George Orwell (1903-1950) – Una condizione di coscienza ridotta porta al conformismo politico. Oggi i discorsi politici sono mera difesa di ciò che non è difendibile. Il nemico della chiarezza è l’insincerità. Non lasciate che accada. Ciò dipende da voi.
Nella Conferenza stampa del 15 giugno 1949, tenutasi sei giorni dopo la pubblicazione di 1984, così George Orwell esortava il pubblico:
«Alcuni recensori di 1984 hanno sostenuto che questa è la visione dell’autore di quello che succederà nel mondo occidentale nei prossimi quaranta anni, o di qualcosa di simile. Questo non è corretto. Ciò che io penso è che, tenendo presente che il libro è una parodia, qualcosa di simile a 1984 potrebbe accadere. Questa è la direzione verso cui il mondo si sta muovendo, al presente, ed è una direzione che ha radici profonde nelle basi politiche, sociali ed economiche della condizione del mondo contemporaneo. […] Da questa pericolosa situazione d’incubo si ricava una sola morale: Non lasciate che accada. Ciò dipende da voi».
«Ai nostri giorni è generalmente vero che la scrittura politica è cattiva scrittura. Quando ciò non è vero, di solito, si scoprirà che lo scrittore è un qualche tipo di ribelle che sta esprimendo la propria personale opinione e non la “linea del partito”. L’ortodossia, sotto qualunque bandiera, sembra richiedere uno stile imitativo e privo di vita. Il gergo politico dei pamphlet, degli articoli di opinione, dei manifesti, dei Libri bianchi e dei discorsi di sottosegretari è, naturalmente, diverso da partito a partito ma tutti sono simili nel fatto che quasi mai ci si trova una frase vivida, fresca e originale. Quando si guarda un qualche bolso politicante che sul palco ripete meccanicamente le frasi familiari – bestiale, atrocità, tallone d’acciaio, sanguinosa tirannide, popoli liberi del mondo, ergersi spalla a spalla – si ha spesso la strana impressione di non stare guardando un vero essere umano ma una qualche sorta di marionetta: un’impressione che all’improvviso si rafforza quando la luce rimbalza sugli occhiali dell’oratore e li muta in dischi vuoti dietro ai quali non ci sono occhi. E questo non è nemmeno del tutto irrealistico. Un oratore che usa quel genere di fraseggio è già molto avanti sulla via di trasformarsi in una macchina. I rumori appropriati escono dalla sua laringe ma il suo cervello non è coinvolto, come sarebbe se scegliesse da sé le parole che intende. Se l’oratore sta facendo un discorso che ha già ripetuto più e più volte, egli potrebbe essere quasi inconsapevole di quello che sta dicendo, come accade quando si borbottano le risposte in chiesa.
E questa condizione di coscienza ridotta, se non indispensabile, è quantomeno favorevole al conformismo politico. Ai nostri giorni, i discorsi e gli scritti politici sono perlopiù una difesa di ciò che non è difendibile. Eventi come la sopravvivenza della dominazione britannica in India, le epurazioni e deportazioni russe, le bombe atomiche sganciate sul Giappone, possono in realtà essere difesi ma solo con argomenti che la maggior parte della gente troverebbe brutali e che non si adattano agli scopi professati dai partiti politici. Così il linguaggio politico deve essere costituito in larga parte di eufemismi, argomentazioni fallaci e una mera fumosa imprecisione. Villaggi indifesi sono bombardati dal cielo, gli abitanti sfollati in campagna, il bestiame mitragliato, le capanne messe a fuoco con proiettili incendiari: questo è detto pacificazione. Milioni di contadini sono derubati delle loro fattorie e mandati a marciare lungo le strade con soltanto ciò che possono portare sulle spalle: questo è detto trasferimento di popolazione o rettifica dei confini. Persone sono imprigionate per anni senza processo o colpite da una pistolettata alla nuca o mandate a morire di scorbuto nei campi di lavoro siberiani: questo lo chiamanoeliminazione di elementi inaffidabili. Questa fraseologia è necessaria se si vuole nominare le cose senza evocarne un’immagine mentale».
«Il grande nemico della chiarezza è l’insincerità. Quando non c’è corrispondenza tra le intenzioni reali e quelle dichiarate si ricorre istintivamente alle parole lunghe e alle frasi fatte, facendo come la seppia che butta fuori l’inchiostro».
George Orwell, Politica e lingua inglese (Politics and English Language) [1946], in George Orwell, Usi della lingua inglese, B. A. Graphis, Bari 2004, p. 23.
Il biopensiero
Così George Orwell descrive il bipensiero in 1984, rileggiamo: “La mente gli scivolò nel mondo labirintico del bipensiero. Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullavano a vicenda; sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo ad entrambe, fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale proprio nell’atto di rivendicarla; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l’unico suo garante; dimenticare tutto ciò che era necessario rivendicare ma, all’occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo. Il bipensiero implica la capacità di accogliere siimultaneamente nella propria mente due opinioni tra loro contrastanti, accettandole entrambe.”
George Orwell (1903-1950) – Quando vi muovete, gli occhi vi seguono. IL FRATELLO MAGGIORE VI GUARDA. Si doveva vivere presupponendo che qualsiasi rumore venisse ascoltato e qualsiasi movimento attentamente scrutato.