Marino Gentile (1906-1991) – Umanesimo e tecnica. Tutto ritorna all’uomo. L’umanesimo non è un’epoca storica, ma una concezione generale dell’uomo, presente in tutte le epoche.

Marino Gentile 002

308 ISBNMarino Gentile

Umanesimo e tecnica

Tutto ritorna all’uomo

Introduzione di Mario Quaranta

indicepresentazioneautoresintesi

 

Nell’opera Umanesimo e tecnica (1943) Marino Gentile espone la sua concezione dell’umanesimo che, rispetto a molte altre e diverse interpretazioni, è transpolitica, ossia non è cultural-politica, o sociologica, o psicologica, ma filosofica. Egli sostiene che l’umanesimo non è circoscrivibile a una determinata epoca storica, ma è «una concezione totale dell’uomo e della vita», presente in tutte le epoche. Ma anche la tecnica è «una concezione speculativa e dottrinale» al pari dell’umanesimo: da ciò la necessità di affrontare questo «duello gigantesco fra due concezioni della realtà» contrapposte, mettendo in campo tutte le ragioni dottrinali per evidenziare la superiorità dell’umanesimo tradizionale e perenne che si perfeziona nell’incontro con l’esperienza cristiana, che più compiutamente soddisfa le esigenze originarie dell’umanesimo. Un altro aspetto fondamentale dell’analisi di Gentile è l’affermazione di una continuità fra la cultura greca e quella romana, dichiarata esplicitamente da Aulo Gellio (II sec. d.C.) in Notti Attiche, in cui equipara l’humanitas romana alla paideia greca; c’è uno stretto nesso tra umanesimo e latinità; soltanto Roma «ha fatto concretamente della cultura ellenica il principio dell’educazione civile di tutto il mondo».


267 ISBN

Marino Gentile

Come si pone il problema metafisico

Introduzione di Carmelo Vigna

indicepresentazioneautoresintesi

«Nel dare inizio a un corso di lezioni sul tema: come si pone il problema metafisico, è necessario anzitutto rammentare e riconoscere l’ampiezza delle ostilità e delle perplessità che suscita, nella cultura filosofica e non filosofica contemporanea, il nome stesso della metafisica».

Marino Gentile


coperta 99

Marino Gentile

La metafisica presofistica

in Appendice:
Il valore classico della metafisica antica

Introduzione di Enrico Berti
indicepresentazioneautoresintesi

 

«Quest’opera è un esempio perfettamente riuscito di confluenza tra impegno storiografico, di valore ineccepibile, e impegno teoretico, ovvero filosofico, di grande respiro. Essa perciò
costituisce il modello di un modo di fare storia della filosofia e filosofia teoretica insieme, che restò poi a caratterizzare altri lavori storici di Marino Gentile, in cui nessuna delle due discipline è sacrificata all’altra […] ma ciascuna valorizza l’altra. […] La maniera del tutto particolare, e innovatrice, di intendere la metafisica classica da parte di Marino Gentile, rappresenta la gloria maggiore del maestro, quella per cui vale ancora la pena dichiararsi con orgoglio suoi allievi».

ENRICO BERTI


Marino Gentile (1906-1991) – L’umanesimo si attua come paideia
Marino Gentile (1906-1991) – È necessario anzitutto rammentare e riconoscere l’ampiezza delle ostilità e delle perplessità che suscita, nella cultura filosofica e non filosofica contemporanea, il nome stesso della metafisica.

 

 


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Louis-Victor Pierre Raymond de Broglie (1892-1987) – Occorre ammettere la razionalità del mondo fisico, e riconoscere che vi è qualcosa in comune tra la struttura materiale dell’universo e le leggi che regolano il nostro spirito.

Louis-Victor Pierre Raymond de Broglie 01
Sui sentieri della scienza

Sui sentieri della scienza

 

«Questo – notiamolo bene – non è un postulato evidente e senza importanza: esso infatti porta ad ammettere la razionalità del mondo fisico, a riconoscere che vi è qualcosa in comune tra la struttura materiale dell’universo e le leggi che regolano il nostro spirito».

