Georg W. Bertram – L’arte è prima di tutto un’esperienza che si realizza concretamente nella prassi umana. È una forma specifica di prassi riflessiva, è una prassi di libertà. È politica e si occupa dell’uomo. Anzi ne è responsabile e in quanto tale ha capacità trasformative.

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Georg W. Bertram, L’ arte come prassi umana. Un’estetica, Cortina, Milano, 2017.

Nella teoria e nella filosofia dell’arte si tende a sottolineare la differenza fra l’arte e le altre pratiche umane. In questo modo, si può perdere il senso profondo della pluralità delle arti e sottovalutare la portata dell’arte nell’ambito della forma di vita umana. Nella prospettiva teorica elaborata da Bertram, al contrario, l’arte si colloca in continuità con le altre pratiche umane, perché solo in riferimento a esse può acquisire la propria specifica potenzialità. Seguendo Bertram, saremo in grado di riconoscere in queste pagine una nuova impostazione nella definizione dell’arte: si tratta di comprendere la particolarità dell’arte nel contesto della prassi umana, ovvero di cogliere la natura essenziale del contributo che essa reca a questa prassi. L’arte, argomenta Bertram, non è semplicemente una pratica specifica, ma una forma specifica di prassi riflessiva, in quanto tale assai produttiva nell’ambito del rapporto dell’essere umano con il mondo. In ultima analisi, l’arte è una prassi di libertà.

Quarta di copertina
È dai tempi delle parole di Platone sul ruolo dei poeti che l’arte è al centro dell’attenzione dei filosofi. Questa sistematica introduzione alla filosofia dell’arte considera le riflessioni che da Platone, Kant, Hegel, giungono fino ad Adorno, Heidegger, Gadamer e Goodman e s’interroga su quale valore e funzione abbia l’esperienza artistica per l’uomo. Il volume illustra i principali temi e concetti che hanno contribuito a definire nella storia l’espressione artistica e in particolare i confini di quel peculiare processo di comunicazione che ha luogo solo grazie all’arte. Georg Bertram risponde a quesiti centrali: che cos’è l’arte? quando vi è arte? qual è il valore dell’arte per l’uomo? E invita il lettore a partecipare con lui nella riflessione.


 

«L’arte ha per noi il valore di una forma specifica di conoscenza, che può essere contraddistinta dal fatto che nel dialogo con le opere d’arte prendiamo coscienza del mondo e di noi stessi. Non vengono però in tal modo accomunati, in maniera infondata, due possibili orientamenti della presa di coscienza estetica? Se nell’arte ne va del mondo o ci occupiamo invece di noi stessi fa certo una bella differenza. È necessario precisare in che senso dev’essere intesa la presa di coscienza estetica: se essa abbia a che fare primariamente con il mondo o con il sé. Le opere d’arte rispondono anzitutto al modo in cui è strutturato il mondo intorno a noi? oppure ci interpellano in primo luogo circa le specifiche cognizioni che abbiamo di noi stessi? Potrebbe darsi naturalmente amcora una terza possibilità: che nell’arte il mondo e il sé siano interdipendenti.
Nel dibattito concernente la questione se l’arte sia rappresentazione o espressione, uno dei dibattiti paradigmatici intorno all’arte, vengono a confronto le due diverse direzioni che possono essere prese dal realizzarsi della presa di coscienza estetica. La diatriba sulla spiegazione dell’arte come rappresentazione o espressione verte sul modo in cui l’arte funziona come processo di presa di coscienza, e cioè se essa sia anzitutto orientata alla nostra realtà esteriore o alla nostra realtà interiore. Chi concepisce l’arte come rappresentazione ne associa le prestazioni cognitive al mondo esterno. Se invece l’arte è concepita come espressione, la presa di coscienza estetica è connessa con il mondo cognitivo interiore di coloro che fanno esperienze estetiche.
Sulla base del dibattito sull’arte come rappresentazione o espressione […], alla fine dei conti è più opportuno tirare in ballo un’altra distinzione, quella tra segno ed esperienza, che rende meglio comprensibile in che misura l’arte possa riferirsi al mondo o al sé. Quindi le opere d’arte devono essere comprese come segni – come segni che dànno da comprendere determinati contenuti -, oppure ci rappresentano in un modo particolare le forme della nostra esperienza. […] Il mio scopo è mostrare in generale che l’alternativa tra segno ed esperienza, in ultima istanza, non presenta affatto un’alternativa e che perciò nella presa dio coscienza estetica mondo e sé sono inseparabilmente connessi».
GEORG W. BERTRAMArte. Un’introduzione filosofica (Kunst. Eine philosophische Einführung, Philipp Reclam, Stuttgart 2005), trad. It. di A. Bertinetto, Einaudi, Torino 2008, cap. IV ‘Segno o esperienza ‘, pp. 127 – 128.


 

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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