0_75

004 Il tempo ha una struttura labirintica, le sue direzioni sono molteplici, esso va e viene sia nelle componenti profonde della materia atomica sia nella materia consapevole di se stessa, i cervelli animali.

 

Anche per questo la domanda sul tempo non riguarda soltanto il movimento fisico delle

xxSalvatdor Dalì, La persistenza della memoria, 1931

S. Dalì, La persistenza della memoria, 1931

cose, dei viventi, degli astri. È una domanda che ha sempre a che fare anche con la memoria. È tale complessità che Pio Colonnello ha indagato in Fenomenologia e patografia del ricordo (Mimesis 2017, pp. 151, euro 16), ponendo in connessione il lavoro della memoria con il «bisogno di redimere il dolore», di rendere lieve il peso dell’accaduto, di riunire il separato, di coniugare l’adesso con il già stato in modo da dare un senso a ciò che sta per avvenire e che verrà. Passato, presente e futuro sono delle «estasi», sono delle aperture ai ricordi, al percepito, all’atteso ed è per questo che «nel singolare rapporto delle ekstasi temporali tra loro, entra finalmente in gioco la riconciliazione, il rinnovato accordo dell’uomo con il suo proprio destino».

 

Le immagini del passato possono risultare molto più vive rispetto a quelle che abbiamo davanti in questo momento, perché sono immagini-sintesi di sentimenti profondi, di angosce superate soltanto in parte, di ferite sempre dolenti, di desideri che non sono finiti. È la ragione per cui queste immagini «chiedono ancora spiegazioni al presente, mentre dal pozzo della memoria, cavità cupa ed evanescente, affiorano solo pallide immagini, lievi simulacri».

Percorriamo di continuo il magnifico labirinto del tempo, fatto con i mattoni dei nostri ricordi, i quali però non sono mai rappresentazioni statiche, ferme e sempre uguali a se stesse. No, i ricordi sono continuamente cangianti, riletti e riscritti alla luce delle urgenze presenti e delle aspirazioni future. Questo vuol dire Husserl quando sostiene – come prima di lui aveva fatto Agostino – che il presente della mente si distende e si estende in ogni altra dimensione del tempo, sino a creare quei ricordi di fantasia che sono generati «dalla capacità della coscienza intenzionale di ricollocarsi in ogni punto del flusso e di produrlo “ancora una volta”». Su questi ricordi si incentra con particolare attenzione la psicoanalisi.

Forme di realizzazione e compimento dell’accordo con sé e della riconciliazione con gli altri sono il perdono e la promessa, due facce dello stesso volto del tempo, poiché «l’una è rivolta al non-più e l’altra al non-ancora».

Giustamente Paul Ricoeur mette in guardia «dalla trappola del perdono facile», che pretende di cancellare il conflitto con un atto unilaterale, mentre la conciliazione va chiesta, maturata, faticosamente conquistata, là dove è possibile che accada. In questi fenomeni insieme interiori e sociali mostra tutta la sua potenza il divenire, capace di dare quiete anche ai più frenetici e feroci gesti della storia collettiva e di mutare segno alle speranze, ai desideri, alle illusioni, agli amori.

 

xxUmberto Boccioni, Tre donne, 1909

Umberto Boccioni, Tre donne, 1909

Tutti recisi dalla falce del tempo ma che del tempo sono sostanza. Una volta accaduti, infatti, essi lo sono per sempre. E i ricordi costituiscono la viva testimonianza della loro presenza adesso e qui, nel tessuto dei mesi, delle ore, dei giorni.

 

Il ritmo pacato e attento di questo libro, della sua scrittura, mostra tale divenire in filosofi e narratori come Arendt, Borges, Jaspers, Freud, Nietzsche, Heidegger. In tutti loro la salute umana mostra di essere in primo luogo equilibrio e gioco tra il ricordo e l’oblio, tra la tenacia dei sentimenti già vissuti e l’apertura ad accogliere il nuovo.

Alberto Giovanni Biuso

***

L’articolo è già stato pubblicato su «il manifesto» del 20 gennaio 2018.


Alberto Giovanni Biuso – Recensione del libro “Discorsi sulla morte” di Luca Grecchi.

Alberto Giovanni Biuso – Recensione al libro di Roberto Marchesini «Alterità. L’identità come relazione»

Alberto Giovanni Biuso – Recensione al libro di Renato Curcio «L’EGEMONIA DIGITALE. 
L’impatto delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro». La colonizzazione dell’immaginario scandisce «un progresso tecnologico inesorabilmente avverso ad ogni anelito di progresso sociale»


Alcuni libri di Pio Colonnello

 

Tempo e necessità. Ricerche su Kant, Husserl e Heidegger

Tempo e necessità. Ricerche su Kant, Husserl e Heidegger

Storia esistenza libertà. Rileggendo Croce

Storia esistenza libertà. Rileggendo Croce

Orizzonti del trascendentale

Orizzonti del trascendentale

Melanconia

Melanconia

Martin Heidegger a Hannah Arendt. Lettera mai scritta

Martin Heidegger a Hannah Arendt. Lettera mai scritta

 


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 29-01-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


Seguici sul sito web 

cicogna petite

Perché «Petite Plaisance»

00 Biblioteca

Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada. Eraclito

Non obbedire a chi ti dice di rinunziare all’impossibile! / L’impossibile solo rende possibile la vita dell’uomo. / Tu fai bene a inseguire il vento con un secchio. / Da te, e da te soltanto, si lascerà catturare. M. Guidacci

 

Punti Critici N° 8 (Ottobre 2003) – Scritti di F. Acerbi – A.G. Biuso – L. Catastini – F. Ghione – C. Gini – S. Graffi – G. Lolli – Piero della Francesca