L. de Broglie, Sui sentieri della scienza, Torino 1962, p. 300.


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Albert Einstein (1879-1955) – Senza la convinzione che con le nostre costruzioni teoriche è possibile raggiungere la realtà, senza convinzione nell’intima armonia del nostro mondo, non potrebbe esserci scienza.

Albert Einstein 004
l-evoluzione-della-fisica

L’evoluzione della fisica

 

«Senza la convinzione che con le nostre costruzioni teoriche è possibile raggiungere la realtà, senza convinzione nell’intima armonia del nostro mondo, non potrebbe esserci scienza».

 

A. EinsteinL. Infeld, L’evoluzione della fisica, Torino 1960, p. 303.


Albert Einstein – Perché il socialismo? Why Socialism?
Albert Einstein (1879-1955) – Al primo posto lo sviluppo dell’attitudine generale a pensare e a giudicare indipendentemente.
Albert Einstein (1879-1955) – La libertà dello spirito consiste nell’indipendenza del pensiero dalle limitazioni dei pregiudizi autoritari e sociali come dagli automatismi acritici e dagli abiti acquisiti.
Albert Einstein (1879-1955) – Il mondo si è lentamente abituato a questi sintomi di decadenza morale. Non dobbiamo sfuggire alla lotta, quando essa è inevitabile, per conservare il diritto e la dignità dell’uomo! Non dobbiamo semplicemente sopportare le differenze fra gli individui e i gruppi, ma anzi accoglierle come le benvenute, considerandole un arricchimento della nostra esistenza.

 


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Max Plank (1858-1947) – Il fisico deve presupporre che il mondo reale obbedisca a certe leggi a noi comprensibili. La ricerca delle leggi che si applicano a questo assoluto mi parve lo scopo scientifico più alto della vita.

Max Planck001
La conoscenza del mondo fisico

La conoscenza del mondo fisico

 

La decisione di dedicarmi alla scienza fu conseguenza diretta di una scoperta, che non ha mai cessato di riempirmi di entusiasmo fin dalla prima giovinezza: le leggi del pensiero umano coincidono con le leggi che regolano la successione delle impressioni che riceviamo dal mondo intorno a noi, sì che la logica pura può permetterci di penetrare nel meccanismo di quest’ultimo. A questo proposito è di fondamentale importanza che il mondo esterno sia qualcosa di indipendente dall’uomo, qualcosa di assoluto. La ricerca delle leggi che si applicano a questo assoluto mi parve lo scopo scientifico più alto della vita.

Max Planck, Autobiografia scientifica, in La conoscenza del mondo fisico, Torino, 1964, p. 11.

Ciò che il filologo presuppone e deve presupporre, se vuole lavorare con successo, è che il documento possegga un certo significato ragionevole. Così anche il fisico deve presupporre che il mondo reale obbedisca a certe leggi a noi comprensibili.

Max Planck, La conoscenza del mondo fisico, Torino, 1964, p. 245.

 


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María Zambrano (1904-1991) – La cosa più umiliante per un essere umano è sentirsi portato, trascinato, senza possibilità di scelta, senza poter prendere alcuna decisione.

Maria Zambrano 029

Verso un sapere dell'anima

 

Quando il potere della tecnica prende il sopravvento sull’uomo, imprigionandolo
in una totale inerzia e passività, accade

«la cosa più umiliante per un essere umano […]: sentirsi portato, trascinato come se gli si concedesse a malapena un’opzione o fosse a stento possibile scegliere, senza poter prendere alcuna decisione».

María Zambrano, Verso un sapere dell’anima, Raffaello Cortina, Milano 1996.


Maria Zambrano – La virtù della delicatezza
Maria Zambrano (1904-1991) – Il silenzio che accoglie la parola assoluta del pensiero umano diventa il dialogo silenzioso dell’anima con se stessa.
Maria Zambrano (1904-1991) – Saper guardare un’icona significa liberarne l’essenza, portarla alla nostra vita
María Zambrano (1904-1991 – Il punto dolente della cultura moderna è la sua mancanza di trasformazione della conoscenza pura in conoscenza attiva, che possa alimentare la vita dell’uomo di ciò che necessita.
María Zambrano (1904-1991) – L’amore è l’elemento della trascendenza umana. Originariamente fecondo, quindi, se persiste, creatore di luce, di vita, di coscienza. È l’amore a illuminare la nascita della coscienza.
María Zambrano (1904-1991) – La vita ha bisogno di rivelarsi, di esprimersi: se la ragione si allontana troppo, la lascia sola, se assume i suoi caratteri, la soffoca.
María Zambrano (1904-1991) – Vivere come figli è qualcosa di specificatamente umano; solo l’uomo si sente vivere a partire dalle sue origini e a queste si rivolge con rispetto. Se è così, non dovremmo temere che, smettendo di essere figli, smetteremo anche di essere uomini?

