Benedetta e Luca Grecchi – Omero tra padre e figlia. Una piccola introduzione alla filosofia.

Omero tra padre e figlia

Luca e Benedetta Grecchi

Omero tra padre e figlia. Una piccola introduzione alla filosofia

ISBN 978-88-7588-103-0, 2014, pp. 64, Euro 5.

In copertina: Disegno di Benedetta Grecchi, 2014

indicepresentazioneautoresintesi

Questo piccolo dialogo si colloca a metà strada fra il ricordo ed il desiderio. Il ricordo, perché in termini assai vicini a quelli qui riportati esso si è effettivamente svolto, nel settembre 2013, fra me e mia figlia Benedetta, allora di cinque anni e mezzo. Il desiderio: spero infatti che questo sia uno dei primi passi della mia bimba verso una ricerca di verità e di bene, necessaria per una vita felice.
Ogni persona che si occupa di filosofia, e che ha dei figli, spera – se realmente ama la filosofia – che anche loro se ne interesseranno in futuro, una volta giunti ad una età adeguata. La filosofia, infatti, indica (o dovrebbe indicare) come riflettere sul senso e sul valore della vita, sicché si pone come una conoscenza imprescindibile e concreta, anche se oggi viene dipinta come una cosa inutile ed astratta. Soprattutto, chi si occupa di filosofia spera di poter dare ai propri figli – così come spera di poterla dare in generale – una “educazione filosofica”, ossia una capacità di aprirsi agli altri in modo benevolo, di ragionare in modo adeguato, di comportarsi in modo giusto. Tutto oggi, nel mondo, conduce nella direzione opposta: le attuali modalità sociali portano alla chiusura agli altri; la ragione non è sviluppata in modo dialettico; la giustizia, infine, è negata in un mondo che ruota tutto intorno al denaro. Per questo, specialmente oggi, serve la filosofia.
Un padre, o una madre, sebbene debbano nuotare controcorrente, possono fare molto. Con l’esempio personale, certo, ma anche cercando di avvicinare i piccoli alle letture; sempre, ben inteso, senza esagerare, perché i bambini devono innanzitutto giocare, e, quindi, devono approcciarsi ai testi in modo adeguato alla loro età ed alle loro attitudini. Il rischio è, altrimenti, che essi inizino ad odiare la filosofia ancor prima di quando solitamente accade, cioè al Liceo, dove talvolta questo effetto viene involontariamente prodotto da insegnanti poco educati e poco appassionati. Per il bambino, il primo approccio alla filosofia deve essere un gioco educativo, sicché essa non deve essere presentata come una cosa difficile e strana. Fatto questo danno, altrimenti, è poi difficile rimediare, perché appunto tutto conduce, nel mondo, contro una ripresa in età adulta della educazione filosofica.
Per chi scrive, come ricordato, la filosofia è molto importante, in quanto essa rappresenta la principale forma conoscitiva che consente di vivere in modo libero e felice, pur nei limiti ristretti concessi dalle attuali modalità sociali. Ciò nonostante, in questo libro, non intendo presentare un metodo generale, valido sempre, su come avvicinare i bambini alla filosofia. Questo scritto è semplicemente il mio modo, personale ed in larga parte intuitivo, con cui ho cercato di avvicinare mia figlia alla filosofia. Se poi, da questo approccio, si potranno trarre indicazioni più generali, ne sarò contento.
Una introduzione ad un libricino come questo non deve essere eccessiva; tuttavia, prima di lasciare al dialogo, vorrei solo brevemente rimarcare le mie perplessità nei confronti della vena anglosassone accademicamente dominante in questo campo, ossia la cosiddetta Philosophy for Childrens (P4C). Mi pare infatti, da quello che ho potuto leggere in merito, che essa intenda l’educazione filosofica dei bambini come una sorta di tentativo di sviluppo delle facoltà logiche, razionali, cognitive (come se il compito della filosofia fosse quello di far diventare i bambini più “intelligenti”, magari per prepararli al “successo” nel mondo del lavoro), anziché di sviluppo delle loro facoltà dialogiche, comunitarie, affettive.
