«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
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Il mondo è pieno di segni, ma questi segni non hanno tutti la bella semplicità delle lettere dell’alfabeto, dei segnali stradali o delle uniformi militari: sono infinitamente più sottili. La maggior parte del tempo li prendiamo per informazioni “naturali”[…]. Decifrare i segni del mondo significa lottare sempre con una certa innocenza degli oggetti. Tutti noi comprendiamo il francese così “naturalmente” che non ci viene mai in mente che la lingua francese è un sistema molto complesso e niente affatto “naturale” di segni e di regole: nello stesso modo, bisogna continuamente scuotere l’osservazione affinché si adatti non al contenuto delle immagini, ma alla loro costruzione: in breve, il semiologo, come il linguista, deve entrare nella “cucina del senso”. È un’impresa enorme. Perché? Perché un senso non può mai essere analizzato isolatamente. […] I segni sono costituiti da differenze. All’inizio del processo semiologico si è pensato che l’obiettivo principale fosse – per utilizzare le parole di de Saussure – quello di studiare la vita dei segni in seno alla vita sociale, e di conseguenza di ricostituire dei sistemi semantici di oggetti (vestiti, cibo, immagini, rituali, protocolli, musiche, eccetera). E una cosa da fare. Ma avanzando in questo progetto già immenso, la semiologia si trova davanti a nuovi obiettivi; per esempio, studiare l’operazione misteriosa attraverso la quale un messaggio qualsiasi assume un secondo senso, diffuso, generalmente ideologico, e che si chiama “senso connotato”: se in un giornale leggo il titolo seguente: “A Bombay regna un’atmosfera di fervore che non esclude né il lusso né il trionfalismo”, ottengo un’informazione letterale sull’atmosfera del Congresso eucaristico; ma percepisco anche un certo stereotipo costituito da un sottile equilibrio di negazioni, che mi rimanda a una visione equilibrante del mondo; questi fenomeni sono costanti, bisogna studiarli a fondo con tutti i mezzi messi a disposizione dalla linguistica. Se gli obiettivi della semiologia si ingrandiscono continuamente è perché ci accorgiamo sempre di più dell’importanza e della diffusione della significazione nel mondo.
Roland Barthes, L’avventura semiologica [L’aventure sémiologique, Éd. du Seuil, Paris 1991], Einaudi, Torino 1991; riportato anche in AA.VV., La cunina del senso. Gusto, significazione, testualità, a cura di G. Marrone e A. Giannitrapani, Mimesis, Milano 2012.
L’avventura semiologica è un incessante interrogarsi sul modo in cui viene imposto un senso al reale attraverso il linguaggio, sulla responsabilità delle forme che caratterizza ogni aspetto della vita sociale e culturale.Nei saggi che compongono questa raccolta, scritti tra il 1962 e il 1973, la riflessione di Barthes sulla semiologia applicata a vari campi (dalla sociologia alla pubblicità, dalla medicina all’urbanistica, dalla linguistica alla letteratura) appare in tutta la sua molteplicità e complessità. Analisi strutturale e testuale, critica e letteratura, teoria e scrittura, sono affrontate in una propspettiva spesso paradossale che tende a metterne in discussione i confini. Origine e termine dell’avventura, la semiologia viene a definirsi nell’orizzonte di tensioni irrisolte tra determinazione sistematica del senso e sua disseminazione.
Questo libro raccoglie testi sparsi dei principali autori, e sui basilari problemi, riguardanti la semiotica della cucina e dell’alimentazione, del gusto e della commensalità. Autori come Lévi-Strauss, Barthes, Greimas, Jakobson hanno difatti già da diversi decenni inaugurato un filone di studi estremamente fecondo – quello del cibo come linguaggio e come sistema di segni – che molti studiosi successivi, qui degnamente rappresentati, stanno proseguendo. I modelli culturali che separano il crudo dal cotto, le strutture ideologiche a essi sottese, le operazioni elementari nell’arte della cucina, la struttura delle ricette, i dispositivi sinestetici dei testi enologici, l’organizzazione sociale dei pasti, i rituali alimentari e i relativi tabù, le riprese mediatiche della gastronomia, le tecnologie culinarie: tutto un sistema semiotico che, reggendo forme di alimentazione, costituisce forme di senso viene discusso in profondità, aprendo la strada a ricerche ulteriori. Testi di: Marialaura Agnello, Roland Barthes, Françoise Bastide, Denis Bertrand, Mary Douglas, Roman Jakobson, Claude Lévi-Strauss, Paolo Fabbri, Jacques Fontanille, Guido Ferrara, Jean-Marie Floch, Jack Goody, Alice Giannitrapani, Algirdas J. Greimas, Giorgio Grignaffini, Gianfranco Marrone, Piero Ricci, Jean Soler.
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