 


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Salvatore A. Bravo – Il bisogno di filosofia è un bisogno autentico, in quanto filosofare è proprio dell’essere umano. Nulla è facile, ma tutto diventa più difficile in un mondo senza teoretica.

Salvatore Bravo 029

 

Salvatore A. Bravo

Il bisogno di Filosofia

 

Bisogno ineludibile come l’arte e la religione

 

Filosofia come argine contro le forze della disintegrazione

 

Filosofia come modus vivendi nella prassi della vita quotidiana

 

La dissoluzione comunitaria nella tecnospecializzazione

 

Responsabilità del nuovo clero orante nel declino della filosofia

 

Quantità senza qualità

 

 

Bisogno ineludibile come l’arte e la religione
Il bisogno di filosofia è un bisogno autentico, in quanto filosofare è proprio dell’essere umano. Fin quando l’essere umano esisterà in natura nella forma da noi conosciuta e vissuta, la filosofia sarà parte del suo paesaggio esistenziale: bisogno ineludibile come l’arte e la religione. Non è un caso che la Filosofia dello Spirito Assoluto di Hegel si costituisce in tre momenti: l’arte, la religione, la filosofia. Hegel, attraverso tale manifestazione della verità/totalità su livelli di consapevolezza e chiarezza concettuale crescenti, fino al concetto coincidente con la filosofia, palesa tre aspetti eterni della natura umana che si concretizzano nella Storia: l’arte, la religione, la filosofia.
Arte, religione, filosofia apportano umanità alla condizione umana, poiché sono espressione di pulsioni spirituali interiori che necessitano di risposte che si fenomenizzano per essere trascese in quanto pensate. La consapevolezza, la matariflessione dell’umanità sulle sue eterne manifestazioni, consente non tanto il progresso nel senso positivistico – in quanto concretizzazione di strumenti d’uso e tecnici con cui operare nella contingenza – ma la consapevolezza etica del telos (dal termine greco τέλος, che significa “fine”), senza il quale l’umanità si ritrova determinata dalle contingenze tecnocratiche che fatalmente e passivamente la guidano nell’applicazione, senza che essa possa discernere e discriminare le modalità d’uso. La filosofia è dunque necessaria per pensare progetti sociali ed etici condivisi. Se tale disposizione naturale al pensiero, al bisogno metafisico è ridimensionata o dileggiata a favore della tecnocrazia, siamo innanzi al tentativo di mutare la natura umana e la Storia.

 

Filosofia come argine contro le forze della disintegrazione
La filosofia è un argine contro le forze della disintegrazione, dell’atomismo sociale senza speranza e fine a se stesso. La necessità della filosofia è tanto più urgente tanto più le scienze esatte alleate dell’economia, vivono il trionfo della frammentazione specialistica senza la capacità di pensare la totalità, le conseguenze del proprio operato. La filosofia è il pensiero, il concetto (Begriff) che connette le scissioni per ricostruire l’ordito del complesso con i suoi innumerevoli piani di azione e reazione. La totalità, la complessità – con la dialettica della dimostrazione razionalmente fondata – rende evidente quanto lo stesso elemento assuma declinazioni diverse, se lo si giudica in astratto, separatamente dal tutto o in concreto, collegandolo al tutto.