Questo breve dialogo non vuole nemmeno essere una concessione alla moda, oggi assai diffusa, di trasformare la filosofia in un racconto esistenziale. Chi conosce i miei libri sa che non condivido questo orientamento, in quanto ritengo che la filosofia debba ricercare innanzitutto la verità ed il bene, con contenuti e forme proprie, e che quando si fa della “letteratura filosofica” (come pure anche a me è capitato di fare),1 occorre sapere che non si fa in senso proprio filosofia, ma qualcosa di differente. La filosofia non è, insomma, riducibile alla biografia ed alla narrazione.
Questo breve dialogo ha – se così si può dire – un solo fine generale, quello di indicare la priorità della educazione alla buona vita sulla istruzione alla vita professionale. Si tratta, mi pare, di una banalità, ma è una banalità disattesa – tranne che nelle dichiarazioni di intenti, sempre inosservate, dei pedagogisti – da parecchi anni, nelle scuole di ogni ordine e grado dei paesi occidentali, oltre che nella mentalità diffusa della gente comune. Nelle scuole elementari, e perfino nella scuola materna, si sono fatti entrare in pompa magna l’inglese (la lingua degli affari) e l’informatica (lo strumento degli affari); nelle scuole superiori e nelle università, poi, specialmente in Italia, si sono sempre più diffusi gli indirizzi tecnico-professionali rispetto a quelli storico-umanistici, con effetti disastrosi sia sulla qualità umana dei nostri giovani, sia sulla capacità generale di elaborare orizzonti fondati di senso e di valore.
Mi si potrebbe infine chiedere il motivo per cui, pur essendo tanti i miti ed i racconti antichi, e diverse le tradizioni cui attingere, io abbia deciso di cominciare con Omero. Sicuramente, si comincia sempre dal luogo che si conosce meglio. Ritengo, tuttavia, che ci sia di più. Considero infatti Omero, oltre che la migliore introduzione alla letteratura, anche la migliore introduzione alla filosofia,2 e dato che considero la filosofia la migliore forma di educazione, il lettore desideroso di sapere si sarà già risposto.
Concludo dicendo che sono stato a lungo incerto sul titolo. Non mi sembrano infatti rispettosi titoli del tipo “l’etica” (o “il razzismo”, o “altro”) “spiegato/a a mio/a figlio/a”, in cui sembra che ci si rivolga ai figli facendo lezione; non c’è modo migliore, peraltro, per non essere ascoltati. Inizialmente avevo pensato, come titolo, ad “Omero raccontato con”, o “compreso con” mia figlia, che ambedue contenevano un elemento di verità, perché nel rendere partecipe un figlio di questi contenuti, si è sempre costretti a raccontarli “con” lui/lei, ossia a (ri)comprenderli “insieme” a lui/lei. Tuttavia, mi sembrava in questo modo di torcere troppo il bastone dalla parte opposta, seguendo quella moda “amicale” nei rapporti fra genitori e figli che, specie se i bimbi sono piccoli, viene oggi giustamente (anche se a volte un po’ esageratamente) criticata. Per questo motivo il titolo è rimasto Omero tra padre e figlia, con il sottotitolo Una piccola introduzione alla filosofia.

Ringrazio infine la coautrice, Benedetta, per la gioia che ogni giorno mi dona.

 

Luca Grecchi

1 Rinvio, in merito, a L. Grecchi, Socrate. Discorso su Le Nuvole di Aristofane, Guida, Napoli, 2007 (collana autentici falsi d’autore); L. Grecchi, Vivere o morire. Dialogo fra Platone e Nietzsche sul senso della esistenza, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2007, con introduzione di Enrico Berti; L. Grecchi, Confucio. Sulla buona vita, sul buon governo e su me stesso, Guida, Napoli, 2011.

2 L. Grecchi, L’umanesimo di Omero, Petite Plaisance, Pistoia, 2012, con introduzione di C. Preve.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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