Punti Critici n. 8

Punti Critici_8 pic

 

Comitato di direzione: Franco Ghione, Sandro Graffi, Paolo Maddalena, Angela Martini, Lucio Russo, Giovanni Stelli.
Comitato scientifico: Alberto Giovanni Biuso (Liceo Beccaria di Milano), Laura Catastini (Istituto Statale d’Arte, Pisa), Antonio Gargano (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), Franco Ghione (Università di Roma Tor Vergata), Sandro Graffi (Università di Bologna), Antonio La Penna (Università di Firenze), Paolo Maddalena (Corte dei Conti per il Lazio e Università di Viterbo), Emanuele Narducci (Università di Firenze), Lucio Russo (Università di Roma Tor Vergata), Paolo Serafini (Università di Udine), Augusto Schianchi (Università di Parma), Giovanni Stelli (IRRSAE dell’Umbria, Perugia).

Segretaria di redazione: Carla Russo.


Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa In questo numero

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 9-24

Franco Ghione,
L’ombra della cupola

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 25-52

Laura Catastini,
L’arco di pietra

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 55-88

Corrado Gini,
I pericoli della statistica

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   pp. 91-94

Gabriele Lolli,
Riflessi condizionali

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa   p. 95

Fabio Acerbi,

Riflessi condizionali


    Logo Adobe Acrobat  Freccia rossa  pp. 99-138

Piero Della Francesca,

De Prospectiva pingendi. Libro I


Logo Adobe Acrobat   Freccia rossa   pp. 141-146

Alberto Giovanni Biuso,
Per una filosofia dell’informazione

Logo Adobe Acrobat    Freccia rossa

Notizie sugli autori

***


 

tutti


Per leggere le pagine

del n° 1.

coperta 01_pic

Punti Critici N° 1 (Maggio 1999) – Scritti di Fabio Acerbi, Giovanni Gallavotti, Sandro Graffi, Giovanni Lombardi, Paolo Radiciotti, Lucio Russo, Maria Sepe, Giovanni Stelli.

Per leggere le pagine

del n° 2.

Coperta N- 2

Punti Critici N° 2 (Settembre/Dicembre 1999) – Scritti di Paolo Maddalena, Alberto Giovanni Biuso, Giovanni Gallavotti, Sandro Graffi, Lucio Russo, Stefano Isola, Marco Mamone Capria, Angela Martini.

Per leggere le pagine

del n° 3.

Punti Critici N_3 g

Punti Critici N° 3 (Maggio 2000) – Scritti di Vladimir I. Arnold, Laura Catastini, Franco Ghione, Sandro Graffi, Pietro Greco, Giovanni Lombardi, Angela Martini, Emanuele Narducci, Lucio Russo.

Per leggere le pagine

del n° 4.

img385

Punti Critici N° 4 (Febbraio 2001) – Scritti di Fabio Acerbi, Piero Brunori, Giovanni Lombardi, Angela Martini, Paolo Maddalena, Lucio Russo, Ledo Stefanini, Mauro Zennaro.

Per leggere le pagine

del nn° 5-6.

 

Punti Critici 05-06 pic

Punti Critici N° 5/6 (Dicembre 2001) – Scritti di A.G. Biuso, A. Martini, R.E. Proctor, L. Stefanini, G. Stelli, F. Vieri, L. Russo.

 


Per leggere le pagine

del n° 7.

Punti Critici_7 pic

Punti Critici N° 7 (Novembre 2002) – Scritti di M. Badiale – S. Graffi – D.F. Labaree – A. Martini – P. Radiciotti – F. Senatore

 


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 27-01-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


Seguici sul sito web 

cicogna petite

Perché «Petite Plaisance»

00 Biblioteca


 

Leonardo da Vinci (1452-1519) – Quelli che si innamorano della pratica senza scientia sono come nocchieri che entrano in naviglio senza timone o bussola. Sempre la pratica deve essere edificata sopra la buona teoria.

Leoanrdo da Vinci 01

 

03

 

Leonardo+da+Vinci+TuttArt++3

«[…] quelli che si innamorano della pratica senza scientia sono come nocchieri che entrano in naviglio senza timone o bussola, che mai hanno certezza dove si vadano. Sempre la pratica deve essere edificata sopra la buona teoria, della quale la prospettiva è guida e porta e senza questa nulla si fa bene».

Leonardo da Vinci, Trattato della pittura.

tratatto-della-pittura-1651-davinci

 

Leonardo-san-giovanni

Sinossi

Il filo conduttore del Trattato, così diverso dalla tradizione didascalica del Libro dell'arte di Cennino Cennini, è l'esercizio della "filosofia del vedere", cioè il saper cogliere la rivelazione della Natura tramite l'osservazione penetrante. Ogni aspetto viene infatti ricondotto alla comprensione sistematica di quei fenomeni fisici, matematici e geometrici che ne determinano la percezione visiva. Per Leonardo è proprio l'applicazione della logica, delle discipline matematiche e geometriche, dell'anatomia e dell'ottica che nobilita la pittura, tale da poterla equiparare alle altre arti liberali (cioè speculative), quali la filosofia, la poesia, la teologia, ecc.

 

 


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 29-01-2018)


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


Seguici sul sito web 

cicogna petite

Perché «Petite Plaisance»

00 Biblioteca

Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada. Eraclito

Non obbedire a chi ti dice di rinunziare all’impossibile! / L’impossibile solo rende possibile la vita dell’uomo. / Tu fai bene a inseguire il vento con un secchio. / Da te, e da te soltanto, si lascerà catturare. M. Guidacci

 

1 162 163 164 165 166 256