 

Filosofia come modus vivendi nella prassi della vita quotidiana
La presenza della filosofia, il suo ruolo, è un indicatore della salubrità di una comunità. Se prevale solo l’intelletto (Verstand), regna la scissione, la quale non è da confinare alle sole scienze, ma investe la comunità tutta, rendendola conflittuale, regno della dismisura, della polarizzazione dei diritti come delle ricchezze. La ragione (Vernunft) è la connessione, la complessità, l’unità, da non intendersi come semplice elemento metodologico, ma è un modus vivendi nella prassi della vita quotidiana. La comunità razionale vive di vincoli sociali, etici, relazionali. L’intelletto e la ragione, se non sono in equilibrio intensivo, strutturano comunità disomogenee sempre sul rischio dell’abisso. Hegel ci viene incontro e ci offre con chiarezza le ragioni del bisogno della Filosofia:

«Se consideriamo più da vicino la forma particolare che una filosofia assume, allora la vediamo nascere da un lato dalla vivente originalità dello spirito, che ha in lei ristabilito e autonomamente configurato per mezzo di sé la lacerata armonia, dall’altro dalla forma determinata che assume la scissione da cui il sistema scaturisce. La scissione è la sorgente del bisogno della filosofia, e, in quanto cultura dell’epoca, il lato non libero e dato della figura. Nella cultura ciò che è manifestazione dell’assoluto si è isolato dall’assoluto e fissato come qualcosa di autonomo. Ma allo stesso tempo la manifestazione non può rinnegare la sua origine e deve prefiggersi di costituire in una totalità la molteplicità delle sue limitazioni; la forza del limitare, l’intelletto, intreccia al suo edifico, che pone tra gli uomini e l’assoluto, tutto ciò che per l’uomo ha valore ed è sacro, lo consolida per mezzo di tutte le potenze della natura e dei talenti e lo estende nell’infinità; in esso si trova la totalità completa delle limitazioni, ma non l’assoluto stesso; perduto nelle parti, mentre anela ad estendersi fino all’assoluto, produce infinitamente solo se stesso, e si prende gioco di sé».[1]

La dissoluzione comunitaria nella tecnospecializzazione
L’urgenza della filosofia è oggi sempre più stringente: le scienze moltiplicano con la specializzazione la quantità delle loro conoscenze. Esse – sganciate da ogni paradigma etico e filosofico – hanno un potenziale distruttivo irreversibile. Dinanzi alla poderosità tecnocratica, l’immane potenza del negativo che con la dialettica non solo ricompone unità empiriche, ma specialmente pone tra l’essere umano e l’uso delle tecniche la mediazione della ragione olistica, non è più rimandabile.
La comunità si dissolve in società dei bisogni illimitati ed inautentici, in quanto con la moltiplicazione dei mezzi incentivati da una tecnologia sempre più sganciata dalla scienza (altra scissione!). L’individualizzazione dei soggetti umani impera, per cui – presi dal semplice soddisfacimento dei bisogni – si taglia ogni vincolo con la comunità.
La disintegrazione è dietro l’angolo. Pertanto, l’esponenziale crescita, rende la filosofia tanto più necessaria quanto più alla crescita delle conoscenze specialistiche si accompagna la scissione sociale e culturale:

«Quanto più la cultura progredisce, quanto più molteplice diviene lo sviluppo delle manifestazioni della vita, nelle quali si può intrecciare la scissione, tanto maggiore diviene la potenza della scissione, tanto più fissa la sua sacralità climatica, tanto più estranei alla totalità della cultura e privi di significato gli sforzi della vita di rigenerarsi nell’armonia. Tali tentativi, pochi in rapporto alla totalità, che hanno avuto luogo contro la cultura moderna, e le belle creazioni più significative del passato o della cultura straniera hanno potuto risvegliare solo quell’attenzione che resta possibile quando non può venir inteso il più profondo e serio rapporto all’arte vivente; con l’allontanamento da lei dell’intero sistema delle relazioni di vita è perduto il concetto della sua connessione che tutto comprende, ed è trapassato nel concetto o della superstizione o di un gioco di intrattenimento».[2]

Responsabilità del nuovo clero orante nel declino della filosofia
Il declino della filosofia non avviene in modo fatale, ma trova la causa profonda nella responsabilità degli stessi intellettuali. Coloro che praticano la filosofia non come scelta di vita, ma soltanto come professione, declinano verso le discipline scientifiche, disprezzano i metodi filosofici d’indagine e specialmente reputano la ricerca della verità, in quanto totalità, un sogno adolescenziale da superare in nome dello scientismo ad ogni costo. La filosofia smette di essere un segnalatore di pericolo, un salvavita per tutti – come afferma Costanzo Preve in Storia critica del marxismo[3] – per diventare ideologia, ovvero parte della riproduzione del sistema: diventa anch’essa automatismo, in quanto ha rinunciato alla verità per rifugiarsi tra le braccia rassicuranti dell’esattezza. La filosofia ha le sue responsabilità con cui deve confrontarsi. Il circolo mediatico, il clero orante è sempre in azione:[4] tra di essi si ritrovano specialisti della filosofia per mestiere, non certamente però filosofi, pronti a vendere ‘pericolosamente’ un’intera insostituibile tradizione:

«Il disprezzo verso la ragione si mostra nel modo più forte non nel fatto che essa viene liberamente disdegnata e ingiuriata, ma nel fatto che la limitatezza si gloria di maestria nella filosofia e di amicizia con lei. La filosofia deve respingere l’amicizia con simili falsi tentativi che si gloria no in modo disonesto dell’annientamento delle particolarità, muovono dalla limitazione e applicano la filosofia come un mezzo per salvare e mettere al sicuro tali limitazioni. Nella lotta dell’intelletto con la ragione, quello guadagna una forza solo in quanto questa rinuncia a se stessa; il buon esito della lotta dipende dunque da lei stessa e dell’autenticità del bisogno di ricomposizione della totalità da cui procede. Il bisogno della filosofia può essere espresso come il suo presupposto, se alla filosofia, che comincia con se stessa, deve essere fatta una specie di vestibolo; e nei nostri tempi si è molto parlato di un presupposto assoluto. Ciò che viene chiamato presupposto della filosofia non è altro che il bisogno sopra espresso».[5]

Quantità senza qualità
La scissione imperante ha la sua verità profonda non solo nelle specializzazioni sempre più estreme, ma anche negli ambienti istituzionali della filosofia che hanno abdicato al loro dovere etico (Sollen), in nome del valore di scambio. In questo caso il baratto, qualora si confermi anche nei tempi che verranno, troveranno un’umanità sconfitta, persa tra mercificazione e alienazione. La quantità senza la qualità del senso e delle relazioni non è un compensativo immediato della negazione metafisico-ontologica: presto tale compensazione mostrerà i suoi tragici limiti.
Nulla è facile, ma tutto diventa più difficile in un mondo senza idee, senza teoretica, votato unicamente al valore d’uso e quindi all’autodistruzione. Se il pianeta è in affanno, se i popoli sono solo plebe alla catena dell’economia, ciò accade ed è per l’assenza del pensiero che connette, e supera la morte – presente nella scissione – a favore della vita, la quale è unità, tensione tra diversi piani che si riconoscono nell’unità:

«Allo stesso modo ogni apparenza di un centro, che la filosofia popolare dà al suo principio dell’assoluta non-identità di un finito e di un infinito, vien rigettata dalla filosofia, che mediante l’assoluta identità innalza alla vita la morte degli scissi, e mediante la ragione, che li intreccia entrambi in sé e maternamente li pone come uguali, si sforza di raggiungere la coscienza di questa identità del finito e dell’infinito, cioè il sapere e la verità».[6]

Salvatore A. Bravo

 

 

 

Monumento di Hegel a Jena

Monumento di Hegel a Jena

 

[1] G.W.F. Hegel, Differenza tra il Sistema filosofico fichtiano e scellinghiano, www.ousia.it (http://www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia/TestiPDF/Hegel/DifferenzaFichteSchelling.pdf), p. 6.

[2] Ibidem, p. 7.

[3] C. Preve, Storia critica del marxismo. Dalla nascita di Karl Marx alla dissoluzione del comunismo storico novecentesco, Introduzione di André Tosel, La Città del Sole, Reggio Calabria 2007.

[4] C, Preve, Il ritorno del clero. La questione degli intellettuali oggi, Petite Plaisance, Pistoia 2017.

[5] G.W.F. Hegel, Differenza tra il Sistema filosofico fichtiano e scellinghiano, op. cit., p. 7.

[6] Ibidem, p. 51.

 

 

 

 


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Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Chi è nell’errore vuol supplire con violenza a ciò che gli manca in verità e forza.

Johann Wolfgang Goethe10

 

Goethe, Teatro

Tasso:

  • Raccontano i poeti di una lancia che dopo aver colpito risanava la ferita col suo tocco benigno. La lingua umana ha questo potere.

Antonio:

  • Chi è nell’errore vuol supplire con violenza a ciò che gli manca in verità e forza.

 

Johann Wolfgang Goethe, Torquato Tasso [1870] Atto quarto, Scena quarta, in Id., Teatro, Einaudi, Torino 1973, pp. 407-520,


Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Non si può chiedere al fisico di essere filosofo; ma ci si può attendere da esso che abbia sufficiente formazione filosofica
Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Qualunque sogno tu possa sognare, comincia ora.
Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Questa è l’ultima conclusione della saggezza: la libertà come la vita si merita soltanto chi ogni giorno la dovrà conquistare.
Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Ma le notti Amore mi vuole intento a opere diverse: vedo con occhio che sente, sento con mano che vede.
Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Nell’uomo vi è una scintilla più alta, la quale, se non riceve nutrimento, se non è ravvivata, viene coperta dalle ceneri della necessità e dell’indifferenza quotidiana.
Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Ciascun momento, ciascun attimo è di un valore infinito. Noi esistiamo proprio per rendere eterno ciò che è passeggero.
Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Per non rinunciare alla nostra personalità, molte cose che sono in nostro sicuro possesso interiore non dobbiamo esteriorizzarle.
Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – La mente deve essere addestrata, calzata e stretta in stivali spagnoli, perché s’incammini con prudenza sulle vie del pensiero, e non sfavilli come un fuoco fatuo.
Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – Questo cuore è sempre costante, turgido come il più giovanile fiore. Io non voglio perderti mai! L’amore rende l’amore più forte. La vita è l’amore, e lo spirito è la vita della vita.

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Fernando Pessoa (1888-1935) – Quello che distingue le persone le une dalle altre è la forza di farcela, o di lasciare che sia il destino a farla a noi. Chi sogna di più? Chi è più distante dalla verità? Chi vede la verità in ombra o chi vede il sogno illuminato?

Fernando Pessoa 001

Il libro dell'inquietudine

«Quello che distingue le persone le une dalle altre
è la forza di farcela,
o di lasciare che sia il destino a farla a noi».

***

Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares,
Prefazione di Antonio Tabucchi, Feltrinelli, Milano 2000.

 

***

Poesie di Fernando Pessoa

Poesie di Fernando Pessoa

Chi sogna di più

Chi sogna di più, mi dirai —
Colui che vede il mondo convenuto
O chi si perse in sogni?

Che cosa è vero? Cosa sarà di più—
La bugia che c’è nella realtà
O la bugia che si trova nei sogni?

Chi è più distante dalla verità —
Chi vede la verità in ombra
O chi vede il sogno illuminato?

La persona che è un buon commensale, o questa?
Quella che si sente un estraneo nella festa?

 

Fernando Pessoa, Poesie di Fernando Pessoa, Adelphi, Milano 2013.


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Khalil Gibran (1883-1931) – La bellezza risplende nel cuore di colui che ad essa aspira più che negli occhi di colui che la vede.

Kahlil Gibran001
Sabbia e schiuma

Sabbia e schiuma

«La bellezza risplende nel cuore di colui che ad essa aspira
più che negli occhi di colui che la vede».

 

***

Khalil Gibran, Sabbia e schiuma, Mondadori, Milano 1999.

 

 

 


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Angelo Casati – Ciò che oggi ci occorre è un sussulto. La bellezza è per i ricercatori di un oltre, quelli che hanno resistito alla seduzione della quantità, della grandezza esteriore, dell’esibizione.

Angelo Casati 001

Il sorriso di Dio

 

«Ciò che oggi ci occorre è un sussulto, una fascinazione, un innamoramento, l’emozione per la bellezza racchiusa nel frammento. […] La bellezza è per i ricercatori di fessure, di soglie segrete, di fili pressoché invisibili. Soglie non tanto da varcare con animo predatorio, ma su cui sostare, da cui intravedere e provare emozione, commozione. La bellezza è per i ricercatori di un oltre, quelli che hanno resistito alla seduzione della quantità, della grandezza esteriore, dell’ esibizione».

Angelo Casati, Il sorriso di Dio, il Saggiarore, Milano 2014.

 

 

 


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